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Autore: Giovievan    25/01/2021    0 recensioni
Ho impiegato molti anni e fin troppa sofferenza a farmene una ragione ma finalmente l’ho capito: il mio destino non è mai stato quello di essere Perfetto. Io sono nato per essere il padre degli dei. Il mio unico compito, la mia missione, è rendere reale la Leggenda, e ci proverò fino all’ultima goccia del mio sangue.
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Durante l'inverno più rigido che Arcos abbia mai vissuto Cold decide di infrangere la legge arcosiana per generare l'Essere Perfetto, il mutante che secondo la leggenda avrebbe una tale potenza da poter diventare padrone dell'intero Universo.
È così che nonostante le resistenze, in particolare quelle di Cooler, Freezer prende vita possedendo l’immenso potere che Cold sognava di generare da sempre. Ma le cose si fanno più complesse del previsto e lentamente tutto scivola fuori controllo...
Genere: Dark, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Cooler, Freezer, Re Cold
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Origins: come tutto ebbe inizio'
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1.
Sangue infetto


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Il vento, stamattina, è più crudele del solito.
Il mio viso è schiaffeggiato da violente folate. Il corpo, reso quasi insensibile dal gelo, è fonte di sensazioni lontane: mi sento come se la mente fluttuasse libera tra le nevi, padrona di se stessa, intoccabile.
L’ululato della tempesta è distante quasi quanto la mia coscienza; il cielo, spruzzato qua e là di sbuffi bianchi, mi osserva sputandomi addosso i primi fiocchi di neve.
Per quanto questa sensazione possa essere meravigliosa, però, so che durerà poco. La serenità apparente che mi avvolge è una trappola che attende solo di schiacciarmi: questo vento non è nulla in confronto a ciò che si scatenerà tra poco, a considerare dalla neve e dalla cortina oscura che sta lentamente ricoprendo il cielo alle mie spalle.
Potrà prendere in giro chiunque altro ma Arcos non ingannerà mai me.
Un altro attimo, mi dico: ancora pochi secondi e poi sarò costretto a rientrare se non voglio che la bufera mi spazzi via per sempre.
Allento la presa della coda sullo sperone di roccia che finora è stato il mio trono. Lo è ogni mattina, in realtà: l’unico momento che mi è concesso per ritirarmi a meditare in solitudine. In solitudine e, soprattutto, fuori. Credo che perderei la testa se mi fosse tolta questa possibilità di liberarmi, anche se per poco, delle anguste pareti della città sotterranea.
C’è chi riesce a vivere nei tunnel senza mai vedere l’esterno; alcuni, i più piccoli, non hanno mai sentito sulla loro pelle la luce dell’Astro Ghiacciato, altri addirittura hanno sviluppato una vera e propria avversione per questo clima tempestoso e non mi seguirebbero fuori dalle gallerie nemmeno se tentassi di convincerli.
Per me è tutto molto diverso. Io non sono come loro: io ho bisogno di respirare aria pulita quando quella stagnante dei sotterranei inizia a pesarmi. Il chiacchiericcio sommesso di chi mi considera strano o addirittura pazzo non mi tocca più, ormai; io ho bisogno di venire qui per non impazzire sul serio.
Il vento sta iniziando ad alzarsi e da qui in poi continuerà senza più arrestarsi; le prime gocce di pioggia cristallizzano nell’aria e mi cadono addosso sotto forma di minuscoli diamanti gelidi. In lontananza la neve si solleva, turbina in una tromba d’aria in avvicinamento. Anche se a malincuore, è giunto il momento di rimettere piede nei tunnel.
Appena sono al coperto la neve accumulata sul mio corpo inizia a sciogliersi lasciandomi bagnato dalla testa ai piedi. La temperatura sale verso gli zero gradi man mano che mi inoltro nel lungo corridoio che collega l’esterno alla Piazza; a un certo punto la strada diventa verticale sotto i miei piedi, scivolando giù nelle profondità della città.
Mi lancio nel vuoto, levitando fino a terra e atterrando proprio al centro della Piazza: un ampio spazio circondato da pareti trasparenti scavate nel permafrost in cui penetra la luce soffusa dell’Astro. Sembra un piccolo acquario e noi siamo i pesci che vi sono intrappolati.
Ovviamente il mio rientro attira su di me gli sguardi di tutti coloro che sono nei dintorni, ma mi trovo nel mio quartiere: qui nessuno penserà male di me neanche se oso uscire all’esterno. Infatti appena metto piede a terra e inizio a camminare in molti chinano il capo, altri scuotono la mano nella mia direzione con caldi sorrisi. Tutti si portano la mano al cuore.
