Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: VaniaMajor    07/01/2021    3 recensioni
Kagome possiede un portafortuna. Non avrebbe mai immaginato che a causa sua sarebbe stata portata in un altro mondo, coinvolta in una guerra orribile e legata misteriosamente a un demone dai capelli d'argento...Ma chi è il Principe dai capelli neri dei suoi sogni? Perchè la sua onee-chan deve soffrire tanto? E c'è speranza di tornare a casa...viva?! La ricerca delle Hoshisaki è iniziata. Una AU di Inuyasha e della saga di Cuore di Demone!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Author’s note: Vi auguro un 2021 luminoso e ricordate che perfino Naraku, alla fine, è stato sconfitto…
 
CAPITOLO 7
 
ASPETTAMI
 
Lasciarono il villaggio alle prime luci dell’alba, pagando la bisboccia di Miroku con la disinfestazione da tutti gli spiriti che abitavano la locanda e le sue vicinanze. Kagome e Sango viaggiavano su Kirara mentre il monaco si faceva trasportare dal piccolo Shippo, il quale aveva il potere di trasformarsi a piacimento in una grossa sfera rosa in grado di volare. Miroku aveva accettato di scortarle fino al palazzo di Sesshomaru, anche se Sango aveva fatto notare di non aver bisogno di aiuto per proteggere Kagome. Quest’ultima, però, aveva compreso che Shinsetsu aveva scelto il monaco come parte del loro gruppo e aveva tutta l’intenzione di seguirne i consigli, in modo da poter tornare a casa il prima possibile. Era certa che si sarebbe reso utile. Non vedeva l’ora di consegnare il suo pendente al Signore di En e farsi spiegare come abbandonare quelle terre in guerra. Per quanto avesse preso a cuore le disgrazie delle sue nuove conoscenze, infatti, sperava ancora di poter tornare quanto prima alla sua vita di tutti i giorni, lasciando quella battaglia a chi la combatteva da sempre.
Per un paio di giorni procedettero nella foresta senza grandi intoppi, viaggiando con celerità. Più si inoltravano nel territorio di En, meno era probabile subire attacchi da parte di emissari di Gake. Miroku si rivelò un conversatore amabile, ricco di aneddoti interessanti e in grado di spiegare a Kagome i misteri delle Hoshisaki con parole semplici, di modo che presto la giovane si trovò a ricordarne facilmente i nomi e l’attuale collocazione. Shippo era un bambino arguto e spiritoso ma si vedeva che gli mancava una figura femminile, perché si affezionò in modo quasi commovente alle due giovani, prodigandosi nell’aiutarle ogni volta che si fermavano per accamparsi e mangiare qualcosa.
«Immaginavo che, in mia compagnia, il piccolo Shippo avrebbe sviluppato ottimi gusti in fatto di donne.» disse Miroku una sera, sorridendo, mentre girava della carne di coniglio sullo spiedo. Shippo stava aiutando Kagome a raccogliere altri rami per il fuoco, poco distante, e il monaco aveva di fronte Sango e Kirara, che si era trasformata nella sua forma più piccola e le dormiva sulle ginocchia.
«Siete pregato di non paragonarvi a un bambino innocente come Shippo, Maestro. – lo redarguì lei, acida – Gli manca la mamma, una figura femminile. Kagome è buona e gentile, è normale che Shippo le si sia affezionato.»
«Ne sono conscio. D’altra parte, non si può non notare quanto Kagome-sama sia anche una bellissima ragazza.» continuò Miroku, serafico, spiandola di sottecchi. Come prevedeva, la vide incupirsi, gli occhi scuri accendersi.
«Sarà meglio che la smettiate di pensare a Kagome in quel modo. Eppure dovrebbe esserci ben altro nella vostra testa!» sibilò Sango, seccata.
«Chi vi dice che le due cose non siano correlate? -  la stupì, sospirando e posando le mani a terra per poter alzare il capo e guardare il cielo serotino tra le fronde degli alberi – Conoscete la mia storia, Cacciatrice. Sono maledetto, la mia vita sta per terminare. Se morirò senza un erede, che fine farà la mia vendetta?»
«Non si genera un figlio per vendetta!»
«E per cosa? Per amore, forse? Via, Cacciatrice…siamo realisti.- rise lui, amaro, facendola irrigidire – In fondo, basta mostrarsi gentili, educati, romantici. Prima o poi, una bella giovane apprezzerà abbastanza da darmi modo di realizzare questo mio desiderio.»
