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Autore: Miryel    02/01/2021    8 recensioni
L'immenso dolore che provoca la perdita di un amore troppo grande, deriva dalla consapevolezza che in ogni individuo v'è qualcosa che è solo suo e che, attraverso la morte, è perduto per sempre.
Tony lo ha perso una volta, Peter, e basta per una vita intera. C'è la possibilità che ritorni, ma è solo un Protocollo scientifico, a cui non crede più e a cui non vuole dare Speranza.
[ Tony Stark - Past!Tony x Peter - Post Infinity War - Angst - Prequel di "Protocollo Speranza" ]
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Harley Keener, Harley Keener, Morgan Stark, Pepper Potts, Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tales About a Spider Kid and an Iron Guy'
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Questa storia fa parte della raccolta di One Shots “Tales About a Spider Kid and an Iron Guy”.
 
 
 
 
 

proof that tony stark has a heart by Wolfenwarrior101 on DeviantArt






For The Damaged Heart of Tony Stark

 
We lay my love and I beneath the weeping willow. A broken heart have I. 
Oh willow I die, oh willow I die.

-The Innocents - O Willow Waly

 

| Capitolo IV



 


          

 

                   Non c’è speranza. Non c’è mai stata. Forse mai ci sarà.

Eppure Tony, quel senso di calore nel petto, non lo sentiva da tempo. Forse da quando Morgan è nata. Forse si ripresenta come un’esplosione nel petto ad ogni suo sorriso, ma poi svanisce e non resta. Non gli interessa capirne l’origine, sa solo che certe volte sente la mancanza di quella sensazione che forse, un po’ di speranza, la accende.

Da quando Steve, Nat e Scott sono andati a trovarlo nella sua nuova casa – non sono invecchiati di un giorno – e li ha liquidati con la scusa che la vita che conduce è perfetta così, e non ha bisogno di scossoni, terremoti, cambiamenti, comunque Tony ci pensa. Pensa all’impossibile. Pensa che, nelle parole di Ant Man, pur essendo risuonate come una mera pazzia, hanno al loro interno delle probabilità, e non retoriche, ma matematiche. E, a quanto pare, è proprio questo a spaventarlo di più.

Ha iniziato a dubitare di ogni cosa, da quando ha smesso di fare il supereroe, ma se c’è qualcuno che ancora può convincerlo che le cose possono sempre cambiare, quella è una sua cara, vecchia amica: la scienza.

Ci rimugina sopra, da quando ha visto allontanarsi quell’auto, convinto che quell’incontro non ne avrebbe seguiti degli altri; non ci dorme la notte. Resta sveglio, a guardare il soffitto, da giorni che sembrano un’eternità e ha la sensazione di non essersi sentito così vivo da eoni. 

Gli tremano le mani, strette intorno al lenzuolo che lo copre a metà del petto. Lo tortura tra le dita, e il suono del respiro tranquillo di Pepper – e quello di Morgan che sente dal walkie talkie appoggiato al comodino – sembrano una dolce sinfonia e pare avvertirne l’importanza solo ora. Perché il suo cervello vortica in mezzo a calcoli matematici e numeri periodici. Formule, diagrammi, atomi, universi interi esplodono in tante supernove distruttive. 

Una sensazione che ha annichilito con gli anni, ma che ora è più viva che mai.

No, non ha intenzione di provarci; non ha nessuna intenzione di fallire. Se in cinque anni non ci sono riusciti loro, non sarà di certo lui a cambiare le cose. O meglio, probabilmente è quello che ha più possibilità di avvicinarsi ad una soluzione, ma questa, di fatto, non c’è. Non ci può essere.

Allora si gira dall’altra parte, e guarda Pepper dormire. Non l’ha mai vista così rilassata come in quegli anni di pace. Il mondo è alla rovina, ma il loro mondo no. Hanno tutto ciò che desideravano: una casa, una famiglia e una vita lontana dai pericoli. Tutto ciò che Pepper voleva e che merita di vivere, ora che forse nessuno dei due ha più l’età per credere di poter cambiare le cose.

