Terza parte
A dark emporium of even darker dreams
Where nothing's what it seems
But the shadows they call you
Cold is stream colder my blood and
Cold is the night colder your heart
Lifeless in my arms
Fallen for my charms
Dark tale of a dark love
Poetry of poison
The Ghost and the Reaper…
(“The Ghost and the Reaper – The Dark Element)
Il morale
nell’accampamento dei vichinghi era molto basso dopo che Ivar li aveva respinti
con tanta efficacia. In una tenda erano stati alloggiati i cittadini di
Kattegat sopravvissuti all’eccidio ordinato dal folle sovrano, tra i quali
c’erano Thora e la sua famiglia, e di questo gruppo si occupavano Torvi,
Lagertha e Ubbe che, comunque, non era ancora in condizioni di combattere.
Mentre Bjorn e gli
altri, in un’altra tenda, discutevano su come fosse possibile penetrare le
difese di Ivar, una donna avvolta in un mantello scuro fu accompagnata presso
di loro da un soldato e, non appena la vide, Hvitserk si lasciò sfuggire un
esclamazione di sorpresa.
“Freydis? Cosa ci fai
qui?”
La giovane, che era
appunto la moglie di Ivar, si liberò del cappuccio e tutti poterono vederla.
Era molto pallida, spaventata e si guardava di continuo alle spalle.
“Sono venuta per
aiutarvi, voi dovete sconfiggere Ivar” disse in fretta. “Avete visto cosa ha
fatto, no? Ha ordinato che i suoi stessi sudditi venissero massacrati per
rallentarvi e non solo… ha ucciso il nostro bambino, suo figlio, appena nato!
Lo ha abbandonato nei boschi a morire di freddo e ad essere divorato dalle
belve feroci. Ivar è un mostro e voi dovete ucciderlo!”
Sì, sul fatto che
Ivar fosse completamente impazzito non c’erano dubbi. Freydis, ovviamente,
sorvolò sul fatto che il bambino era deforme e che Ivar lo aveva lasciato a
morire perché non avesse un destino di sofferenza come era toccato a lui e non
disse nemmeno che, in effetti, il piccolo non era affatto figlio di Ivar perché
lei si era fatta mettere incinta dal primo che passava per poi raccontare al
marito che era il figlio degli dei…
Ma, sinceramente, di tutto ciò ai vichinghi adesso non fregava un beneamato e
molto più interessante era invece la proposta della donna di aiutarli a
sconfiggere Ivar!
“C’è un passaggio
segreto per entrare nella città e io ve lo mostrerò, ma voi in cambio dovete
promettermi che libererete Kattegat da quel folle” continuò Freydis.
“E’ quello che
vogliamo anche noi!” dichiarò Hvitserk.
“Vi aspetterò davanti
alle porte della città e vi farò passare per il passaggio segreto domattina,
prima che spunti il sole, così voi sarete già dentro e potrete prendere di
sorpresa Ivar e i suoi” disse Freydis.
“Senti un po’, chi ci
dice che non sia una trappola?” obiettò Re Harald, scettico.
“Ivar ha ucciso il
nostro bambino” replicò Freydis fissandolo negli occhi. “Nessuno può volerlo
morto più di me.”
Poche ore dopo,
dunque, Bjorn, Harald, Hvitserk e Aethelred si incontrarono con Freydis e la
seguirono nel passaggio segreto che li condusse all’interno di Kattegat mentre
Ivar e i suoi soldati dormivano ancora. Le poche sentinelle furono aggirate e
uccise dai soldati che Bjorn fece entrare dopo aver aperto le porte della
città.
“Aspetta un momento”
disse Aethelred alla ragazza. “Tu dove andrai adesso?”
“Il mio posto è
comunque accanto a Ivar” rispose lei.
“Ma… potrebbe farti
del male se scopre che sei stata tu. Perché non raggiungi il nostro
accampamento? Là sarai al sicuro, ci sono anche le persone di Kattegat che
siamo riusciti a salvare.”
Freydis scosse il
capo.
“Tu sei il Principe
sassone, vero? Sei gentile, un vichingo non si sarebbe preoccupato per me. Ma ciò
che Ivar ha fatto finora è stato anche per colpa mia e devo affrontare il mio
destino.”
A Aethelred tutta
questa gente che, in nome di un destino non meglio specificato andava
allegramente incontro alla morte cominciava a seccare, tuttavia non poteva certo
sequestrare Freydis! Si limitò dunque a ringraziarla e a lasciarla andare.
