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Autore: Queen of Superficial    01/02/2021    1 recensioni
“Dobbiamo parlare seriamente”, annunziò quella specie di cartomante fuori servizio che lui si era scelto come compagna di vita.

Che palle, pensò lui. Lui era James, ma per tutti era Jimmy.

“Una tazza di tè?”, propose Grace, che non andava facendo altro da quella mattina, ma lo disse guardandolo e lo disse in quel modo che, lui lo sapeva, significava che palle. Si sorrisero. La cartomante li vide, e si rabbuiò. Matt Shadows entrò abbattendo di netto la porta d’ingresso, e non fece in tempo a sfilarsi gli occhiali da sole specchiati.

“Che cazzo è?”, chiese, indicando allarmato un brutto scheletro di cartapesta.

“È tua madre”, gli rispose la cartomante.

“Non mi sembra”.

L’orologio a cucù batté le cinque del pomeriggio.
Valary Sanders si sporse sulla ringhiera della veranda e cominciò a urlare “sciò, sciò.” in tono monocorde ad un ristretto stormo di gazze ladre che si intrattenevano in giardino.

Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, The Rev
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Atto IV
Quella grande cretina di Anna Karenina


«È un peccato imbattersi ancora in un suicidio che non sia per amore». 
— dr Juvenal Urbino, L’amore ai tempi del colera

 

Era impossibile sapere se fosse stata l’Europa o l’amore a renderli diversi, perché le due cose accaddero al contempo. 

 

