Dolce.
Diana sorrise, sollevando appena gli angoli della bocca. Il suo piano aveva avuto effetto. Lo capì dall'espressione sorpresa nel viso del ragazzo, che sbatté le palpebre osservando il liquido dentro la tazza come se cercasse l'inganno dietro a quello strano intruglio.
Avrebbe voluto scoppiare a ridere, ma si trattenne.
Jungkook aveva occhi più grandi rispetto al resto delle persone che aveva incontrato in quel continente. Solitamente, quelli dei popoli orientali erano sottili e costantemente socchiusi a causa del loro taglio così allungato. Quelli del ragazzo invece erano scuri e brillanti come quelli di un cerbiatto, contornati da folte ciglia che ne enfatizzavano ancora di più l'espressività.
Doveva essere appena più giovane di Diana. Eppure in quel momento aveva lo stesso sguardo di un bambino davanti ad uno spettacolo di giocolieri in piazza.
-È... buono. Grazie- mormorò flebilmente, riprendendo a sorseggiare il liquido caldo.
La giovane piegò lievemente il capo tentando di trattenere la soddisfazione. Lo sapeva. Il fiore che aveva aggiunto all'infuso aveva un retrogusto dolce, simile al miele, che le aveva permesso di mitigare il sapore pungente dello zenzero.
-Oggi...
Abbassò il capo guardandosi le mani. Qual'era la parola? Aveva sentito parlare Seokjin così tanto che avrebbe dovuto conoscere almeno una base di conversazione, ma i termini le sfuggivano dalla mente non appena tentava di portarli sulla lingua.
-Uhm... oggi... freddo- disse con incertezza, inciampando leggermente sull'ultima parola.
Jungkook sollevò i grandi occhi su di lei, guardandola con aspettazione.
-Quella...- aggiunse indicando la tazza fra le sue mani -... mmh, protegge... tu freddo.
Non appena ebbe concluso la frase, sbuffò esasperata. Era frustrante. Molto frustrante. Probabilmente il ragazzo non aveva neppure capito cosa voleva dire nel suo modo maldestro di spiegare.
Voleva semplicemente dirgli che l'aveva preparata per aiutarlo a non raffreddarsi troppo, dato che passava tutta la giornata all'esterno. Lo zenzero gli avrebbe scaldato il corpo e avrebbe anche allontanato i malanni.
Ovviamente, però, con la sua limitata conoscenza della lingua non riusciva a spiegare neppure una cosa così semplice.
Diana si morse il labbro inferiore, abbassando il capo imbarazzata.
-Grazie.
Quando tornò a guardare il giovane, lo trovò con la tazza vuota fra le mani e lo sguardo lontano da lei. Giocherellò brevemente con la ceramica scura, prima di porgergliela timidamente e farle un cenno del capo. In segno di ringraziamento, immaginò lei.
Non sapeva come rispondere. Era evidente.
Non era difficile capire quel ragazzo. Era il tipo di persona che ragionava con il corpo. Poteva affrontare problemi esterni e minacce fisiche senza indugio. Il suo istinto guidava la sua persona in maniera più che efficiente.
Il problema era, molto probabilmente, che non sapeva come risolvere situazioni che richiedevano ragionamento e interpretazione. In casi come quelli, quindi, il ragazzo si trovava spaesato.
Diana lo capì, perciò sorrise e prese la tazza dalle sue mani, chinando il capo a sua volta.
Il principe era silenzioso.
Fastidiosamente silenzioso.
Non che solitamente fosse un eloquente oratore. Non si spendeva a fare più di qualche commento durante i pasti, passando piuttosto il tempo a mangiare con calma un boccone alla volta.
Il silenzio non era una novità.
Eppure quella mattina l'uomo sembrava essersi chiuso dietro una barricata. Dal momento in cui aveva messo piede nella cucina, il suo intero essere prese a gridare ai presenti "Non rivolgetemi la parola". Lo si capiva dalla curva chiusa delle spalle. Dallo sguardo assonnato ma freddamente minaccioso nei suoi occhi. Dalla linea stretta e piatta in cui erano tese le labbra.
