Serie TV > The Walking Dead
Segui la storia  |       
Autore: Lamy_    30/01/2021    0 recensioni
La scomparsa di Rick ha cambiato gli equilibri del gruppo. Intanto che i leader di ogni insediamento cercano di sopravvivere, al Regno giunge una notizia che mette Ezekiel in allerta: alcuni Salvatori ribelli si stanno muovendo verso Cowart Lake.
La Guardia è un insediamento sotterraneo che sorge lungo le sponde di Cowart Lake ed è abitato da donne, bambini, anziani e persone bisognose di cure mediche. La direzione è affidata alle sorelle Astrid e Remy Wilson.
Ezekiel è costretto a rivelare l’esistenza della Guardia per fermare i Salvatori. La missione viene affidata a Carol, Jerry e Daryl.
I rapporti fra Astrid e Daryl sin da subito sono tesi e conflittuali. Lui pensa che la donna nasconda dei segreti. Eppure la loro collaborazione forzata cambierà il loro rapporto.
La verità è che alla Guardia si cela un segreto ancora più grande: forse è possibile trovare una cura.
La voce della cura si diffonde e Astrid e Remy diventano il bersaglio di un gruppo ignoto.
E come scrisse Vegezio: “Si vis pacem, parabellum.”
(trad. “Se vuoi la pace, preparati alla guerra”)
[Post 9x05. Contiene spoiler]
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Peletier, Daryl Dixon, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
8. SEGUI LE OMBRE
 
Una settimana dopo
Hunter si svegliò per colpa di un rumore incessante che proveniva dal piano inferiore. Aprì lentamente gli occhi, imprecando a bassa voce. L’orologio sul comodino segnava le undici di mattina. Yana non si era presa il disturbo di svegliarlo perché lui stesso aveva annunciato che non avrebbe partecipato a nessuna attività del Regno. Non sopportava nessuno, quindi era meglio starsene da solo in casa a suonare la chitarra. Con riluttanza, e imprecando un altro po’, si trascinò in cucina.
“Dimmi che questo è un incubo.”
Astrid stava lavando le stoviglie usate per la colazione e canticchiava una canzone dei Beatles. Si voltò verso il ragazzo con un ampio sorriso, salutandolo con la spugna.
“Buongiorno. Hai fame?”
“Non è un buon giorno se tu sei ancora qui. Astrid, sei chiusa in casa da una settimana. Dovresti uscire.”
Hunter si accasciò sulla sedia e si passò le mani sulla testa rasata, la cicatrice sul cuoio capelluto era abbastanza evidente da sentirla sotto le dita.
“Non ho niente da fare lì fuori. Ezekiel ha contattato Alexandria e Remy ha potuto parlare con un certo Eugene della mappa, ovviamente senza dire la verità sulla cura. Yana aiuta Nabila con le erbe medicinali. Clara gioca con i figli di Jerry. Io posso rilassarmi.”
Astrid stava sorridendo in maniera talmente forzata che Hunter corrugò la fronte, era come assistere a uno spettacolo in cui l’attrice recita malissimo.
“Tu resti qui perché Remy ha spifferato la tua cotta per il vecchio.”
Astrid fece cadere la spugna nella vaschetta del lavabo, quasi avrebbe voluto gettarsi lei stessa in quell’acqua schiumata per affogare i pensieri.
“Anche noi adulti ci nascondiamo alle volte.”
Hunter allungò il braccio per prendere il latte dal frigo e versarne una generosa quantità nella tazza.
“E ne vale la pena? Tanto sei già imbarazzante di tuo, una cottarella non potrà peggiorare le cose.”
“Grazie, Hunter. Tu sai sempre come consolarmi.” Ironizzò Astrid.
“Dico solo che nascondersi non ha senso. Hai fatto una figuraccia? Va bene, la vita va avanti comunque.”
Astrid si appoggiò alla cucina e addentò un biscotto alla panna, i pensieri si accavallavano nella sua mente accrescendo i suoi timori.
“Non è così facile. Con Daryl … beh, con lui è più complicato.”
“In che senso?”
“Nel senso che io conosco Daryl da anni. L’ho incontrato in un locale un mese prima dell’apocalisse.”
