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Autore: Queen of Superficial    01/02/2021    1 recensioni
“Immagino fosse la conseguenza naturale delle suore francesi e del corso di danza classica e buone maniere. I miei sono gente all'antica.”
Brian sbuffa sarcastico, essendo lui un fervente attivista contro le suore francesi, la danza classica e le buone maniere.
“E ve la fanno un po' di educazione sessuale, in collegio?”
“Siamo un collegio femminile.”, risponde la bionda quasi in tono di scusa, dopo un attimo di tentennamento.
Lui ride, offensivo. “Quindi non sapete proprio nulla della cosa più divertente del mondo?”
Matt armeggia con la pulsantiera, infastidito.
“Brian, ti sembra il momento di tenere un comizio sulle api e i fiori? Nel caso non te ne fossi accorto, siamo bloccati in un ascensore.”
Genere: Avventura, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Johnny Christ, Nuovo personaggio, Synyster Gates, The Rev, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il primo amore si scrive invariabilmente in una inesorabile prima persona. Come potrebbe essere altrimenti? Nonché in un inesorabile indicativo presente. Ci vuole tempo per rendersi conto che esistono altre persone e altri tempi verbali.
— Julian Barnes, L’unica storia

 

Le lenzuola sono una nuvola opalescente sospesa nella luce dell’alba.
Il sole si sta alzando, lo sanno.
Jimmy ripercorre a mente ogni passo compiuto fin lì; il silenzio improvviso, le mani sugli occhi, una risata di bimba in un corpo di donna — un corpo che, a istinto, ha saputo perfettamente aderire al suo, accendendogli la complessa e banale serie di stimoli elettrici che portano un uomo all’eccitazione; ha fatto di più, in realtà, Ginevra gli ha fatto scattare l’interruttore centrale, quello del cervello. L’ha presa tra le braccia ed il tremito che ha sentito sprigionarsi da quelle ossa leggere lo ha trasformato, per un momento, in un animale cieco. Ha respirato forte per tornare in sé, e si è lasciato condurre per mano in una camera da letto che lei non poteva conoscere; eppure sapeva dov’era. Lo ha lasciato in piedi mentre, paziente e metodica come un canto, si sfilava i vestiti; è bastata una scarpa, una delicata ballerina rosa di buona fattura, ed è stato costretto a sedersi — crollare, è il verbo giusto — in poltrona osservando il resto di quel rito mistico come sotto ipnosi. Non ha mosso un muscolo mentre lei, dolce, si sfilava il golfino lasciandolo cadere a terra; un fuoco ardente gli ha avvolto i fianchi alla vista di quella pelle nuda — solo un braccio — ed ha saputo, d’istinto, che mordendola avrebbe sentito sulla lingua la stordente dolcezza del latte. Poi il vestito. Un vestito semplice, da brava ragazza, che Ginevra ha sbottonato alzando le braccia dietro il collo — ogni bottone un colpo del suo cuore, un piccolo olocausto personale — e che le è arrivato alle caviglie leggero come spuma. Lo ha scavalcato con un gesto infantile, tesa e trepidante com’era, — tutta la vita, per tutta la vita ho sognato questo istante con te — ed è rimasta interdetta un secondo. Poi ha deciso. Un gancio, un altro, le braccia incrociate sul petto ad afferrare le spalline, ed anche quel reggiseno di pizzo è finito a terra. Poi l’ha guardato tra le ciglia, vestita solo degli slip la cui trasparente e contraddittoria dichiarazione di innocenza moltiplicava il suo desiderio di lei all’infinito. Si è alzato prima di accorgersi che si stava alzando, e l’ha raggiunta. Per un po’ è rimasto lì a impararla a memoria, indeciso su cosa fare, poi le ha passato una mano — delicata e lenta come non era mai stata — nell’incavo tra i seni. L’ha sentita fremere al suo tocco ed ha indovinato con certezza il calore che le stava crescendo dentro.
“Posso aspettare”, le ha detto comunque, facendosi violenza.
“Io temo di non poter aspettare un minuto di più, invece.”, gli ha risposto lei.
E sono finiti sul letto.
Adesso, seduti l’uno di fronte all’altra, cercano di capire com’è che siamo tutti grandi esperti di sesso finché non arriva quell’unica volta. Jimmy si sfila la maglia lanciandola a caso verso una lampada che spera di rompere, ma non ce la fa. Una scarpa, poi l’altra, e poi vira verso l’apertura dei pantaloni; ma lei è più veloce, più audace, e lui stringe i denti mentre sente le sue mani fargli saltare il primo bottone dei jeans. Quegli occhi dolcissimi si piantano saldamente dentro i suoi mentre gli tira giù la zip, e lui intravede chiaramente avvicinarsi la necessità di una camicia di forza. Stringe i pugni, cerca di mantenere il controllo. Si sfila i jeans da solo, ma si tiene i boxer. Ha bisogno di un momento per ricomporsi, emozioni e voglie sono un fiume in piena e si accalcano con gran baccano le une sulle altre, ma lei gli sale addosso a cavalcioni — Jimmy sente ogni cosa; le gambe di lei, morbide e invitanti, il calore umido che racchiudono nel mezzo e che gli preme sull’erezione dolorosa; il profumo della sua pelle e dei suoi capelli, inebriante al punto di stordirlo, la bocca rosea, le lunghe ciglia, uno stillicidio in stop motion che si ripromette di inserire in una canzone quale la lunga litania di bestemmie del desiderio — e, vicinissima al suo viso, gli parla dritta sulle labbra: “Prendimi.”
