Capitolo 3: I want my tears back
Where
is the wonder where's the awe
Where are the sleepless nights I used to live for
Before the years take me
I wish to see
The lost in me
I want my tears back
I want my tears back now!
(“I
want my tears back” – Nightwish)
La vita a Kattegat stava diventando sempre
meno quello che Aethelred si era aspettato quando la immaginava in Wessex o ne
parlava con Hvitserk. Quel bel rapporto cameratesco che si era sviluppato
mentre viveva insieme ai vichinghi, nella loro casa, si stava spezzettando e
non certo per colpa sua.
Lagertha ora abitava fuori Kattegat, in una
fattoria, e aveva legato con altre donne che vivevano nelle vicinanze, vedove
sole con figli piccoli che si erano affidate alla sua protezione. Torvi e Ubbe
stavano spesso con lei insieme a Hali e Asa, i figli che Torvi aveva avuto da
Bjorn… però Aethelred sapeva che il vero desiderio della coppia era partire per
terre lontane e magari stabilirsi in una di esse, fondando una nuova colonia.
Il Principe andava spesso a trovarli, soprattutto per vedere Lagertha, e si era
detto disposto a organizzare una piccola scorta di uomini per proteggere lei e
le altre donne, ma certo non era come quando abitavano tutti insieme e si
vedevano ogni giorno.
E poi Hvitserk non c’era quasi mai, spariva
per ore e ritornava frastornato e irriconoscibile. Non aveva mai voluto
accompagnarlo a far visita a Lagertha, non era mai disponibile quando c’era da
fare qualche lavoretto alla fattoria… insomma, pareva diventato del tutto un’altra
persona rispetto al ragazzo allegro, vivace e sorridente di cui si era
innamorato in Wessex.
Il giorno prima, tanto per dirne una,
Aethelred aveva trovato Hvitserk sulla spiaggia, tutto bagnato e sconvolto
mentre pioveva a dirotto. Gli aveva parlato, gli aveva chiesto che cosa stava
facendo e perché era così turbato, ma la risposta del giovane vichingo era
stata poco meno che incomprensibile.
“C’era Grethe, la sorella di Thora… era lì,
davanti a me, straziata dal fuoco, e mi accusava di non averla salvata…” aveva
mormorato.
Accompagnandolo verso la dimora reale per
farlo riprendere e asciugare, Aethelred aveva cercato di farlo ragionare senza
molto successo.
“Aspetta un attimo, mi staresti dicendo che
hai visto la sorella di Thora, quella che Ivar ha fatto bruciare viva?”
“Sì… la vedo spesso, vedo lei, vedo mia madre
trucidata” aveva risposto Hvitserk.
“Cioè, vorresti farmi credere che tu vedi la gente morta?” aveva chiesto il
Principe, piuttosto scettico.
“Vedo anche Ivar” era stata la consolante
risposta del vichingo.
“Ah, ecco” Aethelred aveva ritenuto opportuno
concludere la questione, chiaramente Hvitserk non era in sé… anche se non
sembrava ubriaco.
Il giovane, ovviamente, nulla sapeva dei
funghi allucinogeni e dei trip che
Hvitserk si faceva da mattina a sera!
Quella sera Aethelred decise di parlare con
Bjorn a proposito della situazione di Lagertha e delle donne che vivevano con i
figli piccoli in quei luoghi isolati.
“Vorrei avere delle guardie che sorveglino
quelle zone” spiegò Aethelred. “Sono preoccupato non soltanto per le donne, ma
anche perché mi sono accorto che quei posti sono incustoditi. Se veramente Ivar
fosse rimasto nei paraggi e avesse trovato un esercito alleato potrebbe
decidere di attaccare proprio da là per poi spingersi fino a Kattegat.”
“L’ossessione di Hvitserk per Ivar ha
contagiato anche te?” domandò Bjorn.
“Io non lo vedo da tutte le parti come lui,
ma è indubbio che sia da qualche parte, che stia cercando alleati e che la sua
intenzione sia quella di provare a riconquistare Kattegat” replicò il Principe.