Hunter si strozzò con il latte e dovette darsi dei colpetti sul petto per deglutire bene.
“Il vecchio è il tizio con le ali di cui parlavi sempre? Oh, cazzo!”
Astrid lo fulminò con lo sguardo ma il ragazzo continuava a ridacchiare.
“A quanto pare sì, sono la stessa persona. E non è vecchio!”
“Non ha tipo mille anni?”
Hunter scosse la testa per l’incredulità e tornò a bere il suo latte.
“Ne ha quarantasei.” Disse Astrid.
Il ragazzo fece spallucce, non gli importava conoscere l’età dell’arciere scontroso. La colazione proseguì in silenzio con lui che mangiava e Astrid che fingeva di leggere un ricettario pur di distrarsi.
“Credi che sia la volta buona per trovare una cura?” esordì Hunter.
Astrid lo guardò con affetto materno, la sua apparenza da duro celava un’anima fragile.
“Non lo so. Secondo Iris il diario era autentico, ma sembrano soltanto le farneticazioni di un uomo disperato. Una mappa nascosta? Pagine intere in codice? E’ tutto molto strano.”
Hunter sciacquò la tazza e la ripose nella credenza, poi si infilò in bocca tre biscotti di fila.
“Forse sotto c’è più di quanto pensiamo. Insomma, un tizio che fa i salti mortali per scrivere un diario in codice deve per forza nascondere un grande segreto.”
“I luoghi indicati dalla mappa sono depositi del Centro Controllo Malattie. Lì potrebbe esserci davvero qualsiasi cosa. Non credo che abbiano nascosto la cura in quei depositi, sarebbe troppo scontato.”
“Remy si aggrappa a quel diario solo perché le manca Iris.” Disse Hunter.
Astrid era consapevole della sofferenza della sorella. Remy non si era mai davvero ripresa dalla morte di Iris, anzi di notte spesso la sentiva ancora piangere. Ecco perché negli anni successivi Dorothy era diventato il centro dei suoi pensieri, per sopperire alla mancanza della moglie. Forse sperava che risolvendo il grande enigma avrebbe riportato Iris in vita.
“Deve esserci un fondo di verità fra quelle pagine, il problema è capire cosa sia vero e cosa sia falso.”
“Impresa titanica.” Commentò Hunter con una smorfia.
Astrid controllò l’orologio appeso sulla dispensa e vide che era già mezzogiorno e un quarto, l’ora giusta per preparare il pranzo.
“Hunter, ti va di aiutarmi a cucinare?”
Il ragazzo si mise accanto a lei, era diventato più alto di lei nel giro di due mesi. Si chiese se fosse questa sensazione di orgoglio e amore quella che provava una madre nel vedere crescere i propri figli.
“Solo se mi prometti che oggi pomeriggio uscirai da qui.”
“Promesso.”
Hunter le scoccò un bacio sulla guancia e Astrid sorrise perché quei gesti affettuosi erano così rari per lui che ogni volta le scaldavano il cuore.
 
Astrid stava facendo un grande sforzo a chiudersi la porta di casa alle spalle. L’aria fresca di novembre la fece rabbrividire, quindi si strinse nella giacca di jeans. La via principale del Regno era cosparsa di foglie che cominciavano a cadere dagli alberi, presto avrebbe preso vita un tappeto di meravigliosi colori autunnali. Ora che i lavori si erano conclusi, il Regno sembrava risplendere di una nuova luce. Era l’inizio di una nuova fase di vita per l’insediamento. Un gruppo di persone si era riunito per organizzare la preparazione e la distribuzione della cena. I bambini correvano, si sedevano per terra e ridevano a crepapelle. Gli adolescenti giocavano a palla, alcuni in piedi e altri seduti sui muretti. Tra questi c’era anche Yana che rideva con una ragazza dai capelli rossi.
“Non è male, vero?” fece Hunter con un sorriso.
Astrid sorrise in risposta. Uscire era stata un’ottima idea sia per la mente sia per il corpo. Riconobbe Remy ed Ezekiel sulle scale del teatro, stavano ancora studiano la mappa.