Eppure quel pensiero è un prurito sotto al cervello, dietro il collo. Si massaggia la cute, e una voce gli torna alla mente, dopo così tanto che l’aveva seppellita nei meandri dei propri peccati. E forse, quella pace che Pepper vuole, non è la stessa che lui va cercando.  

 

«Signor Stark, non mi sento molto bene.» 

 

Quando Harley varca la soglia, Tony non ha nemmeno il tempo di alzarsi dalla poltrona per salutarlo. Morgan gli corre incontro, si lascia prendere in braccio, tenendo stretta tra le mani una bambola di pezza che somiglia vagamente a sua madre. È la sua preferita: Tony l’ha fatta fare da una donna che si guadagna da vivere così; l’ha trovata su un sito internet con le indicazioni per commissionargliene una. Gli viene quasi da ridere, a quel pensiero, perché mai avrebbe creduto di finire a fare il padre rammollito, innamorato perso di una bambina che ha incollati addosso i suoi stessi occhi, come gli ricorda Pepper, quando sono seduti sul divano e condividono il loro tempo a conoscersi come genitori, insieme a quello che è il prodotto di un amore che non è mai sfiorito.

Harley entra nel salotto con un sorriso accattivante: quel ragazzo cresce ogni istante di più e il fatto che Morgan gli sia così legata è un orgoglio che Tony non ha il coraggio di esternare di fronte a quel giovane. Dopotutto non è mai stato bravo a dimostrare che anche lui prova dei sentimenti. 

Si alza in piedi e lo fronteggia: fa cenno a Morgan di andargli in braccio e lei protesta con un broncio così tenero che convincerebbe il governo a rilasciare unicorni dal cielo.

«Avanti, Maguna. Ridammi il mio schiavo. Oggi mi serve», dice, e la piccola Stark sbuffa aria con il labbro tremulo; una ciocca dei lunghi capelli castani le si pianta davanti agli occhi, spettinata. Tony la prende tra le braccia, le sistema i capelli e le lascia un bacio sulla fronte, prima di farla scendere e posarla delicatamente a terra.

«Schiavo? Beh, grazie per la sincerità», asserisce Harley, squadrandolo da capo a piedi e guadagnandosi uno scappellotto amichevole dietro la testa; un po’ per la sua arroganza, un po’ per affetto. 

«Dopo verrai a giocare con me?», chiede Morgan. Gli occhi marroni che brillano come stelle incantevoli. La purezza di una bambina che la brutalità del mondo non l’ha ancora conosciuta, e Tony le legge la bellezza dell’infanzia sulle gote rosse. Somiglia così tanto a Pepper…

Harley si china sulle ginocchia e, con un sorrisetto, le dà un buffetto sul naso. «Dipende quanto mi sfrutterà tuo padre. Se non sarà troppo cattivo, dopo sarò tutto tuo.»

«Papà dice che sei bravo e che ti vuole bene, ma che non devo dirtelo», risponde lei, distrattamente, cercando di farsi una treccia con tre ciocche di capelli, senza riuscirci, perdono immediatamente interesse per quella conversazione.

Harley invece sembra averla assimilata anche troppo e, mentre Tony lo spinge verso le scale, ride. «Ma davvero?»

«Glielo dico solo per farglielo credere. In verità ti odio a morte», scherza, e sente la risata genuina di Pepper esplodere dalla cucina, mentre poi si avventurano nel seminterrato. Non appena lo raggiungono, Tony tira una cordicella e la luce si accende, illuminando il suo laboratorio casereccio, per il quale prova un certo orgoglio  e una certa nostalgia.

«Certo, come no», lo canzona Harley, poi sospira. Si pianta le mani sui fianchi e si guarda intorno. «Insomma, sei tornato a giocare con i tuoi attrezzi da meccanico.»

«Non ho mai davvero smesso», ammette, poi gli dà una gomitata sul braccio e gli fa cenno, con la testa, di raggiungere un tavolo luminoso che racchiude, nella sua memoria olografica, la soluzione a cinque anni di pura disperazione. Cinque anni di stallo. Cinque anni in cui tutti hanno premuto il tasto pausa e dove attendono ancora di pigiare quello del play, per ricominciare a vivere. Perché, Tony deve ammetterlo, tutti stanno vivendo con la sensazione che prima o poi tutto tornerà come prima, ed è una di quelle speranze che nemmeno con gli anni che passano sfumano via. «Devo farti vedere una cosa.» 