Il jet lag.
Ma non era mai davvero il jet lag.
Grace allungò una mano, nel buio, a sfiorare il torace di William disteso accanto a lei; lui colse un bagliore della pietra che portava al dito, sospirò e cercò di pensare a tutto ciò che avrebbe voluto e dovuto dirle, ma soprattutto a quale fosse la giusta formula per non turbarla. Ci pensò a lungo e, tra le varie opzioni, alla fine scelse la peggiore.
“Devo chiederti una cosa.”
Lei ci mise diversi secondi a dirgli: “Ti ascolto.”
“Promettimi solo di non ritrarti.”
“Perché dovrei ritrarmi? Non sono mica Van Gogh.”
Suo malgrado, William sorrise.
“Mi ami?”
Sentì il sordo battito del proprio cuore invadere la stanza mentre aspettava una risposta.
“Certo.”
Chi cazzo risponde ‘certo’?, pensò William, da dove umanamente uno la può prendere mai una tale certezza — la sicumera, l’hybris di rispondere ‘certo’ a una domanda come questa, che ammette solo due risposte, che per inciso sono ‘sì’ e ‘no’. Si agitò compostamente ed in silenzio, come faceva sempre.
“E tu mi ami?”
“Ma certo, Grace.”, si affrettò a dire, poi pensò sono uno stronzo. Sono uno stronzo e questo è un autogol veramente meschino e prevedibile. “Certo che ti amo”, aggiunse, “sei l’amore della mia vita. Sei ogni cosa, per me. Non riesco neppure ad immaginare un universo in cui tu non sia…”, mia, stava per dire, ma ci ripensò, “accanto a me.”
Sentì il peso lieve di quei lunghi capelli accarezzargli il viso; distinse, nell’oscurità, gli occhi di lei che lo scrutavano indagatori e avvertì la sua bocca a pochi centimetri dalla propria. Si era avvicinata, sollevata su di lui, e attendeva tranquilla.
“Cosa c’è, Will?”
Lui sospirò e sentì il fragore di tutto il saldo terreno dell’esperienza che gli si sbriciolava sotto i piedi e diventava inutile, scoprendo che la saggezza dell’età non è che una pratica di auto-rassicurazione messa in atto da tutti quanti nell’illusione di arrivare preparati e capaci di proteggersi da ciò da cui non ci si può mai, in nessun caso, proteggere. Stava per fare una domanda chiave, e gli venne quasi da sorridere pensando alla scientificità del linguaggio; era proprio una chiave, che avrebbe potuto aprirgli finalmente Grace tutta intera, oppure chiudergliela per sempre. Dipendeva da quanto era fortunato.
“Tu e Jimmy…”
La guardò con attenzione per cogliere in lei qualcosa che non trovò, e lei lo sorprese appoggiandosi addosso a lui, la testa abbandonata sul suo torace, il profumo di miele, le mani che giocavano con il corpo dell’uomo che conosceva così bene. William raccolse tutto il coraggio che riuscì a trovare.
“Siete stati a letto insieme?”
Ancora un silenzio insopportabile.
“Intendi in questi giorni o in generale?”
William sentì un freddo impensabile chiuderglisi a tenaglia intorno al cuore.
“In generale.”
Pausa.
“Per te è importante saperlo?”
“Sì, temo che lo sia.”
Grace alzò la testa e raggiunse le sue labbra; mentre lo baciava poteva intuire l’ampolla di mercurio che il sospetto gli aveva rotto dentro, una sostanza tentacolare, corrosiva e diffidente. Pensò che, se non gli avesse dato le risposte che le chiedeva, non l’avrebbe mai più toccata come aveva sempre fatto, e l’idea le risultò insopportabile. Ma si concesse il lusso di una controdomanda.
“Posso sapere soltanto perché me lo chiedi?”
Lui le accarezzò i capelli. “Non hai lasciato che ti toccassi, da quando siamo qui. Ho pensato che fosse perché ti sembrerebbe di tradirlo, il che vorrebbe dire che ti senti legata a lui prima che a me, e non ti nascondo che il pensiero delle mani di un altro uomo addosso a te mi riempie la testa di rumore e furia.”
Grace risalì fino al suo viso, lo baciò di nuovo e se lo tirò addosso, in una muta promessa. Lui si fermò all’improvviso: “Non è solo per questo che te lo chiedo. È che vi vedo, insieme, e sembrate così…”
“Lo capisco. Però adesso facciamo l’amore?”
William non seppe, né volle o avrebbe potuto dirle di no. Mentre la guardava da quella prospettiva, che lo faceva sentire un privilegiato, scoprì che averla gli allentava la morsa nel petto; toccarla come e dove lui sapeva, accogliere in cambio sospiri come minute preghiere, baciarle quel punto sotto il collo in cui lei era così sensibile, sentirle gemere il suo nome ed affondargli le mani nei capelli in un gesto così familiare e rassicurante che già da tempo gli aveva reso insignificante e dimenticabile qualsiasi altra donna che avesse mai avuto. Quando ebbero finito restò dentro di lei, come sempre, con la faccia affondata tra i suoi capelli e le sue labbra dolci che lo riempivano di piccoli baci in attesa che il loro respiro riprendesse il suo corso.
“Allora?”, sussurrò, “Siete stati a letto insieme?”
“Posso farti notare, con delicatezza, che mi poni questa domanda mentre sei ancora dentro di me?”
“Lo so. Ho un’età ma non sono ancora del tutto rincoglionito.”
Grace lo costrinse a guardarla in viso e serrò di nuovo le gambe intorno a lui; lo baciò con tenerezza e la profonda intimità di quel contatto lo stordì come un incantesimo, poi lo guardò per un lungo attimo e scosse lentamente la testa.
“No? Cosa no?”
“Vuoi sentirtelo dire.”
“Sì.”, rispose William. Poi aggiunse, “per favore.”
“No, non sono mai stata a letto con Jimmy.”
William le crollò addosso schiacciandola con tutto il sollievo del mondo, in un modo che la costrinse a sorridere e tornare ad accarezzargli i capelli. Si mosse un po’ dentro di lei per il puro gusto di strapparle un piccolo sospiro, per l’ebrezza di poterlo fare. E di essere il solo.
“Da quant’era che convivevi con questo macigno?”
“Da un po’.”
“E perché non me l’hai chiesto prima?”
“Perché, nel caso in cui la risposta fosse stata , non lo volevo sapere. Tu perché non mi hai risposto subito?”
“Perché, nel caso in cui avessi aspettato una risposta per fare l’amore con me, non saresti stato l’uomo che io credo tu sia.”
“E che uomo sarei stato?”
“Uno che non avrei mai potuto amare.”
“Ma io non sono quell’uomo.”
“No.”
“E tu mi ami.”
“Moltissimo.”
Il dottor Juvenal Urbino le diede un bacio sulla fronte, uno sulle labbra e tornò soddisfatto dalla sua parte del letto, aprendole le braccia perché vi si accoccolasse dentro; la familiarità del suo corpo e del suo profumo e la consapevolezza di essere tornato da quel viaggio privato in lei ancora una volta, gli misero addosso un senso di insopprimibile trionfo ed una gran voglia di pace. Assolse Jimmy da peccati che non aveva commesso, e di cui, in ogni caso, non si sarebbe mai pentito. Il vento soffiava portando uno strano afrore di zagare. Si addormentò sereno e sognò le gazze ladre.
Grace, dal canto suo, rimase sveglia ancora a lungo, con gli occhi fissi nella notte.

 

Fino ad allora l’aveva sorretto la finzione che il mondo fosse quello che passava, passavano i costumi, la moda: tutto meno lei. Ma quella sera vide per la prima volta in modo consapevole come stesse passando la vita di Fermina Daza, e come passasse la sua stessa vita, mentre lui non faceva altro che aspettare.

