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Autore: aplaceformyhead    07/01/2021    2 recensioni
[Zutara]
Quando la serata volge a termine, Zuko accompagna Katara nelle sue stanze.
Seconda parte di "I don't like that anyone would die to feel your touch".
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katara, Zuko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'I don't like that anyone would die to feel your touch'
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Katara era seduta in un angolo della sala da ballo, osservando le ultime persone abbandonare la sala, portandosi via il chiacchiericcio e gli strascichi di risate che avevano accompagnato la serata. Il silenzio era rotto soltanto dal tintinnio delle posate e dei piatti portati via dai servi e dagli schiamazzi di Sokka e Toph che continuavano a ridere e litigare tra loro.
Non stava prestando molta attenzione ai suoi amici. Sentiva la testa leggera, come se avesse bevuto litri di vino. In realtà erano state soltanto due coppe e stava cercando di convincere sé stessa che quel capogiro e il battito ancora vagamente accelerato non fossero dovuti a lui.
Non sapeva per quanto tempo lei e Zuko avessero danzato.
L’aveva colta di sorpresa, prendendola per mano a e trascinandola al centro della sala, gli occhi di tutti puntati su di loro.
Gli occhi di Zuko soltanto nei suoi.
Avevano danzato fino a quando le lente note delle ballate non si erano dissolte, ritornando a ritmi più allegri, a musiche più spensierate che li avevano riportati alla realtà, come un incantesimo improvvisamente infranto. Katara aveva ancora la guancia appoggiata sul suo petto, il suo profumo nelle narici, le mani di Zuko attorno alla vita, stretti l’uno all’altro abbastanza da lasciarsi indietro la linea tra amicizia e quel qualcosa che da mesi aleggiava tra loro e che entrambi si rifiutavano di riconoscere.
Le persone avrebbero parlato e Katara lo aveva realizzato nel momento in cui i suoi occhi avevano abbandonato quelli dorati del ragazzo e si era brevemente guardata intorno, rendendosi conto dell’esistenza di un mondo esterno, di un mondo non fatto di Zuko, del suo profumo, della musica e delle sue mani, ma di occhi puntati su di loro, un brusio di sottofondo nel breve intervallo di silenzio lasciato dai musicisti.
E del fatto che lei e Zuko fossero troppo vicini.
Il ragazzo doveva aver pensato la stessa cosa, perché improvvisamente i suoi occhi si erano sbarrati ed entrambi avevano fatto un passo indietro, sorridendo imbarazzati e avviandosi in direzioni diverse.
Katara si era rifugiata in un angolino della sala, bevendo la seconda coppa che adesso stava cercando di incolpare per il proprio stordimento, e sperando con tutta sé stessa che nessuno dei suoi amici avrebbe commentato la faccenda. Ovviamente non aveva avuto tale fortuna, perché suo fratello si era presentato al suo fianco ancor prima che potesse mandare giù un sorso, con i suoi commenti irriverenti e un sopracciglio alzato.
Fu proprio la voce di Sokka a riportarla alla realtà.
“Terra chiama Katara …”
“Eh?”
“Pare che qualcuno abbia apprezzato il vino …” Ridacchiò Suki e Katara arrossì senza un’apparente motivazione.
“Dicevo,” continuò Sokka con un sorriso sul volto. “Noi stiamo andando a dormire, domani mattina c’è l’ultimo Consiglio e Toph mi ha fatto bere decisamente troppo.”
“Ehi!” Esclamò la ragazza, dandogli un pugno affettuoso (ma non meno doloroso) sul braccio.
Ouch! Dovresti smetterla!” Si lamentò, accarezzando il punto che Toph aveva colpito. Si voltò poi verso Katara e aggiunse: “Vieni anche tu?”
Katara restò in silenzio per un secondo di troppo, rendendosi conto che i suoi amici la stavano guardando. In quel momento vide Zuko avvicinarsi verso il loro tavolo, finalmente libero dell’ultimo dignitario che lo aveva intrattenuto sulla soglia della porta.
“Vi raggiungo dopo.”
Sokka le strizzò un occhio, un ghigno sul volto.
“Non fare tardi.”
“Okay, ora sparisci!” Gli intimò Katara e il ragazzo aveva un'aria estremamente divertita mentre si allontanava mano nella mano con Suki. Aang e Toph li seguirono, augurandole la buonanotte e salutando Zuko che nel frattempo era arrivato al suo tavolo.
Il ragazzo sprofondò immediatamente sulla sedia, coprendosi il volto con le mani.
“Questa vita da Signore del Fuoco ti distrugge.” 
“Non me ne parlare ...”
Zuko si tolse le mani dagli occhi e le sorrise quando i suoi occhi si posarono su di lei. Katara ricambiò il sorriso.
“Hai passato una bella serata?” Le chiese, raddrizzandosi sulla sedia.
Katara annuì.
“Ho avuto l’onore di ballare con il Signore del Fuoco.”
Le guance del ragazzo si colorarono leggermente, ma il sorriso sul suo voltò non svanì, né il divertimento nei suoi occhi.
“Si dice in giro che sia un pessimo ballerino.”
“Non dovresti ascoltare ciò che si dice in giro.”
A quel punto Zuko scoppiò a ridere.
“Forse sarebbe meglio di no …”
Katara arrossì senza volerlo, pensando ai bisbigli che in quel momento correvano tra i servi e tra i nobili di tutte le nazioni. Non che fosse diverso da ciò che si mormorava tra i corridoi del Palazzo del Fuoco.
“Dovremmo davvero andare a dormire …” Riuscì a balbettare.
“Posso accompagnarti?” Le chiese, alzandosi prima di lei e offrendole una mano. Katara la accettò, un brivido lungo la sua schiena quando le sue dita sfiorarono quelle del ragazzo, un improvviso vuoto quando la lasciò. Annuì con un piccolo sorriso.