Lo avevano intuito tutti. Difatti, nessuno lo interpellò. Il cuoco spinse la ciotola verso il signore senza piccati rimproveri o domande impertinenti. Hoseok non gli chiese come intendeva trascorrere la sua giornata. E Jungkook... beh, Jungkook continuò a divorare avidamente il suo pasto, come era solito fare.
Diana, però, sentiva l'energia nervosa della persona accanto a sé raggiungerla come un'alta marea. Doveva essere quella cosa che il maestro Jian chiamava aura. Diceva che era una sorta di estensione dell'anima di una persona, una manifestazione esterna di ciò che si nascondeva all'interno. Più erano forti i sentimenti di un individuo, più questi si manifestavano nell'ambiente circostante.
Per la prima volta nella sua vita, Diana ebbe la netta sensazione di percepire l'aura di una persona. Era come se le emozioni del principe fossero un fuoco che ricopriva il suo corpo; spinoso, nero, denso di irritazione e malumore.
Ma perché?
Era per quello che era successo il giorno prima?
La ragazza aveva capito che la questione del suo esilio era un argomento delicato per lui... ma non capiva. Ci doveva essere di più. Non era sufficiente a spiegare la diffidenza dietro alla quale si chiudeva. Non spiegava l'oscurità che sembrava essere diventata una parte inscindibile di lui.
-Oggi non studieremo. Riprenderemo le lezioni domani- eruppe improvvisamente l'uomo, appoggiando le bacchette dentro alla sua ciotola.
Diana rimase per qualche istante con il boccone per aria, contemplando il profilo indifferente al suo fianco.
Era davvero così tanto suscettibile?
-Ah, voi lasciate lei libera oggi? Bene. Allora tu aiuta me fare bucato. Jungkook consuma vestiti come io mangio kimchi.
L'esclamazione di Seokjin la incentivò a distogliere lo sguardo dal suo insegnante e annuire brevemente.
Almeno si sarebbe sentita utile. Almeno avrebbe fatto qualcosa di produttivo, invece di sprecare la giornata a causa del cattivo umore di una certa persona.
Diana si trattenne dallo sbuffare sonoramente e corrucciare le sopracciglia. Non sarebbe stato saggio mostrare il suo disappunto così apertamente.
-Hai qualcosa da dire?
Rimase congelata sul posto. La voce crepitante aveva un qualcosa di misteriosamente ruvido quella mattina. Era pungente come un sacco rovinato. Ma, sopratutto, si rivolgeva proprio a lei. Come se avesse potuto leggere i suoi pensieri.
Doveva togliersi da quella situazione. E in fretta.
-No, mio signore.
Si voltò, mantenendo lo sguardo pudicamente basso e chinando appena le testa in un gesto di rispetto. Infine, sorrise, tendendo le labbra in una linea morbida che avrebbe messo in evidenza i suoi zigomi rosei.
Lanciò brevemente un'occhiata al suo interlocutore e vi lèsse esattamente quello che si aspettava. Irritazione. Era contrariato dai suoi modi eccessivamente ossequiosi. Ovviamente.
Ma non le importava.
L'uomo, a quel punto, si alzò bruscamente e lasciò la stanza, chiudendo la porta dietro di sé con un tonfo sordo.
-Aish!
Seokjin scosse il capo con un'espressione contrariata sul viso, arricciando le labbra mentre sollevava davanti agli occhi una casacca sdrucita.
-Quel ragazzo! Io no faccio tempo a cucire nuovo vestito che lui già distrutto. Lui muove come tigre e ogni volta strappa tutto! Io stufo!
Emettendo aria con un lungo, irritato sbuffo, il cuoco si alzò in piedi prendendo una pila di vestiti fra le braccia.
-Io vado cucire toppe su panni di capra, anche se lui non merita. Tu lavorare sola?- chiese guardando le sue mani arrossate immerse nell'acqua fredda.
Diana annuì con un lieve sorriso e osservò l'uomo che si allontanava borbottando fra di sé, probabilmente pronunciando altri colorati insulti contro il ragazzo.