Non ci vede più.
Se la rovescia sotto, la sente dischiudere le gambe per accoglierlo anche se hanno ancora entrambi la biancheria, per poco non si dà uno schiaffo per costringersi a ricordarsi che è vergine e che non deve farle male, e quando lei muove i fianchi per incitarlo a iniziare a fare sul serio le si pianta davanti, marmoreo, e le dice: “Fatina, tu hai un effetto molto strano su di me, per cui, per assicurarci che la cosa si piacevole per entrambi, ti prego, per un minuto, sta’ ferma.”
Un sacco di virgole per una frase sola. Lei gli sorride, radiosa. Inebriata dall’ascendente che ha su di lui. Riuscite ad immaginare cosa significhi? Amare un uomo da lontano, amarlo bambine e poi donne, ed arrivare al giorno impossibile in cui tutto quello sperare, quell’immaginare, quel fremere e combattere contro la pervasività della sua assenza e presenza insieme si risolve lì, nella timida cornice di un letto qualunque ignaro di star per diventare il letto. Quello in cui si compie il miracolo, si schiude la porta all’atteso e distante finale della favola.
Disobbediente, gli tira giù i boxer senza staccare gli occhi dai suoi. Jimmy afferra un lembo del suo slip e tira forte, strappandolo di netto: “Ti avevo o non ti avevo pregato di stare ferma, fatina?”
Lei gli prende un labbro tra i denti e succhia piano — tutto il sangue che Jimmy ha in circolo passa a salutare il cervello e poi converge nei fianchi; è dentro di lei, e si conia un sospiro a due voci. Ritorna in sé e la guarda, in cerca di una smorfia di dolore. Invece lei rifulge di luce propria e lo bacia, con la bocca e con tutto il corpo.
“Tutto bene?”
“Brucia un po’.”
“Ora mi muovo. Andrà meglio.”
Jimmy scopre che c’è un altro uomo in lui; uno che sa essere delicato e profondo dentro una donna, uno che mette se stesso al secondo posto per una volta, e soprattutto uno che capisce improvvisamente che è vero che il sesso è bello con qualunque donna, ma se per caso ti capita di incontrare quella con cui l’incastro è scienza, destino e magia, sei fottuto per tutta la maledetta eternità.
Gin si trasforma sotto di lui, mentre le si infrange dentro con il movimento metodico di un’onda; si stupisce di quanto gli piaccia, di quanto ogni cosa di lei sembri essere fatta per lui — il modo in cui gli serra intorno le gambe per tirarselo più vicino; le sue mani bianche che afferrano e graffiano lievi le sue cosce, la sorpresa di trovarsele perfino intorno a tenerlo su di lei ed assecondare le sue spinte; la fame che sembra avere di lui e che si manifesta in mille modi, il ruvido e dolce passaggio della sua lingua sul collo, il piccolo morso all’orecchio, al mento, i gemiti e i sospiri — e quando la sente contrarsi intorno a lui ed inarcare la schiena fa appena in tempo ad offrirle un appoggio afferrandola con un braccio per non farla ricadere di schianto sul materasso, mentre lei stringe forte le cosce ai suoi fianchi e sussurra “oh, Jim”, piantandogli per sempre in mente il suono del suo nome detto con quella voce ed in quel frangente al posto di quello di battesimo e distraendolo dal fatto che, ebbene, sta venendo anche lui. Le crolla addosso, tra spinte e morsi e braccia che afferrano, gambe forti e sottili, dolce tenaglia che lo esorta a spingersi più a fondo; per un attimo davvero non ci vede, e collassa su di lei, ansante, chiedendosi se Ginevra Kringe non sappia, in realtà, di aver dimostrato un incredibile talento per quell’arte sottile e mai abbastanza proibita.
Poco dopo fa un’ardita piroetta e se la stende addosso. Ginevra protesta per il mancato preavviso; si è staccato da lei delicatamente, ma per lei tutto è nuovo. È nuovo anche il modo in cui lo guarda, innamorata e misteriosa, custodendo in tutto quel corpo di gatta reso tiepido dalla soddisfazione la scoperta di un’altra cosa, una che per tutta la vita si era immaginata soltanto, e senza dettagli.
“Tutto bene, bambolina?” Le chiede, giocando con i suoi capelli. Lei è immersa nel torpore del sesso appena fatto, — i sensi appagati, l’orgasmo come un’esplosione di stelle ancora in via di estinzione, — e annuisce verso la bocca di lui in cerca di un bacio.
“Ti ho fatto male?”
“Nessuno mi ha mai fatto tanto bene in vita mia, Jimmy.”
Lui sorride, non dice nulla, ma pensa; già, nemmeno a me.
Il sole, ormai, è alto.