Percorsero gran parte del corridoio in silenzio. Katara si chiese a cosa stesse pensando Zuko, se anche la sua mente continuasse a tornare ancora e ancora sul ricordo di quella serata, sulle loro dita intrecciate. Si domandò se anche Zuko non riuscisse a far altro che pensare al suo profumo, al suo sorriso, ai suoi occhi.
Dannazione, Katara.
Non aveva mai voluto pensare alle complicazioni che sarebbero conseguite dall’ammettere i propri sentimenti per Zuko. E quello non era decisamente il momento per pensarci, non mentre camminavano per quei corridoi con la luce fioca, le loro mani che si sfioravano quando, oscillando, finivano per camminare troppo vicini l’uno all’altro.
Katara lo guardò con la coda dell’occhio e si accorse che Zuko la stava fissando, come se volesse dirle qualcosa, ma non trovasse il coraggio di dare forma alle parole.
Zuko esitò un secondo, prima di dirle, incerto nei suoi passi così come nelle sue parole: “Tu e l’Ambasciatore … Uhm, sembrate … Intimi.”
Katara scoppiò a ridere. In quella vertigine di emozioni provate nelle ultime due ore aveva completamente dimenticato dell’esistenza dell’ambasciatore. Non poteva credere che Zuko davvero pensasse che …
“Non siamo affatto intimi.”
Katara si accorse soltanto in quel momento di essere arrivata davanti alla porta della sua camera. Le diede le spalle e si voltò a guardare Zuko, che aveva ancora quell’espressione dipinta sul volto. 
“Sembravate piuttosto intimi durante la serata.” Borbottò infine. “E anche ieri mattina all’incontro.” Aggiunse. “E anche all’ultimo consiglio nella Nazione del Fuoco.”
“Non sembra starti molto simpatico.”
“Non mi sembra un tipo molto sveglio.”
“Questo non è vero! Penso che sia una persona molto intelligente e gentile.”
Zuko roteò gli occhi.
“E comunque siamo entrambi Ambasciatori delle Tribù dell’Acqua, è importante mantenere buoni rapporti. Rapporti diplomatici.” Aggiunse, notando lo sguardo scettico del ragazzo, con il sopracciglio aggrottato e le braccia incrociate al petto.
“Sono sicuro che l’Ambasciatore sia interessato a rapporti tutt’altro che diplomatici …”
Katara gli lanciò uno sguardo di sfida, un piccolo ghigno dipinto sul suo volto.
“E cosa te lo fa pensare, Vostra Altezza?”
Zuko arrossì e il sorriso di Katara si addolcì mentre Zuko tentava di balbettare qualcosa su come Soraq non le avesse tolto gli occhi di dosso nemmeno per un istante o come avesse tentato più volte di restare da solo con lei. Era davvero geloso di lei.
Katara sospirò prima di guardarlo negli occhi e si ritrovò a pensare a tutti quei mesi che avevano passato nel Palazzo del Fuoco a lavorare fianco a fianco. A quanto Zuko fosse stato il suo più caro amico, grande confidente e infinito sostegno. Che idiota era stata a pensare che tutti quei sentimenti avrebbero potuto essere tenuti a bada, controllati con la stessa fermezza dell’acqua che dominava.
Ma quella serata Katara sentiva la testa troppo leggera e il cuore che batteva troppo forte per dare ascolto alla piccola vocina razionale che continuava a sussurrarle quanto tutto ciò fosse una pessima idea. Così decise di ignorarla, afferrando la stoffa della regalia di Zuko, salendo in punta di piedi per raggiungere l’altezza delle sue labbra. Zuko si immobilizzò e chiuse gli occhi, il respiro improvvisamente pesante.
Proprio mentre stava per annullare la distanza tra loro, Katara sentì dei passi alle sue spalle e lasciò andare la tunica di Zuko, che fece a sua volta un passo indietro.
Una serva si avvicinò nella loro direzione, rossa in volto ed evidentemente imbarazzata per aver assistito e per aver interrotto quella scena.
Fece un inchino alla vista di Zuko, farfugliando le sue scuse e tendendo una lettera a Katara.
“Ambasciatrice, questa è per voi. Da parte dell’Ambasciatore Soraq.”
Katara alzò un sopracciglio e lanciò uno sguardo a Zuko, il cui volto si era improvvisamente rabbuiato.
Notò che aveva fatto un altro passo indietro e sentì di nuovo quella mancanza che aveva avvertito nel momento in cui aveva lasciato la sua mano.
Non appena Katara allungò la mano per prendere la lettera, la serva mormorò nuovamente le sue scuse, fece un altro inchino e sparì nella direzione da cui era venuta.
Katara si rigirò la lettera tra le mani, prima di decidersi a rompere il sigillo ed aprirla.

