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Autore: Merkelig    05/01/2021    0 recensioni
Storia partecipante al contest “Manuale di sopravvivenza Vol.1” indetto da Spettro94 sul forum EFP.
La brama consuma gli uomini. Ma quale desiderio arde nel cuore nero di Serafina, la regina oscura?
La sete di conquista?
L'ambizione di portare finalmente a compimento l'opera paterna?
O la cupidigia per Astelera, la bellissima regina elfica?
Dal testo:"Fu così che la sovrana seppe che i tempi erano ormai maturi; ben presto avrebbe appagato il desiderio suo e di suo padre, la brama che la consumava da quando era fanciulla, per un regno incantato che non era ancora nelle sue mani."
Genere: Angst, Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il palazzo di cristallo
 
 
 
Serafina accolse il vento notturno che le accarezzò il viso con un moto di gratitudine. La luna alta nel cielo diede loro il bentornato nel mondo dei vivi, illuminando quasi a giorno la foresta vergine che celava il passaggio alla Città Sotterranea.
La regina depose Sindar a terra e gli deterse il viso pieno di sangue con una manica.
- M...Maestà... - mormorò questi aprendo faticosamente gli occhi - Ce... ce l'abbiamo fatta.
- Sì - disse solo Serafina. Improvvisamente si sentiva svuotata, esausta. Si sedette direttamente sul terreno morbido, al fianco di Sindar.
- Mettiamoci in... cammino... - fece il soldato, tentando di alzare la testa da dove era stato disteso.
- No - rispose la sovrana con sguardo distante - Tu hai fatto fin troppo. Resta qui e riposa, andrò io a conquistare il palazzo elfico. Sono io che devo farlo.
- Perché?
- Perché lo dice un'antichissima profezia - confessò a sorpresa la regina con malinconia - Solo un figlio delle tenebre può uccidere una Dea Rinata. Io e mio padre eravamo gli ultimi, e ora io solamente posso portare a termine l'impresa che lui si era prefissato.
- Ma... ma voi... la amate... non è così?
Serafina si artigliò i capelli in un moto d'ira.
- Io... io non... non lo so - finì per dire, incespicando nelle sue stesse parole.
Quando il silenzio si protrasse alzò la testa.
Sindar aveva chiuso pacificamente gli occhi e si era adagiato sull'erba soffice. Il suo petto non si muoveva più.
La regina rimase a lungo a fissare il suo volto, poi, quando si alzò in piedi con le gambe pesanti come macigni, rivolse il volto al cielo stellato.
Tutto in quel reame ispirava dolcezza; i delicati boccioli sui rami, che sprigionavano un profumo di primavera, il sussurro di un ruscello che non era in vista ma che prometteva un'acqua fresca e ristoratrice, lo scintillio delle stelle lontane nel cielo terso.
Mosse una mano e un tappeto di bianche rose selvatiche avvolse il corpo di Sindar come un sudario.
I fiori erano il frutto della sua magia, non provenivano dal reame elfico; diversi di loro avevano petali spezzati o macchiati, e il loro profumo non era altrettanto inebriante. Quasi stonavano in mezzo a tanta perfezione.
La regina gettò loro un'ultima occhiata stanca, poi raccolse ogni stilla di magia ancora in suo possesso e operò un incantesimo.
La sua figura stinse e si rattrappì, le spuntarono piume e un becco, finché una tortora dalle ali brune come la notte non spiccò il volo dalla piccola radura.
 
Serafina sorvolò la foresta intera finché i suoi occhi da volatile non individuarono il palazzo di Astelera, nel cuore dei meravigliosi giardini.
La piccola tortora scosse il capino per cacciare via la spossatezza e si preparò alla discesa.
Lasciò dietro di sé le case, i viali candidi, i giardini pendenti, ornati di fiori meravigliosi come non ce n'erano di eguali nelle terre degli uomini.
Scorse sotto di sé alcuni elfi che passeggiavano godendosi la bellezza della sera, ridendo tra loro, dandosi il braccio. Le figure leggiadre sembravano risplendere di luce propria, e la potenza della loro malìa per un attimo fece esitare il cuore della piccola tortora.
Presto il castello le si parò dinnanzi agli occhi in tutta la sua magnificenza.
L'intero edificio era stato ricavato dal quarzo più fino, lavorato in mille notti di lavoro sotto la benedizione della luce lunare. Si diceva che Astelera amasse specchiarsi in ogni superficie possibile, per questo aveva scelto il cristallo più puro del regno per costruire la propria dimora.
In cima alla guglia più alta, così che fosse possibile accedervi solo con un incantesimo, stava la stanza da letto della regina Astelera.
Serafina planò silenziosa dentro la finestra aperta e andò a posarsi in un angolo buio.