“Se dico che hai ragione mi darai il tormento a vita?” domandò Astrid.
“Ovvio che sì.”
Hunter la prese per mano e insieme passeggiarono per le strade, salutando di qua e di là. Astrid si strinse di più a lui quando intravide Carol e Daryl seduti in disparte a parlare.
“Va tutto bene, Astrid.”
Lei fece un respiro profondo, sapeva che scappare era inutile. Il suo segreto era venuto a galla e lei poteva solo accusare i colpi delle conseguenza. Abbassò lo sguardo e continuò a camminare, sperando che l’arciere e la regina non si accorgessero di lei. Notò che Hunter guardava Yana con insistenza, era come se fosse attratto da una calamita.
“Va da lei. Io devo fare due chiacchiere con Ezekiel.” Disse Astrid.
“Sicura?”
“Sicura. Vai, su.”
Hunter le lasciò la mano e si incamminò verso il gruppetto di coetanei con le spalle ingobbite. Il disagio che provava era dovuto ad anni di abusi psicologici che lo avevano convinto di essere inadatto per le relazioni umane. Astrid lo vide prendere posto affianco a Yana e si tranquillizzò, almeno ora poteva stare un po’ da sola. Occupò la panchina di Henry e si mise ad osservare la gente, un passatempo che in realtà le permetteva di conoscer meglio le persone. Logan le ripeteva che studiare una persona quando è distratta è un ottimo metodo per dedurre alcuni tratti del suo carattere.
“Posso sedermi?”
James si sedette senza aspettare la concessione. Astrid inarcò un sopracciglio, infastidita dalla sua presenza.
“Vuoi altri insulti? Sappi che ne ho una riserva infinita.”
L’uomo rise e si fece più vicino a lei, che intanto scalava di posto per allontanarsi.
“Non ti mangio mica, signorina. Sono un uomo onesto.”
“Sei un imbecille.” Ribatté Astrid.
James stiracchiò le gambe e le braccia come un gatto appena sveglio. Il suo braccio andò a circondare le spalle di Astrid.
“Tua sorella e il Re sembrano aver scoperto qualcosa di interessante. Cos’è?”
Astrid si scostò per liberarsi dal suo abbraccio, si sentiva sporca per via di quel contatto indesiderato.
“Non sono affari tuoi. James, che vuoi?”
“Sta calma, micetta. Sono venuto in pace.” Disse lui, alzando le mani.
Astrid incrociò le braccia al petto come a volersi proteggere. C’era qualcosa in James che non le piaceva affatto.
“Non chiamarmi ‘micetta’ e non parlare con me.”
 
Daryl stava contando le frecce che gli erano rimaste con attenzione. Conosceva a memoria il numero, ma questo gli dava la possibilità di concentrarsi su qualcos’altro. Di sottecchi vide Astrid lasciare la panchina per dirigersi da Remy. James la guardava come se fosse un bocconcino da divorare.
“Coglione.” Sibilò fra i denti.
Carol represse una risata, la gelosia dell’amico era divertente.
“Uh, qualcuno è geloso.”
“Non sono geloso. E’ che James è un coglione.”
L’arciere si focalizzò su una freccia dalla punta smussata, forse poteva recuperarla in tempo perché non andasse perduta.
“Non abbiamo parlato di quello che è successo.” disse Carol.
“Che è successo?”
Daryl sapeva di non poter rimandare quella conversazione ancora per molto. Però era sempre meglio parlarne con Carol che con chiunque altro.
“A quanto pare miss Williams stravede per te.”
“Sono tutte stronzate.”
Aveva cercato di non pensarci, di eliminare dalla mente le parole di Remy, eppure quelle riecheggiavano come una condanna a morte. Più voleva distrarsi, più pensava ad Astrid.
“Una donna non può interessarsi a te?” chiese Carol.
“E secondo te una come Astrid perde tempo con uno come me? Nah.”
Un moto di rabbia si scatenò in lui tanto da fargli spezzare la punta della freccia. Chiuse gli occhi per darsi una calmata, ma pareva che la rabbia aumentasse. Astrid era troppo per lui. Era espansiva, gentile, colta e aveva avuto una vita normale prima dei vaganti. Lui, invece, aveva vissuto una vita fatta di botte, alcolici e droga e ancora oggi ne pagava il risultato.