 

“Ieri notte William mi ha chiesto se siamo mai stati a letto insieme.”
“Spero per voi di sì e che inoltre vi sia chiaro il procedimento, altrimenti — detesto dirtelo, ma avete un grave problema coniugale.”
Grace sorrise gettando la testa all’indietro in quel modo che Jimmy avrebbe sostituito senza indugio a quell’insignificante cartolina che era la Monna Lisa, al Louvre. In cornice d’oro e con un’acquasantiera accanto, perché il fortunato passante che avesse avuto in sorte di catturare lo spettacolo della natura che era il fotogramma di Grace ridente avesse la possibilità di farsi un opportuno segno della croce ringraziando contrito il divino labirinto degli effetti e delle cause.
“Sei un cretino, Jimmy.”
“Lo so. Anche Brian voleva saperlo, in ogni caso.”
“Cosa gli hai detto?”
“Niente. Ho citato Márquez. Tu cosa hai detto a William?”
“Gli ho detto di no.”
“Mi sembra un’ottima risposta.”, commentò con un sospiro, chinandosi per ravvivare il fuoco del camino nella tavernetta in cui lui e Grace si erano chiusi in un coro di sussurri a mezza voce, nell’indifferenza generale. Il freddo era piombato all’improvviso, quella mattina, ed in un modo così strano che si faticava a crederlo casuale. La guardò avvicinarsi e le studiò i fianchi, mentre si sedeva sul tappeto accanto al fuoco e stendeva le lunghe gambe, accarezzando ogni cosa con lo sguardo come una bambina. Si domandò se anche con William portava quei maglioni informi ed enormi che la coprivano a stento, giunco com’era, lasciando intuire ogni curva ed ogni spigolo e scatenando nel maschio — pensò, con piglio antropologico — il desiderio atavico che solo la tentazione della purezza più innocente e sensuale sa suscitare. La voce di lei gli giunse da un’altra galassia, domiciliata presso una tribù di minuscoli alieni arrapati.
“Ma innanzitutto mi ha chiesto se lo amassi.”
“Io non tanto.”, fu pronto a rispondere, “Tu, invece, sono sicuro di sì.”
“Possiamo parlare seriamente per un attimo?”
“Possiamo fare quello che vuoi, però concedimi di non restare impassibile mentre mi riferisci della tua conversazione romantica notturna con il fidanzato.”
Grace lo guardò vacillare un momento, lasciar perdere il fuoco e crollare a sedere sconfitto sul piccolo divano.
“Credevi che io e lui non facessimo l’amore?” gli chiese, stupita.
“No, certo che no. Lo davo per scontato. Ma saperlo è una cosa, e sentirselo dire un’altra.”
Le fiamme crepitavano nel camino e Jimmy non riuscì a fare a meno di seguire la curva delle sue gambe nude che si muovevano senza pace sul tappeto.
“E com’è?” le chiese, pentendosene all’istante.
“Com’è cosa?”
“Ti piace il sesso con lui? Se la cava bene?”
“Se la cava egregiamente, è un fenomeno. Ma che domanda è? Che avete tutti ultimamente, con questi punti interrogativi inopportuni che vi gravano in testa?”
Jimmy sorrise, e la guardò con disarmante onestà: “Ho sempre pensato che andare a letto con te fosse qualcosa che pochi uomini potevano avere il coraggio di fare. Non che non se lo immaginassero tutti, sia chiaro; qualsiasi maschio eterosessuale che ti abbia vista anche solo per un attimo non ha potuto fare a meno di desiderarti con tutte le sue forze. Ma tra il desiderio e l’atto c’è un mare in tempesta. E mettere in pratica il desiderio di te è una cosa che richiede un fegato mostruoso; nessuno può pensare di esserne davvero all’altezza.”
Fissò la linea della bocca di lei che si apriva in un moto di sorpresa, gli occhi grandi che indugiavano su di lui con dentro l’ombra di un’incredulità inquieta.
“Sei serio?”
“Serissimo, e sono certo di avere assolutamente ragione.”
“Mi fai sembrare una divinità fluviale."
“Ma tu sei una divinità fluviale. E lo sai, non serve che te lo dica io. Il punto, che mai finirà di sbalordire tutti, è che non te ne potrebbe importare di meno. Il che, paradossalmente, moltiplica dentro numeri inimmaginabili la tua sensualità.”
“Stai decisamente esagerando.”
“Chiedi a William, vedi lui che ti dice.”
“A me sembra che gli venga molto naturale.”
“Sarà bravo a mantenere l’ombra di un contegno, ma scommetto che ogni volta gli gira la testa e si sente un ragazzino alle prime armi. Tu sei un miracolo, piccola, ma un miracolo impegnativo.”
“Magari sei tu che cerchi una giustificazione generale ad una tua superstizione personale. La verità è che i punti fermi non ti piacciono, Jimmy, hai sempre amato i puntini sospensivi, le anomalie e le eccezioni. I tenui ed eterni interstizi di assurdità di cui scriveva Borges.”
“C’è sempre qualcuno che scrive qualcosa, e tu li leggi tutti.”
“Chiunque ci conosca dà per scontato che andiamo a letto insieme perché è normale che sia così. Non abbiamo il diritto di sorprenderci se sono curiosi.”
“Io infatti non mi sorprendo; sei tu, quella sorpresa.”
“Lei non te lo chiede mai?”
“Se io e te andiamo a letto insieme?”
“Sì.”
“Non ne ha il coraggio.”
“Ma tu ci vai, con lei?”
“Certo che ci vado, non sono mica un monaco. Hai preso lo pseudonimo Reverendo un po’ troppo alla lettera?”
“E ti piace?”
“Sono un uomo, piccola, siamo bestie elementari. Ci basta poco. Ed il troppo ci intimidisce, inevitabilmente”, le rispose, indicandola con un sigaro pestilenziale che si accese aspettandosi proteste che non arrivarono.
Grace guardò il suo Jimmy imporsi una disinvoltura non da lui, sorridendole benevolo e tranquillo, e si rese conto d’un tratto di quanto gli uomini fossero disposti a semplificare le cose complesse pur di rendersele digeribili. Nonostante lo ritenesse la persona più intelligente che conosceva, con un moto di violenta tenerezza si ritrovò a registrare che lui riteneva insopportabile il pensiero che lei andasse a letto con qualcuno che non era lui, quindi semplicemente decideva di non pensarci. Dal canto suo William si tormentava con l’idea di condividere il suo corpo con Jimmy, quando ciò di cui lei credeva fosse più logico preoccuparsi era piuttosto la prospettiva di condividere il suo cuore, che lei riteneva un organo di gran lunga più pericoloso e pieno di mistero di ciò che aveva tra le gambe, per quanto il pensiero di quella cosa lì li facesse sospirare. Si pentì all’improvviso di aver capito con tanta inattesa semplicità che rendere manifesto il fatto di andare o non andare a letto con lei, per William e Jimmy, erano nient’altro che due modi opposti ed uguali di rivendicarne il pieno possesso.
Si alzò per andare a sedersi accanto a lui.
“Puoi farti più in là? Sei troppo poco vestita.”
“Jimmy…”
“Ti prego, non chiamarmi così.”
“Come vuoi. Marisa.”
Lui scoppiò a ridere e le passò un braccio intorno alle spalle, avvicinando il viso al suo: “Piccola Grace”, le sussurrò dolcemente, “ma come devo fare con te?”

