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Autore: Arkady    12/01/2021    1 recensioni
Una parte della mia vita raccontata con i personaggi di Inuyasha and co.
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Vi consiglio di rileggerla da capo, se vi va. Questa storia è stata scritta nel 2007, avevo vent'anni.
Nel 2014 ho iniziato a risistemarla, ma non avevo portato a termine il lavoro.
Oggi, a 15 anni dai fatti descritti nella storia, il progetto si conclude.
Buona lettura
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 23: lo so

 
Avevo tutte le intenzioni di scrivere ad Inuyasha per chiedergli di passare da me, o portarmi a casa sua, o andare a fare una passeggiata. Insomma, di vedersi questa sera.
Ma i miei propositi sono sfumati quando, nemmeno mezz’ora dopo che sono rincasata dall’uscita con le ragazze, si presenta Emi a casa mia.
La cosa mi rende felice, almeno finchè non capisco che la sua è solo una scusa: le servono dei consigli perché vorrebbe andare oltre i baci con Mito, non le interessa passare del tempo con me (considerato che praticamente non ci parliamo da due mesi), o ascoltare le mie confidenze, dopo che io mi sono dovuta sorbire le sue per ore.
Mi dimostra il suo interesse solo quando capisce che tra me ed Inuyasha c’è qualcosa che non va.
Lo avevo già notato, ma poi avevo archiviato la faccenda, che ogni qual volta ci fosse qualcosa di negativo tra me e lui, lei lo enfatizzava. E io mi infastidivo.
Un giorno ha persino litigato con Inuyasha per una stupidaggine, per poi raccontarmela come le andava bene a lei e chiedermi di lasciarlo in nome della nostra amicizia.
Peccato che lei non sapesse che avevo assistito all’intera scena e sapevo che lui non c’entrasse, cosa che alla fine lei ha dovuto confessare.
Non ho mai capito perché facesse di tutto per far chiudere la mia storia con lui, e a questo punto glielo chiedo.
Dopo aver farfugliato che sto dando i numeri, saluta e se ne va, senza affrontare davvero me e l’argomento.
 
Ancora infastidita da lei ed il suo comportamento, che subito riporto a Yuka e Saiyuri via messaggio, mi decido a scrivere ad Inuyasha.
Un banale Ciao. Com’è andata la giornata? Domani hai tempo per una passeggiata?
Sono ansiosa di ricevere la sua risposta, voglio sistemare le cose con lui, al più presto. Perché si, oggi mi è mancato da morire.
La sua risposta non si fa attendere molto, ma non è quella che mi aspettavo.
Ciao. Domani mio padre mi ha incastrato con un lavoro a casa di mia nonna. Mi dispiace, lui può solo domani, perché dopodomani parte.
Beh, ci può stare. Però mi avrebbe fatto piacere che mi chiedesse a me com’era andata.
O che mi scrivesse “facciamo dopodomani”.
Che poi, questo fantomatico lavoro occupa proprio tutto il giorno? Sera compresa?
 
- Oneesan! - 
La voce del mio fratellino mi fa sussultare. Mi giro a guardarlo, è al centro del corridoio, davanti alla mia porta che Emi ha lasciato aperta.
- dimmi Sota. –
- quando torna Inuyasha? –
Oh. Faccio un sorriso tirato, guardando lo schermo del telefono, mentre gli rispondo – non lo so. Domani ha da fare –
- domani io e la mamma siamo in piscina, che ne dici di dopodomani? – insiste lui
- forse – rispondo io scrollando le spalle – perché? –
- no così, per sapere. – ribatte lui, girandosi come se cercasse lo sguardo di qualcuno nel corridoio e poi tornando a guardarmi – sai vorrei provare con lui quel nuovo videogioco… –
- niente che non possa attendere, allora – decreto io, forse con un tono un po’ più duro di quello che volevo dargli, ma vorrei restare da sola e sono convinta che la persona che si nasconde nel corridoio, e che ha mandato avanti mio fratello, sia mia madre in cerca di informazioni.
- adesso va’ a giocare – gli dico addolcendo un po’ il tono, perché lui povero non c’entra nulla – io devo chiamare Yuka –
- ma vi siete viste nel pomeriggio – ribatte lui aggrottando la fronte
- si, ma devo raccontarle della fantastica uscita di Emi di poco fa –
- ok – dice lui andandosene, non interessandogli affatto la cosa.
Ma in realtà non ho voglia di chiamarla. Avrei voglia di vedere Inuyasha.
 
 

 
 
Ieri sera ho scritto di nuovo a Yuka e Saiyuri, a parte per metterle a conoscenza dello scambio di opinioni con Emi, anche per trovare qualcosa da fare oggi.
Nessuna delle due può muoversi, mamma e Sota sono al corso di immersione, Inuyasha è impegnato e Miroku non ha ancora risposto.
Sembra mi abbiano abbandonato tutti, e la cosa un po’ mi deprime.
Ma finalmente Miroku si degna di rispondermi e organizziamo al volo una giornata al mare.
Devo prepararmi alla svelta, dato che mi ha detto che sarà qui tra meno di mezz’ora. Una volta pronta, mi fiondo giù dalle scale e passando per il soggiorno, mi imbatto in Sota che vedendomi fa cadere quello che aveva in mano.
- Kagome! – quasi urla.
- so come mi chiamo, Sota. – replico io con un sorriso un po’ incerto per il suo comportamento – buongiorno anche a te! dovresti stare più attento alle tue cose – aggiungo allegra, indicando l’attrezzatura per il corso di immersioni che sta seguendo, che non costa esattamente due lire, e che lui ha appena di fatto lanciato a terra.
- tesoro esci? – mia madre compare dalla porta della cucina.
- si! Vado al mare! Torno per cena. – rispondo io, dribblando Sota e guadagnando la porta.
- ma non ti sei lagnata tutta la sera che erano tutti impegnati oggi ed eri sola? – mi chiede mio fratello.
Non pensavo che mi stesse ascoltando, mentre ieri esponevo a mia madre la mia contrarietà nel dover restare da sola una giornata intera.
- alla fine, pare che non tutti mi abbiano abbandonato. Trovati degli amici che farebbero di tutto per te, Sota, compreso cancellare i loro impegni per venire in tuo soccorso – gli faccio l’occhiolino e mi appresto ad uscire.
- ma con chi vai? - mi urla dietro mia madre e io faccio finta di non averla sentita, allontanandomi prima che mi fermino con altro: sono in ritardo, non ho tempo per un terzo grado.
Miroku mi aspetta già in auto, e sfrecciamo via verso la spiaggia più vicina, pronti per una giornata all’insegna del divertimento.
 