“Una come lei sarebbe fortunata ad averti.” Disse Carol con dolcezza.
Daryl sospirò. Come poteva una donna innamorarsi di lui? Era solo un uomo di bassa lega che nella vita aveva combinato poco e niente. Non aveva un diploma, era finito più volte in carcere ed era finito a vivere con il fratello nei boschi.
“Perché ne parliamo? A me non importa.”
Sebbene non gli importasse, il suo sguardo cercò Astrid. Stava ridendo per una delle solite battute di Ezekiel. La sua risata era genuina e fece sorridere anche lui. Carol colse subito quel mezzo sorriso.
“Il modo in cui la guardi.”
“Eh?”
“Il modo in cui guardi Astrid dice tutto.”
Daryl ghignò, non era concepibile per lui quello che Carol blaterava. Poi d’improvviso si rese conto che effettivamente guardava Astrid in un modo particolare.
“Ti sembrerà assurdo, ma io credo di conoscerla. Ho il sentore di averla già vista.”
“Nei tuoi sogni di sicuro!” lo prese in giro Carol.
Daryl le diede una spallata e si mise a ridere. Fortuna che c’era lei a metterlo di buon umore.
“Dico sul serio. Non è che l’abbiamo incontrata?”
Carol guardò Astrid ma non riconobbe in lei nessuna donna conosciuta in precedenza.
“Non credo. Ha trascorso sette anni segregata sottoterra, direi proprio che non l’abbiamo incontrata prima.”
“Mmh.”
Entrambi ripresero a sistemare le proprie armi in silenzio. Del resto, c’era ancora da capire chi avesse impilato i lupi presso il canale. A disturbare la quiete fu un vociare confuso che giungeva dalla piazza.
 
Hunter si morse la lingua per non prendere a parolacce Alex, uno dei ragazzi che stava giocando a pallone. Era un cretino e avrebbe voluto dargli un ceffone, ma ricordò a se stesso che poi Astrid lo avrebbe rimproverato a vita.
“Yana, vorrei farti una domanda.” Disse Alex.
Yana troncò la sua conversazione con Samantha e rivolse un sorriso gentile al ragazzo.
“Chiedi pure.”
“Il colore della tua pelle da cosa dipende?”
Ora tutti gli occhi erano puntati su di lei in attesa di una risposta. Hunter sentiva le mani prudere, ma decise di aspettare che la sua amica reagisse.
“Ehm … non so … dipende da fattori genetici, suppongo.”
Alex rise, una di quelle risatine subdole che anticipano una catastrofe.
“Quindi i tuoi fattori genetici hanno reso la tua pelle color merda?”
Yana sentì gli occhi pizzicare e un attimo dopo stava singhiozzando. Hunter spintonò Alex perché si allontanasse da lei.
“Ora mi hai rotto il cazzo.”
“Ha parlato l’orfanello.” Lo derise Alex.
Hunter non aggiunse altro, non vi era alcun bisogno. Scelse di agire. Afferrò Alex per la maglietta e gli tirò un pungo così forte da spaccargli il naso. Tutta la rabbia che ribolliva in lui da anni e che tentava di ammansire esplose in quell’istante.
“Ti ammazzo, brutto stronzo!”
“Hunter!” stava gridando Astrid.
 
“Non ho capito la battuta.” Disse Remy, confusa.
Ezekiel ci rimase male, erano troppe poche le persone che capivano al volo il suo umorismo.
“Te la ripeto: una pecorella studia geografia perché non vuole fare la pecorella smarrita!”
Astrid stava ridendo di gusto non tanto per la battuta quanto più per Ezekiel. Remy era seria, le labbra in una linea dura e severa.
“Non l’ho capita. E’ impossibile che una pecora studi geografia, a meno che non venga utilizzata una mente artificiale che invii impulsi al suo cervello rendendola capace di formulare pensieri.”
La risata di Astrid si spense, rovinata dall’obiezione scientifica della sorella. Anche Ezekiel aveva smesso di ridere, la sua espressione era di pura delusione.