Mentre la piccola tortora si guardava attorno i dieci anni che erano trascorsi da quando aveva visto per la prima volta quel luogo sembrarono svanire come fumo.
Ecco il grande specchio nel quale Serafina tentava di spiare il volto dell'elfa quando vi era seduta dinnanzi per imbellettarsi; ecco le cento boccette di essenze profumate, che contenevano ognuna una promessa più dolce dell'altra; ecco il baldacchino, con le sue tende di pizzo candido e le colonnine d'avorio che si avvolgevano affusolate su loro stesse, su cui una pianta di rose bianche si arrampicava disegnando delicati arabeschi e spandendo un profumo inebriante.
E là, tra i morbidi cuscini, una cascata di finissimi capelli argentei rivelava la presenza di Astelera, profondamente addormentata.
Serafina uscì dalle tenebre con le proprie sembianze, senza emettere alcun suono.
Sguainò la spada e si avvicinò al talamo con passo felpato.
Poi, all'improvviso, la bellezza traditrice di Astelera le si palesò davanti in tutta il suo splendore.
La regina dormiva con una pallida mano posata sul cuore e l'altra abbandonata sul guanciale.
I piedini delicati sporgevano appena dall'orlo della veste, sfidando coraggiosi il fresco della notte privi della difesa del lenzuolo.
Le sue forme eleganti e slanciate erano magnificamente avvolte dalla più sottile e morbida delle sete, di un colore madreperlaceo che sembrava mutare sotto i raggi lunari come le onde del mare.
Senza distogliere lo sguardo da lei Serafina girò attorno al letto, fino a portarsi vicino al suo viso.
Alzò la spada, la lama oscura che bramava di dissetarsi del dorato sangue elfico, nonostante lo sforzo sembrò costarle ogni scintilla di forza di volontà che ancora le rimaneva.
Finché un particolare non attirò la sua attenzione, e la donna non si bloccò con il braccio alto sopra la testa.
Astelera aveva forse sospirato nel sonno e un pendente dall'aspetto singolare era scivolato fuori dalla sua scollatura. Un minuscolo rubino dai riflessi cupi faceva bella mostra di sé sulla pelle bianco latte della regina.
Serafina lo riconobbe immediatamente. Le pietre di sangue erano famose tra la sua gente per l'uso che se ne faceva negli incantesimi di occultamento.
La donna nel letto a baldacchino non era Astelera.
In quell'istante la porta della camera si spalancò con violenza e una mezza dozzina di elfi in armatura da battaglia si fece avanti con le armi in pugno.
A onor del vero Serafina reagì piuttosto prontamente; scagliò un incantesimo del fuoco contro gli aggressori, che lasciò lunghe bruciature sulle pareti bianche come la neve. Dopodiché ebbe inizio il duello con le spade.
La regina riuscì a uccidere quattro delle guardie prima che giungessero altri guerrieri e la sopraffacessero.
In catene venne trascinata lungo i corridoi deserti e portata fino alla sala del trono, al cospetto della vera Astelera. Là fu costretta in ginocchio da due soldati che le puntarono le picche alla gola.
La regina elfica l'aspettava assisa sul suo trono dorato. Quando si alzò elegantemente per venirle incontro a Serafina si mozzò il fiato in gola. Perfino in ginocchio, sconfitta, la bellezza di Astelera esercitava il suo fascino oscuro su di lei.
- Serafina - mormorò Astelera con voce flautata - sono passati anni dal nostro ultimo incontro.
La donna sentì che la sua forza di volontà, solitamente granitica come una montagna, iniziava a disperdersi come sabbia.
La scaglia al centro del suo petto cominciò a scavarle nella carne, obbedendo all'incantesimo che lei stessa vi aveva posto sopra; ma come poteva quel dolore competere con la delizia del suono del suo nome modulato da quelle labbra?
Astelera prese ad incedere sul pavimento niveo, come se fluttuasse.
- Sei cambiata - la adulò - quando ti conobbi non eri che un fiore ansioso di sbocciare. Guardati ora.
Serafina lottava contro la magia elfica che si insinuava nelle sue narici, nei suoi occhi, sotto la sua pelle.
- Ti ho aspettato a lungo, mia cara.
- Tu sapevi - scandì la donna con difficoltà - Sapevi che sarei venuta.
- Certamente - la mano di Astelera scese sulla sua nuca in una carezza accondiscendente e per poco Serafina non alzò la testa per la bramosia del suo tocco.
- Anch'io so leggere gli umori del cosmo - le ricordò l'elfa dolcemente - Perciò ti ho mandato un piccolo aiuto.
- L'elfo... - ricordò Serafina - Il giovane che abbiamo catturato nel nostro regno, vicino al confine. Eseguiva i tuoi ordini.
- Beh, parlare di ordini è un po' esagerato. Diciamo che l' ho convinto a sacrificarsi per un bene superiore. Il mio.