Harley lo segue, massaggiandosi melodrammatico la parte colpita dal suo gomito. Tony finge disinteresse, ma quel modo spigliato di fare è una sorta di collegamento col mondo esterno di cui ha spesso immensamente bisogno. Per questo, da quando è nata Morgan, gli chiede con frequenza di raggiungerlo, usando la scusa di Pepper e della piccola che bramano la sua frizzante compagnia. La verità è che lui, più di tutti, ha bisogno che qualcuno di così giovane gli ricordi cosa vuol dire sperare ancora. 

Accende il tavolo luminoso e, dopo qualche secondo fatto di rumori elettrici, un ologramma si mostra imponente e fermo. Usa le dita per farlo volteggiare un paio di volte e, con un sorrisetto, si volta a guardare Harley. 

«Che accidenti sto guardando?» 

«Sono felice che tu me l’abbia chiesto. Questa, mio caro ragazzo, è una risposta all’impossibile. Questa è la soluzione.»

«La… la soluzione?», chiede Harley e, strabuzzando gli occhi, li punta sull’ologramma e lo studia. Gira intorno al tavolo, torna indietro un paio di volte e poi prosegue. Lo tocca con delicatezza, come se avesse paura di romperlo e poi si blocca. A dividerli c’è l’immagine arzigogolata del tempo; in un punto vi è una sorta di foro, quella che Tony chiama la porta. «Non dirmi che…»

«Esattamente. Non sono un fan dei viaggi nel tempo e per quanto non abbia mai dubitato dell’idea che siano possibili, continuo a credere che giocare con certe cose sia potenzialmente pericoloso. Il tempo va rispettato e io lo rispetto, ma quando non ci sono altre soluzioni…»

«Mi stai dicendo che sei riuscito a creare una macchina del tempo?» Harley è sconvolto. Nella maniera più positiva possibile. I suoi occhi si muovono come razzi di fronte a quella pazzia – sì, lo è, è una pazzia – e Tony, in un certo senso, si sente di nuovo l’uomo arrogante di un tempo. Lo ha sempre saputo fare, solo che ora l’ha fatto e la colpa – o il merito, è di una foto che gli ha ricordato un coraggio che non sapeva di possedere più. 

Una foto che ha spaccato tutto, tempo fa, ma che ora ha rimesso insieme i pezzi. Una foto che ha nascosto troppe volte, ma che Pepper ha sempre deciso di mettere in mostra per non dimenticare cosa è successo e cosa ha superato. La foto di Peter, così in bella vista, per Tony ha sempre significato un perdono che non sapeva di meritare. 

«Una sorta. Un tracciatore GPS che può permetterci di viaggiare nel tempo in punti specifici della storia», spiega, e Harley spalanca la bocca e emette un suono di stupore che lo fa sorridere.

«Quindi l’idea è di tornare indietro e cambiare la linea temporale, non permettendo a Thanos di ru-» 

«Dio, perché siete tutti convinti che funzioni come in Ritorno al Futuro? No, santo cielo! I viaggi nel tempo non funzionano così. L’idea è quella di tornare indietro e recuperare le gemme, usarle in modo che tutti possano tornare, esattamente come Thanos ha fatto per farli sparire. Non è difficile, e mi sorprende che tu sia caduto nella trappola di un film cult!», lo canzona, e Harley incrocia le braccia al petto, fingendosi offeso. «Non nascondo che sarebbe più congeniale l’idea di cambiare la linea temporale, ma non si può e qui Thanos è morto. L’unica cosa da fare è rimediare al suo gesto.» 

«Ottimo lavoro, Emmett Brown. Ma chi ti dice che funzionerà?» 

«Lo dico io. C’ho messo cinque anni a decidermi, e se l’ho fatto è perché sono certo che non falliremo.»

