Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Marti Lestrange    10/02/2021    6 recensioni
L’Istituto Correttivo per Giovani Maghi e Streghe di Haydon Hall non è un bel posto, e basta una sola occhiata per dirlo, ma James Sirius Potter è costretto a trascorrervi un intero anno, per scontare una punizione che in fondo sa di meritare. Quando mette piede nella Scuola non si aspetta, però, che l’atmosfera da incubo lo trascinerà in un incubo vero, con radici profonde in parti della storia magica che nessuno vuole più ricordare, segreti di famiglia e purezza di sangue, lacrime e morte. Una storia in cui la giovane Emma Nott, studentessa ribelle appena arrivata alla Scuola, non può non rimanere invischiata, il richiamo del suo stesso sangue troppo forte per opporsi.
[ dal testo: Nessuno sa quando tutto è cominciato, qui alla grande casa. C’è chi dice che l’inverno del 1981 sia stato uno dei più duri, sia per coloro che vivevano al villaggio, sia per chi abitava tra queste mura fredde e spoglie; c’è chi asserisce che non ci sia stata primavera più bella di quella che ne è seguita, quando cespugli di rose sono cresciuti, a maggio, nei giardini e tra le siepi, e si sono arrampicati sulla facciata ovest, per poi morire ai primi freddi successivi. ]
Genere: Horror, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James Sirius Potter, Michael Corner, Nuovo personaggio, Pansy Parkinson, Theodore Nott
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'GENERATION WHY.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

THE HAUNTING OF HEYDON HALL


 

CAPITOLO UNDICI

 

 

“Memorie e possibilità
sono addirittura
più spaventose
della realtà.”
H. P. Lovecraft, Herbert West, rianimatore

 

 

Heydon Hall, Norfolk, 22 settembre 2023

Emma uscì dalla cucina e si guardò intorno lungo il corridoio. Sembrava tutto sgombro. Fece qualche passo avanti, solo per lasciar cadere per terra la ciotola che aveva riempito di cibarie varie rubata dalla dispensa della signora Pince. 

«Cazzo!» esclamò, spaventata. «Archie! Per Salazar!»

Il suo amico la prese per un gomito e la trascinò verso una delle nicchie nel muro, e senza tante cerimonie, per giunta. Emma cercò di scrollarselo di dosso, ma senza successo: il ragazzo era più forte di quanto pensasse. 

«Mi vuoi lasciar andare?»

«Perché se no? Mi scateni addosso il fantasma di Heydon Hall?»

Emma strinse gli occhi mentre Archie si limitò a guardarla, tenendola ancora stretta per il gomito, quasi come se temesse che gli sarebbe potuta sfuggire da sotto il naso.

«Non sei divertente.»

«Lo so, ma sai anche che cosa non è divertente?»

Lei non replicò, non le sembrava una domanda che necessitasse una vera risposta, quella. 

 

[LO SFOGO DI ARCHIE]

 

«Non è divertente quando la tua nuova amica, quella che pensavi fosse diventata la tua migliore amica, mi correggo, ti sta evitando da giorni; quando ai pasti non si fa vedere; quando tenti di avvicinarla tra una lezione e l’altra ma lei sparisce sempre, svicola via come una biscia qual è; quando senti che qualcosa sta andando a puttane ma non puoi fare niente perché NON SAI NIENTE, niente di niente, e ti senti una comparsa sullo sfondo, inutile. Ecco cosa c’è di non divertente.»

Emma distolse lo sguardo e Archie la lasciò andare, e lei sentì improvvisamente freddo laddove lui le aveva poggiato una mano contro fino ad un secondo prima. Si rese conto di provare freddo da giorni, da quando, precisamente due giorni prima, aveva svelato una parte di quella verità dietro il mistero di Eliza, il fantasma di Heydon Hall; da quando si era ritrovata sola, ma solo perché era troppo codarda per accogliere nuovamente qualcuno nella sua vita. Credeva che fosse più facile, credeva che fosse più semplice. 

«Ora puoi scappare via come hai fatto altre volte», continuò Archie indicandole il corridoio oltre la statua. 

Questa volta, però, Emma alzò gli occhi su di lui. Non avrebbe pianto, no. Aveva pianto due giorni prima, e lei non era avvezza alle lacrime, non tanto quanto era comune. Solo che il modo in cui il suo amico la stava guardando glielo rendeva estremamente difficile. 