«Gran Cold» mi salutano quando passo loro accanto. Non posso fare a meno di ricambiare con un sorriso.
«Buongiorno a voi. Che sia una lieta giornata.»
La scena si ripete decine di volte mentre attraverso il mio quartiere. Gli arcosiani del mio clan mi adorano. Ho impiegato anni, da prima ancora di salire al potere, a conquistarmi il loro affetto e la loro benevolenza; loro e quelli degli altri Grandi, cosa che mi è riuscita piuttosto bene nonostante non lo diano a vedere.
«Gran Cold!» si inchina con foga un anziano stringendo tra le dita la vanga con cui, fino a pochi attimi prima, stava arando la sua piccola aiuola.
«Buongiorno e buon raccolto!»
Mi sento potente quando cammino per strada e tutti mi guardano come se fossi una divinità. Ricordo tutte le volte che passeggiando accanto a mio padre questi sguardi adoranti erano rivolti a lui: mi sembrava incredibile che un giorno l’onore sarebbe stato mio e allo stesso tempo non vedevo l’ora. Adesso, finalmente, posso dire di aver raggiunto l’obiettivo, anche se per arrivare dove sono ho dovuto perdere lui. Del resto un Clan non può avere due capoclan, questo è ovvio.
«Gran Cold» si inchina lievemente un ragazzo, intento a spazzare l’ingresso del suo giardino.
«Buongiorno a te.»
Attraverso il mio quartiere per intero e quando sto per uscire dal mio territorio guardo verso l’alto: dalla volta alta più di cinquanta metri, a tratti composta da roccia e a tratti ricoperta dal permafrost, penetra ancora la luce dell’Astro Ghiacciato come attraverso un’enorme finestra opaca, in una serie di fasci delicati che spaccano l’aria finendo a sfiorare il suolo.
Devo ammettere che è uno spettacolo meraviglioso. La Città Sotterranea non ha nulla da invidiare all’esterno, anzi, è il cuore pulsante di Arcos… eppure il desiderio di tornare là fuori è più forte di quanto io voglia, persino adesso che imperversa la bufera.
Lascio perdere questi pensieri e mi dirigo verso il Palazzo senza esitare: so già che a breve manderanno qualcuno a chiamarmi se non mi presento. Arrivo spesso in ritardo ma sarebbe la prima volta che succede: oggi è un giorno speciale, a quanto pare. Mi è stata richiesta massima serietà, come se di solito mi comportassi da idiota.
Quando metto piede nella Sala Oblunga tutti gli occhi si puntano su di me. Come credevo sono già tutti al tavolo; solo due sedie sono vuote, la mia e quella di Hailstone. Non che la cosa mi stupisca.
Mi accomodo alla mia seduta prendendo posto tra i due anziani capoclan Gust e Frostbite. Loro due mi osservano senza salutarmi, visibilmente in apprensione. Sanno bene come trascorro il tempo al mattino; mio padre dev’essersi lamentato di me molte volte quando era lui a sedere a questo tavolo.
«Uno di questi giorni sparirai nelle tempeste e dovremo venire a cercarti» mi rimprovera il capoclan Arctic, visibilmente seccato. «Hai idea di quanti di noi metteresti in pericolo in questo modo, Cold?»
Mi giro verso di lui mettendomi comodo a sedere. La sua paternale non mi tocca, anzi, sa bene che potrebbe risparmiarsela.
«In questo caso, se accadesse, non voglio che veniate a cercarmi.»
Tutti tacciono, solo Gust sbuffa.
«Non c’è alcuna necessità di rischiare tanto» mi rimprovera. «Dovresti smetterla e iniziare a prendere sul serio il tuo ruolo, Cold. Tuo padre non sarebbe fiero di te.»
Sorrido. Se crede di smuovere i miei sentimenti nominando mio padre sta compiendo un grave errore di valutazione.
«No, infatti. Te lo confermo. In realtà non lo era neanche da vivo.»
Gust si zittisce di colpo. Vorrei aggiungere altro ma mi costringo a trattenermi come ho sempre fatto, a tenere a bada il mio orgoglio. Non devo inimicarmi i capoclan, non devo gettare all’aria tutto ciò che abbiamo costruito in tanti anni al potere. Di questo sì che il Gran Snow non sarebbe affatto felice.
A volte il fatto di essere il più giovane a questo tavolo mi fa sentire estremamente fuori posto tra tutti questi anziani saggi e sono certo che anche loro pensino lo stesso di me, ma devo ricordare chi sono e di chi è il sangue che mi scorre nelle vene. Sempre.
Merito questo posto più di tutti loro messi insieme.
Per fortuna non posso rischiare di aggiungere altro. Dalla porta fa il suo ingresso l’ultimo all’appello: Hailstone, quell’idiota ritardatario. Appena vedono lui, io passo immediatamente in secondo piano.
Si accomoda senza una parola al suo posto, proprio di fronte a me. Mi lancia un’occhiata e io gli sorrido tra gli sguardi di disapprovazione degli altri Capoclan.
«Ed ecco l’altro immaturo irrispettoso» sputa fuori caustico Arctic. «Hai addirittura fatto presto, oggi.»
