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Autore: BreathE    06/01/2021    3 recensioni
Valanyar è stata portata nella Terra di Mezzo da Gandalf per aiutarlo con il futuro della Compagnia dell’Anello e distruggere Sauron, ma aver letto un libro e vivere una vera avventura sono due cose completamente diverse.
Riuscirà a portare a termine il compito che le è stato affidato, oppure cadrà mutando per sempre il destino dei nostri eroi preferiti?
Tra cambiamenti di copione improvvisati e il mondo degli uomini che la crede un ragazzo, Valanyar cercherà di proteggere a tutti i costi la sua nuova famiglia mentre lotterà per il suo posto nel nuovo mondo.
*
Ragazza dei giorni nostri finisce nell’universo del Signore degli Anelli. Niente di più scontato.
PARING: Legolas/ Nuovo Personaggio
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Faramir, Legolas, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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▌ Capitolo 1  ▌   
 
 
 




 
«  Nella vita, ci sono persone che fanno numero e persone che fanno la differenza. »
 
__Anonimo


 
 
Il salto temporale non giunse mai.
Lo attesi: per il primo anno, ogni giorno. Già dal secondo, ogni tre. Per il quarto anno, solo di sfuggita, fino al sesto in cui me ne dimenticai del tutto. Di lui, e di come quello fosse stato per me solo un sogno.
Ricordavo certo, di essere cresciuta in una realtà completamente differente. Era un po’ difficile dimenticarsi auto, grattacieli e cellulari.
Ma oramai la mia realtà nel comune modo di pensare era cambiata. Poiché Galadriel aveva avuto ragione:
non invecchiavo, il mio viso restava immutato dal tempo, anno dopo anno , ma la mia memoria restava pur sempre umana.
Così quando raggiunsi il quinto anno di vita a Gran Burrone, decisi che avrei preso una settimana ogni anno per riscrivere tutti gli avvenimenti del signore degli anelli per essere certa di non dimenticarli mai.
 


 
Gran Burrone anno 2942 della Terza Era  , 0 anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
« Abbiamo affrontato con il Grigio Stregone il tema della tua educazione Valanyar ¹ » disse pacato Elrond un giorno, mentre osservavo gli elfi allenarsi nel campo qualche miglio più in là.
Mi voltai a guardarlo incuriosita. « Come mi hai chiamata ? » risposi guardandolo interrogativa.
« E’ ciò che rappresenti, in Sindarin. Ti chiedo perdono, non ho familiarità con il nome con cui ti sei presentata giorni fa » disse il Re chiarendo anche alcuni dei miei dubbi.
Dato che gli elfi erano una razza molto rispettosa, aveva senso che non volessero rischiare, di pronunciare il mio nome nel modo errato.
« Valanyar andrà benissimo » lo rassicurai notando la sua esitazione, dinanzi al mio silenzio. « Cosa eri venuto a dirmi? » aggiunsi ritornando sul tema d’origine.
« Per quanto tu sappia sicuramente molto sui singoli, la tua conoscenza della  Terra di Mezzo di lascia al quanto a desiderare » annunciò senza scrupoli, facendomi sentire come se fossi un’adolescente al suo primo anno di liceo « Specialmente della nostra lingua » concluse poi, mentre io annuivo consapevole.
« Beh conosco il significato di mellon [ amico] » ribattei ironica ripensando all’indovinello sulle porte di Moria.
« Molto utile, sicuramente » commentò senza perdere la sua faccia austera Re Elrond.
« In ogni caso, farai lezione insieme ad Estel. Imparerai i modi e gli usi dei molti popoli della Terra di Mezzo, e il Sindarin. Anche se lui è sicuramente molto avanti rispetto a te negli studi, sono certo che una presenza umana gli sarà di conforto  ».
Il giovane Aragorn aveva avuto ben poco tempo, per restare un bambino. Non avevo mai visto giovani elfi, ed ero consapevole che fossero rari. Oltre alla presenza di sua madre, ero certa si sentisse molto solo. Un estraneo.
« Che bello torno a scuola » dissi rassegnandomi al mio destino , per poi seguire Elrond che mi accompagnò a conoscere l’erede di Isildur che quel giorno non era altro, che un bambino come tanti.
 


Gran Burrone anno 2944 della Terza Era  , 2 anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
« Cosa fai? Scappi?! Torna qui piccolo delinquente !!! » urlai correndo a perdifiato nel giardino di Imladris certa di star dando spettacolo, nell’eterna pacatezza degli elfi attorno a me.
« Tanto non mi prendi! » urlò a sua volta il tredicenne più avanti, con una pergamena stretta in mano, girandosi per farmi una pernacchia.
“ Non avrei dovuto insegnargliela” pensai ansimando.
« Giuro che ti i mettono qualche pianta strana nella tua colazione la mattina » sbuffai arrendendomi, e lasciandomi cadere ai piedi di un albero, totalmente sfinita.
« No Valanyar, è solo che tu passi tutto il tuo tempo a sedere » ribatté Estel arrampicandosi sull’albero, sotto il quale mi ero adagiata.
« Forse non hai tutti i torti, forse dovrei iniziare a venire anche io ai tuoi allenamenti » aggiunsi guardando il bambino sopra di me, che apriva la pergamena che mi aveva sottratto almeno mezzora prima.
« Oh sarebbe sicuramente più divertente se venissi anche tu » disse il ragazzino « Hai sbagliato a scrivere Osgiliath » commentò ruotando la pergamena verso di me, e mostrandomi la mappa delle Terre di Arda, che mi era stata ordinata di disegnare, per imparare al meglio la geografia del posto.
« Non mi sorprende » mormorai scocciata « Le vostre città sono un ammasso di nomi pieni di H » mi lamentai facendo ridere il bambino.
« Credi che tornerai presto, da dove sei venuta? » domandò poi Estel, scendendo a sdraiarsi accanto a me « Io non voglio che tu te ne vada » aggiunse in un sussurro, arrossendo lievemente.
« Re Elrond sostiene, che starò qui per almeno settant’anni » dissi voltandomi a  guardarlo « Credi che lui si sbagli? » domandai con finto sospetto.
« Re Elrond non sbaglia mai! » esclamò Aragorn guardandomi come se avessi detto una parolaccia.
« Lo credo anche io » aggiunsi con un occhiolino, tirandomi poi in piedi.
« Andiamo Estel, accompagnami dai tuoi insegnanti di scherma,a quanto pare, da domani in poi mi sono guadagnata anche un’ora di ginnastica » dissi gonfiando le guancie scocciata « E restituiscimi quella pergamena » aggiunsi allungandogli una mano.
« Solo se mi prendi!!!! » ribatté il giovane schizzando di corsa, dirigendosi verso il campo di allenamento, con me alle calcagna.
« Se ti prendo ti raso i capelli!!! » minacciai facendo scappare una risata al bambino e continuando ad inseguirlo, sotto gli sguardi sconvolti degli elfi.
 
 