«Dicevi davvero, prima?» Archie alzò un sopracciglio, forse stupito e sorpreso di non vederla scappare via. «Quando hai detto che sono la tua migliore amica.»

Lo vide distogliere lo sguardo e alzare gli occhi al cielo. Si lasciò sfuggire un sorriso che suonò più come un ghigno. «Sì, ero fottutamente serio, signorina. Io sono sempre serio.»

Ora fu il turno di Emma di alzare gli occhi al cielo. «Da quando sei diventato così scurrile?»

«Da quando mi fai perdere la favella, mia cara. Esce fuori il ragazzino dei bassifondi che sono stato.»

Archie non le aveva mai parlato così bene della sua vita prima di Heydon Hall, non si era mai aperto con lei, e sotto quell’aspetto erano molto simili, due persone chiuse che cercano di sopravvivere al loro passato. 

«Scusa», continuò quindi lei guardandosi le scarpe. «Scusa se sono sparita.»

Lo sentì sospirare. «Mi sono preoccupato, Emma. Lo sono ancora adesso.»

 

[LE PREOCCUPAZIONI DI ARCHIE]

 

Lei si sedette alla base della statua della dea Atena e sospirò, torcendosi le mani. Archie la imitò e prese posto accanto a lei. 

«Ho parlato con Potter, ieri.»

Emma alzò la testa di scatto e si girò a guardarlo. Cosa voleva dire?

«Come?»

«L’ho cercato io, questa volta. Gli ho chiesto se sapeva cosa ti stesse succedendo, come mai mi evitassi, eccetera eccetera… Diciamo che mi ha solo in parte rassicurato.»

«Cosa ti ha detto?» Emma non pensava che James gli avesse raccontato del bacio, sembrava un dettaglio troppo personale e tra lui e Archie non c’era una confidenza di quel tipo. 

«Mi ha detto che non poteva dirmi nulla, quindi mi ha fatto davvero incazzare, ma sai, non potevo esagerare, è pur sempre un membro del personale di questa scuola, e Merlino non voglia che finisca di nuovo in mezzo ad una strada, non è proprio il momento… Comunque, ha poi aggiunto che non c’entravo nulla, con la tua voglia di defilarti, che non ero responsabile della tua misteriosa assenza, e che anzi, se fossi riuscito a parlarti e a starti vicina avrebbe dormito sonni più tranquilli, e per Morgana quant’è sentimentale, Potterino, mi stava venendo la nausea, te lo giuro.»

Di riflesso, Emma gli assestò un pugno su una coscia, mettendoci tutta la forza che era in suo possesso. Nessuno poteva prendersi gioco di James, tranne lei. Si sentì immensamente ridicola, a ritrovarsi lì a sorridere tra sé e sé, conscia del fatto che James non stesse effettivamente dormendo sonni tranquilli a causa sua, internamente soddisfatta ma anche un po’ in colpa. 

«Cos’è successo tra voi? Avete litigato?»

Ad Emma sembrò di sentire nuovamente suo padre, ma Archie non era suo padre, era un suo amico, forse uno degli amici più amici che avesse mai avuto, e in quel momento decise che quell’amico meritava sincerità, almeno sotto quell’aspetto. Non poteva essere totalmente sincera sulla storia di Eliza, ma poteva esserlo su ciò che concerneva James. 

 

[EMMA PARLA AD ARCHIE DI JAMES]

 

E così si ritrovò a raccontare ad Archie tutto quanto, dall’inizio alla fine, compreso come si sentiva lei, e come si era sentita quando James l’aveva rifiutata, e a quanto in realtà le mancasse, e ammetterlo, lì davanti a lui, per la prima volta ad alta voce, le provocò solo altro tormento, ché ora la sua mancanza le faceva male doppiamente, e se solo fosse stata più impulsiva, ora si sarebbe alzata e sarebbe corsa a cercarlo per dirgli che non gliele importava niente del resto, ma che le importava solo di lui. Chi era la sentimentale, ora?

«—azz», commentò quindi Archie alla fine del racconto. «E io che pensavo foste già passati all’altra fase…»

Emma gli rifilò un’altra pacca sulla gamba. «E dài, sii serio.»

«Io cerco di essere serio, ma poi voi due piccioncini mi servite queste succulente cibarie su un piatto d’argento e come faccio a mantenere il mio solito aplomb?»