 

 

Zacky.

«Ed ecco, la cortina del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si schiantarono, le tombe s'aprirono e molti corpi dei santi, che dormivano, risuscitarono; e, usciti dai sepolcri, dopo la risurrezione di lui, entrarono nella città santa e apparvero a molti
Un giovane chitarrista ritmico urla con solennità siffatte parole nel portico di casa sua, mentre l’oceano infuria più in là a concedergli la grazia di un degno sottofondo ed il postino in bici passa oltre, atterrito, decidendo che quella raccomandata dopotutto può aspettare.

“Zacky? Zachary? Ma perché bisogna sempre farne un affare di stato?”
“Johnny, taci. Taciti. Questo è un affare di stato. Bisogna chiamare a Washington per far dichiarare lo stato di calamità.”
Shadows, scettico e per la verità ancora un po’ sbronzo, chiede: “Che tipo di calamità?”
Zacky parte per la tangente senza neppure l’invito. “Calamità qualsiasi! Calamità naturale! Calamità, catastrofe! CALAMITÀ INNATURALE!”
“Zack, io credo che tu stia esagerando. In fondo sono passati diversi anni, siamo tutti adulti e—”
“SCIAGURA!”
“Brian?”
Zacky intercetta Brian che esce, scavalcando lo sportello senza avere un solo buon motivo per non uscire dalla decappottabile come qualsiasi persona normale (cioè aprendolo), e lo indica con una serietà che in genere un uomo raggiunge solo dopo due lustri di sacerdozio di clausura: “Le sette torri della fiera Tebe sono avvolte dalle fiamme! Corvi pasteggiano con gli occhi dei nostri figli! Sciagura! Sciagura!
“Tiresia, hai rotto il cazzo.”
Entrambi i chitarristi si voltano verso Johnny Christ, che studia con un certo rimpianto il quadro desolante offerto dai suoi amici.
“Ma guarda, fino all’altro ieri vi veniva un capogiro anche solo a leggere le etichette dei bagnoschiuma ed ora siete esperti di tragedia greca e letture bibliche. Gli stessi testi per cui davate a Jimmy del segaiolo intellettualoide. Solo che secondo me ora gliele fa qualcun altro, le seghe. Mentre voi siete qui, a sbraitare come una versione delle Baccanti sceneggiata da Tim Burton dopo una lunga meningite, e per di più mi guardate con quest’aria stupita come se non avessi fatto anche io le scuole dell’obbligo. Io lo so benissimo chi è Tiresia. Tu, invece, Brian? Tu sei un gay.”
Shadows ingoiò d’un fiato il suo bicchiere di limonata e gettò al bassista un lungo sguardo saggio.
“Sappiamo che sei preoccupato per Ginevra, Johnny.”
“IO sono preoccupato per Ginevra! Lei è amica mia.”, Zacky.
“Peraltro il più intelligente di noi, cioè Jimmy, non si è mai nemmeno diplomato. Dimostrando che non serve, per conoscere Sofocle.”, Johnny, in arringa.
“E purtuttavia si scopa Jimmy.”, Brian, oggettivo.
“Ma chi, Sofocle?”
“Quando mai tu hai saputo usare l’avverbio purtuttavia?”, Zacky, avvelenato.
“Quando mai tu hai saputo cos’è un avverbio?”, Brian.
“Guarda che io sono una persona colta!”, Zacky.
“Ma vattene a fanculo, persona colta!”, Brian.
“Ragazzi, ho capito che avete recentemente scoperto quanto vi piacciano le ex educande di collegio, ma ormai è un po’ tardi per imparare le tabelline.”, interviene Shadows, che per seguire quel ping pong ha dovuto inforcare gli occhiali da sole.
“Solo perché tu ti sei immolato alla causa di Valary e da allora hai smesso di avere il permesso di ragionare in autonomia non significa che tutti dobbiamo seguire il tuo illustre esempio.” Ribatte Zacky, didascalico.
“Piuttosto mi faccio inchiodare i coglioni ad un asse di legno.”, Brian, esegetico.
“Sempre un faro di resistenza e poesia.” Johnny, infine.
Cala il silenzio, ma dura poco.
“E continuiamo a girare intorno al problema.”, osserva Shadows.
“Noi lo risolveremmo pure, ma i piccioncini non rispondono al telefono.”, dice Brian.
Silenzio.
“Quindi ora lei è lì.”
“Penso proprio di sì.”
“E possiamo fare qualcosa?”
“Penso proprio di no.”
“Va bene.”, sospira Zacky, e tutti insieme riprendono a preoccuparsi all’ombra degli alberi di limone.
“Dovremmo andare”, dice Brian, le mani sui fianchi.
“No, peggioreremmo le cose.”, chiude la questione Shadows, tormentando il bicchiere vuoto.

 

Alcuni chilometri più in là

Jimmy quasi non sente il campanello. È la seconda volta che fanno l’amore e lei, persa l’incertezza insieme alla verginità, è diventata più audace; comincia a temere che dovrà restare lì con quella ragazza tra le braccia finché quel sacro fuoco non perderà un po’ di fulgore, e potrebbe volerci una vita.
Il suono insistente buca la parete del suo paradiso privato. La lascia ad occhi socchiusi nel letto in disordine e si infila il primo pantalone che vede, senza neanche preoccuparsi di chiudere la zip, perché vuole manifestare all’inopportuno visitatore tutto il suo disappunto. Passando davanti allo specchio, si lancia un’occhiata in tralice e si trova più in forma che mai. Sbatte, forte, sullo spigolo dell’isola in cucina e recupera gli occhiali da una mensola, infilandoseli mentre apre la porta. Poi qualcosa gli si fa di ghiaccio dentro gli occhi azzurri.
Cordelia Kringe, una tempo D.N., lo osserva altera.
“Se le mie informazioni sono esatte, e spero vivamente di no”, gli dice, senza espressione, “ti stai scopando mia sorella.”