 

 
 
- Ka-chan, Inuyasha sa che sei al mare con me? –
La domanda di Miroku, che mi pone mentre mi porge il gelato appena acquistato per me e si siede nella sedia di fronte alla mia, mi spiazza.
- in effetti no. – gli rispondo sincera, affondando il cucchiaino nella pallina al cioccolato e poi facendola sciogliere in bocca.
Mmm, che buono!
- va tutto bene tra voi? –
- si perché? – rispondo, forse un po’ troppo in fretta
- perchè non credo tu mi stia dicendo la verità –
- e cosa te lo fa pensare? – chiedo curiosa.
Non abbiamo affrontato l’argomento, in realtà è la prima volta che Inuyasha viene nominato, quindi non capisco da cosa abbia dedotto che ci siano dei problemi.
- perché di conosco da 15 anni e ho fatto il corso di recitazione con te. Riconosco quando menti –
Mi rivolge un sorriso beffardo e io gliene restituisco uno uguale – vorrà dire che imparerò un’altra tecnica che fregherà anche te –
- che è successo? Se vuoi dirmelo… -
- niente che non possa essere sistemato con una chiacchierata –
Miroku è il mio primo confidente. Ci siamo sempre detti tutto, ma già ho paura che Inuyasha mi trovi inadeguata, non riuscirei a sopportare che lui me lo confermasse.
- che però ancora non avete fatto – non insiste per avere i dettagli, e questa sua riservatezza mi fa sorridere.
Nego con il capo, prendendo un’altra cucchiaiata di gelato – ieri non ci siamo visti, io ero fuori con le amiche, e oggi lui aveva un lavoro da fare con suo padre, che domani parte – scrollo le spalle e mi concentro sul mio gelato.
- vedrai che andrà tutto bene – mi dice, e io gli sorrido in risposta.
- e Sango? Sa che sei qui con me? –
- si lo sa. Anzi, dopo dovresti confermarglielo per cortesia –
- gelosa? –
- pare che la mia fama l’abbia raggiunta – ridacchia lui
- beh, non poteva essere altrimenti – commento io, che la sua fama la conosco fin troppo bene – come va con lei? –
- mi piace molto – confessa lui, dopo aver giocato un po’ con il gelato in silenzio
- non mi dire! – esclamo io, quasi urlando – hai trovato chi ti ha messo la palla al piede? –
- può darsi – dice lui per non sbilanciarsi, ma la scintilla che ha negli occhi non gliel’avevo mai vista.
- ne sono proprio felice! – dico, abbracciandolo con gioia.
 
Poco dopo, mi sento chiamare, e voltandomi mi ritrovo davanti Sesshomaru.
- Ciao – rispondo al suo saluto e quando noto i suoi occhi spostarsi su Miroku, li presento tra loro.
- non sei ad aiutare Inuyasha? – chiedo, curiosa di sapere come ha fatto a defilarsi.
- di che parli? – mi chiede lui, e io lancio un’occhiata a Miroku, prima di esporgli cosa mi ha detto Inuyasha.
- nostro padre è partito due giorni fa e tornerà la prossima settimana – risponde Sesshomaru
Perché Inuyasha mi ha raccontato una frottola del genere? Se non voleva vedermi, bastava dirlo.
Riesco a mantenere la mia dignità, non mostrando quanto questa bugia mi faccia male, ma il fratello del mio ragazzo vanifica i miei sforzi.
- stamattina Inuyasha è uscito presto. Credevo che stesse venendo da te, non vi stavate parlando al telefono scusa? Mi pareva fosse la tua voce. -
- no, non ero io. Non sento tuo fratello da due giorni. – dico, cercando di trattenere le lacrime
- devo aver capito male io – tenta di rimediare lui, e io mi ritrovo a pensare che è la prima volta che lo sento così particolarmente loquace.
- non ha importanza – dico alzandomi e subito Miroku mi imita, salutiamo e ci allontaniamo.
 
- andiamo, ti porto a casa – mi dice Miroku, una volta arrivati alle nostre cose ed iniziando a raccattarle
- non voglio tornare a casa – sussurro io con voce rotta, che lo fa fermare e girarsi a guardarmi. Sento le prime lacrime rotolarmi giù e lui subito mi abbraccia – non portarmi a casa – ripeto
- sono qui, Kagome. – mi sussurra nell’orecchio.
Non so quanto ho pianto, né quanto ancora sono rimasta tra le braccia di Miroku quando ho smesso.
Di nuovo, mi sono rifiutata di andare a casa, costringendo invece il mio amico a restare in spiaggia fingendo che andasse tutto bene.
Tornati dal bagno, prendo in mano il mio cellulare.
5 chiamate perse. Tre sono di Inuyasha e due di mia madre. Elimino le notifiche e rimetto via il telefono.
Sesshomaru deve aver avvisato il fratello della sua gaffe.
Non ho proprio voglia di sentirmi propinare delle scuse ridicole, quando ancora non sono pronta ad affrontare il tutto, o quanto meno a fingere che non faccia così male.
 
Siamo rimasti praticamente solo noi ed il sole inizia a calare.
Fa quasi freddo, ma forse sono io che lo avverto, per quanto male sto.
Sento il mio telefono vibrare in continuazione ed in realtà un po’ mi sento in colpa per mia madre, a cui questa mattina non ho detto con chi stavo andando via. Le avevo anche detto che sarei rientrata per cena, e credo sia abbastanza preoccupata, dato che a quest’ora sarei già dovuta essere a casa.
Miroku ha risposto alla chiamata di Sango, me la sono fatta passare e devo ammettere che un po’ mi ha sollevato parlare con lei, che si è dimostrata davvero comprensiva. Mi ha spronato quanto meno a tranquillizzare mia madre sul dove sono e con chi.
Mi ha anche consigliato di dare il beneficio del dubbio ad Inuyasha, prima di giungere a conclusioni affrettate dettate solo da indizi circostanziali.
Le ho risposto che si vede che studia per diventare avvocato, e questo mi ha strappato la prima risata dall’incontro con Sesshomaru.
Le ho chiesto se posso rubarle Miroku anche per la serata e lei mi ha risposto di non preoccuparmi, dato che loro si sarebbero visti l’indomani in ogni caso.
Il suo primo consiglio lo seguo chiedendo al mio amico se può chiedere ai suoi di ospitarmi per la notte. Non sarebbe la prima volta che dormo da lui, anche se dall’ultima volta sembrano passati secoli.
Quando i suoi gli dicono che va bene, gli chiedo di avvisare mia madre.
- Ka-chan, dovresti chiamarla tu –
Riesco solo a scuotere il capo, lui sospira e la chiama con il suo cellulare.
- si, sig.ra Midori, salve sono Miroku… Si, Kagome è con me… Si, si sta bene. Fisicamente, si… si, ecco, ho chiesto ai miei se può venire a dormire da me… si, nessun disturbo, si figuri, è la benvenuta… eh… aspetti –
Miroku mi ha guardata tutto il tempo mentre parlava al telefono, ma le successive parole sono per me – tua madre vorrebbe parlarti – mi dice, aspettando che io faccia un cenno qualsiasi prima di passarmi il cellulare.
Io non so cosa fare, parlarle mi farebbe scoppiare a piangere, lo so. E allora è Miroku a decidere per me.
- vuole richiamare dai miei più tardi? Si. Si, non si preoccupi… è in buone mani, gliel’assicuro… si certo… a domani… buonanotte –
- grazie, Miroku -
- per te questo ed altro, Ka-chan – mi dice, dandomi una carezza sulla guancia.
Mi perdo a guardare il mare e poco dopo sento il suo telefono che inizia a vibrare. – è di nuovo Sango – mi dice alzandosi.
Io non mi muovo e lui continua – ti scoccia se rispondo, ehm, da solo? –
- no, vai pure – dico con un sorriso, ma quando mi giro lui si è già allontanato.
Eh, Sango l’ha proprio preso al guinzaglio. Il pensiero mi solleva di poco l’umore e mentre Miroku non c’è sistemo tutte le nostre cose.
Quando torna, un po’ pensieroso, mi trova pronta e sorridente – andiamo? – gli chiedo spiazzandolo non poco.
Mi osserva per un attimo, e poi mi accontenta.
 