“Sì, probabilmente hai ragione, ma non ho
così tanti uomini” obiettò Bjorn. “Tra pochi giorni partirò con un esercito per
andare in soccorso di Re Harald e Kattegat avrà meno soldati a disposizione per
la difesa, non posso indebolirla ulteriormente. Sono sicuro che mia madre sarà
in grado di opporsi a qualsiasi minaccia.”
Anche a un esercito intero?, si domandò Aethelred, ma preferì non innervosire Bjorn
che già sembrava teso di suo.
“Forse il problema è proprio questo” tentò
invece. “Sei davvero sicuro che sia una buona idea quella di partire in
soccorso di Re Harald lasciando Kattegat senza un esercito e senza il suo Re?
Chi governerà la città? Chi organizzerà le difese? Anche Ubbe vuole partire nei
prossimi giorni. Insomma, avete fatto tanto per riconquistare questa città e
ora ve ne volete andare tutti?”
“Ubbe vuole esplorare nuove terre, è un
vichingo, è la nostra natura. Io invece non vorrei lasciare Kattegat proprio
ora, ma Harald ha chiesto il mio aiuto” rispose Bjorn. Si vedeva benissimo che
le responsabilità lo stavano schiacciando, che non aveva la minima voglia di
andare a salvare Harald ma piuttosto avrebbe desiderato partire con Ubbe per
nuove avventure… ma adesso era il Re e non poteva più permettersi certi colpi
di testa. “Rimarranno Gunnhild e Hvitserk a governare la città e io cercherò di
tornare presto.”
“Chi?” fece Aethelred, caustico, lanciando un’occhiata
veloce al giovane vichingo che se ne stava davanti al fuoco nella stanza
accanto, con in mano l’inseparabile boccale di idromele (che lo aiutava a
mandar giù i funghi…), i capelli sciolti e scarmigliati sulle spalle e gli
occhi iniettati di sangue.
Bjorn seguì lo sguardo del Principe.
“Sì, beh, Gunnhild, allora. E anche tu, eri
abituato a governare accanto a tuo fratello nel Wessex, no? Magari chiederò a
Ubbe di rimandare la partenza e di occuparsi di Kattegat… e di Hvitserk… fino
al mio ritorno” disse poi. “Immagino che non farete peggio di quanto stia
facendo io.”
“Non sentirti in colpa, non è facile fare il
Re, soprattutto per uomini come te e me che sono più adatti alla battaglia che
alla diplomazia” lo incoraggiò Aethelred. “Stai facendo del tuo meglio e noi ti
aiuteremo. Tuttavia mi sentirei più tranquillo se potessi avere un piccolo
gruppo di uomini per sorvegliare la zona in cui vive Lagertha…”
“Va bene, cercherò di trovare qualcuno”
concesse Bjorn, “però sarai tu a organizzare i turni di guardia e tutto il
resto.”
“Non c’è problema, tu non dovrai preoccuparti
di niente. Ti ringrazio, Bjorn” disse Aethelred, soddisfatto. “Chissà, magari
potrei coinvolgere anche Hvitserk in questo compito, forse si sta lasciando
andare perché pensa di essere inutile e che voi non lo consideriate.”
“Sì, provaci, magari a te darà pure ascolto”
ribatté Bjorn, ma lo sguardo che lanciò verso il fratello diceva tutto il
contrario.
Contento di aver ottenuto ciò che voleva,
Aethelred salutò Bjorn e fece per andare nell’altra stanza, dove Gunnhild, nel
frattempo, si era avvicinata a Hvitserk e cercava di parlare con lui. La donna
era impietosita e preoccupata e, ascoltando i suoi discorsi deliranti sui
fantasmi che vedeva e su Ivar che lo spiava ovunque andasse, rimase ancor più
allibita.
Tuttavia, in mezzo a tante assurdità, il
giovane ritrovò la lucidità per dirle almeno una cosa che avesse senso compiuto
e si forzò perfino di sorriderle.
“Aspetti un bambino, vero?” le domandò.
“Sì” mormorò Gunnhild.