 

Fu la fine della notte perché lui non si azzardò a giocare giochi proibiti con una donna che gli aveva dato troppe prove di conoscere l’altra faccia della luna. 


“Will?”
“Dimmi, amore mio.”
“È facile, il sesso con me?”
William restò con lo spazzolino in bocca e la fissò attraverso lo specchio; giocava con la stoffa leggera della camicia da notte di seta e guardava ovunque tranne che lui.
“Non sono sicuro di capire che intendi.”
“Non è che magari incuto soggezione, o…”
Lo guardò misurarla ineffabile, sciacquarsi la bocca ed asciugarsi il viso; d’un tratto lo desiderò moltissimo, come non le era mai capitato prima. Un flusso languido e rovente che le partiva dall’ombelico. William le sorrise dallo specchio e pensò vedo che abbiamo scassato un sigillo importante, poi le disse: “Sì, un po’. Non sono mai riuscito a farci l’abitudine, sei così bella ed io resto sempre interdetto quando sento che hai bisogno di me. Come ora, ad esempio.”
Incapace di trattenersi oltre, Grace gli si schiantò sul petto e respirò forte il suo odore, coprendogli il collo ed il mento di baci.
“Ti dispiacerebbe spiegarti un po’ meglio?”, gli chiese infine, stordita dal sapore della sua pelle.
“Vorrei, ma non so come. Per riuscirci, non devo pensarci troppo. Quando ti offri a me, e sento che è proprio me che vuoi — non sesso, e non semplicemente sesso con qualcuno che ti piace o che ami, ma vuoi me, che è da me che parte tutto ciò che poi tu traduci in questa danza. Una come te dovrebbe solo concedersi ad un povero questuante, ma tu no: tu ti dai. E soprattutto chiedi. Sei inebriante, e devo sempre chiudere fuori l’ansia di non saperti dare quello che vuoi e meriti. Ogni singola volta con te è una grazia ricevuta.”
For Grace received.
“Mi sembra che tu ci riesca sempre molto bene, però.”
“Grazie.”
“Adesso, prendimi.”
“Agli ordini.”
“Ma prima baciami.”
Più tardi lei gli raccontò a lungo, tracciando con la punta delle dita complicati arabeschi d’amore sul suo corpo intorpidito e sazio, della teoria di Jimmy su loro e Márquez; gli disse anche che quel libro gliel’aveva regalato lei molti anni prima, e William non poté reprimere una fitta di gelosia al pensiero che anche a lui era toccato lo stesso dono.
“Quindi io sarei uno che pensava che i galli fossero maledetti perché si erano prestati a negare Gesù Cristo per tre volte? Non c’è che dire, sono lusingato.”