 

 
 
Io e Miroku siamo in auto, mi sta riportando a casa dopo la notte passata da lui.
Mi sono divertita molto con le sue sorelle, che hanno un paio di anni meno di noi, ho parlato con mia madre, tranquillizzandola ed interrompendola subito quando ha nominato Inuyasha, per dirmi che era passato a casa ed era preoccupato.
Fermando la macchina sotto casa mia, Miroku mi prende le mani tra le sue.
- Kagome, ascolta. Ti parlo da uno che solitamente è dall’altra parte. Parlagli e lascia che si spieghi. Dagli il beneficio del dubbio, come ha detto Sango, magari è tutto un enorme malinteso. –
Il suo tono è serio e capisco che ci crede davvero in quello che mi sta dicendo, tesi avvalorata dall’uso del mio nome intero.
- Miroku. Di solito dall’altra parte ci sono io con te. Ho lasciato tre o quattro ragazze al posto tuo, ho fatto finta di aver assistito a te che ne tradivi un altro paio, ho effettivamente assistito a te che ne tradivi non so quante... –
- Inuyasha non è come me – mi interrompe lui.
- questo non puoi saperlo. Ci avrai parlato due volte. –
- riconosco i miei simili – mi dice con un ghigno, e io sono tentata di credergli – ascolterai il consiglio mio e di Sango? –
Io sfilo le mani dalle sue e le alzo – va bene, va bene. –
- e se mi sono sbagliato – riprende di nuovo serio – andrò personalmente a spaccargli la faccia -
Se c’è un aggettivo che non potrei mai associare a Miroku è violento, ma sono certa che per difendere il mio onore non esiterebbe a dare qualche pugno.
Lo saluto con un bacio sulla guancia e inizio a salire la scalinata del tempio, mettendoci quanto più tempo possibile.
 
Resto fuori dalla porta ancora un secondo, poi dopo un enorme sospiro, indosso un sorriso e finalmente rincaso.
Mia madre quasi mi investe in un abbraccio, che io ricambio con piccole pacche sulle sue spalle.
Sembra così piccola, mentre mi rendo conto che l’ho superata in altezza. Mi sento così in colpa per come l’ho fatta preoccupare ieri e le sussurro un – mi dispiace – tra i capelli.
Lei scioglie l’abbraccio e mi scruta a lungo – mi dispiace averti fatto preoccupare – le ripeto, per riempire il silenzio.
- sei qui, è questo che conta. Stai bene? –
Sto bene? No, non direi. Però sto meglio di ieri in spiaggia, e sono pronta ad affrontare il mio ragazzo e le sue spiegazioni.
- sto bene – le dico e lei inclina la testa di lato, con uno sguardo che sembra dirmi “chi speri di convincere?”.
- se credi di sapere la risposta, perché mi poni la domanda? – le chiedo con un sorriso, e la sorpasso andando verso le scale.
- Kagome – mi richiama lei e io mi volto a guardarla, in attesa che continui – lo sai che a me puoi dire tutto? –
- lo so – rispondo
- ma non lo farai – Non è una domanda.
- non lo farò – le confermo con un sorriso – ma questo non vuol dire che io non ti voglia bene –
- te ne voglio tanto anche io –
- lo so – replico di nuovo – posso andare ora? – chiedo con un sorriso
- richiesta approvata! – replica lei in stile militare e io salgo le scale ridacchiando.
 
Entro in camera e faccio letteralmente cadere a terra la borsa che ho in spalle, che atterra sul pavimento con un tonfo, e poi mi lancio di peso sul letto.
Non faccio in tempo a pensare a niente, che la porta si spalanca e Sota si butta su di me urlando - Oneesan! – 
- ehi! Piano! Le costole sembra che mi servano tutte –
- ieri è stato un infermo! la mamma era così preoccupata per te! Inuyasha era così preoccupato per te! –
- alla mamma ho già chiesto scusa – replico io, ignorando la stilettata che mi è arrivata al sentire quel nome
- e a Inuyasha? –
- non sono io a dover chiedere scusa – ribatto, fiera di me per l’inflessione completamente atona che ho dato alla frase.
Chissà se anche davanti a lui sarò così forte.
- ma cosa è successo? – mi chiede confuso, strappandomi un sorriso tenero.
- sono curiosa di saperlo anche io – gli confido con tono confabulatorio – ora fuori di qui che mi devo cambiare – ordino indicandogli la porta e lui quasi schizza fuori.
 