«Per Salazar, che noia, già mi pento di averti raccontato tutto, Fletcher, davvero.» Emma fece per alzarsi, ma si sentì trascinare nuovamente giù, col culo sulla nuda e fredda pietra.   

«Okay, okay, cercherò di fare il serio, ma non posso prometterti più di questo.» La guardò negli occhi con quel suo sguardo furbo e lei si sciolse, sorridendogli. «Bene, lo prenderò come un assenso. Be’, non è che io sia così esperto di questioni di cuore, in fondo ho avuto un solo grande amore, nella mia vita, e lo conosci.»

 

[“QUESTIONI DI CUORE”]

 

«Sei stato solo con Tyler?» gli chiese stupita.

«No, ragazzina», rispose lui dandole un buffetto sul naso. «Non essere sciocca e non giocare alla naïve con me. Lo so che sei una furbetta. Ma detto ciò, ovviamente non sono stato solo con Ty, ma Ty è stato il mio primo ragazzo, cioè, la prima storia veramente seria, e vera, della mia vita.»

C’era un sottotono di tristezza e rimpianto, nella sua voce, ed Emma avrebbe tanto voluto chiedergli spiegazioni, indagare sul suo passato, ma quello non era il momento, e non era nemmeno così sicura che Archie le avrebbe parlato volentieri di sé. In ogni caso, non era così sprovveduta da provarci, almeno non ora. Si chiese quante cose il suo amico avesse effettivamente vissuto, in sedici anni di vita, ma immaginò fossero tante, forse troppe da ricordare, e addirittura raccontare. 

«Dicevo, di faccende di cuore, e che schifo questa scelta di parole, bleah, non me ne intendo poi molto, però una cosa l’ho capita, di tutto questo tsunami emotivo e ormonale.»

Emma si girò a guardarlo, trattenendo a stento una risata. Anche lei cercava di essere seria, in fondo.

«Cosa?»

«Vi piacete, stupidina. E anche tanto. Insomma, ho captato delle turbolenze a sud già durante il vostro primo incontro, voglio dire, a chi non tremerebbero le ginocchia di fronte a quel viso così splendido e dalle proporzioni classiche, a quegli occhi spettacolari, e a quell’intrinseca e innata goffaggine che lo rendono solo più attraente?»

«Archie», ringhiò Emma. 

Lui agitò una mano di fronte al suo viso, e con noncuranza. «Dicevo, è normale ritrovarsi attratti da James Sirius Potter. In più, lo circonda quell’aura di mistero, e bada bene, non un mistero particolarmente oscuro e intricato, ma più un mistero legato al suo passato, a ciò che si è portato dietro qui a Heydon Hall, un fardello che gli pesa addosso più di quanto non voglia far intendere.»

«E tu, mia cara, tu sei come un calcio nelle budella, per lui, sei ciò che lo accende, la sua miccia, ciò che non capisce ma verso il quale allo stesso tempo è attratto, come una falena dalla luce. Anche tu sei un bel mistero, Emma Nott, non pensare il contrario. Avete trovato pane per i vostri denti, tutti e due.»

«Tutto questo ciarlare dei pregi di Potter dove ci porta esattamente, di grazia?» lo interruppe lei, ironica.

Archie le pizzicò un braccio ed Emma cercò di non reagire urlando. «Non si interrompe il vate, miscredente. Dicevo… Oltre all’evidente attrazione fisica che vi porta a orbitare l’uno intorno all’altra come due piccoli corpi celesti senza gravità, e ovviamente a toccarvi, e a cercarvi, e a condividere fluidi corporei, AHI, MI HAI FATTO MALE!»

Emma gli aveva dato un altro pugno, l’ennesimo, questa volta sul braccio, e in questo caso il ragazzo non era riuscito a non mettersi a strillare, tanto da costringerla a tappargli la bocca con una mano. Archie borbottò qualcosa, a metà tra un lamento e una protesta. 

«Se non urli, ti lascio andare.»

L’altro annuì e, una volta libero, si spostò di qualche centimetro da lei, come a voler mettere una certa distanza di sicurezza tra lui e la sua aggressiva compagna. 

«Passando oltre la faccenda dell’attrazione, tra voi c’è qualcosa di più, e non lo penso solo io, che sono un insignificante e superficiale bastardo, ma anche Tyler, che è una persona profonda e sa il fatto suo. Ne abbiamo parlato ieri, dopo la mia chiacchierata con Potter. È stato lui a consigliarmi di cercarti fuori dalla cucina, ha detto di averti insegnato come intrufolarti per rubare il cibo, tempo fa, e che saresti stata di sicuro affamata dopo giorni di latitanza.»