 

Invece quel giorno vide la presenza fisica di qualcosa che fino ad allora era stata solo una certezza dell’immaginazione. 

 

William e Jimmy erano rimasti inavvertitamente da soli in cucina; l’uno con un leggero maglione estivo, davanti a pentole e padelle, e l’altro — che non ammetteva neppure la possibilità dell’esistenza di un indumento così inutile come un maglione estivo — dentro una t-shirt tempestata di crani umani, in lite con un cavatappi ed una bottiglia di Sauvignon blanche particolarmente refrattaria ad aprirsi. Cercarono di dissimulare l’evidenza di starsi dando ostinatamente le spalle finché divenne insopportabile continuare; la flemma inglese in cui l’altro si era trincerato affettando le cipolline urtò Jimmy al punto di spingerlo a dire qualcosa.
“Ho sentito che il sesso tra voi va alla grande.”
William posò rumorosamente una schiumarola. “Io ho sentito che l’argomento di conversazione che va per la maggiore negli ultimi giorni è andare a letto con la mia fidanzata, e non posso nascondere quanto poco la cosa mi entusiasmi.”
Jimmy tacque, ma sorrise.
“Però comunque sì, va molto bene. Lei è instancabile, e molto fantasiosa.”
“Da un gentiluomo come te non mi sarei mai aspettato una becera provocazione del genere.”
“Ti auguro di non scoprire mai di cosa sia capace un gentiluomo come me, Jimmy.”
Questa volta il sorriso si trasformò in una risata. La bottiglia finalmente si stappò con un rumore secco, e Jimmy prese due calici dalla credenza e li riempì, guardando l’altro di sbieco.
“Vuoi fare a botte, Shakespeare?”, gli chiese, porgendogliene uno.
“Non sono un grande amante del vino bianco.”, rispose lui, accettandolo.
“Neanche io, ma in mancanza d’altro…”
Vuotarono i bicchieri d’un fiato.
“Non voglio litigare con te, Will.”
“Neanch’io, James.”, fu la risposta, ed i calici vennero riempiti di nuovo.
“Mi dispiace che tu abbia pensato che le cose tra me e Grace fossero ambigue. Mi dispiace perché ha fatto soffrire lei, ed io non voglio che soffra.”
William si sentì responsabile di un non ben identificato e odioso crimine contro l’innocenza.
“Che cos’hai?”, chiese all’improvviso.
Jimmy si voltò, accanto a lui: “Hm?”
“So che non… che non te la passi benissimo. Fisicamente, intendo. Grace è preoccupata.”
“Oh, quello. Ho una cardiomegalia congenita. Il cuore troppo grande, insomma. A momenti ci restavo, qualche anno fa, ma ho maltrattato così tanto il mio fisico che ora devo sottopormi ad un’operazione oppure il rischio sarà troppo alto. Niente di trascendentale, ma Grace è molto protettiva. Lo sai.”
William lo guardò in silenzio, ed ebbe il tatto di non dare a quello sguardo la benché minima sfumatura di pietà; Jimmy gliene fu grato, ma non glielo disse. Gli disse, invece: “Grace vorrebbe restare per l’intervento, ma io sono assolutamente contrario.”
William annuì serio, senza una parola.
“Riportatela a Londra”, aggiunse all’improvviso, guardando il muro davanti a sé, “Sposala, dalle dei figli, rendila felice. Non darle sempre ragione. Portala via. Se mi succede qualcosa, non deve essere qui.”
William pensò di doverlo rassicurare, di dirgli che non sarebbe accaduto niente di male.
“Se ti succede qualcosa e lei non è qui con te, non se lo perdonerà mai.”, disse invece.
“Ma se c’è io non me lo perdonerò mai!” sbottò Jimmy, “Che uomo sarei, con che coraggio potrei mai pensare di averla sottoposta a questo strazio, di averla lasciata come se lasciarla fosse una cosa possibile, o pensabile. Ti prego, William. Solo a te posso chiedere di aiutarmi a impedirle di farsi questo.”
Non ebbe risposta, e riempì di nuovo i bicchieri in un moto di rabbia. “Ma mi senti? Che discorsi, che situazione del cazzo… sto delirando e lo so bene. Lei non accetterà mai di non essere presente; ha la testa più dura del granito, la bambina. E se tu provassi ad intervenire in qualche modo penserebbe che lo fai per gelosia, non riuscirebbe più a guardarti e resterebbe senza me e senza te. Non c’è via d’uscita. Non posso proteggerla. Non sono mai stato in grado di fare la cosa giusta, con lei.”
“Jimmy”, sospirò William, “Sei tu quello che fa sempre la cosa giusta, tra noi. Io sono solo stato più concreto. Forse anche meno galante.”
“Ma quando mai… Non glielo hai mai fatto pesare. Di noi due, intendo. Non importa cosa pensassi nel privato della tua testa. Non avrei potuto sperare che incontrasse un uomo migliore di te. O non te l’avrei mai lasciata.”
William sorrise. “Dovrei ringraziarti? Cos’è, una concessione?”
“È un fatto.”, rispose asciutto Jimmy, e si guardarono in silenzio per un attimo. Poi avvicinarono i calici, ed un piccolo, sonoro cling mise fine a quella conversazione ed alla bottiglia di vino.
“Mi ritrovo a doverti dare un consiglio fondamentale, caro William, che spero accoglierai con la grazia di un vangelo.”
“Spara.”
“Sentiti pure libero di andare in crisi per qualsiasi cosa, ma farti rodere dalla gelosia. Se decidi di essere geloso di Grace, e non c’è bisogno che io ti spieghi perché, sarà un biglietto di sola andata per il manicomio. Tanto la vorranno sempre tutti, l’hanno sempre voluta tutti. E ci proveranno in molti. Ma non dargliela vinta; non guardare quelle orde barbariche di capi, colleghi, amici di amici, che, abbagliati dall’illusione che Grace sia una cosa che basta limitarsi a guardare da fuori, faranno un po’ gli splendidi nel tentativo di accaparrarsene un pezzetto. Grace non si dà a pezzetti, come ben sai; si dona, e a fiumi.”
William rise: “Fu la prima cosa che capii di lei quando mi spuntò davanti in una sala piena di persone che, come sempre, guardavano solo lei; è il Niagara, ed io ho solo due mani. Per questo non sono mai stato geloso di lei, in generale. Sono geloso di te, in particolare.”
Si squadrarono cordiali, come a dire che anche quella era andata a posto. Un’altra doppia firma sotto un contratto illeggibile.
“La tua metafora comunque non regge.”
“Come?”
William sorrise, guardando nel bicchiere: “Urbino e Ariza, per tutto il romanzo, non si scambiano mai neppure una parola.”
“Non su carta, forse.”, rispose l’altro, impassibile.
Un altro sguardo, occhi azzurri dentro occhi azzurri.
“Abbi cura di lei.”
“Sempre. E tu aiutami ad aver cura di lei, avendo cura di te.”
Quando Grace, Conor e gli altri rientrarono, si bloccarono sull’uscio davanti alla scena surreale di loro due che ridevano insieme nelle assurde poltrone del salotto.