Quando scendo giù, con un fresco vestito azzurro, non c’è nessuno.
- mamma? Sota? – chiamo gironzolando per casa, trovandola deserta.
- vabbè – dico ad alta voce e mi piazzo sul divano accendendo la tv.
Sto tranquillamente facendo zapping quando sento la mia suoneria partire. È quella della sveglia, e guardando l’orologio del soggiorno faccio mente locale che è l’ora della pastiglia che prendo ogni giorno.
Mi guardo intorno per zittire il cellulare e mi rendo conto che devo averlo lasciato su in carica.
- che palle – esclamo, salendo su e spegnendo la ormai assordante sveglia.
Stacco il cellulare dalla presa e vedo la notifica dei messaggi lampeggiare. Guardo chi è senza entrare nel messaggio e quando leggo Inuyasha chiudo senza leggere.
Non voglio leggere stupide scuse, deve venirmele a dire in faccia.
Sto scendendo giù, ma mi blocco sentendo un rumore. Sto quasi pensando di essermelo immaginato, quando lo sento di nuovo.
Faccio dietrofront e dalla camera di mio fratello esco con la mazza da baseball in mano. Con la sicurezza che la mia arma mi infonde, scendo le scale a piedi nudi, senza emettere un suono.
Mi guardo intorno guardinga, pronta a difendermi se necessario e cercando di captare nuovi rumori.
Dopo un controllo in cucina faccio per tornare in soggiorno, e nel mio campo visivo compare un’ombra. Calo la mazza da baseball addosso a chiunque sia, e solo dopo che sento il contraccolpo per aver colpito il mio avversario, realizzo che potrebbe essere mia madre o Sota.
- ma sei impazzita?! –
La voce che mi urla contro è quella di Inuyasha, che disteso a terra con il naso sanguinante mi guarda con rimprovero
- così impari a bussare! – urlo io di rimando, ancora scossa e molto infastidita dalla sua accusa.
Che diamine! È lui che si muoveva di soppiatto in casa mia!
- veramente ho bussato, e quando non mi hai aperto sono entrato dalla porta sul retro, che tua mamma mi ha lasciato aperta apposta – si tampona il naso con la mano e dopo aver fatto una smorfia continua – credo che tu mi abbia rotto il naso –
Mi munisco di panno pulito che bagno sotto l’acqua e mi inginocchio accanto a lui, spostandogli la mano e tamponandogli il sangue, cercando di valutare se ha ragione o meno.
Mi osserva in silenzio mentre finisco la mia opera, e parla solo dopo che gli ho dato un po’ di carta da infilarsi a mo’ di tappo nelle narici.
- grazie – mormora piano – e scusa se ti ho spaventato, non era mia intenzione farmi scambiare per un ladro –
- spero di non avertelo rotto davvero il naso, ma dovremmo andare in pronto soccorso – replico io alzandomi e cercando con lo sguardo il cellulare per chiamare mia madre.
Lui mi afferra un braccio, delicato ma deciso, dopo essersi alzato a sua volta – il mio naso può aspettare. Sono qui per parlare con te –
- non dire assurdità. Possiamo parlare nelle ore che ci toccherà aspettare in pronto soccorso. Se andiamo adesso, possiamo essere fuori per cena, spero –
Un naso rotto, su un ragazzo maggiorenne, non è certo un caso della massima urgenza. Gli passerebbero davanti praticamente tutti, e più tardi andiamo, peggio è.
- ma… non… non saremo soli – balbetta, e credo si sia anche imbarazzato.
- prometto che non ti picchierò davanti a testimoni – dico con un sorriso un po’ amaro – anzi, credo di aver già fatto abbastanza –
- Kagome… - protesta di nuovo lui
Lo zittisco accarezzandogli una guancia – Inuyasha, per piacere, se non vuoi farlo per te, andiamoci per me. Mi sentirei più tranquilla se ti curassero a dovere quanto prima –
Lo lascio lì senza aspettare replica, vado su recupero il cellulare e le scarpe, controllo di essere più o meno presentabile e torno a scendere.
Trovo Inuyasha che si tiene la testa con una mano, mentre con l’altra si regge al muro.
- ehi! Ti gira la testa? – gli chiedo subito allarmata e lui veloce abbassa la mano cercando di simulare sicurezza, ma gli esce solo una smorfia di dolore.
Mia madre non risponde al telefono, e lui di certo non può guidare in queste condizioni. Io ho solo il foglio rosa ed inizio ad agitarmi non sapendo cosa fare.
- chiama tuo fratello, mia madre non risponde – gli dico, cercando di non fargli capire il mio stato d’animo.
- mio fratello non è a casa – replica lui – ora che torna tanto vale aspettare che risponda tua madre –
Mi parla ad occhi chiusi, e lentamente. – andiamo. – ordino – guido io la tua auto – affermo con una sicurezza che assolutamente non ho.
- ma sei fuori? Tu non hai la patente! –
- l’ospedale non è lontano. – dico per convincere più me che lui.
- si, infatti. - Mormora lui – ce la posso fare a guidare io –
- non se ne parla – ribatto, e dopo un ultimo tentativo con mia madre, lo prendo sottobraccio e mi avvio.
 
 

 
 
Siamo arrivati al pronto soccorso senza rischiare la vita. O il ritiro della patente di entrambi.
Il tragitto è stato tutto sommato semplice: la strada era dritta e c’era un solo semaforo (al quale mi è morta l’auto due volte), ma a parcheggiare ci ha dovuto pensare Inuyasha.
Quello sarebbe stato troppo per me.
Ora siamo seduti in sala d’aspetto, lui si è registrato e gli hanno dato del ghiaccio da tenere sul naso.
Nessuno dei due ha aperto bocca, se non per “comunicazioni di servizio”.
Io rabbrividisco: le sedie in metallo dell’ospedale sono gelide, come lo è anche l’aria che esce dal condizionatore. Io capisco che siamo in estate, ma diamine non fa così freddo nemmeno in pieno inverno! Ci saranno più di 15 gradi di escursione termica tra dentro e fuori!
Inuyasha mi allunga le chiavi dell’auto, ed al mio sguardo interrogativo mi dice – c’è una mia felpa in auto –
Vado a prenderla e torno dentro indossandola.
Mi sento un po’ ridicola: è davvero enorme!
Inuyasha mi accoglie con una risatina, e io gli lancio un’occhiataccia, risedendomi accanto a lui.
- dovresti smetterla di mettere cose talmente corte da non vedersi da sotto al giubbotto, o da sotto una mia felpa – mi sussurra avvicinandosi.
Non riesco a capire se il suo tono è solo divertito o anche contrariato. Io comunque ribatto a metà tra divertita e contrariata.
- è la tua felpa ad essere troppo grande. Guarda! – gli dico muovendo un braccio e facendo muovere gli almeno 10 cm di manica che avanzano – non mi si vedono nemmeno le mani -
- queste basta arrotolarle, scema – replica lui, posando il ghiaccio sulla sedia accanto e sistemandomi entrambe le maniche.
Una volta finito, intreccia le dita con una delle mie mani, e io gli poso un bacio sulla guancia, con un timido – grazie -.
 