Non appena fu sparito, la giovane roteò il capo all'indietro nel vano tentativo di alleviare il bruciore al collo. Non aveva trascorso molto tempo chinata sul bacile a strofinare la stoffa, ma il suo corpo iniziava già a dare segni di stanchezza.
Eppure non le dispiaceva.
Come era stato quando si trovava nella piccola catapecchia di Chong-eun, aveva ritrovato il conforto del lavoro manuale. Quel balsamo per la sua mente aveva allontanato l'irritazione generata dal misterioso comportamento del signore e aveva permesso a tutte le domande accumulatesi nella sua testa di ricevere ordine e attenzione.
Nonostante le dita arrossate e screpolate, il freddo che si intrufolava dentro alla sua casacca e le irrigidiva le membra e il bruciore alla base del cranio, la sua mente non era mai stata così limpida come in quel momento.
Sembrava che più le condizioni esterne fossero avverse e gravose per il suo corpo, più la sua anima si schiariva.
Dopo aver terminato di strofinare dei pantaloni sporchi di fango, probabilmente sempre appartenenti a Jungkook, fece una breve pausa.
Si trovava nel cortile che solitamente il ragazzo usava per allenarsi e il gelo dell'ambiente esterno stava congelando la sua fronte imperlata di sudore. Doveva andare avanti ma le braccia erano diventate molli e prive di forze, mentre la schiena sembrava non riuscire a raddrizzarsi.
Diana cercò di ricordare le lavandaie che si radunavano ai lavatoi vicino al mercato. Le vedeva sempre le mattine che andava in piazza. Erano lì per ore e ore, col caldo torrido e con il gelo più rigido, a strofinare senza sosta ridendo fra di loro con le gote rubiconde per lo sforzo.
Ricordava. Ricordava che ogni volta cantilenavano qualcosa. Canzoni popolari. Motivetti ripetitivi.
Forse anche lei sarebbe riuscita a continuare a lavorare con la musica. Ricordava una canzone che un musico suonava spesso durante le mattine soleggiate di primavera. Anche se il mercato era un groviglio rumoroso di urla e schiamazzi, quando quel musico iniziava a pizzicare il suo liuto il mondo sembrava zittirsi per rimanere ad ascoltare con il fiato sospeso.
-Per chi non fraintenda
Narra la leggenda
Di quella gitana
Che pregò la luna
Bianca ed alta nel ciel
Mentre sorrideva
Lei la supplicava
Fa che torni da me
Diana ricordava ogni parola. La prima volta che aveva sentito quella canzone, era rimasta con le labbra dischiuse fino a che lo strumento non si era zittito e la folla non era esplosa in richieste di altre storie.
-Tu riavrai quell'uomo
Pelle scura
Con il suo perdono
Donna impura
Però in cambio voglio
Che il tuo primo figlio
Venga a stare con me
Chi suo figlio immola
Per non stare sola
Non è degna di un re
Amava quella storia. Amava quella melodia. Se chiudeva gli occhi, aveva perfino l'impressione di poter vedere la donna dalla pelle ambrata inginocchiata sotto al disco freddo della luna, con le guance rigate dalle lacrime e le labbra aperte in un'implorazione.
-Luna adesso sei madre
Ma chi fece di te
Una donna non c'è
Dimmi luna d'argento
Come lo cullerai
Se le braccia non hai
Figlio della luna
La canzone stava facendo il suo effetto. Il bruciore sembrava meno intenso e le braccia ritrovarono la spinta di energia che serbavano segretamente, dandole nuovo slancio per strofinare sempre di più man mano che la pila di indumenti calava.
-Nacque a primavera
Un bambino
Da quel padre scuro
come il fumo
Con la pelle chiara
Gli occhi di laguna
Come un figlio di luna
Questo è un tradimento
Lui non è mio figlio
Ed io no, non lo voglio
Un figlio di luna. Le ricordava qualcuno. Qualcuno con la pelle fredda e bianca come la luce dell'astro. Con i capelli scuri come la notte.
-Il gitano folle
Di dolore
Colto proprio al centro
Dell'onore
L'afferrò gridando
La baciò piangendo
Poi la lama affondò
Corse sopra il monte
Col bambino in braccio
E lì lo abbandonò
Sin dalla prima volta che aveva sentito la storia, Diana non aveva provato pietà per la gitana.