Quando uno dei
soldati di Ivar si accorse di cosa stava accadendo e diede l’allarme era già
tardi: Bjorn aveva spalancato le porte e tutti gli eserciti avevano invaso
Kattegat. Sarebbe potuto essere un massacro, ma non era questo che Bjorn
voleva.
“Amici, compagni,
cittadini di Kattegat!” esclamò. “Io non voglio farvi del male, voglio
liberarvi da un tiranno. Non voglio che ci uccidiamo a vicenda. Siamo cresciuti
insieme, abbiamo giocato da bambini, non facciamoci la guerra, il vero nemico è
solo uno, è Ivar!”
Queste parole di
Bjorn, insolitamente sagge per venire da lui, colpirono molto i soldati di
Ivar. Era vero, tanti di loro erano amici dei figli di Ragnar e non volevano
davvero combattere. A quanto pareva, quello che Aethelred aveva detto a Bjorn (Vuoi forse regnare su un cumulo di morti?)
aveva avuto effetto sul guerriero vichingo che adesso esitava a fare una
carneficina nella sua stessa città.
La maggior parte dei
soldati, dunque, depose le armi senza combattere. Solo poche decine di
fedelissimi di Ivar si slanciarono contro Bjorn e i suoi ma vennero ben presto
sopraffatti, uccisi o fatti prigionieri.
La battaglia per la
riconquista di Kattegat era finita molto velocemente, grazie a Freydis.
Bjorn, Harald,
Hvitserk e Aethelred entrarono da vincitori nella dimora del Re, sperando di
catturare Ivar… ma lui non c’era. Come aveva previsto Aethelred, il giovane
aveva capito subito che era stata la moglie a tradirlo e l’aveva strangolata.
La grande dimora era vuota, a parte il corpo senza vita di Freydis sul letto
nuziale accanto alle piccole ossa del suo bambino…
Ivar era riuscito a
fuggire, come e grazie a chi nessuno lo sapeva. E chi lo sapeva non disse
niente.
Il sole era sorto e
illuminava una Kattegat finalmente libera. Dalle porte ormai aperte entrarono
anche Ubbe, Torvi e Lagertha. La donna portava con sé una spada appartenuta a
Ragnar e la consegnò al figlio, con gli occhi pieni di emozione e orgoglio.
“Onore a Bjorn, Re di
Kattegat!” esclamò Lagertha, mentre Bjorn sollevava la spada verso il cielo. E
quel grido venne ripetuto da tutti, con gioia, entusiasmo e senso di liberazione.
La pace era dunque finalmente
ritornata a Kattegat, Bjorn era stato incoronato Re e la gente festeggiava
nelle case e nelle strade, felice di essersi liberata di un sovrano pazzo che
pretendeva di essere venerato come un dio e che, per capriccio, poteva far
morire chiunque nei modi più atroci. Quella sera ci sarebbe stata una grande
festa nella Sala del Trono per celebrare solennemente l’incoronazione di Bjorn
e tutti avrebbero potuto partecipare.
Era vero, Ivar non
era morto, era riuscito in qualche modo a fuggire e avrebbe anche potuto
tornare. Chissà, forse aveva degli alleati da qualche parte e avrebbe rimesso
in piedi un esercito per cercare di riprendersi Kattegat… ma quello non era il
momento di pensare a future battaglie, quello era il momento della gioia, dei
festeggiamenti e dei progetti di vita.
Trascorsero pochi
giorni e si vide subito che non tutto andava per il verso giusto…
I soldati sassoni,
com’era ovvio, dopo aver adempiuto il loro dovere erano pronti per tornare nel
Wessex. Bjorn aveva detto loro che potevano restare finché lo avessero
desiderato, ma tutti avevano scelto di tornare a casa. Molti avevano moglie e
figli in Wessex, amici, genitori e fratelli e la loro vita non era a Kattegat.
Sarebbero partiti entro pochi giorni e anche un buon numero di Danesi si
sarebbe unito a loro per andare a vivere nelle terre che Re Alfred aveva
concesso nell’Anglia Orientale.
Aethelred guardava i
suoi soldati e i Danesi impegnati nei preparativi per la partenza e si chiedeva
se, forse, non sarebbe dovuto tornare anche lui nel Wessex. Cosa restava a fare
a Kattegat? Anche lui aveva svolto il suo compito, aveva aiutato gli amici
vichinghi a riprendersi la loro città e adesso era libero di andarsene. Certo,
non era quello che si aspettava quando era partito, ma da allora le cose erano
molto cambiate. Allora non sapeva che Hvitserk aveva una donna a Kattegat e si
era illuso di poter restare tra i vichinghi come suo compagno, era quello che
Hvitserk gli ripeteva sempre… ma non gli aveva mai parlato di Thora.