Ginevra non è un’ingenua.
Non è la donna che urla “amore, chi è alla porta?” da una stanza all’altra per far sapere a chiunque sia che lei è lì. Nuda, si infila il vestito e raggiunge il salotto; non è sorpresa quando si trova davanti la sorella maggiore. Jimmy si volta e scopre ancora un’altra cosa su se stesso; non è la prima volta che avverte quel desiderio di proteggere una donna, ma mai prima d’ora è stato così intenso ed inappellabile. Istintivamente, si mette tra loro.
“Ciao, Delia.”
Parla per primo, non sa perché. Vede le due donne che si squadrano e non riesce a capire in che modo.
“Non mi hai mai chiamata Delia. Mai.”
Ginevra si chiude il vestito, raggiunge sua sorella sulla soglia e la guarda.
“Andiamo fuori”, le dice, e Jimmy si rende conto in un istante che la più piccola è anche la più forte. E che Delia la teme tanto quanto la ammira. Fa un passo avanti, ma si blocca quasi subito. Le ragazze vanno nel portico e lui sa che non sarebbe giusto seguirle, ma non riesce a togliersi di mezzo; resta in piedi dietro la porta socchiusa, pronto a scattare. Afferra il cordless e compone un numero.
“Pronto?”, quasi urla Zacky.
“Lei è qui.”
“Lo so bene, è venuta al Johnny’s; cercava te. Non so come abbia saputo di voi, probabilmente tramite qualcuno al barbecue. Non siete stati esattamente discreti.”
“E perché avremmo dovuto?”
“Tanto per cominciare perché Ginevra è fidanzata, Jimmy, e non con te.”
Silenzio. Questa versione di Zacky, un monumento itinerante al buonsenso che dispensa lezioni di vita con la stessa sicurezza del Dalai Lama, gli ha già rotto il cazzo. Soprattutto perché ha ragione, ed un universo in cui Zachary Baker abbia ragione è un universo in cui non c’è da stare tranquilli.
“Ti sto chiamando da almeno un’ora per avvisarti, ma tu stavi giocando al dottore.”
Lo spaventa il tono con cui l’amico ribatte: “Cosa cazzo pensi, Zacky, che io abbia la palla di vetro? Sono fuori a parlare, non so cosa fare."
Zacky sente un movimento tellurico nel petto; è la prima volta da quando si conoscono che Jimmy si rivolge a lui per qualcosa che somiglia ad un consiglio.
“Restane fuori. Noi arriviamo subito.”
“Va bene.”, risponde Jimmy, “Grazie.”
Restano zitti, ma nessuno dei due attacca.
“Se dovesse farle del male?”
“Non farti arrestare, Jimmy.”

 