Gran Burrone anno 2949 della Terza Era  , 7 anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
« Cosa stai facendo Valanyar? » domandò una voce, che aveva oramai perso quella nota infantile, alle mie spalle.
« Mi assicuro di non dimenticare mai i nostri destini Estel » risposi guardando i fogli bruciare nel caminetto, oramai illeggibili. Ma era mia abitudine aspettare fino a che non diventassero che cenere, mi rilassava osservare le fiamme ingoiare il destino della Terra di Mezzo.
Mi voltai verso Aragorn, invitandolo a sedersi accanto a me. Il bambino che avevo conosciuto oramai sette anni prima era cresciuto, diventando un ragazzo di diciotto anni, alto quasi come un elfo e non meno elegante. Il suo animo era gentile e il suo cuore grande.
Era stato sicuramente il primo a non farmi più sentire un’estranea in una terra sconosciuta.
« In quei fogli, c’è anche la mia storia? » domandò il giovane poggiando la sua testa sulla mia spalla, osservando con me le fiamme.
Annuii pacatamente, nonostante sapessi, che il ragazzo ancora non aveva idea di quanto lui fosse fondamentale in quelle pagine.
D’altronde, Aragorn era ancora solo Estel, non l’erede di Isildur. Elrond gli avrebbe rivelato la sua vera identità solo al compimento del suo ventesimo compleanno.
« Sarò felice Valanyar ? » mi domandò dopo qualche minuto in tono sommesso, quasi se ne vergognasse.
« Mi assicurerò che lo sarai … Ti farò vivere fino almeno 210 anni! » dissi dandogli un bacio sulla testa, facendolo ridere.
« Perché eri venuto Estel? » domandai al ragazzo quando il fuoco infine si spense e noi uscimmo dalle mie stanze private.
« Volevo chiederti, se tu sapevi qualcosa della sorella di Elladan e Elrohir ²  »
« Come fai a sapere che hanno una sorella? » domandai incespicando sul mio piede dallo shock, ma recuperando in fretta l’equilibrio, soprattutto grazie al braccio di Aragorn sotto la mia mano.
« So che non avrei dovuto, ma li ho sentiti parlare di una certa Stella del Vespro cosa che fanno spesso sempre anche altri Elfi, e ho sempre creduto che fosse una stella vera, appartenente al firmamento … Ma ora conosco i nomi di tutte le stelle » spiegò arrossendo leggermente.
« E quindi hai continuato ad origliare » conclusi divertita prima che lui aggiunse:
« Già, e li ho sentiti dire, che il Re ha posticipato ulteriormente il ritorno della loro sorella dai regni della madre e si chiedevano perché »
« Che cosa ha fatto Elrond?! » esclamai fermandomi nel mezzo del viale guardando il giovane Estel con aria esterrefatta.
« Non dovresti pronunciare il suo nome così, è comunque il Re » ribatté Aragorn mentre io continuavo ad sussurrare oscenità sottovoce.
« Scusami Estel devo andare a fare una chiacchierata con Re » ringhiai pronta a marciargli anche in camera da letto per dirgliene quattro. Inquietante o meno, non gli avrei permesso di rovinare il futuro di tutta la terra di Mezzo per fare il padre-padrone.
« Ma non puoi » disse Estel allibito.
« Pff stammi a guardare ! » soffiai iniziando a correre verso le stanze private del Re di Gran Burrone.
«No intendo che non è qui Valanyar! Ha lasciato la sua casa tre giorni fa, non ti ha salutato perché la tua settimana proibita era già iniziata. Ed è proibito a tutti entrare nelle tue stanze quando scrivi » mi urlò dietro il futuro re degli uomini, facendomi fermare .
« Quel piccolo bastardo » sibilai furiosa. Sapevo esattamente che non poteva essere una coincidenza che fosse magicamente sparito proprio nello stesso periodo.
La regola di non disturbarmi, l’aveva imposta lui per sicurezza, ma negli anni, l’aveva infranta tutte le volte che gli era parso.
« Quando tornerà si sa? » domandai quindi ancora sbuffando
« Credo alla fine del prossimo inverno»
“Quindi tra quasi due anni! Esattamente quando avrebbe detto la verità ad Aragorn e quest’ultimo sarebbe partito per il suo destino, e diventando poi Granpasso! Ma prima deve conoscere Arwen!” pensai disperata. Il Re era evidente, che non comprendeva quanto il desiderio di proteggere sua figlia, potesse completamente distruggere l’esito dell’intero destino di Aragorn e di tutta Gondor.
« Se è giocare sporco che vuole, ha scelto la persona sbagliata, un elfo non ha idea di quanto in basso sappia colpire un umano » dissi con un sorriso sghembo ad Estel, che mi guardava come avrebbe fatto un prete, dinanzi a cui avevi appena bestemmiato.
« Valanyar … ? » sussurrò preoccupato il moro i cui occhi erano ancora pieni di innocenza.
 
 
 

Comunque, tutta quella storia con Elrond perlomeno mi aveva insegnato che forse era il caso di prepararsi un po’ meglio in vista di quello che mi aspettava.
Perché alcune strade si sarebbero formate da sole, ma altre andava tracciate.
E non era forse il mio destino? Quello di plasmare gli eventi della Terra di Mezzo?
Quindi iniziai a prendere molto più sul serio i miei allenamenti, con l’aiuto di Elladan e Elrohir poi, le mie capacità miglioravano considerevolmente, non ero certo ai livelli di un Elfo (e nemmeno del giovane Estel )ma miglioravo, costantemente.
Ogni giorno che passava mi sentivo più sicura di me, e nella mia mente, iniziò a mapparsi lentamente un piano:
iniziai ad unirmi a Gandalf, ogni qualvolta andava da Bilbo, così avrei potuto avere la fiducia del giovane Frodo fin da subito, e gli avrei dato speranza, quando lo stregone sarebbe dovuto cadere nel fuoco.
E soprattutto, ero certa di ricordare che Balin ad un certo punto sarebbe andato dal mezzuomo per confrontarsi con lui in merito alla riconquista del regno di Moria.
Impedirne la morte sarebbe stato un ottimo bonus considerando che ero arrivata troppo tardi per aiutare la stirpe di Thorin.
La parte migliore comunque, era sicuramente la compagnia dell’hobbit. Bilbo era sagace e sarcastico, con modi di fare così diversi da quelli pacati e controllati degli elfi, che andare a trovarlo, era come una boccata d’aria fresca.
 
 

Gran Burrone anno 2951 della Terza Era, 9 anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
Quel giorno, nella stessa stanza in cui nove anni prima mi fu annunciata la mia profezia, Estel scoprì la sua.
Lo attesi a qualche passo dalla porta, certa che mi avrebbe cercato per una conferma, e la supposizione, fu presto confermata da una porta che sbatteva, e un ragazzo di vent’anni che mi guardava con gli occhi grigi colmi di lacrime non versate.
« E’ dunque questo il mio destino Valanyar ? » sussurrò lanciandosi tra le mie braccia, lasciando scorrere delle lacrime silenziose sulla mia spalle « Ma io non lo voglio » sussurrò contro la stoffa del mio abito, stringendosi come se avessi potuto salvarlo, come se avessi il potere di cambiare il corso del fato.
« Mi dispiace così tanto, ma non c’è nessun altro » sussurrai nei suoi capelli. E Aragorn questo lo sapeva, gli era stato detto: era l’ultimo di una lunga lista di vecchi eroi, era solo. L’ultima speranza per gli uomini. Estel.
« Elrond e mia madre dicono che dovrò partire, unirmi ai Ranger dei Raminghi del nord » mormorò sciogliendo finalmente il nostro abbraccio.
« Lo so » risposi accarezzandogli le guance, e portandogli via l’ultima lacrima dal viso « Ho un dono per te prima, raggiungimi in giardino tra un minuto » dissi incoraggiandolo, lasciando che avesse per sé, qualche minuto per riprendersi.
Quando sparì dalla mia vista, non mi diressi verso il giardino, ma verso il balcone della loggia Est, che dava esattamente sopra i giardini, e seduta sul fianco della fontana, intravidi la donna più bella mai vista.
Non avevo ancora avuto l’onore di conoscere Arwen, ma il suo splendore anche dopo un intero decennio circondata dagli elfi, mi colse di sorpresa.
La stella del Vespro era davvero l’essere più luminoso e meraviglioso sulla quale io avessi mai posato il mio sguardo.
« Posso aiutarvi mia signora? » mormorò una voce dietro l’elfa, chela fece voltare, incontrando così per la prima volta lo sguardo di Aragorn. E da quel momento, tutto proseguì come nel vecchio libro, che ricordavo di aver letto oramai più di un decennio prima.
Per Estel sarebbe stato amore a prima vista, e nonostante la saggezza elfica, Arwen lo avrebbe seguito a breve. Poiché nonostante fosse stata richiamata a Gran Burrone da una lettera di una famosa veggente, invitandola a tornare a casa, con urgenza poiché il destino di molti era in pericolo, ella al momento era sorridente, in mezzo al giardino di siepi di suo padre a parlare con Aragorn, figlio di Arathon, Erede D’Isildur , Sire dei Dùnedain.
“E futuro Re di Gondor” conclusi per il giovane Estel.
Anche se ancora questo lui non lo sapeva, come non sapeva che quella dinanzi a lui, sarebbe stata la sua futura regina, uniti per sempre, da amore eterno.
 