Il giovane Principe
ritenne che una bella passeggiata lo avrebbe aiutato a capire meglio la
situazione in cui si trovava e a decidere cosa fare del suo futuro. Da ogni
punto dei sentieri che si snodavano verso l’alto e verso i boschi si poteva ammirare
la bellissima baia di Kattegat, quel giorno particolarmente splendente sotto il
sole. Sembrava che anche la città e la natura festeggiassero la vittoria dei
figli di Ragnar e, chissà? Forse era proprio così. Chi poteva dirlo in quelle
terre selvagge dove uomini e natura avevano un legame più stretto?
Aethelred non era in
collera o deluso da Hvitserk per via di Thora: il vichingo si era legato a lei
prima di fuggire da Kattegat e, probabilmente, non ci aveva più pensato perché
temeva che non l’avrebbe più rivista. Non era così scontato, infatti, che Ivar
potesse essere sconfitto. Quando l’aveva ritrovata, però, si era capito subito
quanto tenesse a lei. Aethelred ricordava bene che, se non l’avessero
trattenuto, Hvitserk si sarebbe slanciato contro le guardie armate di Ivar pur
di salvarla, andando incontro a morte certa. Thora era la donna che Hvitserk
amava, quella con cui si sarebbe sposato e avrebbe avuto dei figli. Lui era
stato solo una compagnia, un rifugio in un Paese straniero, un conforto nel
periodo della fuga. Adesso Hvitserk era a casa e voleva la vita che aveva
progettato per sé.
E, agli occhi di
Aethelred, era giusto così. Del resto lui non aveva mai creduto che Hvitserk
gli sarebbe rimasto accanto. Perché avrebbe dovuto farlo? Era un figlio di
Ragnar, avrebbe dovuto sposarsi e avere dei figli e poi… beh, Aethelred era
abituato da tutta la vita a venire sempre per secondo, a doversi accontentare,
a lasciare che fossero gli altri a prendersi ciò che avrebbe desiderato lui.
Questa non era altro
che una conferma di quanto poco valesse… non era certo colpa di Hvitserk o di
Thora. Tuttavia il Principe sentiva che ciò che realmente desiderava era rimanere
comunque tra i vichinghi e vivere una vita libera, senza doveri, senza sentirsi
continuamente represso, in un mondo in cui le doti che suo padre aveva
coltivato in lui, il coraggio, la capacità di combattere, l’audacia, le abilità
strategiche, erano tenute in gran conto. I vichinghi ammiravano il suo valore e
il suo ruolo di guerriero e sarebbero stati felici di ospitarlo nelle loro
terre. Avrebbe combattuto con loro, magari se Ivar si fosse rifatto vivo, e in
tempo di pace avrebbe viaggiato, visitando luoghi che non aveva mai nemmeno
immaginato.
Come Principe del
Wessex non era stato mandato nemmeno a Roma, come alleato dei vichinghi avrebbe
potuto addirittura giungere ai confini del Mediterraneo!
Ammirando quei
panorami straordinari, Aethelred sentiva scendere una pace e un senso di
libertà nel suo cuore che non aveva mai provato in tutti gli anni della sua
vita e si sentì comunque grato e felice di essere lì, comunque fosse andata a
finire.
“Finalmente ti ho
trovato, ma dove ti eri andato a cacciare?” lo riscosse la voce di Hvitserk
alle sue spalle. “Ti ho cercato dappertutto… comunque sono contento che tu sia
qui, volevo parlarti da solo e almeno adesso ne avremo l’occasione.”
“Hai ragione, penso
anch’io che ci sia bisogno di parlare” concordò Aethelred con un tono
malinconico.
Hvitserk si sedette
accanto a lui e iniziò a spiegare con foga.
“Non mi hai dato il
tempo di chiarirti quello che è successo, lo so che non ti avevo mai parlato di
Thora, ma ti giuro che ho avuto tutt’altro per la testa quando sono arrivato in
Wessex” disse. “All’inizio temevo che i miei fratelli mi avrebbero cacciato,
che non sarei stato perdonato per aver seguito Ivar, poi ho scoperto il loro
piano per riconquistare Kattegat, e c’eri tu, e l’alleanza con i Sassoni, poi
abbiamo dovuto combattere contro Re Harald e i suoi, c’è stato l’episodio di
tua madre… Insomma, ogni giorno era pieno di avvenimenti e io non ero neanche
più sicuro che ce l’avremmo fatta a tornare a Kattegat, figuriamoci se potevo
pensare a Thora!”