Cara Ambasciatrice Katara,
la luna nel cielo, simbolo delle nostre Tribù, porta i miei pensieri a voi. Vi aspetto per una passeggiata nei giardini, se vorrete raggiungermi.
Ambasciatore Soraq

“Beh, farei meglio ad andare.”
La voce di Zuko distolse la sua attenzione dalla lettera. Il ragazzo aveva una strana espressione sul volto, delusa e amareggiata. Katara sospettava che stesse combattendo contro la tentazione di dare letteralmente fuoco alla lettera e riprendere da dove erano stati interrotti.
O forse era ciò che desiderava accadesse.
“Zuko …”
Il ragazzo fece un gesto verso la lettera. Un altro passo indietro.
“Avrai di meglio di fare.”
Fu Katara a fare un passo verso di lui, accartocciando la lettera tra le mani e facendola cadere sul pavimento di pietra.
“Certe volte sai essere un tale idiota, Vostra Altezza.”
Prima di dargli il tempo di rispondere, Katara afferrò la tunica di Zuko e lo attirò verso di sé, affondando la mano libera nei suoi capelli. Ad un soffio dalla sua bocca, lo guardò negli occhi in cerca di un ultimo consenso e Zuko annullò la distanza tra loro, premendo le proprie labbra sulle sue. Le circondò la vita con un braccio, portando l’altra mano sulla sua guancia e poi tra i suoi capelli.
Quando si separarono Katara avvertì lo stesso capogiro che aveva provato dopo il ballo. Il cuore batteva più forte nel suo petto stavolta.
Zuko era ancora ad un respiro da lei. Katara fece scivolare una mano sul suo volto e accarezzò la sua guancia sfregiata. Zuko sorrise, una mano che ancora la stringeva, l’altra che continuava ad accarezzare i suoi capelli.
“Qualcuno ti starà aspettando …” Le sussurrò sulle labbra, gli angoli della bocca rivolti verso l’alto e una nuova luce negli occhi.
Katara lo baciò di nuovo.
“Che continui ad aspettare.”
Risero entrambi. Si baciarono ancora.
Katara non ricordava l’ultima volta in cui si era sentita leggera come in quella serata. Come si sentiva tra le sue braccia.
“Sai, un uomo nella tua posizione non dovrebbe inimicarsi importanti delegati di altre nazioni …” Lo prese in giro dopo qualche attimo di silenzio.
“E una donna nella tua posizione non dovrebbe mettere a rischio i buoni rapporti tra due nazioni sorelle …”
Risero ancora – era come se non potessero fare altro che ridere.
“Dovremmo davvero riposare.” Le disse infine Zuko, allentando la presa intorno alla sua vita.
Si sporse verso di lei per darle un altro bacio – che si trasformò in un altro e un altro ancora.
“Dovremmo.” Concordò Katara, il fiato corto.
Zuko si allontanò da lei.
Katara non avrebbe mai voluto lasciarlo andare via, ma il vuoto che avvertì non era più colmo di tristezza, quanto del desiderio di averlo per sempre accanto a lei.
“Buonanotte, Katara.”
“Buonanotte, Zuko.”
Prima di incamminarsi nel corridoio, Zuko raccolse la lettera accartocciata lasciata cadere dalla ragazza.
“Vuoi andarci tu all’appuntamento con l’Ambasciatore?”  Gli disse scherzando, ma Zuko ghignò e diede fuoco al biglietto.
“Zuko!”
Il ragazzo scrollò le spalle, mentre le fiamme brillanti nelle sue mani consumavano la carta.
“Ora potrai dirgli di non aver mai ricevuto questa lettera.”
Zuko tornò accanto a lei per darle un ultimo bacio sulla guancia e si incamminò lungo il corridoio.
Katara scosse la testa sorridendo, mentre apriva la porta della sua camera, con la testa ancora leggera, il cuore che batteva ancora più forte.


 
Note:

Grazie per aver letto!
A presto.

 
   
 
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