Quando tocca a lui, nemmeno troppo tempo dopo, slegare le nostre mani mi provoca un senso di abbandono, così nascondo la mia srotolando la manica.
Finalmente mia madre si degna di richiamarmi, e per rispondere esco fuori per non disturbare la quiete della sala d’attesa.
Le spiego brevemente cos’è successo, dandomi mentalmente della stupida per aver esordito con – sono al pronto soccorso –
La rassicuro che è tutto ok, o quanto meno niente di grave, e poi le chiedo dove sono spariti lei e Sota senza nemmeno avvisare – se è una vendetta per ieri, mi pareva di averti già chiesto scusa – le dico risentita.
- non siamo all’asilo – replica lei seccata – ti ho già perdonata per ieri e che razza di madre si “vendicherebbe”? – e poi mi spiega che le era arrivata una telefonata mentre ero in bagno e aveva mandato Sota ad avvisarmi.
Mi faccio andare bene le sue parole e la saluto, dopo che mi ha avvisato di non aspettarla a pranzo (che mi ha già lasciato pronto nel frigo) e di passare a prendere Sota al doposcuola estivo prima di cena.
- se Inuyasha si ferma a cena, dovreste andare a fare un po’ di spesa, ok? – mi dice lei titubante e io le rispondo con un flebile – d’accordo -.
Quando mi giro per rientrare, quasi mi viene un infarto ritrovandomi Inuyasha accanto.
- potresti gentilmente smetterla di farmi prendere paura? -
- scusa, non l’ho fatto apposta. Nessuna delle due volte. – replica alzando le mani
- che ti hanno detto? – cambio argomento io, notando la specie di cerotto che ha sul naso.
- sembrerebbe che non me lo hai rotto, è solo una botta. – mi risponde sorridendo – devo tornare tra un paio di giorni, quando si sarà sgonfiato. -
- puoi guidare? -
Il sorriso gli vacilla un attimo alla mia richiesta, ammetto frettolosa – ti porto a casa? – mi chiede un po’ mogio
Decido si scherzarci su, battendogli un piccolo pugno sulla spalla – direi che abbiamo già rischiato all’andata, no? Adesso è il caso che ci porti tu sani e salvi a destinazione -
Anche il viaggio di ritorno è silenzioso, io guardo fuori dal finestrino nel cui riflesso noto che Inuyasha si gira a guardarmi spesso.
Arrivati sotto casa mia, con la coda dell’occhio lo vedo innervosirsi mentre ferma la macchina ma la lascia in moto.
- non puoi parcheggiare qui – gli dico e riesco a notare sul suo volto il lampo di sorpresa alle mie parole
- abbiamo un discorso in sospeso, no? – riprendo.
Lui indurisce un po’ la sua espressione, ma non dice nulla, parcheggiando in silenzio ed entrando in casa assieme a me.
 