“Questo avresti
dovuto dirlo a lei, non a me” replicò tranquillo Aethelred.
“Ma l’ho fatto! Ho
parlato con lei prima di venire a cercarti, visto che non riuscivo a trovarti
da nessuna parte. Ho saputo, anzi, che lei e la sua famiglia partiranno insieme
ai Danesi per stabilirsi nelle terre dell’Anglia Orientale donate da tuo
fratello” spiegò ancora Hvitserk. “Quello che è accaduto è stato troppo per
loro, la perdita di Grethe, il fatto che Ivar sia riuscito a scappare… Kattegat
è un luogo pieno di ricordi dolorosi per Thora e la sua famiglia e tutti loro desiderano
ricominciare una nuova vita in un posto diverso, lontano, dove la gente possa
vivere in pace.”
“Molto bene, mi fa
piacere per loro” commentò il Principe, “spero davvero che in quelle terre
possano trovare la pace che cercano, è quello il desiderio di mio fratello e so
che Alfred farà tutto il possibile perché possa avverarsi. Ovviamente, quindi,
anche tu andrai con loro…”
Hvitserk lo guardò
come se avesse dichiarato che Odino era un troll.
“E perché mai dovrei
farlo?” esclamò, sbigottito. “Dopo tutto quello che ho fatto per ritornare a
Kattegat, a casa mia, perché dovrei tornare in Inghilterra?”
“Beh, per Thora, no?
Hai appena detto che lei partirà con la sua famiglia… so che dovevate sposarvi,
che lei aspettava il tuo ritorno, perciò mi è sembrato logico che tu partissi
con lei” ribatté Aethelred.
“No, no, no, ma
allora non hai proprio capito, Aethelred, il problema è che tu non mi ascolti”
fece il vichingo, avvicinandosi al giovane Principe. “Ti ho già detto che ho
parlato con Thora e ci siamo spiegati: eravamo innamorati, è vero, o almeno io
lo credevo. Lei era l’unica che mi stesse vicina in quell’inferno che era
Kattegat governata da Ivar, mi dava forza, mi dava affetto e calore, ci
sostenevamo a vicenda. Ma anche quando stavo con lei non ho mai pensato a
sposarmi o ad avere figli, era lei che lo desiderava e io non potevo dirle di
no, però sapevo che non era ciò che avrei voluto. In quei giorni pieni di
terrore e di pericoli non c’era motivo di mettersi a parlare del futuro, non
sapevamo nemmeno se ci sarebbe stato, un futuro per noi. Quando lei parlava di
matrimonio e bambini io cambiavo discorso, tutto qui.”
Aethelred lo fissava
senza dire niente, con un’ombra di malinconia nei grandi occhi chiari.
“Senti, lo so che non
sto facendo una gran figura, ma nella nostra società è così. Due si piacciono, si
mettono insieme per un po’, poi magari uno dei due cambia idea e se ne va” era
difficile per Hvitserk spiegare le consuetudini vichinghe a un Principe
cristiano che non si era mai mosso dal Wessex! “Io amavo Thora e volevo stare
con lei, ma non volevo sposarla perché non volevo farmi una famiglia. Non
desidero fare il marito e il padre, te l’avevo già detto, voglio essere libero,
viaggiare, vedere tanti posti nuovi. Avrei potuto sposare comunque Thora e poi
lasciarla sola con i figli, come fanno tanti di noi, ma io non sono così. E’
giusto che Thora abbia la famiglia che vuole e una vita tranquilla, se lo
merita dopo tutto ciò che ha passato, e io non potrò mai darle ciò di cui ha
bisogno. Proprio perché le voglio bene non ho intenzione di rovinarle la vita,
sono sicuro che in Inghilterra troverà un uomo che la amerà e che le regalerà
tutto ciò che desidera, un uomo che abbia voglia di vivere in pace, di fare il
contadino, di crescere i figli in tranquillità… io non sono quell’uomo. Il mio
destino non è fare il marito, il padre e il contadino, è scoprire dove Ivar si
nasconde e ucciderlo!”
“Forse, invece, stai
sbagliando tutto” lo contraddisse il Principe. “Hai ammesso tu stesso di amare
Thora, non hai idea di quante cose si possono fare per amore, anche cambiare
tutta la propria vita. Credo che dovresti partire con lei, sposarla e avere una
famiglia, vivere tranquillo senza più questa sciocca idea che il tuo fato sia
uccidere Ivar. Penso anche che tu ti trattenga per paura di ferirmi, ma ti
assicuro che non mi devi niente, Hvitserk. Tu hai già fatto tantissimo per me.