No, Diana non aveva amato la storia per la donna e per il suo amore folle.
Lei ascoltava la storia per il figlio.
-Luna adesso sei madre
Ma chi fece di te
Una donna non c'è
Dimmi luna d'argento
Come lo cullerai se le braccia non hai
Figlio della luna
Diana era troppo immersa nella melodia. Troppo assorta nel suo frenetico strofinare per accorgersi degli occhi scuri, del volto pallido come la luna che si era affacciato sul cortile e la osservava silenziosamente.
-Se la luna piena
Poi diviene
È perché il bambino
Dorme bene
Ma se sta piangendo lei se lo trastulla
Cala e poi si fa culla
Ma se sta piangendo lei se lo trastulla
Cala e poi si fa culla
Quel bambino nato sotto circostante avverse, da genitori indegni. Quel bambino che non aveva colpa. Quel bambino che era stato premiato, trovando le braccia di una madre che lo avrebbe amato.
Quando abbassò la mano per afferrare un nuovo indumento, sentì solo l'erba rigida sotto le dita. Aveva terminato. Senza neanche accorgersene.
Con un sorriso soddisfatto, si asciugò il sudore sulla fronte con la manica e iniziò a sollevarsi sulle gambe stanche. Raddrizzò la schiena, che schioccò sonoramente dal fastidio, e sollevò il capo.
Si bloccò.
Il principe la guardava con gli occhi socchiusi ma attenti.
-Era la tua lingua quella?
Diana, con il cuore martellante nel petto e incapace di rispondere, annuì semplicemente, abbassando il viso imbarazzata.
-Di che parla la canzone?
La giovane piegò lievemente il capo, osservando l'uomo di sbieco. L'irritazione sembrava essersene andata dal suo viso, lasciando il posto a semplice e pura curiosità.
-Parla di...
Diana spalancò gli occhi.
-Parla dell'amore di una donna e del patto che fa con la luna per poter riavere il suo amato.
C'era un motivo se il principe era stato allontanato così facilmente dal palazzo reale.
-La luna aiuta la donna ma in cambio lei le dovrà donare suo figlio.
C'era un motivo per cui nessuno aveva evidentemente pensato di deporre il re pazzo dal suo trono. Non poteva essere solo un manipolo di consiglieri corrotti che sfruttava la situazione... c'era qualcosa che impediva la detronizzazione.
-Quando la donna dà alla luce il bambino, questo non assomiglia al padre. Per questo motivo, l'uomo... uccide la sua amata e abbandona il figlio.
Gli occhi curiosi erano diventati tempestosi. Violenti e irrequieti, feriti.
Il principe abbassò il capo, facendo scivolare le lunghe ciocche scure sul suo petto. Diana vide quell'impercettibile piega di sofferenza che per un istante, un lampo nel cielo, gli attraversò la bocca.
-Buffo. Questa storia...- gli occhi scuri saettarono lontano da lei, sfuggenti come topi.
-... mi pare familiare.-
Aveva ragione.
Il motivo dietro all'oscurità che ammantava la figura di quell'uomo.
Il principe non poteva essere re. Lui era... un figlio illegittimo.
-Volevi sapere perché sono stato esiliato?
Diana, troppo presa dal pensiero che rimbombava nella sua mente, si accorse appena di quello che il principe le disse.
-Come prego?
L'uomo si voltò lentamente, muovendosi verso la porta scorrevole.
-Torna dentro e preparami una tazza di tè. Se sarà di mio gradimento, ti racconterò che cosa è successo veramente.
ANGOLO AUTRICE
BAM BAM BAAAAAAM!
Eh già. Nel prossimo capitolo inizieremo a vedere che cosa è successo davvero a Yoongi. Dai, non vi ho fatto aspettare così tanto. E comunque, dato che non riuscivo a trovare canzoni popolari del cinquecento, ho finito per usare il testo di quella dei Mecano, Figlio della luna XD. Ci azzeccava troppo nella storia e suona propio come una ballata rinascimentale. Se la volete ascoltare vi lascio il link https://youtu.be/0iU5Snr_D44