“E’ una battuta, non deve avere senso.”
“E che senso c’è a fare una battuta che non ha senso?” fece Remy, impassibile.
“Ti ammazzo, brutto stronzo!”
Astrid associò quella voce ad Hunter e si girò verso il gruppo di ragazzi. Yana piangeva e Hunter stava prendendo a pugni un ragazzo.
“Hunter!”
Lei e Daryl si precipitarono nello stesso momento, per poco non andarono a sbattere l’uno contro l’altra. Daryl agguantò Hunter per le spalle e lo strattonò indietro, rafforzando la presa poiché il ragazzo si divincolava.
“Lasciami! Lasciami! Devo ammazzare quel razzista!”
Yana si rifugiò in lacrime fra le braccia di Yana, che le accarezzò i lunghi capelli neri per confortarla.
“Che è successo? Qualcuno ti ha offesa?”
“Quel bastardo là!” inveì Hunter.
Daryl dovette bloccargli entrambe le braccia per tenerlo fermo. Per avere sedici anni aveva un’ira che lo infiammava.
“Mi dite che succede oppure devo richiedere l’intervento del Re?” disse Astrid con tono minaccioso.
Una delle ragazze, bassa e con gli occhiali, si fece avanti.
“Alex ha detto che Yana ha la pelle color … merda.”
Astrid lanciò ad Alex un’occhiataccia che lo fece indietreggiare.
“Che diamine succede? E perché mio figlio ha il naso che sanguina?”
Il padre di Alex tamponò il naso del figlio con un fazzoletto che subito si impregnò di sangue.
“Signore, suo figlio ha fatto commenti razzisti.” Disse Astrid.
“Sono ragazzate. Lo fanno tutti!”
L’uomo liquidò la questione con un gesto della mano come avrebbe scacciato una mosca.
“Non sono ragazzate. Il razzismo non può mai essere giustificato. Direi che suo figlio ha bisogno di una bella lezione sul rispetto.”
“A dirlo chi è? Una che va a letto con il Re? Nessuna morale da quelle come te.”
Astrid era allibita. La gente immaginava che lei avesse una relazione con Ezekiel per il semplice motivo che passavano del tempo insieme e molto spesso ridevano.
“Tale il padre e tale è il figlio. Ritengo che anche lei abbia bisogno di una lezione sul rispetto.”
“Ho solo bisogno che la vostra feccia stia alla larga da mio figlio. Una nera e un teppista non sono ben accetti al Regno!”
L’uomo portò via il figlio elargendo occhiatacce ripiene di odio a tutti.
“Stronzo.” Sussurrò Astrid.
“Te lo avevo detto!” ribatté Hunter.
Daryl dovette rinsaldare la presa sul ragazzo che tentava di sgusciare via, dimenandosi come un’anguilla in trappola.
“Andiamo a casa.”
 
Astrid riaprì gli occhi per l’ennesima volta. Non riusciva a prendere sonno, sebbene avesse fatto più tentativi nel corso delle ore. Era agitata. Quel presentimento oscuro che avvertiva incombeva ancora su di lei. Decise di scendere in cucina per una camomilla, sperando che fosse d’aiuto per l’insonnia. Tutti gli altri dormivano, perciò accostò la porta della cucina per non svegliare Yana e Remy che stavano in salotto. Riempì un pentolino di acqua e lo mise a bollire, frugò nella dispensa in cerca del sacchetto di iuta che custodiva la camomilla pestata da Nabila. Mentre era intenta a prendere una tazza, una luce baluginò nel buio della strada. Pensò di aver sognato, poi il baluginio si ripeté. Astrid scostò la tenda della porta-finestra e scorse una figura che ciondolava.
“E tu chi saresti?”
La figura si dileguò dopo qualche metro, svanendo oltre il teatro. Astrid tornò in camera sua e si infilò gli anfibi, dopodiché indossò la felpa e raccattò una torcia. Prima di uscire di casa si fissò una daga in vita. A passo felpato e senza farsi notare troppo, si mise all’inseguimento della figura misteriosa. La strada era vuota, solo il ronzio dei lampioni spezzava il silenzio della notte.
