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Autore: mystery_koopa    25/12/2020    4 recensioni
La semplice storia di due ragazzi incontratisi per caso, legati l'uno all'altro come elementi estranei e inseparabili.
Una storia di indifferenza, riflessioni, sentimenti e insicurezze raccontata attraverso tre momenti nel tempo.
✠ Quarta classificata al contest fiume "Acquerelli" indetto da Juriaka e valutato da GaiaBessie sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon, Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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PRIMA PARTE – SABBIA E CENERI
 

Mi aveva sempre fatto sorridere come quasi tutti amassero o odiassero le ricorrenze prestabilite, senza alcuna via di mezzo, mentre per me il cenone di Natale con i parenti, i fuochi d’artificio a Capodanno o le feste in maschera di Carnevale erano serate noiose come qualsiasi altra, probabilmente da sempre.
Alex mi aveva sempre rimproverato per l’indifferenza che dimostravo ogni volta di fronte alle sue proposte, ancor di più quando il mio fastidio diveniva evidente anche in pubblico, davanti ai suoi altri “amici”. Già il fatto che chiamasse così persone con cui si era ubriacato una volta costituiva un buon motivo per seguirlo nelle sue uscite. Non che stessi male da solo, ma, per quanto ne risultassi piuttosto seccato ogni volta, mi sembrava quantomeno corretto nei miei e nei suoi confronti rompere la monotonia delle nostre serate, qualche volta.

Il falò di Ferragosto rientrava pienamente nella categoria: ogni anno speravo che il fuoco fosse stato acceso in un’area protetta in modo che l’intervento delle forze dell’ordine per disperdere Alex e la sua allegra compagnia movimentasse la serata, ma queste mie aspettative venivano puntualmente disattese. Non potei fare a meno di ridere da solo mentre un belloccio qualsiasi provava a intonare una canzone di Ed Sheeran alla chitarra.

“So a cosa stai pensando, Cesare. Ti odio quando fai così”.
“Quando l’anno scorso la mia battuta sulla polizia in tenuta antisommossa ti ha aiutato ad avvicinarti a quella bionda che poi ti sei portato a letto non eri della stessa idea, però”.
“Vaffanculo”.
“Sono una brutta persona se ti chiedo di prendermi qualcosa da bere? Faccio volentieri a meno di avvicinarmi al cantante, sai com’è, almeno qui i suoi versi sono un po’ coperti dal rumore delle onde sugli scogli”.
“Sì, lo sei. Alzati e vieni con me, se proprio non vuoi sentire il ragazzo di Alice passeremo dall’altro lato”.
“Ma non si erano lasciati due settimane fa?”
“Ah già. Ma pare che presto ritorneranno insieme”.
La serietà della relazione tra quei due aspiranti bagnini di Malibù aveva finito di sorprendermi. Dopotutto lei era amica di Alex, e in quanto tale il suo comportamento sociale era ampiamente prevedibile.

Pur avendo preso la strada più lunga, in pochissimi minuti arrivammo al tavolo in legno adibito a rinfresco, da cui prendemmo una birra a testa. In quella zona della spiaggia il rumore era talmente elevato che persino Alex preferì allontanarsene velocemente.
Passando vicino al falò non potei fare a meno di notare Alice, evidentemente sbronza, in piedi di fianco a un ragazzo che continuava a parlarle a una velocità impressionante.
“Sicuro che lei e il suo forse-ex torneranno insieme?”
“Sei troppo malizioso, stanno solo parlando!”
“Non mi riferivo necessariamente a quello là. A proposito, sai chi è? Non mi sembra di averlo mai visto prima in una delle nostre divertentissime uscite”.
“Simpatico come al solito. Ma… tutto questo interesse da dove viene, non è che ti piace?”
Lo guardai male. Rivolsi poi lo sguardo in direzione di Alice: in effetti, il suo amico era proprio carino, anche se non l’avrei esattamente definito il mio tipo ideale.
“Ma se l’ho appena visto!”
“Lo sapevo! Comunque si chiama Massimo, l’ho conosciuto sabato scorso al Laser”.
Scoppiai a ridere sotto lo sguardo perplesso del mio amico.
“Tranquillo, chiedevo solo perché mi sembrava strano incontrare qualcuno che parla più di te. Sapere che l’hai incontrato al Laser dice tutto, del resto”.