«Ho ritenuto che l’occasione speciale meritasse un trattamento speciale.»
Il suo tono arrogante fa sì che mi sfugga una risata che non passa inosservata a quel vecchio austero di Arctic. Tuttavia decide di lasciar perdere perché inspira profondamente si rimette in riga, schiarendosi la voce.
«Dunque, fratelli miei, sangue del mio sangue. Come vi ho anticipato ci riuniamo qui oggi per discutere di un avvenimento grave a cui va posta una soluzione.»
Presto ascolto, sinceramente interessato. Sì, ieri ci ha accennato qualcosa tramite un messaggero ma non è stato molto chiaro.
Arctic continua.
«Ieri, dopo il picco dell’Astro, nel mio quartiere è avvenuto un fatto increscioso. Uno dei miei fratelli, plasmato dal ghiaccio come tutti noi, ha attaccato un nostro simile accusandolo di avere sangue infetto.»
Il silenzio piomba sul tavolo come un macigno.
Sangue infetto…
«L’ha prima aggredito verbalmente, poi ha rischiato di arrivare alle mani» continua. «Per fortuna hanno fatto in tempo a chiamarmi e col mio arrivo la questione si è ridimensionata, ma il seme del sospetto è stato piantato e tra le mie strade ora c’è puzza di diffidenza.»
«Assurdo!» commenta l’anziano Frostbite. «Tutto questo per una stupida leggenda!»
«Assurdo ma vero» ribadisce Arctic con una punta di fastidio nella voce. «Ed è il terzo caso in pochi mesi. Fratelli, io devo dire ciò che penso: ho paura per me, per i miei figli e per tutti noi. Non temo le leggende, ma tremo al pensiero di ciò in cui la paura potrebbe trasformarci.»
Annuisco, lo fanno tutti. Sembrano molto preoccupati al pensiero che gli arcosiani, in preda al terrore, possano perdere la testa e iniziare a distruggersi a vicenda.
«Cosa dovremmo fare?» domanda Frostbite. «Le parole sembrano star lentamente perdendo la loro efficacia. A breve non potremo più sperare di placarli in questo modo.»
Tutti riflettono e nel silenzio Hailstone si rivolge ad Arctic.
«Per quale motivo il tuo uomo ha scatenato l’aggressione?»
«L’ha accusato di aver generato due figli in troppo poco tempo.»
«Ed è vero?»
«A quanto pare sì. Due figli in pochi mesi. Cosa che non sarebbe neanche vietata o condannabile.»
«Non in un mondo in cui c’è un rischio come il nostro» continua Gust. «Ormai chiunque generi un figlio è visto come un potenziale distruttore. La paura ci ha ridotti a questo: a guardare il nostro vicino e contare le probabilità che la sua prole nasca infetta.»
«La diffidenza è una piaga che va fermata» interviene Frostbite. «E io so come.»
Tutti lo guardano in silenzio e io mi accodo.
«Se il loro timore deriva dalle nascite, che si controllino le nascite.»
Il silenzio che segue è quello di chi sta vagliando una proposta. Attorno a me inizio a percepire l’assenso.
«E come?» chiedo. Frostbite mi guarda come se lo infastidisse che il poco che ho avuto da dire finora sia stato per mettere in dubbio le sue parole.
«Se ciò che temiamo è un mutante dai poteri abnormi, potremmo controllare che i nuovi nati non ne abbiano» propone. I tre vecchi annuiscono, Hailstone resta in silenzio.
«Sì, mi pare ragionevole. È un metodo non invasivo, non dà alcun fastidio e, male che vada, darà almeno una sensazione di protezione al popolo. Se siamo tutti d’accordo possiamo definire meglio questa possibilità.»
Frostbite e Gust annuiscono; Hailstone sembra ancora dubbioso, ma infine si stringe nelle spalle e accetta. Poi tutti si voltano verso di me e so che si aspettano il mio parere: sono anch’io uno di loro, del resto. Non posso esimermi dall’esprimere il mio giudizio in una votazione, a differenza dell’astenermi dal parlare durante le discussioni per la mia condizione di novizio. Cosa che, in ogni caso, non continuerà per sempre.
Faccio ad Arctic un cenno di assenso. Su due piedi non riesco a trovare obiezioni valide che possano permettermi di negare. Non mi sarei mai aspettato una proposta del genere, non senza alcun preavviso.
«Bene, allora così sia» conclude Arctic. «Ci rivedremo nel pomeriggio per discuterne. Ne faremo una legge, se il popolo vorrà. Siamo incaricati di riferire ai nostri clan la notizia.»
«Perfetto. Allora la seduta è conclusa» dice Gust alzandosi in piedi.
Tutti ci alziamo dopo di lui ma le sensazioni che proviamo sono molto differenti. Loro sono convinti di aver appena risolto il principale problema di Arcos, forse di aver salvato il Pianeta dalla distruzione di una guerra civile, oltre che dalla Leggenda. Per me, invece, è appena nato un problema insormontabile che non ho idea di come risolvere.
Perché non si tratta di una leggenda, ma della realtà, e il sangue infetto è il mio.