«Se vi vedessero cinico e arido come vi siete mostrato a me, dubito che il vostro desiderio si realizzerebbe. Ma avete ragione: le donne si fanno abbindolare facilmente dai bugiardi.» Si alzò e si mise l’Hiraikotsu in spalla, mentre Kagome e Shippo si avvicinavano, chiacchierando. Guardò Miroku con occhi che parevano in grado di perforare la pietra e che misero il monaco a disagio. «Kagome, però, porta Shinsetsu e in un modo o nell’altro è destinata al Principe Inuyasha. – aggiunse, in un sussurro riservato a lui – Tenete giù le mani, Maestro, o ve ne farò pentire.»
Ciò detto, si allontanò, comunicando a Kagome che andava a ispezionare i dintorni per sicurezza. Kagome e Shippo sedettero accanto a Miroku, il quale stava seguendo la Cacciatrice con lo sguardo, ammirandone la figura sinuosa e tonica.
«Penso che mi odi davvero.» disse, quasi senza accorgersi di trasformare quel pensiero in parole. Lo aveva spiazzato rinfacciandogli di averle mostrato solo la parte sgradevole di sé. Era una cosa che Miroku non faceva mai in presenza di una donna. Perché con la Cacciatrice era diverso? Forse perché avevano iniziato a conoscersi litigando? O forse perché fingere in presenza di quegli occhi scuri che sembravano pozzi di dolore era una specie di sacrilegio?
«Sango? No, non pensate che vi odi, Miroku-sama. Credo solo che sia a disagio. Lei è molto diretta e sincera, mentre voi…» disse Kagome, impappinandosi mentre cercava un modo gentile per esprimere il concetto.
«Io sono un bugiardo?» la aiutò il monaco, con un sorriso.
«Non volevo dire questo, ma non potete negare di avere un bel caratterino.- lo rimproverò Kagome – Inoltre non la trattate allo stesso modo con cui vi rapportate con me.»
«Beh, penso che Sango sia molto più pericolosa di voi, Kagome-sama. Senza offesa. Temo che i suoi schiaffi risultino dolorosi.» disse Miroku, scoprendosi sulla difensiva.
«Lo sono anche i miei, se si supera un certo limite.» disse Kagome, con le palpebre a mezz’asta. Shippo tolse il coniglio dal fuoco e si servì.
«Kagome-chan ha ragione, Miroku. Di norma, le avresti già toccato il sedere. C’è sotto qualcosa.» disse, allegro.
«Cosa?! Davvero avreste fatto una cosa del genere?!» sbottò Kagome.
«Shippo scherza! – tagliò corto il monaco, ingozzando il povero kitsune per tappargli la bocca – Comunque non la tratto diversamente da voi, Kagome-sama. Per me, tutte le ragazze sono un giardino fiorito.»
«Sarà…» lasciò correre lei, con uno sguardo poco convinto. Miroku prese il suo spiedo e iniziò a mangiare, chiudendo la conversazione se non per fare commenti ameni sul cibo o sul clima piacevole della serata. Sango tornò al fuoco a cenare, poi si allontanò di nuovo. Kagome si mise presto a dormire accanto al fuoco, avvolta in una coperta. Miroku si stese e cercò di svuotare la mente, con le mani dietro la nuca e gli occhi spalancati sul buio. Spostò lo sguardo quando Shippo gli si avvicinò, sedendosi al suo fianco.
«Come mai hai deciso di seguire le ragazze, Miroku? In fondo, non è che sia stato tu a trovare Shinsetsu…» chiese.
«Shinsetsu desterà il Principe Inuyasha, ne sono convinto. – rispose lui, tenendo la voce bassa – Questo significa, Shippo, che in breve En riavrà cinque Hoshisaki. Solo Junan manca all’appello e sono certo che salterà fuori molto presto. Le cose hanno cessato di essere immobili.»
«Continuo a non capire.»
«Solo un monaco o una sacerdotessa possono riunire le Hoshisaki. Non capisci, Shippo? Voglio essere io quel monaco! Naraku verrà sconfitto anche per mano mia!»
«Ora capisco perché non hai esitato a seguire Kagome-chan…» borbottò il kitsune. Fece silenzio per qualche istante, poi aggiunse: «Oggi ho sentito una storia su Sango, forse spiega perché sia così sulle spine quando ci sei tu.»
«Varrebbe a dire?» mormorò il monaco, suo malgrado interessato.