«E cosa ti ha fatto cambiare idea, se posso chiedere?» Non è una domanda semplice, ma Tony ha messo in conto anche la possibilità che Harley glielo avrebbe chiesto. Lo ha chiamato, gli ha mostrato il suo progetto e i suoi intenti, ma c’è anche un lato umano da mettere in chiaro; qualcosa che forse, tempo fa, avrebbe preferito nascondere. Così sospira, finge di dover sistemare degli attrezzi e, senza guardarlo, pronuncia un nome che da troppo non usciva fuori dalla suo bocca secca.

«Peter.» È come se bastasse solo quel nome, per rimettere insieme i pezzi e spiegare il perché. Non può nasconderlo, non può fingere che non sia così. Solo che la parte più difficile è ammetterlo ad altri. Harley tace, come se rispettasse quel fatto e non volesse risultare irrispettoso di fronte a quella scelta. A quel motivo. «Mi sono ricordato che molti lo rivogliono indietro», che io lo rivoglio indietro, a qualunque costo. 

«Questi molti devono tenerci abbastanza.» 

«Più di quanto potessero credere», risponde, e finalmente lo guarda. Si sorridono e, quando Harley si siede su uno scalino, Tony lo guarda come se avesse appena aperto lo spazio-tempo e ne avesse preso il potere. Rimane immobile, a guardarlo accomodarsi, come se fosse pronto a sentirgli ammettere cose che per cinque anni Tony ha tenuto in un laboratorio travestito da seminterrato. 

«Che tipo era?», dice infine Harley e, dopo secondi che sembrano l’eternità più dilatata, Tony si siede accanto a lui e, senza paura del giudizio di un amico, gli parla di un allievo che ha amato e che, senza vergogna, continua ad amare immensamente. 

 

«Non voglio morire, non voglio morire, non voglio morire.» 

 

Ha smesso di parlare di Peter e non si è reso conto che sono passate ore. Ha raccontato tutto, dal momento del loro incontro fino a quello della sua sparizione, avvenuta tra le sue braccia tremanti e incapaci di tenerlo saldamente legato a quel mondo. Ha ammesso di aver sentito il fallimento nelle dita, come un formicolio, come se avesse avuto gli arti addormentati, quando è rimasto con le mani vuote. Ha ammesso il dolore, il senso di inadeguatezza, il desiderio di sparire che non si è avverato, ma ha omesso quello che lui e Peter sono stati, solo perché forse Harley non capirebbe. 

Harley, però, forse ha capito. E lo ha fatto nel momento esatto in cui Tony gli ha confidato di non sapere come andrà quel piano; non sa se andrà a buon fine, non sa se Peter tornerà sano e salvo, non sa se ne varrà la pena e, più di tutto, ha paura di non riuscire a riportare indietro chi vorrebbe; coloro di cui ha bisogno. Colui di cui ha bisogno. 

Se Peter tornasse, gli ha detto, tutto tornerebbe al suo posto. 

Così Harley gli ha consigliato di prepararsi al peggio, anche se il peggio non accadrà, Tony!, e di lasciare dei messaggi, degli scritti, delle registrazioni, qualcosa che possa rimanere tra le mani di chi resta, nel caso non fosse lui quello a rimanere.

Lo sorprende che la cosa non l’abbia stupito; l’idea di non tornare ma… fa male. Fa male perché ora che ha tutto – quasi tutto – rischia di perderlo in uno schiocco di dita. Solo che Harley ha ragione, e lui non sa in che altro modo rimanere e, con un tacito assenso, gli ha dato una pacca sulla spalla e gli ha chiesto di rimanere a cena lì, per Morgan, lei ti vorrebbe qui per sempre. Perché ha bisogno di non pensarci, di prepararsi, di sentire quel calore dentro che poi gli aprirà il cuore quando farà una delle cose in cui non è mai stato bravo: esternare i propri sentimenti, stavolta a parole, senza quei non detti che di cuori ne hanno già spaccati abbastanza. Soprattutto il proprio, danneggiato da troppo. 

Così quella notte si chiude nel seminterrato e passa ore a fissare quella maschera, convinto che un discorso preconfezionato non è quello di cui Peter ha bisogno. Ha bisogno di calore, di verità, di sentimento, di lui. 