“Non capisco cos’hai contro quel locale. Dovresti smetterla di criticare i posti in cui ti porto, visto che senza di me saresti già marcito a letto”.
Finii in un sorso la birra e lasciai cadere la conversazione, poi osservai ancora una volta Massimo, se così si chiamava. I lineamenti dolci del suo viso mi ispiravano simpatia, e, considerando che a prima vista avevo sempre detestato qualsiasi altro loquace amico di Alex, già non era male.

Non sapevo con certezza quanto tempo fosse passato, ma la situazione non era cambiata molto. Alice e il chitarrista avevano litigato davanti a tutti lanciandosi dietro un paio di piatti di plastica, ma fortunatamente si erano fermati lì. E, per quanto fossi il primo a trovarlo strano, quella notte non ero infastidito come al solito: forse era merito della presenza del mare, forse del fatto che Alex non aveva bevuto nulla oltre a quella prima birra per poter tenere d’occhio la sua amica in caso le cose fossero precipitate.

“Non si sta così male stasera, non fa nemmeno troppo caldo”.
“A furia di partecipazioni a queste feste ti ci sarai abituato anche tu. Anche se davvero, non so come cazzo fai a non morire di noia… senza aver bevuto nulla il tempo passa il triplo più lentamente. La prossima volta dovrò farti bere, altrimenti ci credo che prendi per il culo i miei amici se l’unica alternativa che hai è girare i pollici!”
Il chitarrista sembrava disperato e non la finiva di piangere e lamentarsi. Lo indicai con supponenza.
“Finché i tuoi grandi amici si comportano in quel modo…” Sapevo che l’avrei infastidito.
“Potrebbero dire la stessa cosa di te”.
“Ognuno la pensa come vuole sugli altri, non è questa la cosa divertente della socialità?”
“Come ti prenderei a schiaffi in questo momento, te lo meriteresti!”
Ridemmo insieme, anche perché aveva ragione.

“Vedo che almeno qui vi state divertendo! Vicino al falò la festa è finita da un pezzo… non che la lagna di prima fosse molto diversa da quella che Stefano sta facendo ora, ma almeno c’era un coro in sottofondo. Tu sei Alex, quello dell’altra sera, vero?”
“Massimo, che piacere ritrovarti! Lui è Cesare, un mio amico”.
“Cesare, piacere di conoscerti. Come mai questo nome altisonante?”
“Sinceramente non ne ho idea. Piacere mio”.
Il tono della mia voce aveva evidentemente espresso tutt’altro messaggio, tanto che il ragazzo cambiò subito argomento.
“Che ne dite di bere qualcosa? Qui pare che la stiano tirando per le lunghe”.
“Volentieri, e anche subito. Ma sai che fine ha fatto Alice? L’abbiamo vista con te prima della scenata”.
“Pare che una sua amica l’abbia riportata a casa in condizioni decisamente poco dignitose”.
Sorrise rivolto a me; io ricambiai, forse arrossendo leggermente.
Per quanto Massimo fosse decisamente invadente per i miei gusti non potevo fare a meno di ammirarne lo spirito critico, cosa di cui tutti gli altri amici di Alex erano completamente sprovvisti. E nonostante mi rifiutassi di darlo a vedere, lo trovavo molto attraente: le sue labbra sottili piegate in un sorriso ironico mi avevano fatto sciogliere, sebbene me ne vergognassi.

Sapendo che la sua amica era ormai lontana Alex si avvicinò agli shots, deglutendone tre in meno di un minuto. Sorrisi ancora in direzione di Massimo, ma probabilmente lui non se ne accorse, essendo troppo impegnato ad osservare le disavventure del nostro amico comune alle prese con l’alcool, e io tirai un sospiro di sollievo, mi stavo sentendo veramente stupido. E poi, se anche lui fosse stato vagamente interessato a un ragazzo, cosa già di per sé poco probabile, dubitavo fortemente che mi avrebbe anche solo degnato di uno sguardo. E di certo le mie risposte acide non stavano migliorando la situazione. Che deficiente che ero, lì fermo in piedi a farsi film mentali come un ragazzino di quattordici anni mentre tutti intorno si stavano divertendo, o almeno fingevano di farlo. Ancora una volta mi sarei preso a schiaffi da solo, possibile che dovessi sempre ridurmi così?