«Pare che Naraku abbia sterminato tutta la sua gente.»
«Sì, avevo sentito parlare dello sterminio dei Cacciatori. – annuì Miroku – Cosa c’entra con me?»
«Sango ha un fratello, non ho capito se più grande o più piccolo di lei.» disse Shippo, rallentando man mano, come riluttante a dire ciò che sapeva o aveva intuito. Miroku si sollevò su un gomito, fissandolo con impazienza, e il piccolo kitsune si affrettò a terminare. «Naraku l’ha scelto, Miroku, proprio come te. Gli ha impiantato una Hoshisaki, ma è andata male. Credo che sia gravemente malato, forse sta morendo. Non ho avuto il coraggio di chiedere i dettagli.»
Gli occhi violetti di Miroku si spalancarono, scioccati. Ecco il segreto dietro al dolore di quello sguardo diretto e pulito, quel qualcosa che lo spingeva a essere sincero con quella ragazza. Avevano una connessione inaspettata e crudele.
«Se è Shinsetsu che vi sta attirando nello stesso posto e con lo stesso scopo, forse hai fatto la scelta giusta. Forse questo è proprio ciò che stavi cercando. Volevo solo dirti questo.» finì Shippo, lasciandolo e andando a sdraiarsi vicino a Kagome.
Miroku tornò a stendersi, più turbato di quanto volesse ammettere dalle parole del suo piccolo amico.
 
***
 
Era bella, tanto da fargli dolere il cuore. Lo attendeva nella luce gentile di una lanterna di carta, nella radura ricoperta di fiori di ciliegio. La notte stellata lo proteggeva nelle sue tenebre, ma il desiderio di entrare in quella luce gli era irresistibile. Si erano trovati laggiù per così tante notti, condividendo la solitudine, le incertezze, i segreti. Ora le avrebbe donato l’ultimo, le avrebbe svelato il proprio nome. Forse lei lo aveva già intuito o più probabilmente era una sua sciocca speranza. Lei, che conosceva la più grande delle sue debolezze, non aveva mai visto il suo volto se non nelle notti senza luna. Come avrebbe reagito? La custode di Shinsetsu aveva fama di essere un’integerrima sacerdotessa, nemica di tutti gli yokai, ma lui aveva conosciuto il suo lato gentile, fragile, insicuro. Aveva visto la giovane donna dietro la maschera, ne aveva accolto i sentimenti. Sarebbe stato abbastanza?
Si fermò, una mano posata sulla corteccia di un albero, e lei si voltò nella sua direzione, forse udendo il fruscio dei suoi passi sull’erba. Il volto fine, pallido, dominato da occhi troppo pieni di pensieri, era incorniciato dai lunghi capelli neri, lasciati sciolti.
«Inuyasha…» disse lei, trasformando il suo nome in una carezza, fermandogli per un attimo il battito cardiaco.
«Kikyo…allora tu sapevi…» balbettò, venendo avanti di slancio mentre un sorriso gli nasceva sulle labbra e la luce della lanterna traeva bagliori dai suoi capelli d’argento. Fu un istante di piena, completa beatitudine. Poi, Kikyo si alzò da terra con un movimento serpentino, sollevando l’arco e incoccando una freccia con velocità disumana, mentre il suo volto si trasformava in una maschera di odio e disgusto.
«Muori, schifoso yokai!»
Poi, la fuga, l’inseguimento, lo scontro. Ombre e luci che saettavano nei suoi occhi e nella sua memoria, nella corsa tra gli alberi, dentro e fuori la radura. Una pioggia di petali di ciliegio incorniciava il tradimento di Kikyo, che cercava di ucciderlo per avere le sue Hoshisaki, che gli dava del bugiardo e disprezzava la sua vera natura. Inuyasha desiderava scappare, nascondersi, dimenticare tutto e al contempo scrollarla, farle del male, dirle che era lui ad essere stato tradito e ingannato.  
Ripiombò nella radura e se la trovò davanti. Se il suo sguardo registrò le vesti stracciate, il sangue, il dolore e le lacrime sul suo volto, ne lasciò solo una traccia labile nella memoria. Gli occhi d’ambra erano concentrati sulla punta della freccia che mirava al suo cuore, un dardo che stavolta non avrebbe potuto evitare.