« E così sei riuscita a farlo succedere » tuonò dietro di me una voce fin troppo conosciuta « Aragorn ha fatto la conoscenza di mia figlia »
« Ehilà, Re Elrond … Anche tu da queste parti? » dissi fingendo una  tale nonchalance da far inarcare un sopracciglio all’elfo.
« Potrei cacciarti dalla mia casa oggi stesso per la tua impudenza »
« Potresti »  confermai « Ma non sono stata io, a cercare di impedire il destino annunciato da Valanyar » risposi parlando di me stessa in terza persona,.
« Sappi, che questo non mi impedirà di proteggere mia figlia, mi opporrò con tutte le mie forze alla loro unione »
Annuii consapevole. « Non mi aspettavo niente di meno da lei mio signore »
« Cercherai di fermarmi nuovamente? » domandò invitandomi a seguirlo, per allontanarci dal balcone, e dalla coppia nel giardino sottostante.
« Non credo, avrò altro di cui occuparmi » aggiunsi enigmatica con un sorriso, che sono certa l’elfo ricambiò, se non per un millesimo di secondo.
 


Gran Burrone anno 2952 della Terza Era, 10 anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
« Devi convincerlo a rinunciare a questa follia. A te darà ascolto Valanyar » mi ripeté per quella che mi parve la milionesima volta, la madre di Aragorn.
« Come ti ho già spiegato, non ho intenzione di mettermi tra lui e il suo amore » risposi alzando gli occhi al cielo.
Da quando Aragorn aveva annunciato il suo colpo di fulmine per Arwen, sua madre non gli dava pace, cercando di convincerlo che era una follia sperare di poter corteggiare un’elfa tanto illustre.
« Ma a te darebbe retta. Capirà che il suo destino è altrove, e si lascerebbe questa favola alle spalle » continuò imperterrita.
« La mia risposta, è comunque no. Ora se volete scusarmi … » dissi andandomene nelle mie stanze, senza attendere una risposta dalla donna.
 
« Mia madre ti ha parlato? » domandò una voce dietro di me, facendomi sussultare dallo spavento. Non bastavano gli elfi, adesso anche quel ragazzo mi avrebbe fatto morire d’infarto da quanto riusciva ad essere silenzioso.
« Tua madre mi ha parlato » confermai accennandogli un sorriso « Ma me lo stai chiedendo Aragorn, come se non avessi origliato la nostra conversazione » dissi dandogli una spallata amichevole.
« Perdonami Valanyar, è solo che … Volevo sentire la tua risposta » iniziò guardandosi i piedi, cercando del coraggio, che poi dovette trovare poiché mi guardò negli occhi « Perché su una cosa mia madre ha ragione: non mi permetterei di indugiare oltre in questo amore, se tu mi dicessi che non merita di essere vissuto »
« Non esiste amore su questa terra, che non meriti di essere vissuto mio caro » dissi poggiandogli una mano sulla guancia in una carezza.
« Ma mia madre, sostiene che è follia, che non mi ricambierà mai. »
« Quella, è scelta che spetta solo ad Arwen, nessuno può conoscere la risposta tranne lei »
« Allora, diventerò qualcuno degno di lei, e quando avrò capito la mia strada, tornerò da lei a chiederle se vorrà percorrerla con me » disse infine deciso, suscitando tutta la mia ammirazione.
 

 
Aragorn partì, che il primo fiore di primavera non era ancora sbocciato. Fuori, nel vasto mondo di Arda, lontano dalla mia vista, dove avevo solo un vago ricordo del suo futuro in quegli anni.
« Valanyar? » mormorò una voce melodica alle mie spalle, e onestamente, mi ero abituata a molte cose nella Terra di Mezzo, ma la bellezza di certi Elfi? Oh era impossibile.
Arwen, era esattamente come il suo soprannome presagiva, la stella più brillante di tutte, il cui splendore, oscurava  anche i più bei giardini di Imladris.
« Dama Arwen » la salutai con un breve inchino.
«Ho molte domande da farti Valanyar se vorrai concedermelo » disse soave, invitandomi a passeggiare con lei « Ma prima, vorrei chiedervi dei vostri strani abiti » disse ripercorrendo il mio corpo con gli occhi.
« Oh » mormorai guardando la mia tuta oramai logora, rattoppata troppe volte per essere considerata accettabile, anche nel mio mondo.
« Da dove vengo, ero abituata ad indossare i pantaloni. E senza offesa mia signora, ho imparato molto nel vostro regno, ma camminare senza inciampare nei vostri lunghi abiti, non è tra quelle. » dissi con un po’ di vergogna.
Arwen rise, e la sua risata fu come miele nelle mie orecchie, soave e meravigliosa. Un suono, che avrei voluto poter ascoltare ogni giorno.
« Non è così strano come credete in realtà Valanyar, le donne elfo nel regno di Mirkwood , indossano pantaloni poiché molto di loro scelgono di combattere » mi spiegò con un sorriso che le incorniciava le labbra « Se lo desideri, possiamo chiedere loro di inviarci alcuni dei capi » concluse.
« Oh non vorrei abusare dell’ospitalità di vostro padre » risposi imbarazzata.
Se fosse stato presente, ero certa che ad Elrond sarebbe venuto in mezzo infarto dinanzi alla ridicolezza della mia affermazione. Come se fino a  quel momento, mi fossi mai fatta qualche tipo di scrupolo.
« Manderò la richiesta io stessa » si limitò a rispondere la principessa di Gran Burrone.
« Avevate delle domande per me Dama Arwen? » dissi cercando di riportare la conversazione sul giusto binario »
« Oh sì, mio padre, mi ha parlato di voi, e della vostra conoscenza » iniziò con tono leggermente imbarazzato « Mi chiedevo, se per caso sapevate anche del mio passaggio in questa terra » finì titubante, ed ero certa, che se non fosse stata così eterea e perfettamente composta, sarebbe quasi arrossita.
« Mia signora io conosco solo una delle vostre strade » risposi imbarazzata, ripensando alle parole di Aragorn.
« Mi chiedevo, se in quella che conosci Valanyar, io sia felice » domandò in un sussurrò « Non mi ero mai posta troppi quesiti sul mio destino, poiché ero certa che la mia strada fosse già stata tracciata dinanzi a me. Ma poi tu mi hai riportata a casa, con il cuore in gola temendo per mio padre e invece di una brutta notizia, ho trovato un giovane uomo » continuò facendomi sentire un po’ in colpa a quelle parole, in effetti l’avevo attirata a Gran Burrone, scrivendole che la mia visione sul destino di suo padre era scomparsa dalla mia vista, e che altri potevano essere in pericolo.
Poi una volta giunta, aveva trovato Aragorn nei giardini, e suo padre, perfettamente consapevole del proprio destino, che prendeva il tea con la sottoscritta, come se non avessi un pensiero al mondo.
« Mi scuso, per quella lettera » dissi con una risata imbarazzata, giocando con una ciocca di capelli, nervosa.
« Non farlo, poiché da quel giorno, posso sentire il mio cuore fremere nel petto. E ho avuto una visione Valanyar:
 Quel ragazzo era diventato uomo, e passeggiavamo in questi stessi giardini come se fossimo soli al mondo. Mi guardava come avrebbe fatto un cieco che vedeva il sole per la prima volta ….
Credevo di avere tutto Valanyar, ma da quel giorno mi sono resa conto, di aver vissuto tutta la vita con solo metà della mia anima » disse cogliendomi un po’ di sorpresa, poiché nei libri, si parlava poco del punto di vista di lei.
« Nel vostro futuro mia signora, se sceglierete quella strada, vi sarà molta oscurità » dissi sincera, fermandomi per guardare Arwen negli occhi « Ma è nella più grande oscurità, che le stelle risplenderanno più luminose, alla fine del cammino » conclusi invitandola a guardare le stelle sopra di noi, che parvero quasi brillare più forte.
 


Casa Baggins anno 2954 della Terza Era, 12 anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
« E così, credi che dama Arwen, sposerà Aragorn » mi domandò l’hobbit eccitato, strappando una risata divertita allo stregone.
« Mi sembra che ti stia appassionando ai pettegolezzi mio caro Bilbo » commentò Gandalf prendendo un sorso del suo tea.
« Non è un pettegolezzo se è Valanyar a raccontarlo, lei sa come andrà a finire, è come se mi stesse annunciando i fatti » ribatté l’hobbit addentando un biscotto all’uvetta.
« Non ne ho la certezza Bilbo, io posso solo indicargli la strada, non obbligarli a percorrerla » dissi divertita, accettando di buon grado a mia volta un biscotto.
« Ma tu credi che loro si sposeranno vero? »
« Farò di tutto, per permetterglielo, se è quello che vorranno » dissi decisa, ottenendo un cenno  di approvazione da Gandalf.
« Che meraviglia, un matrimonio! » disse Bilbo, come l’evento dovesse accadere l’indomani, e non tra quasi sessant’anni.
 