Il silenzio si protrae a lungo, io non so cosa dire e lui sembra essersi chiuso in sé stesso, e la cosa inizia ad innervosirmi davvero.
Decido di andare a prendere un bicchiere d’acqua per entrambi, ed il mio spostamento pare riscuoterlo. Sento il suo sguardo addosso, seguirmi in cucina e osservarmi tornare da lui e porgergli il bicchiere.
- grazie – mormora lui, beve un sorso e poi riappoggia il bicchiere sul tavolino basso che c’è tra noi.
Rimane proteso in avanti, verso di me, si schiarisce la voce e dopo aver incatenato i miei occhi ai suoi, comincia.
- Kagome, ascolta – prende un sospiro, facendo una piccola pausa – partiamo da cosa è successo alla casa al mare. –
Io chiudo un attimo gli occhi. Onestamente non mi interessa più.
O meglio, considerato che sembra essersi rivolto altrove, mi pare evidente che io sia stata effettivamente inadeguata. Non mi serve che me lo confermi a parole né, peggio ancora, che invece mi menta dicendomi che andava bene.
- non fare così – dice – per piacere ascoltami fino in fondo, decidendo solo alla fine se vuoi credermi o no. Puoi fare questo, per me? –
Mi guarda serio e davvero speranzoso, così annuisco e mi impongo di fare come chiede: ascoltarlo fino alla fine.
- ho sbagliato quella mattina a non insistere a parlarne, perché è chiaro che l’abbiamo presa diversamente – inizia lui – non mi è chiaro se ti sei arrabbiata perché ho voluto fermarmi o per qualcos’altro, ma non me ne pento assolutamente. – continua estremamente serio e qualcosa sul mio viso deve tradire la mia perplessità
- hai capito bene si – ora nella sua voce c’è una venatura di rabbia, che diventa sempre più palese mentre continua – hai una vaga idea di cosa significhi vedere la persona che ami che soffre e la causa sei tu? -
Spalanco la bocca, non per quello che ha detto, ma per come mi ha definita: la persona che ami. Non è come dirmi ti amo direttamente, ma il concetto è quello.
Lui deve aver scambiato la mia espressione per incredulità, perché prosegue quasi urlando – cazzo, piangevi! Come avrei potuto andare avanti? –
- io – cerco di dire, ma lui mi zittisce con un gesto della mano
- hai detto che mi facevi parlare fino alla fine – dice deciso e quando annuisco va avanti – credo sia chiaro che io voglia farlo con te, e non hai idea di come ero felice quando in spiaggia mi hai detto di essere pronta – la sua voce si abbassa un po’ e i suoi occhi lasciano i miei, concentrandosi sul bicchiere che guarda senza in realtà vederlo – tu eri agitata e anche io mi sono fatto prendere dall’agitazione. Non sapevo cosa dovevo fare… -
Si interrompe e si butta indietro con la schiena, afflosciandosi quasi sullo schienale del divano – cioè si, tecnicamente sapevo cosa dovevo fare – si corregge lanciandomi un’occhiata ed un mezzo sorriso – ma non è che io sia particolarmente ferrato in materia –
Ad entrambi scappa una breve risata, e forse vedere ridacchiare anche me lo sprona a proseguire – non volevo farti male, cioè… so che la prima volta alle ragazze fa male, però speravo fosse una cosa di un momento. E invece tu cercavi a tutti i costi di essere forte, perché Kagome Higurashi non ha paura di niente… - mi dice con una punta di rimprovero
- volevo – inizio a giustificarmi, ma vengo zittita di nuovo
- non avevi niente da dimostrare, Kagome. Né a me, né a te stessa. Né a chiunque altro. Eppure eri tesa come una corda di violino. Avevi paura e io non sapevo cosa dirti, o come fosse meglio comportarmi per cercare di farti rilassare. Quando ho deciso di mettere fine a… quello, ho pensato che volessi spazio. – tutto questo me lo dice guardandomi dritto negli occhi, che a questo punto abbassa – io ne avevo bisogno. Volevo calmarmi, togliermi dalla testa l’immagine di te che trattenevi le lacrime e darmi dell’idiota perché non sono stato capace di regalarti una prima volta decente. –
Lo ascolto rapita e lui prosegue – poi mi sono dato dell’idiota perché ti avevo lasciato lì da sola, e chissà su che tangente stavi partendo tu – di nuovo mi rivolge un mezzo sorriso e un’occhiata triste – ma quando sono tornato dormivi e non ho voluto svegliarti. Sembravi così fragile… - abbandona anche la testa indietro, guardando il soffitto – ti sei rannicchiata addosso a me e l’unica cosa che ho potuto fare è stata stringerti. – sospira pesantemente, e si tira su, tornando a guardarmi – la mattina dopo non c’eri, mi hai fatto spaventare da matti. Pensavo fossi scappata, sarebbe stato da te –
- forse – mi lascia il tempo di ammettere con un sorriso un po’ divertito e, dopo esserselo concesso anche lui, riprende con un’espressione abbattuta
– non sei scappata fisicamente, ma in realtà lo hai fatto. Non ne hai voluto parlare, poi ti sei nascosta dietro una finta allegria. Non ho capito se per non rovinare la giornata o se perché stavi semplicemente riflettendo sull’accaduto, comunque te l’ho lasciato fare. Ti ho lasciato anche mettere quell’orribile silenzio tra noi. E qui ho sbagliato di nuovo, perché mi ero convinto ti servisse del tempo per pensare, e mi sono fatto da parte per una giornata intera, con tutte le intenzioni di venire da te il giorno dopo e costringerti a parlarne -
- ok, basta. Adesso mi fai parlare – lo interrompo, e ricomincio a parlare prima che mi zittisca di nuovo – quello che hai detto è vero. – faccio una pausa per cercare di mettere insieme quello che voglio dire e mi rilasso un po’ quando noto che lui non ne approfitta per ricondurmi al silenzio – io mi sentivo pronta davvero, e si, nonostante questo avevo paura. – confesso, ma non mi pesa farlo come avrei immaginato – non sapevo cosa aspettarmi, non sapevo cosa dovevo fare, non volevo deluderti, non volevo apparire inadeguata… -
- inadeguata? Deludermi? – mi interrompe quasi con rabbia – ma le senti le stronzate che dici? –
- fammi finire – gli dico calma, con gli occhi lucidi ed un groppo alla gola, e lui si ridimensiona all’istante – in quel momento mi sentivo così. E mi sono sentita così anche dopo. Quando mi hai lasciato sola quella sera, quando non ne ho voluto parlare al mattino dopo, quando ho fatto finta di niente tutto il giorno. In realtà volevo solo cancellare l’accaduto. Fare finta che non fosse successo. E si, volevo stare da sola. Volevo che tu la smettessi di guardarmi a quel modo. –
- che modo? – mi chiede
- con dispiacere. – gli rispondo – mi faceva sentire ancora più sbagliata. – ammetto con una smorfia.
Quando lui non riprende a parlare, continuo trovando il coraggio di guardarlo dritto negli occhi – il giorno dopo mi ha seccato parecchio che tu non mi abbia scritto nulla. E anche se da una parte volevo effettivamente cercare di non pensare a te, mi sono comunque sentita ignorata e messa da parte. A maggior ragione quando alla fine ho sconfitto il mio orgoglio e ti ho scritto per prima, e tu mi hai risposto che… avevi da fare. –
Quando smetto di parlare, mi rendo conto di essere diventata tesa e ostile. Abbiamo chiarito quanto successo alla casa al mare, cosa lo ha spinto ad agire in un modo, e cosa ha spinto me ad agire in un altro.
Ma ora siamo arrivati al nocciolo della questione: la sua bugia su ieri.
- credi che per me sia stato facile non scriverti? Ignorarti una giornata intera, dopo quello che era successo? – mi chiede infastidito – ero terrorizzato da che film mentali ti saresti fatta, perché ormai ti conosco e so che te li fai – blocca sul nascere la mia protesta e poi continua – ho scritto a tua madre, inventandomi che non mi rispondevi. E lei mi ha chiamato. –
- davvero? – chiedo sorpresa