Allora si lascia andare, a briglia sciolta, non appena la luce si accende e registra il suo testamento. «Ehi, bimbo-ragno», lo saluta, poi tira su col naso. Si prepara alla morte e lo fa come un adulto, eppure non si è mai sentito così vivo come in quel momento. 

 

«Mi dispiace.» 

 

Tony non l'ha mai capito davvero, il senso della vita, finché non si è ritrovato a schioccare le dita e a salvare di nuovo l'universo. Tony non l'ha veramente capito, il senso di quel viaggio nel tempo, dove suo padre gli ha inconsapevolmente detto di amarlo, a discapito di tutte le volte in cui non l'ha fatto quando avrebbe potuto. Tony non l'ha davvero compreso, tutto quel marasma di pugnalate che ha ricevuto al petto per anni e anni; quasi ha cercato di godersi la sua nuova vita, col solo intento di dimenticare gli errori commessi. Eppure Tony la redenzione l'ha sempre bramata. Un tempo forse per sentirsi pulito, ora per sentirsi più umano.

Sono cambiate tante cose, negli ultimi anni, primo fra tutti il suo cuore e la sua pelle. A pensarci bene non sembra così, ma se si guarda indietro, Tony vede troppi se stessi che prendono strade diverse e che cambiano idea senza un minimo di coscienza. Tony sa che il tempo è tiranno e deleterio. Che logora l'anima, ma la indurisce. Che a volte si supera il punto di non ritorno, e si smette di provare ogni cosa, oltre al rimpianto e ai sensi di colpa.

Il suo punto di non ritorno però è salvo. Peter ci ha infilato in mezzo un cancello allegorico, e Tony si è premurato inconsapevolmente di non farglielo varcare. Gli ha negato quell'abbraccio, troppo tempo prima. Lo ha ricevuto, quando gli è morto tra le braccia. E ora glielo deve, perché è un po’ grazie a lui, se ha deciso di riprovarci, a fare l'eroe. 

Quando lo ha visto comparire da quei portali ha provato la cosa più vicina ad un vuoto nel cuore. Ha dimenticato per un attimo la battaglia, il dolore, persino quei cinque anni senza di lui, ma ha continuato a combattere per sincerarsi che quel ritorno potesse poi consolidare il suo rimanere. Poi Peter l’ha salvato, e gli è piombato addosso con mille parole e duecento stelle negli occhi. Sorrisi, lacrime celate dietro una folta corolla di ciglia scure. Labbra morbide e ancora incantevoli, come le ricordava. Avrebbe voluto rubargli via un ultimo bacio, se non fosse stato avvolto dall'atmosfera distruttiva di una battaglia di cui non si vedeva la fine. Avrebbe voluto stringerlo di più, così tanto che forse lo avrebbe spaccato in due per l’ennesima volta, ma cinque anni senza di lui sono stati un inferno dentro, vissuto nel paradiso di una vita quasi perfetta. 

Peter lo guarda come se avesse capito. Peter lo guarda come se non se ne fosse mai andato e come se lui non stesse per correre incontro alla morte, con la sola paura di non salvare nessuno. È il suo destino, lo è sempre stato, lo ha sempre saputo e ora che sta succedendo, Tony non è sicuro di essere pronto. 

«Finirai per ucciderti, Tony.» Glielo ha detto Pepper, una volta, come se fosse stata una premonizione.

Lo stringe e inala l’odore dei capelli dell’amato; ricorda le volte in cui vi ha infilato dentro le dita alla ricerca di un appiglio, che ha sempre trovato. Momenti senza armature, senza paure, senza vestiti. Momenti in cui erano solo Tony e solo Peter, nessun altro. Due entità che forse, a volte, ne hanno incarnata una sola. 

«Tony», sussurra Peter, cullato dall’abbraccio stretto che sta ricambiando, e la gioia incastrata nella gola che non ne vuole sapere di uscire ed esplodere. Perché Peter lo sa, che lo perderà, come Tony sa che non c’è altro modo che quello, per salvarlo. Per salvarli tutti. «È come se fossero passati cinque anni anche per me…», ammette, stringendo di più le braccia intorno alle sue spalle, alzandosi leggermente sulla punta dei piedi per colmare quella differenza di pochi centimetri che li divide. Intorno a loro i suoni della guerra sono lontani e non appartengono loro. Non ora. Non adesso. 