 

«Noi uomini siamo poveri schiavi dei pregiudizi» le aveva detto una volta. «Invece, quando una donna decide di andare a letto con un uomo, non esiste ostacolo che non superi, né fortezza che non abbatta, né considerazione morale che non sia disposta a mettere da parte: non c’è Dio che valga.»

 

“È successo, non è così?”
Jimmy si scostò a fatica la mascherina dell’ossigeno, aprì gli occhi e ratificò, stanco, un cambio di metafora letteraria: “Ma dove pensi che stiamo, dentro Anna Karenina?
“È successo, l’hai fatto, ti sei scopato la mia ragazza.”
La mascella di William sembrava aver cambiato forma, da quanto era tesa; le parole erompevano dalle sue labbra sottili in un sibilo feroce.
“Stai calmo, Alekseij Aleksandrovič. Se hai deciso di farti venire un infarto però siamo nel posto giusto; ancora una volta, mi stupisce il tuo intuito organizzativo ma non brilli per considerazione. Pensa a Grace, non possiamo certo lasciarla entrambi.”
William si irrigidì e tirò un pugno ad un porta-strumenti di ferro.
“Quando esci di qui voglio ucciderti con le mie mani. Quindi non morire sul tavolo operatorio, stronzo. Hai capito?”
Jimmy annuì, e lo guardò lasciare la stanza con la certezza assoluta che il furibondo fidanzato di Grace ci avesse piuttosto tenuto a ricordargli che era suo dovere sopravvivere per lei.