Ginevra Kringe

“Perché lui, Ginevra?”
“Perché è sempre stato lui, Cordelia. E tu lo sai.”
“Mi ha quasi uccisa.”
“Hai fatto tutto da sola, non incolpare lui.”
“E Richard?”
“Parlerò con Richard da vicino.”
“Ci ho già parlato io.”
“Certo. Cosa gli hai detto?”
“Che ti stavo venendo a prendere. Che hai preso una sbandata per una persona poco raccomandabile.”
Ginevra raccoglie le gambe sulla sedia da giardino e chiude gli occhi, inspirando il profumo impossibile della siepe di ligustro del viale.
“L’unica persona poco raccomandabile a cui io sia stata legata nella vita sei tu.”
Cordelia somiglia alla sorella solo nel taglio degli occhi; per il resto è tutta spigoli, e negli anni la linea dritta della bocca si è curvata sotto il peso di troppi bocconi amari.
“Ho parlato anche con mamma e papà. Non sono stati molto contenti di sapere che la loro perfetta figlia era finita nientedimeno che nel letto di Jimmy Sullivan.”
“Delia, ora hai una vita ed un marito che ti ama. Che senso ha questa gelosia?”
“Gelosia? Io ti sto solo proteggendo. È sesso e basta, Ginny, lui non sa amare.”
“Che non abbia amato te non significa che non sappia amare.”
“Tu sai sempre tutto, vero? Il nostro piccolo diamante, sempre così impeccabile… perché ti sei fatta scopare da lui, avevi voglia di ribellione?”
“Scopare con lui è tutto tranne che una questione di ribellione, Delia.”
“E cos’è?”
“Inevitabile. Perché l’ho sempre voluto, perché è una cosa che si fa per amore, e perché per una volta preferisco chiedere il perdono che il permesso. Ma, anche dovessi scusarmi con qualcuno, quel qualcuno sarebbe Richard; non certo tu.”
Delia stringe i pugni sui braccioli della sedia, e quasi sussulta visibilmente quando Jimmy appare nella cornice della porta con i jeans sbottonati e l’eye-liner sbavato dalla sera prima.
“Volete qualcosa? Non so, un caffè?”
“Un caffè? Da quando sei così premuroso?”
Jimmy la guarda e non riesce a trovare dentro di sé neppure più l’ombra del motivo per cui stava con lei.
“Lasciala stare, Delia.”
“Ma guardati…”
Non fa in tempo a finire la frase che l’auto di Brian entra sgommando nel viale; sorride, vedendo tutta la band smontare dalla Mustang. Shadows le sorride a sua volta, freddo e bello come sempre.
“Ciao Delia, quanto tempo.”
“Non mi sarei aspettata di vedervi al gran completo. Forse Zacky sì, dal momento che l’ha sempre amata, ma certo non tutti voi.”, dice, con una risata sgradevole, poi si volta verso Jimmy per parlargli, e china il capo incuriosita quando si accorge che sua sorella è in piedi tra loro.
“Rientra in casa.”
“Che cosa?”
“Rientra in casa, Jimmy.”