“Che stai facendo?”
Astrid ghiacciò sul posto, la paura si insinuò fra le sue ossa velocemente. Impugnò la daga con l’intenzione di colpire l’aggressore. Si fermò in tempo quando vide Daryl con le sopracciglia inarcate.
“Oh, sei tu. Credevo fossi quel tipo … o tipa.”
“Di che parli?”
Astrid gli fece segno di abbassarsi, non potevano essere sicuri che la figura li stesse osservando.
“Ho visto qualcuno correre per la strada prima. Ho pensato che potesse essere la stessa persona che ha accatastato i lupi.”
“E hai avuto la brillante idea di uscire da sola?” chiese Daryl in tono retorico.
“Vista in questa prospettiva suona molto male. L’idea era migliore nella mia testa.”
L’arciere alzò gli occhi al cielo, stupito dall’avventatezza della donna.
“Dov’è adesso questo qualcuno?”
“Non lo so. E’ sparito dopo aver superato il teatro.”
Daryl assottigliò gli occhi per studiare meglio la città davanti a sé. Non c’erano rumori intorno, escludendo i gufi, e non vi erano luci. Poi d’improvviso vide un luccichio nel cielo.
“Astrid, guarda.”
“La luce proviene dalla cisterna. Visto? Avevo ragione!”
“La tua idea resta stupida comunque.”
Astrid fece una smorfia, odiava essere trattata come una bambina impulsiva. Certo, non aveva avuto una grande idea, ma restava il fatto che si era precipitata in strada per affrontare la figura.
“Tu lo sai che non ho bisogno di un cavaliere dall’armatura scintillante?”
“Ti sembro un cavaliere?”
Daryl aveva l’aria di uno che prima ti uccide e poi ti fa le domande. In lui niente rimandava all’eleganza e alla signoria di un cavaliere.
“Mai dire mai, Dixon.”
“Andiamo.” Disse Daryl, esasperato.
 
La porta di accesso alla cisterna era socchiusa, quindi davvero qualcuno si trovava lì. Quando Astrid e Daryl entrarono nell’anticamera, il montacarichi non c’era più.
“Il montacarichi è in cima. Qualcuno è salito.” Sussurrò Astrid.
“Hanno manomesso la cisterna anche da qui.” disse Daryl.
Astrid spiò ogni anfratto dell’anticamera per trovare qualcosa che neanche lei sapeva identificare. Se avessero avuto un indizio sarebbe stato più facile trovare il colpevole. Però non c’era niente, solo puzza di vecchio e acqua che gocciolava lungo le pareti.
“Come hanno fatto? Al canale hanno piazzato i lupi per bloccare il passaggio dell’acqua. Qui come hanno manomesso la cisterna? Noi l’abbiamo controllata e non c’era niente di sospetto.”
“Il filtro era ostruito, giusto?” fece Daryl a bassa voce.
“Non così ostruito da non far passare l’acqua. La cisterna deve essersi riempita a un certo punto, quindi come è possibile che noi l’abbiamo trovata semivuota?”
Astrid fece un passo all’indietro e il piede si incastrò in un laccio. Ad uno sguardo più attento, si accorse che si era impigliata nello spallaccio di uno zaino.
“Daryl, vieni a vedere.”
Sul fondo dell’anticamera, ubicato nel sottoscala, vi era un enorme armadio in stile rococò. Doveva essere stato trafugato da qualche parte e posto lì per conservare attrezzi utili all’impianto idrico. Astrid rovistò nello zaino e tirò fuori un tubo lungo circa un metro.
“Che roba è?” chiese Daryl.
“Un tubo di aspirazione, viene usato nelle piscine per immettere acqua.” Spiegò Astrid.
“Hanno aspirato l’acqua con questo tubo?”
Il montacarichi strideva mentre scendeva rapidamente. Se non si fossero nascosti, sarebbero stati scoperti e magari uccisi da chiunque rubasse l’acqua.
“Nell’armadio.” Sussurrò Daryl.