Emma non potè che sorridere. Tyler, il silenzioso e riflessivo Tyler, così diverso dal suo rumoroso fidanzato, sembrava conoscerla bene. 

«È evidente che ci sia qualcosa, giuro, io ho persino pensato al nome da darvi, e sono sicuro che apprezzerete.»

 

[JEMMA]

 

«Il nome da darci?» chiese Emma aggrottando le sopracciglia.

«Jemma1», rispose l’altro prontamente, annuendo. «L’unione dei nomi James ed Emma. Jemma. Semplice, no?»

Emma finì per scoppiare a ridere, non riuscì a farne a meno, questa volta. Archie si unì a lei e risero per un po’, finendo per tenersi entrambi lo stomaco con le braccia. 

«Be’, devo ammetterlo», disse alla fine Emma. «Se te lo ripeti senza sosta nel cervello, alla fine è persino carino.»

«È carino, l’ho scelto io.»

«Okay, d’accordo, è carino», concluse lei alzandosi in piedi. Si sentiva vagamente più leggera, ora che si era aperta con qualcuno, e Archie era anche riuscito a farla ridere e a farla sentire di nuovo una sedicenne. Ovviamente, aveva omesso tutta la parte che la faceva preoccupare e far torcere lo stomaco, cioè quella legata ad Eliza e a ciò che sembrava legarle insieme, ma davvero non sarebbe riuscita a spingersi fin lì, per quanto bene volesse all’amico. Non sapeva se Archie si fosse bevuto la sua mezza verità, cioè che era James la causa del suo mal de vivre, ma sperava tanto che fosse così.

«Dove vai?» le chiese lui. «Non ho mica finito.» Emma annuì, ma rimase in piedi, guardandolo con curiosità. «In definitiva, penso che dovreste parlare. Questo vostro cercarvi e rincorrervi non vi fa bene, ed è un chiaro sintomo di ciò che vi angustia. C’è qualcosa di irrisolto, tra voi, d’accordo, lui ti ha ferita, d’accordo anche qui, ma penso che lui si trovi più in difficoltà di te, in questo momento, visto che non sa letteralmente che pesci pigliare, e oltretutto non sa come avvicinarti senza rischiare l’osso del collo, e conta che non ha nemmeno un amico brillante come me col quale confidarsi, insomma, è uno sfigato, quel Potter.»

«Va bene, va bene, ho capito, lo cercherò e gli parlerò.»

«Brava la mia Emma», esclamò Archie alzandosi a sua volta. «Magari stasera, dopo l’allenamento di Quidditch? Che ne dici? Posso sgombrare il campo per te.»

«Non lo so, Archie, non affrettiamo le cose, adesso, okay? Ho promesso che gli parlerò, ma con i miei tempi. Se sarà stasera, sarà stasera, se no ci penserò domani.»

«Be’, è già una conquista per Miss Costipazione, no?»

«Direi di sì», rispose lei facendogli una boccaccia. 

In quel momento, una chiara imprecazione della signora Pince li riscosse entrambi. La donna stava sbraitando contro chiunque avesse trafugato cibo dalla sua dispensa e lo avesse smollato nel bel mezzo del corridoio, aggiungendo che non si spreca la roba da mangiare, e qualcosa sulla povertà nel mondo che però nessuno dei due capì bene, perché intanto la corva era rientrata nel suo regno sbattendosi la porta alle spalle. Entrambi scoppiarono a ridere e sgusciarono fuori dalla nicchia, prima di venire scoperti, affrettandosi lungo il corridoio in direzione della sala mensa.

«Che ne dici di fare un vero pasto, ora?» propose Archie cingendole le spalle con un braccio.

Emma annuì, circondandogli la vita. «Muoio di fame.»

 

🥀

 

«Basta cazzate! Cos’avete, oggi? Giù dalle scope, tutti qui!» 