“Tutto a posto?”
Ecco, la situazione stava peggiorando ancora.
“Sì, scusami, mi sono distratto un secondo”.
“Volevo solo dirti di avvisare Alex che me ne sto andando, ormai sono già le tre”.
Non credevo fosse passato così tanto tempo. Alex si avvicinò di corsa, barcollando leggermente.
“Cosa? Ma dai, si sa che bisogna rimanere in spiaggia fino al mattino, quando il falò si spegne!”
“È meglio che vada ora, lo sai che non riesco a dormire di giorno”.
“Ma esattamente, se ci siamo parlati solo un paio di volte, com’è che dovrei saperlo?”
“Ciao, Alex. Scusami se non sono venuto a salutarti prima, ma sai con Alice e tutto il resto… Ciao anche a te, Cesare”.

Ci strinse la mano e si allontanò velocemente verso il lungomare, quasi come se avesse fretta di sparire. Alex tornò a bere, ma per una volta mi rifiutai di seguirlo, sapendo che non sarebbe più stato di nessuna compagnia. Tornai, camminando piuttosto lentamente, sul lato della spiaggia più vicino agli scogli. Il chitarrista aveva finalmente finito di lagnarsi e si era addormentato di fianco al falò, sotto gli occhi falsamente dispiaciuti di due ragazzine.

 
*

Alle prima luci dell’alba quel che rimaneva del fuoco fu spento e i pochi superstiti della serata precedente se ne andarono. Salutai Alex, che dopo un altro drink si era addormentato su una sdraio trovata per caso finché non era stato fatto alzare di peso, ma rimasi alla spiaggia.
Immersi i piedi nudi nella sabbia ormai fredda, appoggiando la schiena a uno scoglio e sospirando al contatto della roccia umida con la mia pelle. Pensai di gettarmi in mare per un bagno improvvisato, ma l’idea di dover tornare a casa per lavarmi mi fece desistere subito dopo: normalmente l’avrei fatto più che volentieri, ma in quel momento l’idea di rincasare quasi mi disgustava, come se il fatto che lo stessero facendo tutti mi causasse un fastidio mai provato prima. Pur essendo stato in piedi tutta la notte non avevo nemmeno sonno, e non avvertivo alcun’esigenza, come se perdere tempo con i piedi sotto la sabbia fosse l’unica cosa meritevole d’attenzione.

Alle sei e mezza del mattino la spiaggia era deserta: oltre a me vedevo soltanto due anziane insonni intente a passeggiare sul bagnasciuga sperando di guarire dai reumatismi e qualche sparuto corridore. Faceva freddo per essere il sedici di agosto, e il cielo era coperto.
Mi alzai faticosamente e mi incamminai verso il bar del lido, ormai chiuso. Percepii le gambe pesanti, e poi, improvvisamente, un freddo interiore, senza capire da dove provenisse. A metà del percorso raggiunsi la postazione in cui era stato allestito il falò, ormai ridotta a un cumulo di braci e ceneri. Ne riempii il pugno, lasciandole poi ricadere fino a mescolarsi con la sabbia. Mi sentivo allo stesso modo: bruciato, ormai inutile. Legato a un elemento a cui non appartenevo.

“Cesare!”
Mi girai lentamente, sorpreso. Un ragazzo in tenuta da runner stava correndo verso di me dal bagnasciuga. Istintivamente gli rivolsi un sorriso, anche se amaro.
“Non pensavo di trovarti ancora qui, vestito come stanotte… perché non sei andato a casa? Anche perché non vedo nessun altro rimasto qui dopo la festa”.
“Mah, non saprei, semplicemente mi andava di restare. E tu invece, Massimo? Sei andato via dal falò poco più di tre ore fa e sei già qui a correre con aria riposata… non mi sembra molto un comportamento da sportivo!”
Rise. “Hai ragione. Sai, è da quanto ho rotto con il mio ex ragazzo, ormai tre mesi fa, che non riesco a concentrarmi durante la giornata se non ho speso delle energie già al mattino. Non è che mi distraggo, ci penso lo stesso, ma forse con meno forza… non so se ci sei mai passato. Non lo so, sono mesi un po’ difficili e non so nemmeno quello che voglio fare”.
Dovetti guardarlo in modo strano perché un secondo dopo l’espressione sul suo volto divenne dispiaciuta, quasi spenta.
“Scusa, non avrei dovuto… è che tendo a raccontare troppo, l’avrai notato, anche se abbiamo parlato pochissimo so benissimo che non sei stupido. Se per te è un problema me ne vado, davvero”.
“Che cosa, scusa?”
“Eh il fatto che ho… cioè, ho avuto un ragazzo, e quindi-”
“Perché dovrebbe esserlo? Tranquillo, non sono quel tipo di persona”.
Mi guardò sollevato, e i lineamenti del suo viso si distesero. Espirò profondamente e poi mi sorrise.
“No è che so che sei amico di Alex e quindi…”
“Spero che da ubriaco non ti abbia detto cose che da sobrio non penserebbe mai. Lo conosco da anni, non lo farebbe mai”.
“L-lasciamo perdere”. Abbassò lo sguardo.