Astrid non ebbe modo di replicare perché Daryl l’aveva già spinta nell’armadio e aveva chiuso le ante, lasciando un minimo di apertura per sbirciare fuori. Ora lo spazio non sembrava più grande come prima. Astrid stava scomoda, la testa andava a toccare una vecchia gruccia di plastica. Si spostò per cambiare posizione e sentì un rantolo dietro di sé.
“Che cosa è stato?”
“Mi hai dato una gomitata nelle costole.” Rispose Daryl.
Solo allora Astrid capì di essere schiacciata completamente contro di lui. Ora sentiva la sua schiena aderire al petto dell’arciere, la sua altezza che torreggiava su di lei. Meno male che l’oscurità nascondeva il rossore diffuso sul viso.
“Scusami. Stavo scomoda.”
“Mmh.”
Daryl non sopportava quella vicinanza. Come sempre il contatto fisico lo rendeva nervoso. Certo, abbracciava gli altri e veniva abbracciato, ma un tocco continuo era qualcosa di intollerabile. Ogni volta che qualcuno lo toccava era come rivivere le mani di suo padre che lo riempivano di botte. In vita sua non aveva mia sperimentato la delicatezza e la tenerezza di una carezza, ogni contatto umano era stato segnato da mani violente e cinghiate sulla schiena.
“Daryl, stai bene?”
Astrid aveva notato il modo in cui l’arciere si era irrigidito. Era come se volesse evitare di toccarla.
“Sì.” mentì lui.
Il montacarichi atterrò sollevando una nuvola di polvere. Si udirono dei passi nell’anticamera e poi un fruscio. Astrid e Daryl, grazie alla differenza di altezza, riuscirono a spiare attraverso l’esigua fessura. James stava trascinando sul pavimento tre secchi d’acqua, uno alla volta e facendo attenzione a non rovesciare il liquido a terra.
“Assurdo.” commentò Astrid, la voce ridotta a un filo.
La tensione aumentò quando James si diresse verso l’armadio. Astrid quasi smise di respirare, il terrore strisciava intorno a lei come un cappio al collo. Poi due mani l’agguantarono per le braccia e un momento dopo si ritrovò con la faccia premuta contro il petto di Daryl. La mano dell’arciere, che era calda per via della tensione, le cingeva il collo per non farla voltare. In quella posizione si erano rannicchiati nell’angolo più buio dell’armadio dove la luce dell’anticamera non arrivava. Astrid trattenne il respiro quando James aprì l’anta per risistemare il tubo di aspirazione. Buttò fuori l’aria solo quando l’armadio venne richiuso. Il problema è che James usò un lucchetto per bloccare le ante.
“Shh.” Disse Daryl.
Astrid d’istinto strinse la camicia dell’arciere fra i pugni. Non era claustrofobica ma restare rinchiusa in un armadio non era il massimo. Daryl emise un sospiro di sollievo quando anche la porta dell’anticamera si chiuse, ciò significava che James era andato via.
“Se n’è andato. Ora pensiamo a come uscire da qui.”
Astrid accese la torcia e un fascio di luce investì lo spazio angusto. Erano così vicini che lei riusciva a intravedere alcune cicatrici sui pettorali dell’arciere attraverso la stoffa della camicia. Daryl tossì per attirare la sua attenzione.
“S-sì, dobbiamo uscire.” Farfugliò Astrid.
“Fammi passare. Da qui non vedo la serratura.”
Astrid fece scontare la schiena con la parete dell’armadio, pressando tutto il corpo in maniera da liberare un piccolo passaggio. Daryl ponderò le opzioni che aveva a disposizione perché qualsiasi movimento in uno spazio tanto striminzito sarebbe risultata inopportuna. Ogni movimento corrispondeva ad un tocco. Si fece coraggio. Aveva sfidato uomini armati e orde di vaganti, poteva benissimo toccare una mano senza svenire.
“Non abbiamo tutto il giorno, Daryl.” Lo rimproverò Astrid.
“Puoi farti un po’ più indietro?”
Lei lo guardò con incredulità, era impossibile fare un passo senza conficcarsi nella schiena un pezzo di legno.
“Certo, così mi omologo con il legno dell’armadio!”