per non infrangere l’incantesimo del rancore,


“È uno scandalo.”
“Grace, non esageriamo ora…”
Brian si era già pentito per metà di averle riferito di aver ascoltato di nascosto quella conversazione.
“Fermina Daza va bene, ma non ho intenzione di ammettere di essere associata in alcun modo a quella grande cretina di Anna Karenina.”
L’uomo sospirò, sbuffò e poi sorrise. Lei ostentava una calma eterea e innaturale.
“Voi siete gente di ottime letture ed io non posso dire di aver presente il romanzo. Me lo riassumi?”
“C’è questa imbecille che, pur avendo una perla di marito, si perde dietro alla passione per un uomo incolore — un mellifluo e palmare ufficiale dell’esercito russo di nome Alekseij Vronsky, — mandando a carte quarantotto la sua intera vita e risolvendo, infine, il disastro buttandosi sotto un treno in corsa. Se si fosse suicidata un po’ prima, avremmo risparmiato almeno quattrocento pagine di deliqui isterici, mosse da operetta e sindromi di Stoccolma.”
Brian annuì con aria solenne e la guardò svolazzare avanti e indietro per la piccola sala d’aspetto deserta, con il vestito bianco che la faceva sembrare più che mai un’eroina di un romanzo russo.
“Devo andare a parlare con Alekseij Aleksandrovič.”
“Gli auguro buona fortuna.” 

 

Sentì quanto pesava il tempo trascorso dopo che se n’era andata, quanto le costava essere viva, quanto amore le ci sarebbe voluto per amare il suo uomo come Dio comandava.

 

“Hai il mio cuore, il mio tempo, la mia completa attenzione; è da me che torni a casa, è con te che divido il letto. Porto l’anello che mi hai messo al dito. Sai perfettamente che il mio corpo è incluso nell’interminabile lista delle cose che hai di me. Quindi cosa c’è ancora, William?”
Niente lo faceva vergognare come quando lei lo chiamava William; riusciva a ricordargli simultaneamente sua madre, i tempi della scuola, ed il fatto che lei sembrava essere sempre misteriosamente un gradino al di sopra di tutta la razza umana, fallibile e fallace, che non si era comunque mai preoccupata di rappresentare.
“Avrei dovuto oppormi, impedirti di venire qui. Sapevo che sarebbe stata una catastrofe, era inevitabile. Si cade sempre dalla parte da cui si pende; è una legge di Murphy ed anche una legge della vita.”
“Mi sembra disonesto, Will, dare la colpa alle circostanze.”
La colpa non è delle stelle, Bruto, ma soltanto nostra.
“Citare Shakespeare questa volta non salverà nessuno.”
“Perché, ha mai salvato qualcuno?”
“Sì, me. Molte volte.”
La vide, stanca e chiarissima in quell’abito lungo e bianco, e provò l’irrazionale urgenza di abbracciarla; fu sollevato quando lei prese l’iniziativa leggendogli nel pensiero, ed il profumo di miele e cocco dei suoi capelli che gli sfioravano il viso lo commosse fino alle lacrime.
“Sei un idiota, Will.”
“Ho riletto il tuo Re Lear, mentre non c’eri. Tutta la teoria della sottrazione. Incredibilmente lucida, soprattutto dal momento che proviene da una persona affollata come te; non ti invidio, Grace. Non deve essere facile.”
“Non è né facile né difficile. È ciò che sono. E tu sei un uomo brillante, Will, un uomo che amo. Ma sei cieco.”
“Perché mai?”
Lei stava già tornando verso le porte dell’ospedale, quando gli rispose: “Perché sta per entrare in sala operatoria, ed io non sono lì con lui ma qui con te a ricordarti cose che dovresti già sapere.”

 

«È incredibile come si possa essere tanto felici per così tanti anni, in mezzo a tante baruffe, a tante seccature, cazzo, senza sapere in realtà se è amore o se non lo è». 

 