 
 
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Prossimo capitolo:
-
7/02
 
 

Nota dell'autrice:
Salve!
Che voi siate qui per caso o siate già dei lettori della mia saga, siete i benvenuti in questa nuova storia. 
Lasciate che mi presenti.
Tre anni fa, in preda a un delirio nostalgico, ho iniziato a scrivere la mia prima fanfiction in assoluto su Lord Freezer dopo molti tentatiti infruttuosi nel ricercarne una che potesse soddisfarmi. Volevo leggere qualcosa di elaborato che raccontasse le origini di Freezer senza però distaccarsi dalla storia canonica; ecco come, una notte ormai lontana, nacque "Freezer: Origins", storia di cui tutt'ora vado estremamente fiera.
Dopo Freezer è stato il momento di Cooler e grazie a lui ho potuto ampliare la narrazione creando un vero e proprio universo in cui tutto si ricollega ed è coerente con la storia principale. Il mio scopo era soprattutto quello di analizzare Freezer e Cooler nella loro psicologia... cosa che mi ha portata, necessariamente, a introdurre nella storia anche il personaggio di Cold. Ed è qui che mi sono detta: perché no? In fondo neanche di lui sappiamo molto e dato che stiamo parlando delle cronache degli arcosiani, anche il padre degli dèi merita un posto d'onore.

Quindi ecco a voi "Cold: Origins"

Anche se questa storia è pensata come il terzo capitolo di una trilogia che parte da Freezer e continua con Cooler, in realtà può esser letta anche senza conoscere la storia precedente.
Spero che questa storia vi piaccia e vi tenga compagnia. Grazie per essere qui! 
Al prossimo capitolo!

- Gio

   
 
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