Daryl a quel punto non ebbe scelta, strisciò sulla parte interna delle ante per raggiungere il lucchetto. Nel farlo sentì il seno di Astrid sul petto per un breve ma intenso secondo. Aveva l’impressione che ogni nervo del corpo avesse iniziato a bruciare, invece era solo la sua mente che si prendeva gioco di lui.
“La fessura è troppo piccola per la mia mano.”
“Provo io.” disse Astrid.
Mise una mano sull’addome di Daryl per farlo spostare, arrossì al solo pensiero di star toccando quei muscoli tonici. Introdusse la mano nella fessura fra le ante e si sporse il più possibile per arrivare al lucchetto.
“Ci sono. E ora?”
“E’ proprio chiuso oppure lo ha lasciato aperto?” domandò Daryl.
Astrid strattonò il lucchetto più volte ma non ottenne risultati. La frustrazione stava avendo la meglio su di lei, quindi tirò e tirò il lucchetto fino  a quando non le fece male la mano.
“Basta. Non si aprirà.”
“Resteremo qui fino a morire di fame? No, grazie!” disse Astrid.
Daryl le afferrò il polso per fermare l’ennesimo tentativo fallimentare.
“Slogarti il polso non ci aiuterà.”
“D’accordo.”
Astrid si rassegnò. L’unica speranza era aspettare che qualcuno l’indomani si recasse alla cisterna e li tirasse fuori dall’armadio.
 “So che andrete ad Alexandria.” Mormorò Daryl.
La luce della torcia galleggiava fra di loro, uno poteva guardare in faccia l’altra.
“C’è questo Eugene che può aiutare Remy con Dorothy. Secondo Ezekiel è arrivato il momento di condividere Dorothy con i leader degli altri insediamenti.”
“Ezekiel ha ragione.”
Astrid oscillò sui talloni, l’ansia di restare bloccata e per di più insieme a Daryl la stava mangiando viva.
“Daryl, devo dirti una cosa.”
Avevano il cinquanta percento di probabilità di rimanere rinchiusi per chissà quante ore dato che la cisterna non era frequentata, perciò tanto valeva la pena fare le ultime confessioni. Daryl era lo sconosciuto, l’uomo delle freccette, l’uomo del gilet con le ali bianche. Ormai ne era certa. Doveva togliersi quel peso dal cuore prima di soffocare per mancanza d’ossigeno.
“Cosa?”
Quando alzò gli occhi per guardarlo, Daryl aveva una strana scintilla negli occhi.
“Io …”
L’anta dell’armadio si spalancò di colpo. Il volto di Carol fu come una stella polare che indica il cammino. La sua preoccupazione diventò curiosità quando vide che Astrid era praticamente incollata a Daryl.
“Interrompo qualcosa?”
Daryl scosse la testa e uscì dall’armadio, stiracchiando la schiena indolenzita.
“Come sapevi che eravamo qui?”
“Ho visto una luce in cima alla cisterna e pensavo che uno di voi due fosse venuto a controllare. Poi ho visto James uscire con tre secchi d’acqua e l’ho colpito.”
“Colpito come?”
Carol fece un cenno del capo verso l’esterno: James era steso a terra con una freccia piantata nella coscia, si lamentava per il dolore. Daryl fece una mezza risata.
“Ottimo.”
Nel frattempo Astrid era in disparte, le mani sepolte nelle tasche della felpa e il mento che ciondolava sul petto. Quando pensava di essere vicina a Daryl, puntualmente era a cento miglia di distanza.
“Astrid, tutto okay?” chiese Carol.
“Sì. Sono esausta, me ne torno a casa.”
Daryl vide Astrid andare via con dispiacere. Avrebbe voluto sapere come stava e cosa ne pensava di James, ma lei sembrava troppo triste e stanca per parlare. Si portò una mano sull’addome nel punto in cui Astrid lo aveva toccato. Ancora una volta sentì un sentimento di familiarità nei confronti di quella donna, ma al tempo stesso non capiva chi fosse e quando l’avesse conosciuta.
 
 
Salve a tutti! ^_^
Le cose fra Astrid e Daryl si complicano, però questi due sono talmente diversi che risultano comici alle volte.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Walking Dead / Vai alla pagina dell'autore: Lamy_