Ginevra non scherza, e Brian se ne accorge seguendo il suo sguardo che è fisso sulla sorella. Qualcosa non va. E visto che ama Jimmy più di qualsiasi altra cosa al mondo si fa avanti, lo afferra per un braccio e lo spinge oltre la porta, in salotto. Un attimo dopo, si scatena il caos. Jimmy sente rumori che non capisce, ma non gli importa di capire; evita di mandare Brian al tappeto per un soffio quando lo scavalca e corre fuori. Nella foga gli occhiali gli sono scivolati via, e nella bruma offuscata che è il mondo distingue la sagoma di Shadows, qualcosa di chiaro e qualcosa di rotto; calpesta, ferendosi, una scheggia di quella che una volta era la staccionata di legno del patio. Sente Zacky che urla a Brian “chiama un’ambulanza”; poi un rumore in crescendo, come una musica; alla fine, più niente.

 

M. Shadows

Si è quasi rotto un braccio nello slancio, però è agile e veloce e per questo arriva su di lei prima del pensiero. Non sa cosa Ginevra abbia visto, ma qualsiasi cosa sia l’ha fatta scattare così in fretta che lei e Delia sono finite contro la staccionata, giù nella siepe; un fugace bagliore gli ha fatto affiorare tutta la preoccupazione alle vene temporali e si è precipitato su di loro, strappando Gin a quello strano viluppo di corpi e di foglie. Ha visto il sangue, non avrebbe saputo dire di chi, poi ha sollevato lei prendendola in braccio come una bambina e si è voltato appena in tempo per vedere Jimmy che cadeva a terra. A quel punto il tempo è uscito di sesto. Non si è accorto di Delia che si era alzata e stava scalando l’impalcatura in legno che porta al patio sopraelevato — quello stupido patio di Jimmy, contorto e poetico come lui — ed il dolore al fianco è arrivato in ritardo, insieme alle sirene dell’ambulanza sempre più vicine. Ha sentito Zacky che gli diceva qualcosa, poi gli passava sotto un braccio e afferrava il polso di Delia; il coltello gli è volato davanti, andandosi a schiantare contro il muro. Brian era in ginocchio accanto a Jimmy con le mani nei capelli. Ha provato ad avanzare, si è sfiorato la maglia bianca — liquido, caldo — ed ha visto quel curioso fiore carminio allargarsi sulla stoffa e contaminare il vestito di Ginevra che, raccolto il filo dei pensieri, stava correndo da Jimmy. La polvere del viale fa slittare l’ambulanza sul selciato, aumentando il tempo di frenata; come a volte accade, ciò che richiama tutti alla realtà non è mai quel che ti aspetti. L’antifurto dell’auto di Brian, colpita al parafanghi dalla manovra azzardata del mezzo di soccorso, riporta tutti in questa dimensione; mentre i paramedici smontano dal predellino Ginevra — ora lo vede, Matt, il proprio sangue ed il suo, che esce a fiotti da un lungo taglio sul braccio — sta già praticando un massaggio cardiaco. Non piange.
Sente qualcuno dire “serve una volante della polizia e del personale ospedaliero specializzato in contenimento; abbiamo almeno due feriti ed un uomo in stato di incoscienza.”

