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Autore: Elicia Elis    06/01/2021    1 recensioni
[Genshin Impact]
[College!AU]
Penso che gli amori "scolastici" siano sempre i più belli. Una mistura di acerba presunzione e dolce innocenza. E in questo periodo simpo tantissimo per i personaggi di Genshin Impact, perciò eccoci qui con questa raccolta di AU che ha il solo scopo di farvi rilassare o cringiare. Divertitevi!
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I. Ectoplasma 
[AlbedoxSucrose]

Sucrose sospirò ancora. Un cono di luce illuminava dall'alto le pagine giallastre dell'enciclopedia; le parole si rincorrevano fitte, crogiolandosi nel bagliore polveroso della lampada.
Lanciò un'occhiata all'orologio che portava al polso. Le tre del mattino, ancora. Le lancette divoravano il tempo con un ticchettio spassionato, risuonando nella biblioteca deserta. In mezzo a quei mondi di carta, circondata da una foresta di legno e cuoio, Sucrose si concentrò sui piccoli rumori del silenzio. La biblioteca si assestava sotto i piedi, il pulviscolo turbinava a ogni suo respiro. Voltò una pagina e la carta frusciò, un suono che sembrava la dolce risata della notte. C'era odore di legna bruciata.
Le piaceva restare in piedi fino a tardi. Osservava la biblioteca svuotarsi lentamente, come un cuore che pianga via i suoi drammi, e il chiacchiericcio risicato si affievoliva tramontando col sole: diventava un flebile brusio, poi un susseguirsi di sospiri, e inceneriva, fino a diventare polvere accatastata sul pavimento. Giungevano così, di soppiatto, la notte e il silenzio. Ora, Sucrose poteva dirsi un'esperta di notti e silenzi.
«Dovresti riposare», mormorò una voce dalla soglia, poco più che una silhouette avvolta nella penombra. Sucrose sobbalzò, un'espressione tesa sul volto arrossato dal sonno e dal tepore casalingo della biblioteca. Un calpestio di tacchi sul legno: dalla luce emersero i lineamenti fini di un ragazzo, come disegnati a matita. Albedo. Sucrose rilassò i muscoli del collo.
«Su un materasso vero, intendo».
«Oh, stavo... ecco, studiavo per il test di chimica».
Albedo si avvicinò, il portamento cadenzato, e si sedette dall'altro lato della scrivania, affondando su una poltroncina rivestita di cuoio color vinaccia. Si sporse sull'enciclopedia, in silenzio. Sucrose lo scrutò da sotto le ciglia. Aveva un'espressione diversa dal solito, più rilassata: non il solito cipiglio, né le labbra tirate a qualche pensiero troppo lontano. Aveva persino sciolto i capelli, che gli ricadevano morbidi sulle spalle in spirali delicate. Sucrose non riuscì a trattenere un sorriso nell'incrociare lo sguardo di un coniglietto sorridente stampato sul suo pigiama. Sweet dreams!, recitava una nuvoletta.
Albedo sollevò improvvisamente lo sguardo. I loro occhi s'incontrarono per un attimo, e Sucrose avvampò nella penombra.
«Posso aiutarti, se vuoi», disse lui. Sorrideva, ma non era il sorriso glaciale di sempre. Due piccole rughe gli si erano increspate appena sotto gli occhi, e le labbra s'incurvavano a mezzaluna con una dolcezza sincera. Una sensazione di calore le baciò il petto.
Sucrose schiuse le labbra, ma uno scricchiolio le strappò la risposta di bocca. Qualcosa si mosse nell'oscurità in fondo alla stanza. Una sagoma scura: troppo solida per essere un'ombra, troppo evanescente per essere qualsiasi altra cosa. Lanciò un'altra occhiata all'orologio. Come aveva immaginato: le tre e un quarto del mattino, puntuale come una sveglia.
«Albedo, tu ci credi ai fantasmi?».
Albedo non fece una piega. Inclinò la testa leggermente da un lato, tirò le labbra in quella sua espressione meditabonda e socchiuse un po' gli occhi. Schioccò la lingua sul palato, come per saggiare la sincerità di quella domanda, e disse: «Be', può darsi. Dopotutto l'ectoplasma è una sostanza di natura sconosciuta, e secondo la parapsicologia e lo spiritismo questo esalerebbe dal corpo dei medium per materializzarsi in figure visibili. Perciò sì, diciamo che in linea di massima potrei crederci».
Sucrose batté le palpebre.
«E-ectoplasma, dici?».
«Sì, alcuni ne associano l'odore a quello dell'ozono».
Un fruscio. Alle spalle di Albedo, ora abbandonato sulla poltroncina, quella sagoma andò addensandosi, spalmata contro la parete opposta. Fuori fischiava un vento freddo.
Sucrose odorò l'aria. Non riusciva a distinguere altro odore se non quello della legna bruciata. Però quel groviglio turbinante di ombre in fondo alla stanza continuava a darle i brividi: appariva ogni notte alla stessa ora e nello stesso luogo, come a volerla tenere d'occhio.
«Credi che quello sia uno spirito?», domandò Albedo. Si era voltato in direzione del suo sguardo. La ragazza sussultò, sulle guance uno scarabocchio aranciato.
«Ma no, figurati».
Una risata argentina trillò nella notte. Albedo le afferrò dolcemente una mano dall'altro lato della scrivania e se la lasciò scivolare tra le dita.
«Sai, ho letto da qualche parte che l'ossitocina può determinare sia un sentimento di paura che un sentimento d'amore», disse.
Sucrose si accigliò. Aveva già smesso di seguirlo.
«Eppure, sono sentimenti così diversi. Ad esempio, posso affermare con certezza che tu ora stai producendo ossitocina in quantità, perché quella sagoma ti spaventa».
«Ti ho detto che io non ho...».
«Anch'io sto producendo lo stesso ormone, però tu non potresti affermarlo con la mia sicurezza perché io, al contrario, non ho paura. Dopotutto, l'ombra di un ramo non può farci niente».
Sucrose schiuse le labbra e si voltò. Oltre la finestra alle sue spalle oscillava un ramo rivestito di splendide foglioline verdi che brillavano nella notte argentata. Tornò a scrutare l'ombra, ingigantita e modificata da un gioco di luci.
«Se non hai paura...».
Albedo si sporse sulla scrivania e premette delicatamente le labbra contro le sue. Il tempo congelò, avvolto nella scia dolciastra del suo odore. Sucrose chiuse gli occhi e si lasciò guidare da quella fiamma che le si era accesa nel petto.
«Andrà bene il test di domani. Ora va', e riposati».
  
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