Mi hai salvato la vita, ma non solo perché hai impedito che mia madre mi
uccidesse: mi hai salvato perché mi hai portato via da un luogo in cui vivevo
oppresso e insoddisfatto, mi hai dato la possibilità di essere libero, di
decidere come vivere senza rendere conto a nessuno, di stare con persone che
apprezzano quello che sono invece di rimproverarmi per ciò che non sono. Mi hai
regalato una nuova vita e la libertà, Hvitserk, e per questo ti sarò sempre
grato. Ora tocca a me lasciarti libero e darti la possibilità di scegliere una
vita serena e tranquilla. Del resto avevo sempre immaginato che sarebbe finita
così, l’ho sempre saputo, io sono stato per tutta la vita la seconda scelta,
quello inadatto e inadeguato, era solo questione di tempo…”
Hvitserk era
sgomento, ma questa volta per un motivo diverso. Aveva improvvisamente capito
l’immensità dell’amore incondizionato di Aethelred per lui. Il giovane Principe
aveva il cuore spezzato ma non lo dava a vedere perché tutto ciò che voleva era
che lui scegliesse liberamente, che fosse soddisfatto, che avesse quello che
desiderava dalla vita. Aethelred era pronto a rinunciare a lui pur di vederlo
felice, era disposto a sacrificare senza esitare la propria felicità per la sua
e lo ringraziava pure, non voleva farlo sentire in colpa!
Nessuno lo aveva mai
amato così totalmente e senza riserve… e nessuno mai lo avrebbe amato così.
E si sentiva
addirittura sbagliato e inadeguato… Chi altri avrebbe fatto una cosa simile per
lui? Al contrario, Aethelred era la cosa più bella e preziosa che potesse
capitargli nella vita, era un ragazzo splendido, generoso e innamorato e lui
poteva solo ringraziare gli dei per averlo incontrato. Era proprio il contrario
di ciò che Aethelred credeva: era lui a non essere degno del suo amore, lui che
non aveva fatto niente di buono nella sua vita, che non era nemmeno riuscito a
vendicarsi di Ivar.
Sarebbero stati
insieme, certo, avrebbero viaggiato insieme, scoperto nuove terre, sarebbero
stati felici… ma, prima di tutto questo, Hvitserk doveva rendersi degno di lui,
doveva vendicarsi di Ivar. Era quello il suo destino, anche se Aethelred non
voleva capirlo.
Al momento, tuttavia,
il Principe aveva bisogno di essere rassicurato, così il giovane vichingo lo
prese tra le braccia e lo strinse a sé.
“Allora non vuoi
proprio capire” gli disse con dolcezza. “Ho già spiegato tutto a Thora e lei è
d’accordo, avrebbe voluto stare con me, ma ancora di più desidera avere una
famiglia, dei figli, e vivere in pace lontano da qui. Sa che è la cosa migliore
per entrambi. E tu invece non vuoi metterti in testa che io ti amo, che sono
innamorato di te e che voglio stare con te, che sei solo tu a farmi sentire
importante anche quando non me lo merito e a rendermi felice come non ho mai
immaginato di poter essere. E proprio perché voglio meritarmi tutto questo devo
prima uccidere Ivar e compiere il volere degli dei, poi potremo stare sempre
insieme e avere la vita che desideriamo!”
Hvitserk baciò il suo Principe in modo intimo
e profondo, unendo il respiro al suo, affondando le dita tra i suoi capelli
arruffati, accarezzando il suo corpo morbido e perdendosi nel suo sapore e nel
suo dolce tepore. Aethelred si abbandonò a lui, ma un’ombra aveva appesantito
il suo cuore e le parole del giovane vichingo lo avevano preoccupato invece di
rassicurarlo. Era addirittura quasi giunto al punto di sperare che Hvitserk partisse
con Thora perché voleva saperlo al sicuro, lontano da Ivar e dall’idea di
essere predestinato a ucciderlo, avrebbe preferito saperlo con un’altra pur di
tenerlo protetto… ma Hvitserk aveva scelto lui. Per meritarsi tanta fortuna, il
Principe giurò che avrebbe fatto qualunque cosa pur di proteggerlo e difenderlo
e donargli gioia e pace.
Non
immaginava neanche quanto quel giuramento gli sarebbe costato sofferenze,
delusioni e fatiche e quanto fosse oscuro e doloroso il futuro che lo
attendeva…
FINE