RICCARDO
Ho cominciato da qualche giorno a lavorare in una clinica privata che ospita anziani e malati terminali. È un lavoro completamente diverso da quello che facevo prima. Fare l’infermiere in pronto soccorso è tutta un’altra storia e già mi manca. Mi manca prendere la borsa con i farmaci, la rianimazione portatile, mi manca il mio mantra: preparare unità respiratoria, montare laringoscopio e passarlo al medico, prendere la siringa da 10, sfilare il mandarino, iniettare. Fare il massaggio cardiaco, somministrare l'adrenalina e guardare l'orologio perché ogni secondo può essere fatale. A volte lo è, altre no. Quando succede, chiedo scusa alla persona per non essere riuscito a salvarlo. Esco fuori e cerco di ripetere a mente tutti i passaggi che ho fatto per capire se ho commesso un errore. E anche se ho la certezza di aver fatto tutto correttamente, una parte di me si sente sempre un po’ in colpa.
Qui, il lavoro è completamente diverso. Niente adrenalina, niente corse tra un reparto e l'altro, niente turni massacranti. Dovrei essere contento, perché ho più tempo per me, per pensare alla mia vita, per stare con mia madre, ma per me è solo peggio.
Mia madre non la sa fare la madre. È una ragazzina di 15 anni imprigionata nel corpo di una donna di 42 anni.
Quando siamo a casa non parliamo di niente.
Le nostre conversazioni sono fatte solo di poche parole e frasi di circostanza.
Non so nemmeno quando e come io abbia smesso di parlarle davvero e di raccontarle di me e della mia vita. Forse non l'ho mai fatto, dal momento che cerco di risolvere i suoi problemi da quando quello stronzo di mio padre se n’è andato.
Il Natale si sta avvicinando sempre di più e spero di lavorare quel giorno piuttosto che sorbirmi una cena con mia madre e il suo fidanzato del momento.
Non sono un amante dell'atmosfera natalizia, al contrario di Alba, che, invece l'adora.
Aspetto Alba in macchina all’ angolo della strada di casa sua. E un po’ mi sembra di ritornare a quando avevamo 18 anni e passavo a prenderla con il motorino per uscire.
Sorrido tra me e me quando la vedo arrivare.
È bellissima.
“Che sorriso! Le accogli tutte così?” - dice appena sale in macchina.
“Assolutamente no. Tu sei una privilegiata!”
Sorride anche lei e le do un bacio sulla guancia.
“Dove vuoi andare, baby?”
“Dove non ci veda nessuno”
“Come mai hai accettato di venire alla fine?”
“Voglio che tu mi dica cosa è cambiato da quando abbiamo dormito insieme”
“Hai tempo?”
Mi guarda confusa.
“Dico sul serio. Ce l’hai?”
Annuisce
“Allora ce ne andiamo al mare”
“Adesso? Il 18 dicembre?”
“Si, adesso!”