Erano usciti tutti; soltanto lei restava. Si stava infilando un camice verde, si era legata i capelli, ed ignorava l’anestesista con una tale disinvoltura che al medico stesso venne il dubbio legittimo di non essere davvero lì.
“Si sente pronto?”, chiese a Jimmy, tanto per fare qualcosa.
“Dottore, ma le pare? Che domanda è? No che non mi sento pronto.”
“Lei è la moglie?”, cambiò discorso l’anestesista, in palese imbarazzo.
“Di chi?”
L’uomo avvampò, tacque e tornò alle sue inquietanti ampolle.
“A proposito; Alekseij Aleksandrovič mi ha minacciato di morte, prima.”
“È il suo modo di farti gli auguri.”
“Quindi lo ammetti.”
“Che cosa?”
“Che lui è Alekseij Aleksandrovič.”
“Cos’è tutta questa smania di fare il conte Vronsky che hai tu, piuttosto? Era un cretino.”
“Anche Anna Karenina lo era, e forse anche più di lui.”
Grace gli sorrise e gli prese la mano. “Ho detto proprio la stessa cosa.”
“È ora, James. Adesso la addormentiamo, e quando si sveglierà tutto sarà finito”, disse il dottore, avvicinandosi con la soluzione.
Jimmy si voltò verso Grace: “Sciogliti i capelli. Per favore.”
Lei sospirò, gli accarezzò il viso, tolse la cuffia e guidò la mano di lui fino al fermaglio che tratteneva la cascata d’oro che le si riversò sulle spalle quando lui glielo tolse. Erano i capelli di sua madre, il viso di sua madre, il cuore invincibile di sua madre che sarebbe morta pur di risparmiarle l’ignobile e ingrata impotenza che sentiva montarle dentro, annullando ogni altra cosa di lei.
“So esattamente qual è l’ultima cosa che voglio vedere prima di chiudere gli occhi.”, le disse. Lei gli strinse la mano più forte, e l’anestesista cercò di scomparire mentre gli chiedeva di contare fino a zero partendo da dieci.
Grace colse il bagliore senza eguali dei suoi occhi azzurri un istante prima che le palpebre si abbassassero.
“Non è costretta ad entrare in sala operatoria con lui, lo sa. E sarebbe anche più sicuro.”, le disse con dolcezza il dottore.
“Se qualcosa andasse storto…”, rispose, incerta, lei.
“Non potrà comunque fare nulla. Potrebbe essere addirittura d’intralcio, in una procedura di rianimazione.”
Grace respirò forte, sentendo che nella gola le si formava qualcosa di solido e pesante.
“Dottore”, disse, “ho un brutto presentimento.”
“È normale che sia così, ma vedrà che non è nulla. La mente ed il cuore sotto pressione fanno strani scherzi.”
“Lo dica a lui… soprattutto del cuore.”
Il medico sorrise, e sorrise anche lei.
“Vada a prendere una boccata d’aria, la farò avvertire tempestivamente in qualsiasi caso.”
La guardò inginocchiarsi lentamente accanto alla barella e baciare una mano a Jimmy, e non poté fare a meno di chiedersi se qualcuna lo avrebbe mai baciato allo stesso modo.
“Grazie.”, disse. Si rialzò composta e uscì. L’anestesista represse un brivido vedendo i suoi lunghi capelli svanire oltre le porte, lasciando il posto allo staff; se lei l’avesse guardato un po’ più a lungo, avrebbe notato che la targhetta del nome appuntata sul suo camice diceva dr. J. Urbino. Ma non lo seppe mai. 

 

Senza proporselo, senza neppure saperlo, dimostrò con la sua vita la ragione del padre, il quale aveva ripetuto fino all’ultimo respiro che non esisteva nessuno con maggior senso pratico, né spaccapietre più ostinati né direttori più lucidi e pericolosi dei poeti.

 

William se la vide apparire davanti, aprì la bocca, la richiuse, la guardò impotente strapparsi di dosso il pastrano verde e inginocchiarsi a terra prendendosi la testa tra le mani. Fu un attimo in cui non ebbe il tempo di pensare o fare niente. Matt Shadows lo urtò sorpassandolo e per poco non lo mandò lungo disteso a terra, ma gli fece molto più male l’occhiata di rimprovero che l’uomo gli rivolse mentre si precipitava bocconi accanto a Grace, prendendola tra le braccia monumentali che si ritrovava. William si riscosse, lo scostò e la tirò su, contro il suo petto, l’unico posto al mondo dove aveva senso che lei fosse in quel momento così delicato; amore mio, le sussurrò mentre le ricopriva i capelli di baci, amore mio, sono qui, sono qui con te. Lei, inizialmente inerme, lo strinse forte e si lasciò andare ad un torrente di lacrime; la sua camicia blu divenne il muro del pianto. Mi dispiace, mi dispiace tanto. Sembrava così piccola, così indifesa addosso a lui. Farei qualsiasi cosa pur di non vederti stare così. Se potessi scambiarmi di posto con lui lo farei di corsa, pur di farti stare meglio. Lei sgranò gli occhi e li inchiodò nei suoi, poi lo colpì forte su un braccio: “Non dirlo. Non pensarlo nemmeno.” William la strinse a sé ancora più forte, sospirando di preoccupazione e sollievo.

 

«Preferisco intendermi con Dio senza intermediari».

 

Zacky fumava una sigaretta dopo l’altra, oppresso da una nube di fumo e pensieri. Faceva un freddo gelido, ancestrale e definitivo, ed il buffo montone che aveva addosso non gli riparava le mani ed il collo dalle sferzate di quel vento d’oltremondo.
Ma quanto ci mettono? Sono passate sei ore.
Fu allora che lo travolse, e l’impatto fu tale da fargli cadere la sigaretta di mano. Un suono che nessun essere umano poteva produrre, certo, ma lo seppe; seppe che era lei, ed una coltre di nebbia fitta gli calò nel cervello.

 
   
 
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