La freccia partì. Il suo petto fu trapassato, il colpo lo frenò e lo fece cadere all’indietro. La voce di Kikyo, alle sue spalle, pronunciò il suo nome con odio. La voce di Kikyo, di fronte a lui, lo singhiozzò con un dolore infinito. Rialzò il capo per guardarla un’ultima volta, mentre il mondo si oscurava.
«Kikyo…tu…traditrice…» balbettò, mentre la forma di lei, ora in ginocchio, sconvolta, si confondeva con le tenebre.
«Dormi, Inuyasha. Io…tornerò.» mormorò lei, con un’incongrua dolcezza. L’ultima immagine del suo volto, prima di affondare nelle tenebre, gli rimase impressa nella retina come un marchio.
Questa volta, nell’incubo continuo che era il suo sonno, Inuyasha vide i lineamenti della Kikyo dei suoi ricordi mutare, ringiovanire. I capelli corvini si fecero più morbidi, lo sguardo ancora più amorevole e gentile. Alla sua gola, Shinsetsu si illuminò di una calda luce rosata.
«Sto arrivando. Resisti, Inuyasha!» disse, allungando una mano verso di lui. Voleva salvarlo dopo averlo ucciso?! No, non voleva avere niente a che fare con lei! «Aspettami! Il mio nome, ora…il mio nome è…»
La voce, il volto, il gesto d’aiuto si persero nel buio. Per un po’, Inuyasha galleggiò nel nulla, poi il sogno ricominciò a tormentarlo, cancellando il ricordo di quel nuovo volto, di quella promessa di speranza.
Era bella, tanto da fargli dolere il cuore. Lo attendeva…

 
***
 
Se nei primi giorni di viaggio il piccolo gruppo si era spostato in completa solitudine, evitando i villaggi e preferendo i sentieri nella foresta, una volta raggiunta la strada principale il cammino si fece più animato. Kagome, stremata da quella settimana all’addiaccio e dalle preoccupazioni che il trascorrere dei giorni non faceva che aumentare, accolse con un sospiro di sollievo il traffico di viandanti a piedi o su carretti trainati da asini, in entrambe le direzioni. Incontrarono anche un paio di nobili a cavallo, che procedevano in direzione opposta alla loro.
Quella sera si accamparono a lato della via, non lontano da altri gruppi di viaggiatori. Pur rispondendo con cortesia ai loro approcci, preferirono non condividere né la cena né alcun tipo di informazione. La mattina dopo si rimisero in cammino di buon’ora e presto la sagoma imponente del castello di Sesshomaru si delineò all’orizzonte, unica destinazione della via ora lastricata da grandi pietre. Man mano che si avvicinavano, Kagome rimase affascinata nel notare la vastità del muro di cinta, che circondava un territorio molto più esteso del castello stesso, una dimora su più piani non molto diversa dai grandi palazzi dell’antico Giappone. A un certo punto dovettero rallentare e mettersi in fila, attendendo il loro turno per entrare.
«Per fortuna non manca molto alla porta.» mormorò Kagome, sbirciando a lato della fila. L’immenso portone d’accesso era spalancato e le guardie facevano entrare e uscire i pellegrini con ordine.
«Questa è solo la prima di tre, Kagome-sama. Dovremo armarci di pazienza.» le disse Miroku, sorridendo nel sentirla gemere di disappunto.
«Il pellegrinaggio verso il castello non cessa mai» spiegò Sango, corrucciata «Ognuno porta un dono, un pensiero, nella speranza che i sentimenti del popolo possano aiutare a svegliare il principe Inuyasha. Altri, come ti ho raccontato, millantano di aver trovato Shinsetsu.» Lanciò un’occhiata tagliente a Miroku, che fece finta di non notare la frecciata.
«Come se Jaken non se ne accorgesse…Puoi dire quello che vuoi al piccolo rospo, ma non che gli manchi esperienza nel campo delle Hoshisaki.» borbottò Shippo, che si stava riposando seduto in groppa a Kirara.
«Chi è Jaken?» chiese Kagome, perplessa.
«Il servo principale di Sesshomaru. È lui a occuparsi di questa faccenda. Il vecchio signore di En lo ha istruito e dotato di un bastone a due teste che sa individuare le Hoshisaki senza che permanga dubbio. Sarà lui a riconoscere Shinsetsu, quando verrà il nostro turno di essere ammessi alla sua presenza. Con questa mole di gente, penso saremo ospiti del castello per almeno tre giorni prima di avere udienza.» spiegò Miroku.