 

[L’ALLENAMENTO NON VA COME DOVREBBE]

 

James non si sentiva quasi più la gola a forza di gridare. L’allenamento stava andando malissimo, quel giorno, i ragazzi erano distratti e continuavano a spifferare l’uno con l’altro nonostante dovessero concentrarsi sul volo e sulla partita che avevano improvvisato. James pensava di chiedere l’autorizzazione a Corner per organizzare una sorta di mini torneo interno, con tanto di squadre (miste per età e capacità, in modo da equilibrare il tutto) e partite ufficiali, ma ciò che stava vedendo in quel momento gli stava facendo decisamente cambiare idea. Quel venerdì, i ragazzi degli altri anni erano stati attenti e avevano volato bene, ma quelli del sesto e del settimo sembravano da tutt’altra parte. Solo Emma, Archie e Tyler si impegnavano come al solito e non si perdevano in chiacchiere inutili e risate inopportune e stupidi bisbigli. Ora, dopo l’ennesimo errore di Flitt, che aveva spedito un Bolide contro Joanna Ridgeport, che giocava nella sua stessa squadra, quasi prendendola in pieno, James era arrivato al punto di non ritorno e li aveva richiamati tutti per strigliarli. Se c’era una cosa che non ammetteva era la distrazione e la sufficienza: il Quidditch era uno sport divertente ma pericoloso, non si poteva, e doveva, abbassare la guardia, mai. 

Li guardò, tutti radunati di fronte a lui, e cominciò a camminare avanti e indietro, come un leone in gabbia. «Si può sapere che vi prende, oggi?» cominciò. «Durante il riscaldamento avete chiacchierato più del solito, ma ho lasciato correre, lascio sempre correre, il venerdì, visto che il fine settimana è vicino e siete stanchi, ma non transigo quando le distrazioni vengono portate con voi sulla scopa. Poco fa, Drake per poco non prendeva in pieno Joanna con un suo Bolide, vi rendete conto della gravità della cosa o no?»

«Be’, non è successo, no?» intervenne Drake scrollando le spalle, sbruffone come suo solito, sufficiente come pochi. Sembrava quasi annoiato, appoggiato mollemente alla sua scopa, le sopracciglia inarcate. James avrebbe tanto voluto rimettergli a posto quell’espressione odiosa, ma doveva essere imparziale, e non cedere alle sue antipatie. 

«Non è successo, ma ci è mancato davvero poco, Drake. Avresti potuto farle molto male.»

 

[LA SUPPONENZA DI FLITT]

 

«L’infermeria è lì apposta. Mi sembra che ultimamente sia anche piuttosto gettonata, o sbaglio?» 

Alcuni risero, tra i quali la sua fidanzata Dotty e un paio di suoi amici del settimo. Izzy, seduta sulla panchina lì vicino (ancora non partecipava agli allenamenti), sbarrò gli occhi e si portò una mano alla bocca, ma non disse niente. James non sapeva se ci fosse rimasta male o se fosse solo divertita o, più probabile, stupita e colpita dal “coraggio” dell’amico. 

James, dal canto suo, assottigliò gli occhi. Notò Archie, al limite del suo campo visivo, fare un passo avanti, per essere però subito trattenuto indietro da Emma e Tyler. Cercò di ignorarli, non sapeva se sarebbe stato in grado di reggere lo sguardo di Emma su di sé, e si limitò a fissare Drake con occhi di fuoco. 

«Penso che non sia il caso di scherzarci sopra, Flitt. Delle persone sono state male, se non te ne sei accorto.»

«Oh, sì, tutta la scuola se n’è accorta, vero ragazzi?» continuò l’altro guardandosi intorno, solo per ricevere sguardi di approvazione da parte dei compagni e teste che annuivano. 

 

[FLITT RINCARA LA DOSE]

 

«Guarda caso, tutto è successo quando tu e la tua amichetta siete arrivati qui.»

«Come, prego?» James sperava di aver frainteso, sperava che Flitt non stesse davvero parlando di ciò che pensava stesse parlando. 

«Tu e la Nott. Siete amici speciali, no? Sempre lì a sussurrarvi nell’orecchio e mettervi le mani addosso…» Flitt sghignazzò e con lui tanti altri. Dotty Brown era aggrappata al suo braccio e aveva nascosto il viso nelle pieghe dei suoi vestiti, in preda ad un riso sfrenato. «Credevate davvero che nessuno lo avesse notato?»

Ora fu il turno di Archie e Tyler di trattenere Emma, come James ebbe modo di notare. I tre si stavano avvicinando sempre di più al gruppo degli altri compagni, ma James evitò come prima di guardarli. Non avrebbe dato a Flitt la soddisfazione di coglierlo in fallo. 