Gran Burrone anno 2961 della Terza Era, 19  anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
Arwen, colmò il vuoto lasciato dai continui viaggi di  Aragorn con una semplicità che non credevo possibile, parlare con lei era facile, mi istruì sulle leggende e le storie dell’intera Arda, mi aiutò con le mie lezioni di etichetta (nonostante ritenessi i suoi sforzi totalmente inutili) mi comprò infiniti paia di pantaloni, ma soprattutto, mi regalò le mie gemelle.
«Ho riflettuto negli ultimi mesi osservandoti con i miei fratelli durante i vostri allenamenti. Ho visto la tua frustrazione ogni qualvolta che il tuo corpo da semplice donna umana, ti falliva.  E ho capito che la debolezza non risiedeva nel tuo braccio, ma nell’arma »
« Mia signora, la mia spada appartiene all’armeria elfica » risposi assicurandole che la qualità dell’a lama  era innegabile, perfettamente bilanciata, molto più leggera di un’arma degli uomini.
« Non è alla qualità dell’arma che mi riferivo, ma alla tipologia » asserti l’elfa , offrendomi poi due spade avvolte da una stole di velluto.
Erano più corte rispetto a quella con cui mi allenavo, e la lama aveva un taglio orizzontale , con un lato spesso più spesso, ed un altro estremamente affilato e liscio. L’impugnatura era bianca con intarsi d’oro e d’argento, e girandole, notai che entrambe le lame avevano già incisi i loro nomi.
« Mi sono permessa » disse Arwen con tono umile quasi temesse di essersi spinta oltre il consentito « Sono Tiriadir e Eglerib³ . Insieme sono “Guardiane onorevoli” ma pensavo che singolarmente potessero rappresentarti … Poiché sei guardiana dei nostri destini e vuoi proteggerci, ed è un onore averti nella nostra casa  » concluse mentre io guardavo le spade con ammirazione,riconoscendo il simbolo della casa di Elrond incastonato in una delle lame, e quello dei Dùnedain di Aragorn nell’altro.
« Ma non posso Arwen io … E’ il simbolo - » fui fermata dalle sue mani nelle mie, mentre mi invitava al silenzio  con un sorriso amorevole:
« Mio padre ha chiesto di inciderli, perché tu ti ricordi sempre che hai in noi la tua famiglia »
Le lacrime mi sfuggirono dalle palpebre veloci,  senza preavviso, mentre sorridevo piena di gioia ad Arwen, lasciavo cadere quel meraviglioso dono a terra, e la abbracciavo con tutta la fora che avevo in corpo.
« Sorella l’hai fatta piangere? » sentii due voci decantare assieme alle mie spalle.
« Ovvio che voi foste ad origliare da qualche parte, dissi asciugandomi le lacrime in fretta con la manica del vestito e girandomi a rinchiudere i due gemelli in un unico abbraccio.
«Grazie» mormorai di nuovo quando mi fui calmata, prendendo le spade dalle mani di Arwen, che nel frattempo aveva raccolto da terra.
« Beh, che dici andiamo a testarle? » mi domandarono i due elfi mentre Arwen mi prendeva per mano, accompagnandomi con i fratelli, al campo d’allenamento.
 


Gran Burrone anno 2965 della Terza Era, 23  anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
Un giorno d’autunno giunse un messaggero dalla terra di Dama Galadriel.
Si avvicinò silenzioso al campo di allenamento, e non lo notai fino a quando i gemelli non proposero una pausa ( per me ovviamente) così che loro potessero salutarlo.
La figura conversava pacatamente  con Arwen, e a differenza dei suoi simili di Gran Burrone, questo elfo aveva i capelli biondi e lucenti, come i primi raggi del sole. Il suo sguardo era più severo rispetto ai suoi simili a cui ero abituata, e la sua mano destra restò poggiata sulla spada al suo fianco tutto il tempo.
Dalla postura, intuii con facilità era un soldato, e che il suo rango, era molto inferiore rispetto a quello di Arwen. Anche quando sopraggiunsero i gemelli, nonostante la loro complicità, lui restò al suo posto, rispondendo ai loro saluti con sincerità, ma senza invadere mai i loro spazi, quasi non volesse calpestarne le ombre.
Mi avvicinai quindi incuriosita, sperando di poter ascoltare la loro conversazione e scoprire un po’ di più su il regno della Dama di Luce.
Ma quando giunsi dove erano loro, il sguardo si spostò subito su di me, indagatore e sospettoso:
« Non credevo Re Elrond ospitasse altri umani oltre Estel » disse affabile. Quando in realtà sembrava avesse sputato «Non credevo che Re Elrond avesse adottato altri cani randagi».
Arwen mi aveva detto che gli elfi erano creature molto schive di natura, ma avendo passato tutta la vita a Gran Burrone pensavo che l’esempio di “elfo schivo” fosse suo padre. Non che lui fosse l’esempio di “accogliente”.
« Non è un’umana qualunque lei, Haldir » lo riprese Arwen divertita « Lei è Valanyar, a Lòrien la conoscete con il nome di Valacen⁴ » spiegò l’elfa mentre io prendevo grandi sorsate d’acqua dalla mia borraccia, mimando un semplice “ciao” con la mano verso l’elfo biondo, che sembrò solo irritarsi .
« Tu saresti Valacen? Colei che conosce i destini di tutti noi? » domandò evidentemente scettico, iniziando ad irritare i gemelli, che vidi subito pronti a prendere le mie difese.
Posai una mano sulla spalla al più vicino, che sembrò però rassicurare anche l’altro, suscitando uno sguardo scandalizzato da parte di Haldir.
Si sarebbe presto abituato al fatto che toccassi tutti senza alcun rispetto per il rango sociale. Elrond e Arwen avevano tentato a lungo, fallendo, di istruirmi meglio.
« In carne ed ossa, e conosco anche il tuo Haldir, fratello di Rùmil e Orophin. » dissi sperando di ricordare correttamente i nomi dei fratelli, erano tutti degli scioglilingua.
 « Ricorda che un giorno Nimrodel ti parlerà mostrandoti la verità su coloro che temevi nemici, rivelandoti solo virtuosi nelle ombre. » aggiunsi certa che non si sarebbe dimenticato il mio avvertimento , d’altronde la memoria degli elfi era eterna, e anche se mancavano ancora cinquant’anni al passaggio della compagnia a Lòrien, sarebbe stato brutto non approfittarne ed evitare così a Gimli una freccia in fronte.
« Credevo tu non potessi parlare del futuro » mi riprese Arwen, fin troppo simile al padre in certi aspetti.
« E’ solo un mero indizio, potrà riconoscerlo solo al momento giusto » mi giustificai con una lieve scrollata di spalle.
Ma il mio piano funzionò: Haldir mi guardò con un po’ più di rispetto. Non molto, ma perlomeno, non sembrava più desideroso di schiacciarmi sotto il suo stivale, come una formica.
 

 
Gran Burrone anno 2970 della Terza Era, 28  anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo
 