- Eri sicura che sarei venuta di persona, dico bene?
- Naturalmente. Dopo tutto sei stata tu a confidarmi della profezia tanto tempo fa. A questo proposito, ho sempre voluto chiederti... -
Astelera pose un ginocchio a terra e le accarezzò i capelli. Svelta Serafina inchiodò lo sguardo a terra per sfuggire all'incantesimo di quegli occhi grigi.
- ... come ci si sente ad essere responsabili della morte del proprio padre?
La regina tacque, mordendosi le labbra a sangue.
- Dopotutto io ti ho semplicemente accolta nel mio letto, e ho consolato le tue lacrime con i miei baci e le mie mani.
- Gli hai trafitto il cuore con una freccia... - ringhiò Serafina.
- Dopo che tu mi hai rivelato che tuo padre fosse un figlio delle tenebre. Così ho capito di doverlo uccidere prima che lui uccidesse me. E ora l'ultima figlia delle tenebre è qui in ginocchio ai miei piedi.
- Dimentichi un piccolo particolare.
Le belle sopracciglia di madreperla della regina si incupirono leggermente.
- Quale?
- Alkaid non è stato il mio unico informatore.
Sul volto tirato di Serafina si disegnò un sorriso obliquo.
- Come sta la tua sorellina?
Fu la prima volta che il viso di porcellana di Astelera si deformò per un'emozione: la collera ne stravolse per qualche istante i lineamenti perfetti.
- Sei stata tu a catturare Fawaris!
- Esattamente.
- Cosa ti ha rivelato? Dimmelo!
- La rivorresti con te? - chiese invece la donna, con un lampo negli occhi.
L'elfa si ricompose.
- Dimmi dov'è e avrai salva la vita.
Se avesse potuto Serafina avrebbe riso amaramente. Sapeva benissimo -e Astelera a sua volta sapeva che lei sapeva- che non appena le avrebbe restituito Fawaris la regina avrebbe ordinato di farla giustiziare. L'unico motivo per cui era ancora in vita era che la regina elfica aveva bisogno di sapere di quali dei suoi segreti fosse venuta a conoscenza.
Tuttavia abbassò le spalle con fare pacifico e fissò Astelera dritto negli occhi.
- La gabbietta legata alla mia cintura. Prendila.
Uno dei soldati si fece avanti, si chinò e la raccolse per porgerla alla sua regina.
Astelera studiò la piccola falena con sguardo disgustato, per poi rompere l'incanto con uno schiocco delle dita affusolate.
Una nube rosa pallido avvolse l'insetto che iniziò a crescere sempre di più, finché una giovane elfa con lunghi capelli d'argento non fece la sua comparsa. Questa prese a fissare la sorella maggiore con occhi sgranati, mentre Astelera la ricambiava freddamente.
- Se il piano era di barattare la sua vita con la tua devo constatare che sei meno astuta di quanto pensassi.
- Il piano in origine era quello, sì - ammise Serafina - Usare Fawaris come merce di scambio. Ma poi, quando ho scoperto del cattivo sangue che scorre tra voi, ho pensato; perché non trarre altri benefici dalla sua compagnia?
- Ti assicuro, sorella... - prese parola Fawaris con voce supplichevole.
- Taci - le intimò l'altra, altera - Di te mi occuperò più tardi.
- Fawaris mi ha raccontato molte cose di te. Di alcune ero già a conoscenza mentre altre sono state una sorpresa. Come gli incantesimi oscuri ai quali ti sei dedicata, che fanno sì che i tuoi poteri di seduzione non abbiano eguali in tutto il mondo. Oppure come le pratiche e i sacrifici che occorrono per diventare una Dea Rinata.
Serafina si interruppe con fare cospiratorio. Astelera strinse un lembo della veste nel pugno chiuso, senza accorgersene.
- O anche del tuo specchio, così speciale ma anche così fragile.
Astelera trattenne il fiato, paventando ormai troppo tardi la catastrofe che stava prendendo forma sotto i suoi occhi.
Si voltò di scatto.
Il suo magnifico specchio, ornato da una finissima cornice d'argento e sigillato nello schienale prezioso del trono, aveva subito improvvisamente una scheggiatura proprio al centro.
Con orrore Astelera vide una ragnatela di crepe allargarsi sulla sua superficie, mentre una piccola vespa fatta d'ombra si preparò a dare nuovamente l'assalto alla superficie cristallina.
L'elfa scagliò fulminea un incantesimo contro l'animaletto, ma troppo tardi. Il vetro si crepò e frantumò, e i vetri piovvero al suolo con un tintinnio delicato.
Serafina vide l'orrore farsi strada sul volto di Astelera unito ad una smorfia d'odio quando si voltò verso la sorella minore, con le dita ingioiellate contratte ad artiglio come se volesse stringerle intorno al suo collo.