«Penso proprio di non doverti dare nessuna spiegazione, signor Flitt», tornò a rivolgersi a lui in modo formale, per mettere quanta più distanza e freddezza poteva dal ragazzo. 

 

[JAMES CEDE ALLE PROVOCAZIONI]

 

«La signorina Nott e io ci conosciamo perché andavamo entrambi a Hogwarts, cosa che non si può certo dire di lei.» Sapeva che aveva appena giocato sporco, che si era probabilmente abbassato allo stesso livello del suo interlocutore, pungolandolo laddove sapeva avrebbe trovato carne molle per affondare la sua spada, ma non poteva passare oltre, e quella faccenda era troppo invitante, troppo a portata di mano, per non essere tirata fuori. Alcuni fischiarono alla provocazione, ma Flitt si limitò a ghignare. Annuì, spostando lo sguardo intorno, per poi puntarlo di nuovo su James. 

«Io non sarò andato a Hogwarts, ma almeno non sono un assassino», buttò lì, scrollando le spalle come faceva sempre. 

 

[DRAKE FLITT PASSA IL LIMITE]

 

Il suo sorriso si aprì in un ghigno ancora più ampio. Sembrava un gattone grande e grosso, perfido e acciambellato sul suo trono fatto di ossa. James lo odiò profondamente. Tutti i presenti trattennero il respiro, mentre lui si limitò a guardare Flitt, le mani strette a pugno che gli formicolavano e gli occhi stretti. 

«Ritira quello che hai detto.» La voce di Emma si levò in mezzo al campo silenzioso e teso, e suonò come una bomba. Tutti si girarono a guardarla, James compreso. La guardò per la prima volta direttamente da che era arrivata e il cuore gli perse un battito. Era così bella, lì in piedi in mezzo ai suoi amici, i capelli leggermente spettinati dopo l’allenamento e il viso arrossato per la rabbia, i lineamenti tesi e contratti, le labbra arricciate e gli occhi… gli occhi lampeggiavano di mille fuochi. 

«Scusa, non ti ho sentita bene…» continuò Flitt voltandosi a guardarla.

«Mi hai sentito eccome, coglione», rispose lei, e i presenti trattennero nuovamente il respiro. Archie si portò una mano alla bocca, indeciso se ridere o meno. James vide Tyler tirargli una manica e scuotere la testa. «Ritira quello che hai detto, non sai di cosa parli.»

 

[IL CASO JENKINS]

 

James non aveva mai parlato ad Emma di cos’era successo l’anno prima, a Hogwarts, e del caso Jenkins, del ritorno di fiamma che lo aveva ucciso durante una discussione con Albus, e di come suo fratello avesse chiesto il suo aiuto per nascondere il corpo, e di come poi James lo avesse trasfigurato in una pietra e gettato nel Lago Nero, e di come tutto ciò lo avesse segnato. Non aveva parlato a Emma delle settimane che erano seguite, delle indagini di suo cugino (o, per meglio dire, quasi cugino) Teddy Lupin, dei sospetti, della paura, dei sensi di colpa; non le aveva raccontato di come alla fine lui e Albus avessero deciso di confessare, di togliersi quel peso dallo stomaco e affrontare le conseguenze di ciò che avevano fatto2. Probabilmente Emma aveva saputo tutto per vie traverse, tramite i giornali e le voci di corridoio, ma mai una volta gli aveva chiesto niente, mai aveva insinuato cose, mai si era permessa di ficcare il naso. Forse aveva capito che, per lui, non era facile parlarne, non era facile tirare fuori tutto di nuovo, proprio quando pensava di stare cominciando a lasciarsi quella storia alle spalle. 

«So benissimo di cosa parlo, Nott», tornò all’attacco Flitt. Il suo tono trasudava sarcasmo. «Tutti sanno di cosa sto parlando. Forse tu non te lo ricordi… Forse ti sei scordata di Karl Jenkins. Perché non vai a rinfrescarti per bene la memoria su cosa gli è successo per colpa di Potterino, qui…»

«Flitt, basta così», intervenne James, ma sentì la voce morirgli in gola quando vide Emma scattare in avanti verso il compagno di scuola. Le mani di Archie e Tyler non furono abbastanza veloci per agguantarla, e lei si fiondò addosso a Flitt. Anche James fece un passo avanti, mentre i presenti si aprirono in due ali, per permettere ad Emma di raggiungere il suo obiettivo. 