Haldir, restò a Gran Burrone per cinque anni, soprattutto per ovviare alla mancanza dei gemelli che erano stati richiesti da Galadriel a Lòrien .
Nonostante il dissapore iniziale,  l’affetto di Haldir crebbe in fretta, in concomitanza al mio. Ogni mattina mi faceva addestrare con le lame bianche regalatemi da Arwen, il pomeriggio al  tiro con l’arco e la sera era dedicata al combattimento corpo a corpo.
Allenarsi con Haldir era completamente diverso che allenarsi con Elladan e Elrohir:
non permetteva mai che mi scoraggiassi. Mi spingeva sempre al massimo, ma sempre proto a porgermi una mano ogni volta che cadevo,fallivo o mancavo il bersaglio. In breve, diventò il mio compagno d’armi preferito.
Aragorn non apprezzò mai quel mio favoritismo sfacciato, quando, essendo tornato da uno dei suoi viaggi da Ramingo fece sosta a Gran Burrone, e si offrì di aiutarmi nei miei allenamenti, ma lo scartai dopo neanche tre giorni, definendolo inadatto.
« Sembra tu abbia paura di rompermi Aragorn» sbuffai esasperata quell’ultima volta, quando finii per mandarlo al tappeto con un calcio, stufa della sua titubanza nell’attaccarmi con un’arma vera.
« Ma perché ci alleniamo con armi vere? E di chi è stata l’idea di dartene addirittura due?! » domandò facendomi ridere involontariamente, mentre Arwen entrava nel nostro raggio visivo, accompagnata da Haldir.
«E’ stato un mio dono Estel » disse lei con un sorriso che avrebbe illuminato una notte senza luna.
« Mia signora, sono semplicemente meravigliose, vi sono grato per avervi annesso anche la mia casata » rispose lui senza perdere un colpo, e la cosa mi stupì non poco.
Il piccolo monello che avevo conosciuto anni prima un uomo oramai.
« Haldir perché non vieni tu a darmi una mano? Sono certa che Aragorn accompagnerà volentieri al tuo posto Dama Arwen per i giardini » dissi senza neanche provare a trattenere il mio sorriso malizioso verso la giovane coppia.
« Non capisco, perché vuoi indugiarli in un amore impossibile, la Stella del Vespro non può amare un mortale » commentò Haldir quando i due si furono allontanati, guardandomi come se fossi un’orribile persona per giocare in tal modo con i sentimenti di Aragorn.
« Credevo che gli elfi fossero creature sagge Haldir. Perché cerchi di battere con premonizioni azzardate, chi già conosce le risposte del fato? » ribattei nella mia migliore imitazione di Re Elrond.
« Vuoi dirmi che Dama Arwen … ricambierà? » domandò l’elfo biondo turbato.
Potevo capire perché fosse ansioso, supponevo che per lui non avesse senso: rinunciare alla propria immortalità per amore. Ed era preoccupato per la nipote della sua regina. Ma non ve ne era motivo, poiché in realtà, sarebbe stato proprio l’amore a salvarli tutti da Sauron.
«Combattiamo» lo ripresi mettendomi in guardia.
 


Rohan anno 2971 della Terza Era, 29 anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
Quando Haldir partì verso il suo reame, mi unii a lui, convincendolo a promettermi che saremmo rimasti in contatto, non avevo desiderio di dover attendere ulteriori decenni solo per rivederlo, e lui mi assecondò, inviandomi spesso lunghe lettere, che mi raggiungevano in tutta Arda.
Lasciato Haldir presso i confini di Lòrien m diressi a Rohan, alla ricerca di un Ramingo che si faceva chiamare Granpasso. Curiosa di vedere il mondo al di fuori della sicurezza del regno elfico che mi aveva accolta con tale facilità.

Trovare Aragorn fu più facile del previsto, riuscire a restargli di fianco, un po’ meno.
Il ramingo inizialmente si oppose, definendomi “inadatta” fino a quando non fui costretta a sfidarlo in mezzo all’accampamento, tra i fischi degli altri cavalieri che ci incitavano e le scommesse che viaggiarono veloci. A quel punto, al giovane capitano non restò altra scelta se non affrontarmi.
Il mio stile di combattimento a due lame, impressionò molto gli altri raminghi, soprattutto coloro che appartenevano al popolo di Rohan, essendo soldati formati come cavalieri.
Erano abituati ad usare spade e possenti scudi, non certamente due lame più corte di un braccio.
Il nostro scontrò finì prima di quanto chiunque avrebbe predetto, con Aragorn sdraiato in terra supino e le mie due lame poggiate ad entrambi i lati del collo.
« Baw baur beriad Granpasso. [ Non ho bisogno della tua protezione Granpasso.] » gli soffiai in faccia, prima di allontanarmi, permettendo così all’uomo di alzarsi.
« Se preferisci non avermi attorno, non devi fare altro che dirlo. Ma non osare credere che io abbia bisogno di una balia » aggiunsi guardandolo con disappunto.
Come se quell’ingrato si fosse dimenticato, chi era il maggiore tra noi due, adesso lui poteva dimostrare, anche dieci anni più di me ma io lo avevo conosciuto che era solo un bambino.
Futuro Re o meno, non aveva alcun diritto di trattarmi come se fossi  una fanciulla in difficoltà.
« Perdonami. So che sarai un’ottima aggiunta ai nostri ranghi, e non volevo certamente mettere in dubbio le tue doti di combattente,poiché abbiamo avuto gli stessi insegnanti. E’ stata l’affetto a parlare prima del raziocinio » rispose Aragorn con un breve inchino, attendendo pazientemente che mi passasse l’irritazione, mentre rinfoderavo le mie armi.
« Lui è … Gwend. [Fanciulla ] » disse Aragorn dopo una pausa piuttosto sospetta, ma dato che nessuno dei presenti conosceva la lingua elfica, nessuno poté notare la sottile ironia del ramingo.
Tutti, tranne la sottoscritta ovviamente. Sbuffai divertita, riflettendo che quella situazione dove tutti pensavano fossi un ragazzo per via dei miei pantaloni, era semplicemente ridicola.
 

 
Fu Aragorn, durante quegli anni nella terra degli uomini, a notare la differenza per primo:
« I tuoi occhi, sono cambiati, sono più simili ai miei ogni giorno che passa » mi disse una sera mentre ero di guardia, e lui era venuto a farmi compagnia con gli occhi che osservavano i monti in lontananza.
« Cosa intendi? » domandai incuriosita, desiderando di possedere uno specchio. Non osservavo spesso la mia immagine riflessa al di fuori di Gran Burrone.
« Quando ti ho conosciuta, avevo gli occhi dello stesso colore della terra, erano caldi e profondi » mormorò con un lieve sorriso, perso nei suoi pensieri « Adesso, è come se fossero invecchiati al posto dei tuoi capelli, vi sono delle striature grigie all’interno »  disse stupendomi.
« Forse sono l’unica parte di me che invecchia » supposi ringraziando il fatto che però, la mia vista non era mai in alcun moto peggiorata, anzi, grazie agli allenamenti elfici si era affinata, assieme al mio udito.
« Dovremmo consultarci con Re Elrond quando torneremo a Gran Burrone » sentenziò Aragorn trovandomi d’accordo. Magari non sarebbe stato niente, forse era davvero come aveva involontariamente ipotizzato il futuro Re di Gondor, i miei occhi invecchiavano poiché non era permesso ai miei capelli.
Ma grazie a quella strana evoluzione data dalle mie iridi, i pettegolezzi in merito alla mia provenienza, si diramarono sempre di più, fino a scomparire, perché con i capelli neri, e le iridi sempre più accostabili al grigio, i soldati iniziarono a mettere in giro una voce: che ero il fratello minore di Aragorn. Ed andando solo a nostro vantaggio, nessuno di noi la smentì mai.
 