Lui annuisce e continua – mi ha detto che aveva intuito che io e te avessimo litigato. Ho negato, perché in effetti non abbiamo litigato, ma non potevo nemmeno dirle cos’era successo – mi dice arrossendo leggermente – così le ho spiegato che ti stavo lasciando spazio per riflettere senza addentrarmi in particolari, e lei mi ha detto che eri fuori con Yuka e Saiyuri, e che mi avrebbe avvisato quando saresti rientrata –
- perché avrebbe voluto avvisarti? –
- così potevo passare – mi risponde
- ma non lo hai fatto –
- ci ho messo troppo ad arrivare – sospira un po’ rassegnato – quando tua madre mi ha aperto la porta, Emi era già qui e stavate discutendo. –
- hai sentito? – chiedo allarmata
- no. Si sentivano solo i toni, non del tutto pacifici. –
- già – ora sono io a sospirare amareggiata
- non mi pareva il caso di presentarmi dopo che lei se n’è andata, e tua madre ha avuto l’idea della sorpresa –
- quale sorpresa? – chiedo perplessa
- subito dopo che Emi è uscita, mi è arrivato il tuo messaggio. Quando ho visto il tuo nome, devi credermi, stavo per venire su di corsa. Poi ho letto il testo, parlavi dell’indomani e mi sono reso conto che era probabile che non volessi vedere nessuno. Allora tua mamma mi ha convinto a scrivere a Yuka e Saiyuri, perché si inventassero degli impegni per l’indomani, e lo stesso si è inventata lei per sé e Sota. –
- perché? – continuo ad essere perplessa
- perché così saresti stata libera per me. Se nessuno dei tuoi amici poteva uscire, e io non fossi stato disponibile, era probabile che saresti stata a casa, e io avrei potuto stanarti –
- e che sono, una lepre? – ridacchio io, iniziando a collegare le cose – quindi eri tu con Sota quella sera -
- una volpe, piuttosto – replica, anche lui divertito – e si, con Sota c’ero io. Avrei voluto vederti, ma mi sono accontentato di sentirti. –
- volevo vederti anche io. Ci sono rimasta male per la tua risposta: era così fredda -
- me ne sono reso conto tardi. Nella concitazione di orchestrare tutto mi sono limitato a pensare solo ad una scusa da propinarti. Mi dispiace – ed il suo dispiacere lo posso vedere anche nel mezzo sorriso che mi rivolge – e non ho pensato a Miroku, e questo è stato il mio quarto errore. Ma anche se l’avessi fatto, non avevo il suo numero, quindi in ogni caso non avrei potuto avvisarlo. –
- quindi, ieri… ? – vorrei chiedere dov’eri, con chi, ma non riesco a finire di porre la domanda e lascio la frase in sospeso.
- quindi, ieri ero qui. Ero in cucina quando tu sei fuggita via. –
- Sota ha fatto cadere la sua preziosa attrezzatura per avvisarvi – deduco in un sussurro
- stava per mettersi a piangere dopo che sei uscita – mi racconta e io scuoto il capo, immaginandomi la scena – io avrei voluto sbattere la testa sul muro. – continua lui, attirando su di sé il mio sguardo – ti ho anche rincorsa, ma avevi quel mezzo minuto di vantaggio e ho solo potuto vedere la macchina che ti portava via. –
- e poi? – chiedo, anche se credo di aver capito cosa sia successo, da lì in poi, ma voglio sentirglielo dire.
- poi sono tornato a casa mia. Avevi detto che saresti rincasata per cena, non aveva senso passare la giornata qui. E non volevo che tua madre mi vedesse come un cane in trappola, non più di quanto avesse già fatto quella mattina e la sera prima –
- cane in trappola? –
- non sapevo con chi eri. Nemmeno a lei è venuto in mente Miroku tra le alternative possibili, e io… - mi guarda in modo strano, sembra divertito – e io mi sono fatto i film in testa, geloso marcio di chi stava rubando a me la tua compagnia –
- potevi chiamarmi –
- avresti risposto? –
- Credo di si. In quel momento stavo solo cercando una distrazione al pensiero di non poterti vedere. Non ce l’avevo con te. –
- allora questo è stato il mio quinto errore – ammette dispiaciuto, io faccio spallucce e lui continua dopo un sospiro – e poi mi è arrivata la chiamata di mio fratello. Sesshomaru mi ha detto che forse mi aveva messo nei casini, avendoti incontrata ed essendosi fatto sfuggire che papà non era in città e facendoti quindi capire che la mia era una bugia. –
Resto in silenzio, ricordandomi come mi sono sentita umiliata in quel momento, e lui si affretta a continuare.
- ho provato a chiamarti, ma non mi hai risposto. Allora ho avvisato tua madre, ma non hai risposto nemmeno a lei. Mi sono fatto dare il numero di Miroku, ma era occupato, e quando ho riprovato, non mi ha risposto nemmeno lui. L’ora di cena è arrivata e passata, e di te nemmeno l’ombra. – lo sento che mi guarda, ma io continuo ad osservare con immenso interesse il centrotavola di mia madre, fa un altro sospiro e continua - Poi lui ha chiamato tua madre, dicendogli che non saresti tornata, che dormivi fuori. Ho aspettato un po’ e ho scritto a Miroku che quello era il mio numero, e se potevo chiamarlo senza che te ne accorgessi –
Mi sfugge uno sbuffo dal naso – ha detto che era Sango. Adesso che ci penso avrei dovuto capire che mi stava mentendo –
- non avercela con lui – lo difende Inuyasha
- no, certo – mormoro io, tornando di nuovo al meraviglioso centrotavola
- gli ho raccontato le cose come stavano e lui mi ha suggerito di aspettare stamattina. Mi ha detto quanto male sei stata e mi sono sentito davvero uno schifo… -
- sia lui che Sango ti hanno difeso tutta la sera, convincendomi ad ascoltare la tua versione –
- immagino che li dovrò ringraziare –
- dovresti, si –
A questo punto cala il silenzio e il gioco sta a me. Lui mi ha raccontato la sua versione ed io l’ho ascoltata.
- riesci a credermi? – mi domanda dopo che il mio mutismo prolungato.
Ma il punto non è credergli o no. Perché inventarsi tutto questo quando potrei smascherarlo facilmente chiedendo a mia madre o a Miroku conferma delle sue dichiarazioni?
Il fatto è che Inuyasha mi ama. Me l’ha più o meno detto a parole e direi che le sue azioni parlino anche di più.
E io amo lui.
Tanto.
E abbiamo rischiato di rovinare tutto solo per mancanza di comunicazione. Di cui, e lo ammetto, la prima causa sono io. Dunque, tiriamo fuori tutto quello che ho da dire.
- Inuyasha – mi mordo il labbro dopo aver detto il suo nome e lui mi guarda in trepidante attesa – Inuyasha, io ti amo – diretta e concisa.
Lui sgrana occhi e bocca, e io sorrido del fatto che sia davvero stupido che lui ne sia sorpreso.
– e ti credo. Ti ho già detto come mi sono sentita dopo il nostro… ehm… tentativo. E credimi, dopo quello che è successo da quando ho parlato con tuo fratello, sono certa che lo preferisco poco loquace come al solito. Se non fosse entrato nei particolari, se mi avesse semplicemente detto “no, non sono con Inuyasha” senza dirmi che tuo padre era via e che tu eri andato a casa di una ragazza, forse… beh forse non avrei pensato che tu fossi andato a cercare consolazione altrove –
Le mie parole attecchiscono con calma, o probabilmente Inuyasha era ancora shoccato dalla mia dichiarazione iniziale che il mio discorso successivo viene elaborato al rallentatore.
Quando finalmente realizza quale sia stato il mio pensiero, quasi scatta in piedi.
- che cosa? – esclama, mi verrebbe da dire disgustato all’idea – io… no! No, ma cosa stai dicendo? Ma per chi mi hai preso? Kagome, ti prego… –
- siamo due stupidi, Inuyasha – lo interrompo io, sorridendo mi alzo e gli tendo la mano affinchè faccia lo stesso – sarebbe bastato parlare chiaramente – proseguo, prima di abbracciarlo e affondare il viso sul suo petto
Mi stringe subito anche lui appoggiando una guancia sulla mia spalla.
- anche io ti amo, Kagome – mi sussurra nell’orecchio.
Mi lascio sfuggire una risata e poi gli rispondo – lo so -.
Una citazione di uno dei suoi film preferiti, che lui coglie e poi ride con me.
 