 

Più tardi

Johnny è in piedi in uno spazio così bianco che sembra l’anticamera del purgatorio.
Si appunta mentalmente che non intende assistere mai più ad una lite tra sorelle, specie se una delle due è affetta da un disturbo borderline della personalità.
Jimmy respira dentro una mascherina, incazzatissimo. Kelly fissa il vestito che Ginevra si è tolta come se vedesse per la prima volta una stoffa; ora lei ha un abito azzurro decisamente troppo elegante per una stanza d’ospedale ed una spessa fasciatura sul braccio sinistro. La lama ha mancato di poco una vena importante, hanno detto. Shadows, accasciato su una sedia a torso nudo, si lamenta virilmente del dolore al fianco con quattro infermiere che hanno tutta l’aria di stare per togliersi le mutande. Brian sta appollaiato come un corvo di sale sopra il davanzale dell’unica, grande finestra, e guarda fuori. Nel silenzio di tomba, il più a disagio di tutti è Richard; in camicia e pantaloni di lino, trattiene a stento la rabbia e l’oltraggio. Parla a Gin senza guardarla.
“Delia straparlava, quando mi ha chiamato. L’hanno sedata, quindi?”
“Sì. I miei sono di là con lei.”
“Ma cosa le è preso? Una crisi psicotica?”
“Qualcosa del genere.”
“Beh, per fortuna ora è tutto sotto controllo. Dovresti venire a casa a riposare un po’.”
Gin sospirò. “Grazie per il cambio d’abito, Rick. Più tardi verrò a prendere le mie cose.”
“Ma cosa dici? Per andare dove?”
“Da me.”, disse Zacky. Aveva un caffè in mano e nessuna voglia di discutere.
“E tu sei?”
“Zachary Baker. Il vecchio amico di Ginevra.”
“Ah, certo.”
“Tu invece sei Dick, giusto?”
“Rick.”, lo corregge, “Andiamo, Gin. Sei chiaramente sconvolta, possiamo parlarne a casa con calma.”
Le cinge le spalle con un braccio e viene colto da una voce che non ammette repliche.
“Toglile le mani di dosso.”
Rick si volta, molto lentamente, verso la barella; gli occhi di Jimmy gli bucano il cranio.
“Non farmelo ripetere, Dick”, gli dice, “Toglile le mani di dosso e vattene.”
Lui si lascia andare ad una risata nervosa, ma si allontana.
“Non affaticarti, ti prego”, dice Gin, avvicinandosi a Jimmy. Che la ignora. Sta ancora fissando Rick, carico di disprezzo.
“Cos’è, vuoi fare a botte?”
“Non ti conviene. Non farti ingannare dall’ossigeno.”, ribatte Jimmy. Lui non gli ha chiesto chi è, — lo sa benissimo, — e l’aria si fa carica di tensione. Kelly si stringe d’istinto a Gin, Brian è sceso dal davanzale; perfino Shadows ha disperso le infermiere e si è alzato in piedi.
“Va bene”, dice Rick, “Ti chiamo. D’accordo, tesoro?”
Gin non risponde. Per la prima volta, in una vita che le sembra lunghissima, si sente al sicuro. Quando l’uomo lascia la stanza, Johnny riprende a respirare. Il silenzio si fa più morbido. Infine, parla: “Jimmy, cos’hanno detto i medici, comunque? Hai una cardio…?”
“Cardiomegalia.”, gli risponde lui. Ginevra gli si siede accanto, sfiorandogli la mano, e lui la stringe nella sua: “E per fortuna l’hanno scoperto. Altrimenti, mi sa che con i miei ritmi non mi restava molto tempo. E sarebbe stato un vero peccato.”
“Tu sei immortale, stronzo.”, sorride Brian, in controluce.

 

 

 
   
 
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