Confini tra Gondor e Rohan anno 2975 della Terza Era, 33 anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
Furono le grida, a convincere i raminghi, a superare il fiume che delineava il confine con Gondor. Perché le urla dei soldati, potevano essere ignorate, la guerra d’altronde era orribile per tutti.
Ma quando quelle degli uomini si spensero, e la notte si riempì di pianti infantili, nessuno degli uomini guidati da Aragorn si tirò indietro.
Andai io in esplorazione, come oramai avevamo testato più volte, era la decisione migliore.
Ero più piccola degli altri uomini, e nonostante non fossi ai livelli di Aragorn, la mia agilità era superiore ai grossi raminghi.
« Im adel  [Sono dietro di te] » mormorò Aragorn, poggiandomi una mano sulla schiena quasi in un ripensamento finale, prima di lasciarmi andare come infine faceva ogni volta.
« Imna ad [Torno subito] » risposi facendogli un occhiolino nel buio.
Mi avvicinai cauta, cercando di non fare rumore, passando tra i cespugli che erano strati strappati e calpestati in più punti.
“Come qualcuno che cerca di scappare “ pensai avvicinandomi sempre di più a dove le urla si facevano più chiare, assieme a delle risate.
“ O qualcuno che ti prende alle spalle “ conclusi giungendo al limite di quello che appariva essere un accampamento di fortuna.
Vi erano gabbie di metallo, spesse e sudice, come quelle in cui gli orchi tenevano i loro lupi, ma al momento erano piene di donne, giovani, alcune erano bambine.
La più vecchia, avrà avuto malapena vent’anni. Stavano tutte rannicchiate tra loro, seminude, con gli abiti strappati e la pelle coperta di terra e sangue secco, i pianti sommessi, cercando di scaldarsi a vicenda nella fredda notte.
Spostai il mio sguardo verso il fuoco poco più in là, deglutendo disgustata dinanzi lo schieramento di picche dinanzi ad esso. In cima ad ogni lancia, era stata infilzata la testa di un uomo, ed erano tutte state girate, così che guardassero le gabbie.
Udii dei passi fari sempre più nitidi, e le donne iniziarono a supplicare in modo sommesso, consapevoli di ciò che sarebbe successo a breve. Attesi fino a quando due figure non mi superarono, dirigendosi vero le gabbie ,e quando mi dettero le spalle, mi mossi cauta dietro di loro, emergendo dai cespugli.
Una giovane alzò lo sguardo e mi vide, ma nessuna speranza si accese nei suoi occhi, solo un ulteriore gemito di terrore.
« Ti avevo detto che farle tenere d’occhio dai loro stessi padri era la scelta migliore » gracchiò uno dei due in una rozza risata. Parlava la lingua comune, anche se in un accento che non riconobbi.
Se possibile, la bile mi salì ancora di più in gola, comprendendo adesso, chi erano gli uomini nelle picche, e sentii l’ultimo dei miei rimorsi lasciarmi mentre affondavo le mie lame, nel lati dei colli di ciascuna delle creature, sorridendo dinanzi al loro gemito strozzato, prima che si accasciassero a terra.
« Non temente, i miei uomini sono oltre quel sentiero, vi proteggeranno » dissi girando la chiave nella toppa, che uno dei due aveva lasciato cadendo a terra.
« Altri uomini ? » mormorò una ragazza in un singhiozzo secco, guardando i due cadaveri ai miei piedi con disgusto.
 Seguii i suoi occhi, e mi avvicinai ai corpi, mettendo tre dita sotto l’elmo rudimentale del più vicino che gli copriva il volto, sfilandoglielo.
Il viso di un uomo si rivelò dinanzi a me, con i denti gialli e la barba folta e sudicia, ma pur sempre di un uomo.
« Non vi erano orchi, solo uomini » sussurrò di nuovo la stessa giovane, che dovette comprendere il disgusto nei miei occhi, mentre ancora fissavo la feccia ai miei piedi.
« Ci hanno fatto lasciare il villaggio, dicendoci che un orda di orchi era sulle nostre tracce, siamo scappate nei boschi assieme ai bambini, alcuni dei nostri padri sono venuti con noi per sicurezza, gli altri uomini sono rimasti a difendere il villaggio » continuò « quella stessa notte siamo state attaccate » concluse mentre altre voci, iniziarono a chiamare due nomi, che supposi essere dei cadaveri ai miei piedi.
« Da quanto siete qui? » domandai temendo la risposta.
« Tre giorni ».
« Quanti sono? »
« Una trentina credo » mormorò incerta guardando le altre che annuirono.
« Periranno stanotte stessa e voi sarete libere di tornare a casa, ve lo garantisco » dissi incrociando lo sguardo della giovane e cercando di inviarle tutta la mia determinazione.
Lanciai il segnale di via libera ad Aragorn e gli altri, ma non attesi per vedere le loro reazioni dinanzi le gabbie.
Avevo lasciato la chiave in mano alla ragazza, consapevole, che non desideravano che io aprissi loro la gabbia, finché fossero state circondate da uomini.
 
Lo scontro fu veloce, la maggior parte di loro ubriachi e disarmati, impreparati per uno scontro aperto con dei sodati addestrati. Ma fu il più feroce a cui partecipai.
Avevo sempre creduto che avrei provato repulsione e disgusto nell’uccidere degli uomini.
Con gli orchi era facile, la loro stessa apparenza era mostruosa.
Coloro che finirono sotto i miei fendenti quella notte non lo sembravano, ma erano al pari di qualunque creatura di Mordor.
Caricai le frecce nel mio arco, sfruttando ogni colpo, per colpirli lì dove le armature erano più sottili, ma principalmente, i miei colpi erano impostati per uccidere.
Quando finii nella mischia, sfruttai al meglio le mie lame bianche, aggirandomi per l’ accampamento come  fossi stata posseduta. Prendendo ogni vita senza il minimo rimorso, fino a quando nessuno dei nemici era più in piedi, eccezion fatta per uno dei comandanti, che avevo sotto la punta delle mie lame dopo avergli fatto volare via la spada:
«Mi ucciderai mentre sono disarmato ragazzo? Per delle donne ? » mi schernì « Dove risiede il tuo onore? » disse  togliendosi l’elmo e allargando le braccia in segno di resa, mettendosi in ginocchio dinanzi a me.
Udii passi di colui che poteva essere solo Aragorn, dietro di me,  avvicinarsi e poggiarmi una mano sulla spalla :
« Daro Gwend. [ Fermati Gwend.] »  ordinò cercando di tirarmi via, con cautela.
« Ti prego » mormorò invece un’altra voce, che riconobbi come la ragazza con cui avevo parlato poco prima, era in ginocchio, ai piedi di una delle picche. Aveva chiuso gli occhi all’uomo mutilato su di esse, e l’unica parte pulita del suo volto, era dove erano scorse le ultime lacrime.
« Il mio onore, risiede con loro » dissi incrociando ad X le mie due lame e tagliandogli così di netto la testa dal collo mentre Aragorn urlava un “no!” strozzato alle mie spalle.
Osservai la testa rotolare lontana, con gli occhi ancora spalancati.
« Che cosa hai fatto?! » eruppe un altro soldato alla mia sinistra, mentre io mi limitavo a pulire le mie lame nel mio mantello e a rinfoderarle « Era disarmato » confermò un altro in mezzo al gruppo.
« Non li avreste forse uccisi tutti se fossero stati orchi? » ribattei sostenendo il loro sguardo.
Non gli avrei permesso di giudicarmi, non lo avrei permesso a nessuno di loro.
« Il mondo non è diviso in orchi e uomini. Ognuno di noi ha in sé sia luce che oscurità ma sta a noi, decidere da che parte schierarsi⁵ » dissi guardandoli uno per uno « Non è il loro aspetto, a rendere gli orchi dei mostri, ma le loro azioni. Questo, vale anche per loro» conclusi indicando i cadaveri ai nostri piedi, incrociando poi lo sguardo di Aragorn e sostenendolo.
« Grazie » mormorò la stessa voce alle mie spalle, seguita poi da tante altre, fino a quando anche l’ultimo dei bambini, non mi  aveva fatto un cenno.
« Mi occuperò di riportarli al loro villaggio, da lì, tornerò a Imladris » dissi ad Estel con un breve inchino, congedandomi, prima che potesse essere lui stesso ad allontanarmi.
 



Gran Burrone anno 2976 della Terza Era, 34 anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
«Il tuo portamento è cambiato Valanyar. Le tue spalle, portano un nuovo peso.  » disse Elrond guardando assieme a me il fuoco, dove le pergamene  con il futuro della Terra di Mezzo, bruciavano « Cosa turba il tuo cuore? » domandò il Re.
Non era certo un segreto, che ero stata nelle terre degli uomini. Tutti ne erano a conoscenza , avevo scambiato mensilmente lettere con la mia famiglia elfica a Gran Burrone, ma non dovevo essere stata così brava a celare il mio turbamento una volta rientrata.
« Ho ucciso un uomo nell’ultima battaglia » dissi fissando le fiamme, senza avere il coraggio di guardare il Re negli occhi, temendo un ulteriore giudizio.
« Quest’uomo era disarmato, si era arreso.  Ma l’ho ucciso ugualmente, senza pietà » sussurrai « Quello che speravo che sarebbe giunto con il tempo. E’ il rimorso. Ma non ne provo, so che tornassi indietro lo farei di nuovo » conclusi prendendomi la testa tra le mani.
« Se il tuo cuore crede ancora di essere nel giusto, cosa turba il tuo sonno ? » domandò Elrond senza la minima traccia di giudizio. Ma in fin dei conti, per un elfo anziano come lui, una scelta morale, doveva avere ben poco peso, quando si era visto gli ultimi grandi uomini soccombere alla brama dell’unico anello.
« Temo il giorno in cui ritroverò lo sguardo di Estel, temo che mi non guarderà più nello stesso modo » una mano si posò sui mie capelli, accarezzandomeli dolcemente fino a metà schiena prima di risalire e ripetere il movimento per qualche minuto.
« Non credo Valanyar, che potrai mai fare niente, che possa portare Aragorn ad allontanarsi da te. Significhi per lui, più di quanto credi. Gli uomini di Rohan, non erano nel torto, quando credevano che voi foste fratelli » disse portando una mano lungo il mio viso e sotto al mio mento, costringendomi ad incrociare il suo sguardo.
« I tuoi timori, sono infondati » concluse infine, sostenendo i miei occhi con i suoi, fino a quando non mi ritrovai ad annuire assieme a lui.
« Adesso andiamo, i miei figli erano molto preoccupati per te, e non la smettevano di infastidirmi » disse alzandosi e facendomi scappare una risata.
« I vostri figli hanno una media di 3000 anni mio Re, dubito che possano più essere petulanti » commentai divertita, grata che l’elfo fosse venuto a rischiarare la foschia del mio turbamento.
 