 
 
Pranziamo insieme con quello che mi ha lasciato mia madre e poi ci piazziamo sul divano a vedere un film.
Io sono seduta con le gambe raccolte, e sul cuscino che ci ho appoggiato sopra, Inuyasha ha appoggiato la testa e si è disteso.
Gli sto accarezzando i capelli e all’ennesima mia domanda a cui non ottengo risposta, mi accorgo che si è addormentato.
Continuo con le mie coccole, mentre mi nasce un sorriso radioso.
Impreco quando il mio cellulare inizia a suonare e lo sveglia. Ormai il danno è fatto, e con delicatezza lo sposto per andare a rispondere.
La disturbatrice si rivela essere mia madre, a cui in effetti non ho più detto come è finita. Le racconto a grandi linee cosa i medici hanno detto ad Inuyasha, e che abbiamo pranzato assieme qui a casa.
A quel punto mi pare di sentirla sospirare sollevata, e quasi timorosa mi pone la domanda successiva.
- Inuyasha si ferma anche a cena? –
Sorrido, guardando il ragazzo che si sta stropicciando gli occhi, ancora mezzo addormentato.
- si. Che devo prendere di spesa? –
Intenta a osservare Inuyasha, che mi guarda con un’espressione buffissima, non riesco a capire se l’urletto di gioia che ho sentito dall’altra parte del telefono, c’è stato davvero o me lo sono solo immaginato.
Comunque mia madre mi detta un elenco di cose e io le chiedo per che ora torna.
- non credo prima delle 7.30. Lo sai che i primi giorni del mese sono sempre pieni. Ricordati che alle 7 arriva il pulmino di Sota a scuola, dovreste andarlo a prendere… ad Inuyasha non scoccia, vero? –
- no. no, tranquilla. – la tranquillizzo mentre un’idea prende forma nella mia mente - Senti e se facciamo così: andiamo a prendere Sota, passiamo in quel ristorante che piace tanto a te ed Inuyasha e prendiamo tutto per asporto? Così nessuno deve prendersi la briga di cucinare, e nel frattempo tu sarai a casa. Che dici? –
- mi sembra un’ottima idea. Tesoro devo andare, il capo mi guarda già male. – e riaggancia
Inuyasha intanto si è alzato e viene ad abbracciarmi da dietro, lasciandomi un bacio sul collo, che mi fa ridacchiare.
- era tua madre? –
Annuisco ed espongo anche a lui i programmi della cena, che lui approva, tra un bacio e l’altro, che vanno dalla mia mascella fino alla spalla.
- e cosa vorresti fare ora? – mi chiede
- questa piacevole tortura non mi dispiace affatto – mormoro io, inclinando la testa di lato, per concedergli più superficie.
Le sue mani vanno alle spalline del vestito, che abbassa con gesti lenti, mentre io sciolgo il fiocco che stringe il vestito sotto al seno e che, ora che le spalline sono giù, è l’unica cosa che tiene il vestito al suo posto.
Come abbasso le braccia, scivola giù silenzioso, lasciandomi in biancheria in un paio di secondi.
Inuyasha smette di baciarmi e mi fa girare verso di lui, ammirandomi nuovamente dall’alto in basso.
Mi riavvicino a lui, sfilandogli la maglia subito dopo che Inuyasha mi ha slacciato il reggiseno. Entrambi vanno ad aggiungersi al mucchietto del mio vestito, sul pavimento, e presto finiscono lì anche i suoi pantaloni.
Ci togliamo le mutande a vicenda ed Inuyasha si siede sul divano, prendendomi per mano e facendomi sedere su di lui.
Mi solletica con una mano, mentre l’altra gioca con un mio capezzolo. Gli restituisco le carezze, gemendo piano quando fa entrare le dita.
Mi chino a baciarlo, sposto la mia mano, con lentezza. Il suo borbottio contrariato viene zittito dal mio bacio. Con la stessa lentezze faccio spostare anche la sua mano, e avvicino i nostri bacini.
Mi allontana quel poco che gli serve per guardarmi negli occhi, e trovare la conferma delle mie intenzioni. Mi bacia la fronte e poi mette le sue mani ai lati dei miei fianchi.
Sposta lo sguardo in basso e lo faccio anche io. Fa una leggera forza sui fianchi per direzionare i miei movimenti, e io lo assecondo.
Nel momento in cui lo punta sul mio ingresso, torna a guardarmi negli occhi.
Dopo un attimo mi stringe piano le mani sui fianchi e io intuisco cosa devo fare, e inizio a muovermi piano verso il basso.
Lo sento e fa male, ma non come quella sera. È un dolore quasi piacevole.
Non smetto di guardare Inuyasha negli occhi, e mi sembra che la pupilla si espanda sempre più a scapito dell’iride.
Mi attira a sé in un bacio, e con le braccia mi spinge ancora verso il basso. quando non è possibile andare oltre, mi abbraccia stretto e poi porta le sue mani ai lati del suo viso.
- va… va tutto bene? – mi chiede a bassa voce
Io riesco solo ad annuire, ma questo gli basta. Mi bacia ancora e poi riporta le mani sui fianchi.
- ora… ora devo… uscire – mi dice, sospingendomi piano verso l’alto.
Non mi è chiara la cosa, ma mi fido di lui e di nuovo lo assecondo, anche quando alla fine mi sospinge di lato e si alza.
- dove… ? –
Ma capisco da sola dove sta andando, quando lo vedo tirare fuori un preservativo dal portafoglio.
Il seguito è decisamente più semplice. E più piacevole.
Ecco diciamo che il termine giusto è soddisfacente.
 
Entrambi appagati, restiamo nudi a coccolarci per un po’ prima che io mi decida ad alzarmi per sistemare il mio soggiorno, onde evitare che sia palese quello che è appena successo.
- Kagome? –
La voce di Inuyasha mi sembra tesa, e mi volto verso di lui perplessa.
Lui allunga le braccia verso di me, io gli prendo le mani e mi lascio attirare verso di lui, che è seduto sul divano.
- stai bene? È tutto… ok? –
Mi nasce subito un sorriso.
- sto una meraviglia – gli rispondo, ricordandomi perfettamente che è la stessa frase che gli ho detto quel giorno, ma il tono è completamente diverso.
Sorride anche lui, e dopo un ultimo bacio alla mia pancia, si riveste assieme a me ed insieme sistemiamo il tutto.
Apro anche le finestre, per far girare l’aria, ma poi capisco che l’odore che sento ce l’ho addosso.
Sa di me, sa di Inuyasha. Sa di noi.
È l’odore che non smetterei mai di voler annusare.
- perché non ti fai una doccia? Io… io intanto vado via un attimo –
- dove? Perché? – chiedo subito e lui mi circonda con le braccia.
Su di lui il nostro odore lo sento anche di più.
- era l’unico che avevo. – mi sussurra tra i capelli
- l’unico? Ma di cosa…? oh. – no ok, ho capito che intende.
- credo di non sbagliare nel volerne fare scorta – continua allontanandosi da me per guardarmi in volto, con un ghigno malizioso.
- e credi bene – gli confermo io, sfoggiando lo stesso sorriso.
   
 
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