9:30 del mattino.
È una fredda mattina di novembre e siamo da qualche parte in Italia.
Tra la quantità di persone che aspetta i genitori o gli amici agli arrivi dell'aeroporto c'è un ragazzo biondo.
Non indossa abiti particolari: solo un lungo cappotto grigio, un paio di blue jeans e un paio di Nike bianche.
La cosa peculiare che tutti notano è però il cartello che tiene in mano: è bianco come le sue scarpe, e le parole che ci sono scritte non dicono niente a nessuno di quelli che lo vedono.
Succede che alcune persone si fermino e gli chiedano: "Chi stai aspettando, ragazzo?"
"Amici" risponde lui, educatamente "Vengono da una remota città degli Stati Uniti..."
"Deve essere davvero remota, perché non ne ho mai sentito parlare"
Il ragazzo sorride: "Sono un po’ triste per te ..."
E ora potreste chiedervi: dove ci stai portando con questa introduzione?
Ebbene, il ragazzo che si trova agli arrivi sono io, il nome che è scritto sul mio cartello è “South Park” e questa è la storia di come ho vissuto l'anno più bello della mia vita.
Tutto è iniziato un giorno di due anni fa, quando ho scoperto il favoloso mondo degli scambi scolastici: consideravo l'idea di partire per gli Stati Uniti e vivere il “sogno americano” per un anno come la migliore che avessi mai avuto nella mia vita.
Ho fatto domanda per un posto e l'ho sorprendentemente vinto: potete immaginare la mia delusione quando ho visto il nome di una sconosciuta e tranquilla cittadina di montagna in Colorado invece di quello di N.Y., L.A. e tutte quelle città americane con un soprannome famoso.
Ma ho deciso che il mio anno di scambio era l'occasione per maturare e accettare ogni sfida che il mondo decidesse di mettermi davanti.
Un anno e due mesi fa ho lasciato la mia città dallo stesso aeroporto di cui vi ho parlato prima: i volti dei miei genitori erano pieni di lacrime e mi hanno fatto interrogare sulla mia scelta, ma ho resistito e ho preso l'aereo.
Non avevo idea di cosa aspettarmi, ma le mie domande stavano per ricevere una risposta...