 
 
Casa Baggins anno 2977 della Terza Era, 35  anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
Finalmente un giorno ebbi notizie certa da Gandalf, che un nano di nome Balin era andato a far visita al nostro comune amico Bilbo, colsi la palla al volo, incontrando a metà cammino, anche il vecchio stregone.
« Ho pensato, che questo sarebbe stato uno spettacolo da non perdere » mi rispose lui quando gli chiese perché fosse venuto.
« Potrebbe non piacerti quello che ho da dire » desiderando tutt’altro, che annunciare la morte di un altro della compagnia di Thorin Scudo di Quercia. A Bilbo, forse sarei riuscita a mentire in caso di fallimento, dicendogli che le mie premonizioni non erano certezze. Che era solo una richiesta d prudenza da parte mia, per il nano.
Ma non vi era modo che io ingannassi Gandalf.
« Potrebbe non piacerti quello che ti risponderà mia cara. I nani, sono creature fiere, e non apprezzano i consigli che non concordano con le loro decisioni » rispose lui mentre entravamo nel sentiero che conduceva verso casa Baggins.
Bilbo ci aprì la porta con un enorme sorriso in volto, facendomi quasi ripensare alla mi decisione di parlare con Balin a casa dell’hobbit.
Ma sapevo che il mezzuomo non era certo uno sciocco, e sarebbe stato un insulto alla nostra amicizia, cercare di proteggerlo da un male inevitabile.
 
Inizialmente tutto andò bene, Bilbo mi introdusse alla piccola compagnia di nani, tra cui riconobbi subito il futuro re. I nani raccontarono a Bilbo di come se la stavano cavando sotto la Montagna, dell’ottimo lavoro che stava svolgendo Dàin e dei loro rapporti con il Re di Mirkwood.
« Gli elfi credono sempre di essere un passo sopra di noi » sbuffò uno dei nani, che doveva aver corretto un po’ troppo il proprio tea.
« Anche una decina vorrai dire! Cosa se ne fanno di tutta quella altezza dico io, se invece di combattere guerre e farsi onore, stanno sugli alberi a cantare come uccelli » sbuffò l’altro facendomi inarcare un sopracciglio divertita.
« Temo che abbiamo un concetto di onore diverso dal vostro mastro nano » risposi senza malizia.
« E cosa può saperne dell’onore una donna umana? » rimarcò con un gran sorriso il più ubriaco dei due.
La tavola si gelò, Bilbo scambiò con Gandalf uno sguardo deluso, mentre Balin, cercò di intervenire, meditando che non era quello che il suo compagno intendeva.
« Credo di aver inteso perfettamente cosa il tuo compagno intesse Mastro nano » dissi cercando di ricordarmi che ero un ospite in quella casa, e fare una scenata sulla parità dei sessi, era una perdita di tempo con alcuni abitanti della Terra di Mezzo « E gli suggerirei di tenere per sé i suoi pensieri in futuro, non è saggio mettere in dubbio l’onore di qualcuno, quando non lo hai affrontato in battaglia »
«Una donna in guerra! Questa si che è bella! Oh mia signora la sfiderei in questo momento se non fossi un gentiluomo » rise il nano guardandomi dall’alto in basso.
« Ed io accetterei la sfida Mastro Nano se non fosse che mi è stato insegnato a non umiliare i deboli » sussurrai tra i denti con un lieve sorriso sghembo, ricambiando il suo sguardo di sfida.
Lì, ero certa sarebbe partito un tumulto poiché il Nano si alzò da tavola, brandendo la sua ascia ed urlando oscenità:
« Ishkhaqwi ai durugnul! [Sputerò sulla tua tomba!] »  Mi urlò contro il primo nano, dinanzi alla quale mi feci scappare una risata divertita, poiché era lo stesso insulto che Gimli avrebbe usato contro Haldir una volta che la compagnia sarebbe giunta a Lòrien .
Tutto però tacque in meri secondi, quando Gandalf si alzò, mormorando un incantesimo in una lingua che non avevo mai ancora udito, e i due nani caddero addormentati.
« Ora basta, siamo venuti per offrire consigli non per queste idiozie » sbuffò lo stregone arrabbiato , sorprendendomi.
« In ogni caso Gandalf, non mi sembra cortese quello che ai fatto ai miei nani, la tua accompagnatrice li ha insultati per prima »
« Dovresti invece ringraziarmi mastro Balin, perché ti assicuro che i tuoi nani, avrebbero subito un’umiliazione ancora più grande se li avessimo assecondati nel loro “duello” » sbuffò nuovamente dimostrando quanto trovasse ridicolo quell’atteggiamento.
« E’ cresciuta allenandosi a combattere due guerrieri di Gran Burrone contemporaneamente, due semplici nani, sarebbero stati come una ventata d’aria fresca » ribatté Bilbo sorprendendomi, e donandomi un sorriso di conforto.
« E’ cresciuta a Imladris ? » domandò Balin incrociando finalmente il mio sguardo, con una nota di curiosità.
« Re Elrond mi ha permesso di fare parte della sua casa, da quando arrivai nella terra di mezzo 35 anni fa. » risposi mestamente
« Non dimostra 35 anni » rispose scettico Balin.
« Oh ma infatti ne ho 60 » risposi con nonchalance addentando uno de biscotti sfornati da Bilbo. Restammo qualche minuto in silenzio, per far digerire a Balin l’informazione, che non ero certo un comune essere umano.
« Vi ascolto dunque, Gandalf ha detto che eravate venuti per portarmi consiglio. Di che consiglio potrà mai avere bisogno un nano da una figlia degli elfi? » domandò insospettito il vecchio, dimostrando che avrebbe dubitato delle mie parole, poiché conosceva dove sostava la mia lealtà:
« La spedizione verso Moria è una follia Mastro Balin, vi supplico di ripensarci » dissi guardando il nano negli occhi, la tazza di tea oramai dimenticata.
« Perché? Perché un’umana cresciuta dagli elfi crede di saperne qualcosa? » rispose con  finta pacatezza l’anziano.
« Capisco perché volete farlo, ma non ne vale la pena. Il Mithril che tanto bramate non dovrebbe mai valere quanto la vita di uno solo della vostra gente » esclamai esasperata. 
« Quindi tu conosci i tesori di Moria … E dimmi sono stati forse gli elfi a suggerirtelo? Ne vuole un pezzo anche Re Elrond come a suo tempo richiese Thandruil?! »
« Non osare nano » ribattei furiosa « Re Elrond non rischierebbe una sola goccia di sangue del suo popolo, nemmeno in cambio di tutti i vostri migliori tesori. Lui non è dominato dalla vostra cupidigia »
« Mi dispiace che tu sa rimasta vittima del fascino degli elfi donna, ma non rinuncerò a Moria, era la mia casa, come lo era la Montagna, e come lei tornerà ad esserlo »
« Non sarà nient’altro che la vostra tomba! » esclamai esasperata non riuscendo a credere a quanto fosse testardo .
« Allora farò sì che sia una gloriosa tomba. E ora smettetela di annoiarmi con le vostre stupidaggini e tornate al vostro posto, gli uomini non dovrebbero mai mettere bocca nelle questioni degli nani, tanto più una donna. Non mi renderò lo zimbello di tutti, solo perché la cocca di un elfo ha detto che è pericoloso » sbuffò infine rimettendosi a bere il tea come se niente fosse.
Serrai la mascella, e strinsi i pugni fino a quando le mie stesse unghie non iniziarono a tagliarmi i palmi delle mani.
« Bilbo, ti ringrazio per il tea e mi scuso per averlo sprecato. Spero di rivederti presto. » salutai senza troppe cerimonie, con una velocità che avrebbe fatto corrucciare tutti gli elfi che conoscevo a causa della mia maleducazione, notando con la coda dell’occhio, lo stregone che salutava il nano prima di seguirmi fuori dalla stanza.
« Aspetta! » ci richiamò la voce dell’ hobbit quando ebbimo appena varcato la porta di casa. Mi diede un piccolo fagotto, contenente del pane fresco all’uva e un po’ di formaggio « Per il viaggio » aggiunse accostando il portone alle sue spalle.
« Mi dispiace per Balin, è un po’ burbero, ma è nella sua natura, in fondo è un ottimo nano » cercò di consolarmi il mezzuomo.
« Lo so che è una brava persona, ed è per questo che mi duole restare.  Allietati della sua compagnia senza la mia presenza, sono certa che sarà molto più piacevole » lo salutai nuovamente, promettendo che sì, saremmo tornati presto a trovarlo.
 