Mi sei mancato, vorrebbe dirgli, ma non lo fa perché è un codardo e un incapace. È goffo. Persino in quel momento dove non dovrebbe trattenere niente, perché è l’ultimo momento che il destino gli sta concedendo. Si stacca e gli bacia le labbra, con una delicatezza che sembra un tocco fasullo. È tutto ciò che gli può dare; è tutto ciò che si può dare, perché quello che provano è ancora sbagliato e immorale, agli occhi di tutti. Perché forse non avrebbero mai dovuto nemmeno amarsi, ma la vita non sarebbe stata la stessa, senza Peter e il suo cuore stretto tra le dita. Perché non amarsi è inevitabile, per loro. 

Tony poi è lontano, e Peter è solo un puntino tra quelli che combattono una battaglia che li divide ancora e che ha un unico epilogo. L’unico. Schiocca le dita e sa che morire è un attimo. Sa che farà male, ma poi passerà e rimarrà un dolore non suo, ma di altri, tra chi, malgrado tutto, ha scelto di amarlo lo stesso, anche se ha sempre pensato di non meritarlo. È felice, ma non vorrebbe morire. Nessuno vorrebbe. Non ora che la vita ha scelto di regalargli una famiglia e sotterrato vecchi dissapori. Non vuole morire, eppure lo fa. Con una parte di Pepper che se ne va via con lui e gli Avengers che crollano senza più il loro muro portante. Con Peter, che è solo in un mondo che gli ha sempre portato via tutto e, anche stavolta, lo lascia in un angolo, a chiedersi perché sempre noi?

Tony muore e apre un vuoto. Muore e il mondo piange. Muore, e il mondo va avanti lo stesso. Sarà poi noioso, sì… ma andrà avanti. Per Morgan, per Pepper e per Peter, soprattutto, deve andare avanti. 

 

Fine.


 


 
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Note Autore:
Decorative Lines Png - Clip Art Library #1386553 - PNG Images - PNGio
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em — Here's the thing: they could have used a picture...
 Salve Salvino!
Sì, lo so, sono in tremendo tirardo. Avrei voluto pubblicare l'ultimo capitolo nel 2021 ma ho avuto una sorta di rifiuto per EFP fino ad ora e, in realtà, ancora un po' ce l'ho ma DOVEVO pubblicarlo e finirla, perché ci tenevo e ci tengo ancora, a questa storia e spero che, malgrado l'angst, vi sia piaciuta ♥
Lo so, è davvero triste, ma è qui che dovevamo concludere per ricollegarci poi ad altre storie, quelle che fanno parte di questa raccolta che, a quanto pare, ha raggiunto il suo epilogo con questa ultima storia sul canone di Infinity War/End Game. Ne avevo bisogno. Avevo bisogno di risolvere Tony, di preparlo, di vederlo come l'ho visto io, e tutte le sue sfaccettature con Peter. Il suo Peter e la sua folta corolla di ciglia (TM che mi appartiene un pochino e di cui sono gelosissima, lo ammetto) ♥
Insomma, quello che dovevo dire l'ho detto e spero di averlo fatto in modo adeguato e che vi sia piaciuto e abbiate apprezzato ♥
La storia si ricollega direttamente e cronologicamente a Blood and Bones, Protocollo Speranza, We Are Connected e, in qualche modo, a Almeno tu Nell'universo, quindi se non le avete lette e volete andare a recuperarle, le trovare sul mio profilo ♥
Grazie a tutti per il sostegno che mi avete dato nel 2020, grazie per tutto il supporto, le belle parole, i consigli, la vicinanza e l'amicizia. Grazie per aver supportato questa vecchia scema in questo anno assurdo, per tutti. Grazie a loro, poi, che non vogliono proprio smetterla di spaccarmi il cuore e riempirmi la testa ♥
Sono la coppia, ormai lo sapete ♥ E spero che a voi faccia piacere che io continui a raccontarvi di loro ♥
A presto e buon 2021 a tutti,

 
 
 
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La vostra amichevole Miryel di quartiere.
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