«Ma…io devo vedere Sesshomaru-sama! Pensavo sarebbe stato lui a controllare la mia Hoshisaki!» sbottò Kagome, attonita. Le girò la testa. Aveva bisogno di essere forte per affrontare quella situazione, invece ogni imprevisto le toglieva il terreno da sotto i piedi. Sango parve accorgersi del suo momento di panico perché la afferrò gentilmente sopra al gomito.
«Jaken fa solo da filtro, Kagome, non devi preoccuparti. Non appena riconoscerà Shinsetsu, potremo vedere Sesshomaru-sama.» la rassicurò.
«Ma certo, Kagome-sama. Il Signore di En sarà impaziente di toccare con mano la buona notizia.» rincarò Miroku. Sango colse nel suo sguardo la sua stessa comprensione dello stato d’animo di Kagome, nonostante il monaco ancora non conoscesse la bizzarra storia che stava dietro alla fretta della giovane miko. Gli rivolse un breve cenno d’assenso, ringraziandolo per aver contribuito a dare un quadro semplice e positivo all’amica. In realtà, Miroku sospettava che Sesshomaru potesse essere lontano, impegnato nella guerra contro Gake, e questo avrebbe significato altro tempo perso, senza contare che nessuno poteva prevedere se e come il Signore di En avrebbe deciso di reagire avendo Shinsetsu a portata di mano. Miroku tornò a guardare la lunga coda davanti a loro, torvo, poi sbatté il bastone a terra. «Già, che sciocco…è ovvio che Sesshomaru sarà davvero impaziente di riavere l’Hoshisaki.» mormorò tra sé, con un sorrisetto tagliente.
«Che vuoi dire, Miroku?» chiese Shippo, perplesso.
«Ho trovato un modo per saltare la fila.» disse lui, facendo per partire in avanti.
«Maestro, non fate sciocchezze, per carità!» intervenne Sango, lanciandosi verso di lui per fermarlo. Miroku si voltò come se piroettasse e strinse tra le sue le mani della Cacciatrice, prendendola di sorpresa.
«Non dovete…o meglio, non devi preoccuparti per me, mia cara Sango. – disse in un sussurro sentito, facendola arrossire con violenza per le parole e i gesti confidenziali – Ormai sai che ho combattuto per Sesshomaru e che godo ancora di un buon nome a corte. Devo proprio pensare che non ti fidi di me?»
«Non ho detto questo. – balbettò Sango, suo malgrado confusa e improvvisamente dubbiosa di essere nel torto – Io…io mi preoccupo per Kagome. Non dobbiamo farle fare brutta figura prima ancora di incontrare…»
«Come potremmo farle fare una brutta figura quando è stato Sesshomaru stesso a invitarci a corte per avere informazioni di prima mano sulla guerra al confine?» disse lui, facendo l’occhiolino a Kagome quando la vide illuminarsi in volto.
«Miroku-sama, siete un genio!» esclamò la ragazza.
«In questo modo non saremo pellegrini, ma…» mormorò Sango, comprendendo.
«…ma combattenti di En a rapporto, il che non è nemmeno una bugia!» finì Shippo, entusiasta. Miroku sorrise e lasciò andare le mani di Sango con una dose di riluttanza che Kagome notò.
«Coraggio, seguitemi!» disse, iniziando a procedere accanto alla fila, il mento alto, l’incedere sicuro e solenne di un vero monaco combattente. Le ragazze, Shippo e Kirara si accodarono e quei pochi che pensarono di attaccare briga o fermarli furono ridotti a migliori consigli dalla vista delle zanne di Kirara e dell’Hiraikotsu che Sango teneva pronto in spalla. Il gruppo aveva un aspetto che mal si accordava al semplice pellegrinaggio e, come Miroku si aspettava, gli unici che osarono sbarrare loro la strada furono i demoni di guardia alla prima porta.
Il monaco e le ragazze si fermarono di fronte alle lance spianate e alle facce attonite delle guardie. Nessuno aveva mai avuto il fegato di cercare di saltare la fila!
«Chi siete?! Come osate turbare il pellegrinaggio di questa gente?» sbottò una di loro, una mano sull’elsa della katana alla cintura.
«Dobbiamo vedere Jaken.- disse Miroku, sicuro di sé, e Kagome strinse in pugno il suo pendente, ringraziandolo di nuovo per averle indicato quel monaco come suo compagno di ventura – Ditegli che il monaco Miroku, Sango la Cacciatrice e una venerabile miko sono qui per dargli informazioni di prima mano su Naraku.»
   
 
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