La piccola, spaventata, Fawaris, che non era altro che l'ombra della sua magnifica sorella. Gli stessi capelli argentei ornavano le sue spalle minute come un mantello di luce liquida e il viso dall'ovale perfetto era tanto armonioso che non sarebbe sfigurato scolpito nel marmo più candido.
Ma i suoi feromoni, così dolciastri e stucchevoli, e i suoi grandi occhi grigi sempre incupiti in una smorfia supplice, davano la nausea a Serafina quando la vedeva.
Fawaris era allo stesso tempo così simile e così diversa da Astelera. Non era che una pallida copia mal riuscita dell'oggetto del suo desiderio.
Era stato molto facile spezzare le sue difese, e quando Fawaris le aveva parlato dello specchio Serafina aveva capito come avrebbe potuto battere Astelera.
La sovrana, che amava rimirare se stessa così come i suoi possedimenti, aveva stregato uno specchio di purissimo argento perché tutto il suo regno vi fosse riflesso quando ci si specchiava. In questo modo non solo poteva venire a conoscenza di ogni cosa succedesse nel regno, guadagnandosi il sacro timore dei suoi sudditi, ma poteva anche tenere sotto controllo gli incantesimi che sigillavano e proteggevano i suoi confini.
Lo specchio non era l'unica difesa del regno ma di sicuro nel tempo era finito per diventarne la chiave di volta; e ora i suoi brandelli scintillavano inutili sul pavimento candido come stelle cadute.
Impresse nelle lastre più grandi già si scorgevano sinistri bagliori rossastri.
- Cosa hai fatto? - gridò Astelera.
- Credo che i miei demoni abbiano già iniziato a farsi strada nel tuo regno, mia regina.
In un moto di collera Astelera alzò un braccio verso Serafina, pronta a colpire.
Questa scattò di lato con una capriola, evitando lo schianto per pochi centimetri, e schioccando le dita si liberò dalle catene.
Una fiammata la avvolse, allontanando le guardie.
In lontananza iniziavano già ad udirsi i ruggiti primordiali dei demoni che percorrevano le valli in lungo e in largo come lampi di buio, e le grida spaventate dei sudditi.
Il fuoco si propagò intorno alle due regine, distruggendo tutto ciò che toccava.
Fawaris raccolse la veste e fuggì, imitata dai soldati.
Le due donne rimaste sole si fronteggiarono. Serafina raccolse una spada da terra e la alzò in direzione di Astelera.
- Sembra che ci siamo - constatò questa con voce flautata.
- Sì - concordò l'altra glaciale - direi di sì.
Mulinò l'arma e la abbatté su Astelera.
Questa la respinse con la sua magia, per poi plasmarsi una lama apparentemente dal nulla.
Le due intrecciarono le spade in un duello mortale, in cui le parate e le stoccate erano simili a passi di danza. Nessuna delle due intendeva cedere terreno, e ben presto Serafina si ritrovò ad incalzare la sua avversaria finché non le strappò l'arma dalle mani e non la mise con le spalle al muro.
Tirò indietro il braccio per un ultimo affondo, dritto al cuore marcio dell'elfa.
Astelera, forse come ultima difesa, le lanciò un incantesimo negli occhi.
Serafina batté le palpebre, stordita.
All'improvviso era di nuovo nella camera da letto della regina elfica, con il baldacchino profumato e la fresca aria della sera che le solleticava la nuca.
Le grida e i rumori di crolli intorno a loro all'improvviso cessarono.
Astelera le si palesò dinnanzi avvolta in tutto il suo splendore. I lunghi capelli sciolti incorniciavano la sua figura perfetta, la pelle lattea sembrava emanare un delicato chiarore e i suoi feromoni la avvolsero portando con sé una promessa d'amore.
Era completamente nuda, ad eccezione delle collane e dei bracciali che adornavano il suo delizioso collo e i suoi polsi delicati.
A Serafina mancò il respiro.
Astelera si avvicinò con grazia.
- Come puoi farmi questo? - le chiese suadente, mormorando nel suo orecchio - Dopo tutto ciò che ti ho donato? Non lo ricordi più?
La sovrana oscura lottò contro l'incantesimo ma il suo braccio sembrava pesare come una montagna.
- Dopo che ho sciolto la mia cintura per te... - insinuò con fare malizioso.
Serafina sentì un dolore indescrivibile morderle il petto più forte che mai, ma non si trattava della sua scaglia di drago; era Astelera che l'aveva trafitta con la sua stessa spada.
La donna urlò per il dolore e, in un moto istintivo, richiamò a sé la sua magia.
Il terreno si aprì sotto i loro piedi e si trovarono entrambe a precipitare nel buio.
 
 
  
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