« Dunque temi che la spedizione verso Moria, li condurrà ad una morte prematura » disse lo stregone con aria preoccupata, lungo la strada del ritorno « Ma forse vi è speranza, i nani sono ottimi combattenti e non sarebbe la prima volta che si riprendono uno dei loro regni dalle grinfie degli orchi ».
Annui con aria mesta, voltandomi a guardarlo, certa che non fosse facile per lui, considerando che Balin era un vecchio amico. Forse non come per Bilbo, ma Gandalf amava con facilità coloro che incrociavano la sua strada, appariva burbero e scontroso in molte occasioni, ma il suo cuore era grande.
Non doveva essere facile, vivere tanto a lungo e amare tanto, solo per restare ogni volta soli.
« Non è nella loro capacità di combattenti che non ho fiducia Gandalf. Ma non sarebbe la prima volta, che cadono vittime di un male che hanno loro stessi creato » risposi sapendo che avrebbe colto il collegamento con la malattia di cui caddero vittime i Re della distai Durin. La malattia dell’oro, alla fine, li aveva soggiogati tutti.
Colui che avrebbero risvegliato, non sarebbe però stata una malattia, ma un male, che solo uno stregone sarebbe riuscito a respingere, a costo della propria vita.
 



Gran Burrone anno 2980 della Terza Era, 38  anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
« Nessuna malattia pesa nei tuoi occhi » disse Elrond, mentre nella stanza si aprì un chiacchiericcio sommesso.
« Non ci voglio credere, ancora non gliene avevi parlato » sbuffò irritato alle mie spalle Aragorn.
« Me ne ero dimenticata, non passo tutto il giorno a guardarmi allo specchio » risposi avvilita ma felice che niente tra di noi fosse cambiato.
« Forse potremmo andare da Dama Galadriel, lei potrebbe avere le risposte » propose Haldir che era arrivato cinque giorni prima portandomi una lettera di Re Thandruil.
« Metti forse in dubbio le mie conoscenze Haldir ? » domandò Elrond quasi, seccato. « Credi forse che se avessi qualche dubbio, esiterei a chiedere assistenza? » disse in aggiunta evidentemente seccato.
« Dìhena-enni, arod nìn .  [Perdonatemi mio (nobile) signore. ]» disse Haldir sbiancando leggermente, dinanzi la reazione di Elrond.
« Comprendo che i vostri timori siano dati dall’affetto verso Valanyar, ma vi assicuro che è solo inferiore al mio. » concluse il Re facendomi arrossire. Essere al centro dell’attenzione non era cosa per me.
« Beh quindi tutto è risolo. Aragorn aveva ragione, i miei occhi imbiancano al posto dei miei capelli » dissi per sdrammatizzare, dando la sessione per finita e affrettandomi a lasciare le stanze, alla ricerca di uno specchio.
 
 


Gran Burrone anno 2981 della Terza Era, 39  anni dal mio arrivo nella Terra di Mezzo.
 
« Valanyar» mi chiamò una voce alle mie spalle, che si rivelò essere quella di Elrond « Non è che sai, dove si trova Arwen in questo momento? » domandò il Re, mentre mi lasciavo sfuggire un sorriso compiaciuto.
« Penso, più o meno intorno a quelle colline, lungo i confini di Imladris » dissi indicando la zona in lontananza.
« E nella tua onniveggenza, ti capita anche di sapere perché sia là  ? » aggiunse con la solita voce austera, senza preoccuparsi di nascondere la pesante nota di sarcasmo che la accompagnava. Era il suo tono da “Mi stai facendo venire il mal di testa Valanyar”.
Sorrisi, mettendogli una mano sulla spalla, nonostante la grande differenza d’altezza, e invitandolo a guardare con me l’orizzonte.
« Temo, stia stringendo una promessa di matrimonio con Aragorn » dissi sentendo subito i suoi muscoli irrigidirsi sotto il mio palmo, portandomi a provare compassione per lui.
« Dunque la stella di Vespro si spengerà » mormorò con gli occhi che brillavano.
« Ha fatto la sua scelta Elrond » mormorai stringendo leggermente la mano, in segno di conforto, prima di lasciarla cadere sulla balaustra accanto alla sua.
« Arwen ha deciso che una vita mortale accanto ad Estel, vale più di mille ere da sola » mormorai desiderando anche io, un amore tanto forte.
« Non avevo anche io, il suo amore? » sussurrò l’elfo, cercando nei miei occhi un conforto che non sarebbe mai stato sufficiente, ad attenuare il suo dolore.
 
 







 
Valanyar ¹ = Colei che ha il potere divino di narrare. Parola composta (inventata) da: [vala] che ha il potere divino ; [nyar] narrare una storia.  Così ho creato il nome per la nostra protagonista, ho pensato avesse senso.
 
Elladan e Elrohir ²  = sono i due figli gemelli di Elrond nel libro, e fratelli di Arwen. Non hanno un ruolo fondamentale per la storia, ma dato che la nostra protagonista abiterà a Gran Burrone per quasi 70 anni, mi sembrava naturale nominarli.
 
Tiriadir e Eglerib ³ = ho preso ispirazione per le spade di Valanyar dalla Wakizashi dei Samurai Giapponesi. Era una spada piccola, che viaggiava in coppia con la classica Katana. I Samurai non se ne separavano mai ed era definita “guardiana dell’onore” (da qui i due nomi che Arwen ha dato alle spade) ed era la lama utilizzata per il seppuku, il suicidio del samurai .
 
Valacen ⁴ = Colei che ha il potere divino di vedere. Parola composta (inventata) da: [vala] che ha il potere divino ; [cen-] vedere. Simile se non uguale, significato di Valanyar. Ho solo pensato che gli elfi di Lòrien,  avendo un dialetto diverso, avrebbero cambiato leggermente anche il nome elfico. (Così come hanno fatto con Aragorn ).
 
Il mondo non è diviso in orchi e uomini. Ognuno di noi ha in sé sia luce che oscurità ma sta a noi, decidere da che parte schierarsi ⁵ = citazione di Sirius Black, tratta da Harry Potter e riadattata: “Il mondo non è diviso tra persone buone e mangiamorte. Ognuno di noi ha in sé sia luce che oscurità ma sta a noi, decidere da che parte schierarci ”.
 

NdA : E così sono finalmente passati la metà degli anni. Aragorn è cresciuto, diventando un uomo fatto e finito.
 Nel prossimo capitolo,  Bilbo adotterà Frodo e l’hobbit inizierà finalmente a far parte della nostra storia.
Spero che la quantità dei nomi affidati alla protagonista, non vi renda troppo complicate le cose ma in breve è conosciuta come: Valanyar dalla maggior parte dei suoi cari , gli elfi di Lòrien, così come quelli di Mirkwood, la conoscono come Valacen, ed infine la razza degli uomini come Gwend, grazie all’ironia del nostro amato Aragorn.
Mi auguro non troviate troppo tirata questa idea, di tutti gli uomini che scambiano Valanyar per un ragazzo, ma a mio parere, erano davvero così poco svegli ( Hanno scambiato Éowyn per un uomo e lei era la loro principessa! ).
Detto ciò, spero che il capitolo vi sia piaciuto, e che la storia inizi ad appassionarvi. Se avete voglia, lasciatemi un commento per dirmi cosa ne pensate
A mercoledì prossimo!
   
 
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