Chissà se glielo avevano detto le voci? O i
fantasmi, magari?
“Ho sempre voluto avere un figlio” continuò
Hvitserk, che forse non stava neanche più parlando con la Regina. “O una
figlia, magari, non importa. Mi sarebbe bastato… qualcuno da amare e che mi
amasse per quello che sono…”
Addolorata e commossa, Gunnhild lo abbracciò
e Hvitserk ricambiò l’abbraccio, poi la donna si allontanò con una delle sue
serve.
Aethelred, però, aveva assistito alla scena e
aveva ascoltato le ultime frasi che i due si erano scambiati. Adesso fissava il
giovane con uno sguardo ferito e pieno di dolore.
Hvitserk aveva detto a Gunnhild di aver
sempre voluto avere dei figli, ma a lui aveva detto il contrario.
Il Principe lo aveva incoraggiato a partire
con Thora, a sposarla e a formare una famiglia con lei, lontano dai pericoli e
dai problemi causati da Ivar, in pace e serenità nella colonia dell’Anglia
Orientale. Hvitserk, però, aveva rifiutato dicendo che non aveva mai desiderato
una famiglia, che non voleva prendersi le responsabilità di padre e marito e
che voleva stare con lui, che era solo lui a renderlo felice.
Ecco, questo era il risultato. Hvitserk
sembrava tutto meno che felice…
Ed era solo colpa sua.
“Perché non sei stato sincero con me,
Hvitserk?” gli domandò Aethelred, facendolo sobbalzare perché non si era
nemmeno accorto della sua presenza e, probabilmente, lo aveva preso per un
altro dei suoi fantasmi.
“Aethelred… sei tu” mormorò il ragazzo. “Di
che cosa stai parlando?”
Chiaramente Hvitserk credeva che il Principe
avesse sgamato lui e la storia dei funghi allucinogeni, ma la questione era un’altra.
“Ti ho sentito, hai detto a Gunnhild che hai
sempre voluto avere dei figli. Perché non mi hai detto la verità? Io ti avevo
lasciato libero, potevi seguire Thora, farti una famiglia e tu mi hai
assicurato che non ti interessava! Mi hai mentito per non ferirmi, sei rimasto
con me per non darmi un dolore… ma adesso stai malissimo, ti ubriachi, dici di
vedere i morti, e tutto questo perché non hai fatto quello che volevi veramente
fare” disse Aethelred, cercando di restare calmo ma senza riuscirci più di
tanto.
“Ma… no… che stai dicendo? Senti, forse è
meglio che ne parliamo in camera” propose Hvitserk, rialzandosi faticosamente. “Ho
già dato abbastanza spettacolo qui… e poi Ivar ci sta ascoltando.”
Aethelred lanciò un’occhiata verso l’angolo
della stanza dove, secondo Hvitserk, il fratello li stava spiando e ovviamente
non vide nessuno.
“Sì, credo che ne dovremo parlare seriamente,
stavolta” convenne.
I due andarono verso le loro stanze, con
Aethelred che sosteneva il giovane vichingo e si sentiva il cuore trafitto da
mille aghi al pensiero che il ragazzo che amava fosse in quelle condizioni per
colpa sua.
Arrivati in camera, Hvitserk si lasciò cadere
sul letto, esausto.
“Non so cosa credi di aver sentito, ma io…”
“Senti, non sono io quello che è convinto di
sentire le voci!” lo interruppe il Principe. “Ti ho inteso benissimo. Hai confidato
a Gunnhild di aver sempre voluto dei figli, e allora perché non sei partito con
Thora come ti avevo detto? Perché non ti sei formato una famiglia se era quello
che volevi? Per non farmi del male, forse? Ma non lo capisci che non c’è niente
che mi faccia più male che vederti… così?”
Nella nebbia che ottundeva la mente di
Hvitserk si fece strada un barlume di comprensione.
“Aspetta… mi stai dicendo che credi che io stia male perché sarei
voluto partire con Thora?”
“E’ praticamente quello che hai detto a
Gunnhild” replicò Aethelred.