Non ho idea del perché lo feci, ma gli afferrai la mano. Di rimando strinse la mia con forza, riempiendosi l’avambraccio di cenere. Ci guardammo negli occhi per un istante: li avevi castani, molto chiari, anche se la sera prima avrei giurato che fossero quasi neri. Scoppiammo a ridere e distogliemmo lo sguardo dopo un secondo, imbarazzati.
“Scusami, dovrei imparare a starmene zitto”.
“Scusami tu per averti riempito di cenere, non ricordavo di avere le mani sporche. Non hai nulla di cui preoccuparti, se non della tua maglietta bianca”.
Ridemmo nuovamente, stavolta di gusto, e pensai che se l’avesse tolta sarebbe stato molto meglio, ma mi morsi la lingua. Non avevo certo bisogno di un’ennesima persona mi dicesse che facevo schifo o che ero ridicolo. La spiaggia era totalmente vuota, anche i radi passanti che avevo visto in precedenza erano scomparsi in lontananza. Sentii il rumore di una saracinesca alzata.

E poi mi baciò. Fu veloce, tanto che quasi non me ne accorsi. Credo che mi irrigidii, e lui di conseguenza si fermò un secondo. Poi mi guardò negli occhi e si riavvicinò a me.
Sentii la pelle delicata del suo viso sul mio e mi mancò il respiro. Non riuscivo a pensare a nulla, nemmeno a quanto fosse assurdo tutto ciò che stava accadendo. Iniziai a sudare nonostante il freddo.
Le sue labbra toccarono di nuovo le mie e, di riflesso, strinsi le braccia intorno al suo corpo, che sussultò lievemente al mio tocco; d’improvviso avvertii alcune gocce d’acqua sulla testa: in pochi istanti eravamo completamente fradici sotto la pioggia battente, ancora uniti in un bacio degno di un qualsiasi film romantico irrealistico e assurdo, o, ancora peggio, a metà tra un sogno ad occhi aperti e una canzone country degli anni Duemila. Ma per una volta non m’interessava.
“Abito a due minuti da qui. Puoi venire con me, se ti va”. Mi sorrise ancora, e non riuscii nemmeno a rispondergli.

La sua maglietta bianca, sporca e bagnata, era stata gettata a terra, mentre le mie mani percorrevano finalmente il suo corpo nudo. Lo spinsi sul letto e ripresi a baciarlo, scendendo sempre di più: al contatto con il suo collo lo sentii sospirare rumorosamente, ma continuai fino a raggiungere la sua intimità, coperta da un ultimo strato di tessuto che rimossi lentamente, guardandolo negli occhi. Lo vidi arrossire, mi fermai per un secondo. Gli sorrisi e una lacrima mi scese leggera lungo la guancia; lui l’asciugò con la mano, prolungando il più possibile il contatto col mio viso. Lo desideravo, come mai avevo in passato. Lo baciai ancora, passandogli le mani tra i capelli, e delicatamente ripercorsi il suo addome, sentendolo gemere al contatto del suo sesso con la mia barba leggera.

 
*

Appoggiai la testa alla sua spalla e gli passai una mano sul petto, sentendone ogni movimento dovuto al respiro affannoso. Non sapevo se fuori stesse ancora piovendo, ma non ero intenzionato ad andarmene: in quel momento Massimo, da nulla, era diventato la mia unica necessità.
Mi addormentai con lui. E mi riaccesi.







 
[2500 parole]
 
SPAZIO AUTORE:
È passato quasi un anno dall'ultima volta in cui ho pubblicato una vera e proprio oneshot, e sono felice di essere riuscito a farmi questo regalo proprio il giorno di Natale, grazie anche ai bellissimi prompt di Juriaka.
Non pensavo che mi sarebbe mai successo, ma per la prima volta ho fatto molta fatica a rientrare nel limite di parole, se avessi potuto aggiungerne ancora credo che ce ne sarebbero state almeno mille di più, e questa storia le avrebbe meritate e necessitate. Spero di riuscire a pubblicare al più presto anche i due racconti successivi.
Grazie a tutti coloro che apprezzeranno e leggeranno, e buone feste a tutti!
mystery_koopa

  
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