“Ma non è così! Io… io sto solo cercando di
capire quale sia il mio destino, che cosa gli dei vogliono che io faccia… è per
questo che mi sento inutile e… vedo i fantasmi perché… perché sto cercando di
parlare con gli dei!”
Logico, no?
“La volontà degli dei, il destino… accidenti,
Hvitserk, quando parli così mi ricordi mia madre!” esclamò il Principe. “Come
puoi presumere di sapere quale sia la volontà dei tuoi dei? Nessun uomo può
sapere quale sia il suo destino! Nessun uomo può parlare con Dio, o con gli
dei, qualunque sia la sua religione.”
“Io ho trovato un modo…”
Sì, e quello era il bel risultato!
“Non esiste
un modo per parlare con le divinità, non è concesso ai mortali” lo interruppe
di nuovo Aethelred. “E’ Dio a metterti sulla strada che vuole che tu percorra
o, nel tuo caso, sono i tuoi dei a farlo. Non vengono a dirtelo in faccia! E tu avevi la possibilità di sposare Thora, di
partire per l’Anglia Orientale e di avere dei figli, di vivere in pace, di
avere, come hai detto tu, qualcuno da amare. Dio ti ha dato quell’opportunità…
i tuoi dei, se preferisci, ma tu l’hai gettata via e ora guarda come sei
ridotto! Nessuno voleva questo da te, né Dio, né Odino, né tanto meno io!”
Hvitserk sembrava riacquistare una certa
lucidità davanti alla disperazione di Aethelred. Lo prese per le spalle e lo
attirò a sé.
“Io non ho seguito Thora perché non volevo andare con lei, volevo stare
con te. Non l’ho fatto per te e non l’ho fatto per gli dei. Io volevo stare con
te e lo voglio anche adesso” dichiarò il giovane vichingo, tirando fuori il
discorso più lungo e ragionevole che fosse riuscito a imbastire da settimane. “Voglio
stare con te perché ti amo,
Aethelred, e non è certo colpa tua se sto così male, anzi, tu sei l’unica
persona importante della mia vita, l’unico che mi aiuta a resistere. Lo so che
non ti merito e che dovrò compiere il mio destino per essere degno di te, ma io
voglio farlo per stare con te, perché voglio vivere con te. Non mi importa di
nessun altro. E sì, magari mi sarebbe piaciuto avere dei figli, ma posso
rinunciarci perché tutto ciò che voglio è stare
con te.”
E, chissà, magari temendo di non essere stato
chiaro a parole, Hvitserk decise di dimostrare a Aethelred quanto fosse vero
ciò che aveva appena detto. Lo strinse a sé e lo spinse sul letto, incollato a
lui; lo baciò a lungo, languidamente e profondamente, accarezzandolo e
abbracciandolo come se non dovesse smettere mai. Premuroso e attento a evitare
qualunque cosa potesse turbarlo ulteriormente, il giovane vichingo si insinuò
in lui con la maggior delicatezza possibile, perdendosi in Aethelred fino a
smarrire persino se stesso… e questa volta non per via degli allucinogeni! Il
Principe non riuscì a sollevare altre obiezioni, confuso e sbigottito, si
lasciò prendere e accolse Hvitserk con timida dolcezza, mentre i loro corpi si
donavano reciprocamente affetto e passione.
Anche quando tutto fu finito, i due giovani
rimasero stretti l’uno all’altro, come se temessero di perdere ciò che avevano
appena ottenuto se solo si fossero allontanati un poco. Hvitserk accarezzava
con tenerezza i capelli di Aethelred, tenendolo abbracciato, avvolto e al
sicuro.
Al sicuro, sì, disse
silenziosamente alla figura di Ivar che solo lui poteva vedere appostata nell’oscurità.
Ti troverò e ti ucciderò. Non riuscirai a
fare del male a Aethelred, non mi strapperai la persona che amo di più al
mondo. Aethelred è mio e io lo proteggerò sempre da te!
Il tacito giuramento parve tranquillizzare
Hvitserk che, finalmente, cadde addormentato con il suo Principe stretto tra le
braccia.
Fine capitolo terzo