 

[PER FLITT SI METTE MALE]

 

Quando Dotty gridò, James seppe che era successo qualcos’altro, perché Emma all’improvviso si fermò, a pochi passi da Drake. Anche Izzy urlò, alzandosi dalla panchina, e iniziando a singhiozzare sommessamente. Stava succedendo di nuovo: il corpo di Flitt levitava a diversi passi da terra, e levitava sempre più sù, sempre più sù, come se fosse senza peso. Il ragazzo gridava e agitava le gambe, ma sembrava che una forza disumana e invisibile lo avesse preso per la maglia e lo stesse sollevando. James spostò lo sguardo su Emma, che ora era in ginocchio e fissava Flitt, in alto, gli occhi pieni di lacrime, le mani sulle guance. Emma vedeva qualcosa che nessun altro sembrava vedere. James le si affiancò rapidamente, scivolando sugli stinchi e in mezzo al fango. L’afferrò per le spalle, voltandola. Gli occhi della ragazza erano colmi di terrore e paura. 

 

[LO SHOCK DI EMMA]

 

«Emma!» esclamò. «È lei, non è vero? È il fantasma?» Le si avvicinò per parlarle sottovoce, in modo che solo lei sentisse, e la scosse leggermente per le spalle. Emma annuì ma non disse niente, sembrava incapace di proferire parola. James tornò a guardare Flitt, che ora veniva sballottato di qua e di là, come se quella forza invisibile lo stesse strattonando e tirando. La folla lì sotto era in preda al panico: qualcuno gridava, qualcuno piangeva, qualcuno era addirittura corso via, diretto alla scuola. 

James ed Emma vennero affiancati da Archie e Tyler, visibilmente preoccupati, se non direttamente per Flitt, sicuramente dalla reazione di Emma. James alzò gli occhi su di loro. 

«Archie, Tyler, ho bisogno che facciate una cosa per me», disse concitato. «Tyler, corri a chiamare Corner. Più in fretta che puoi.» Senza nemmeno rispondergli, Tyler corse via, letteralmente volando verso Heydon Hall. 

«Archie», continuò James volgendosi verso l’altro ragazzo,  «porta via Emma, accompagnala nella sua stanza e fai in modo che ci resti, non mi interessa come, anche con la forza.» Archie annuì, e si chinò sull’amica. 

James lo aiutò a farla alzare e cercò un’ultima volta gli occhi di Emma. «Hei», le disse dolcemente. «Emma, guardami.» Lei si sforzò di guardarlo, e ora li dividevano solo pochi centimetri. Non erano mai stati così vicini, a parte quando avevano condiviso quel bacio in biblioteca. James poteva sentire il suo fiato caldo sulle sue stesse labbra. La tentazione di baciarla era tantissima, ma non era quello né il momento, né il luogo adatto. «Emma, voglio che tu vada con Archie, ce la puoi fare, d’accordo?» La vide alzare lo sguardo su Drake, che stava ancora vorticando in aria, sempre più in alto. Sembrava fuori controllo. James notò gli occhi di Emma riempirsi nuovamente di lacrime e allora la tirò a sé, abbracciandola con delicatezza, premendole le mani aperte sulla schiena, solo per farle capire che era lì per lei, accanto a lei, e non la lasciava andare. Notò che era ricoperta di sudore freddo e tremava, e allora rivolse lo sguardo ad Archie, che li guardava teneramente, nonostante la preoccupazione. «Mettila a letto, per favore, è in stato di shock.»

L’affidò all’amico, che le circondò le spalle con un braccio, mentre Emma si aggrappava alla maglia di James e non sembrava intenzionata a lasciarlo andare. «Emma, vieni, dobbiamo andare», le sussurrò dolcemente Archie carezzandole un braccio. 

«Vai con Archie, Emma», le disse James prendendole il viso tra le mani e cercando nuovamente i suoi occhi. «Ti prometto che dopo verrò a cercarti, okay? Lo giuro.» Lei sembrò credergli, perché lo lasciò andare, per poi farsi guidare da Archie lontano da lì. Rimase a guardarlo, la testa voltata all’indietro, e lui rimase a guardarla, almeno finché potè, finché lei non si girò e il contatto si ruppe. Aveva visto il fantasma fare del male a Drake, non c’era altro che potesse spiegare e giustificare la sua reazione. 

 

[JAMES CERCA DI RISOLVERE L’ENNESIMO CASINO]

 

Ora, James si concentrò su Flitt. Appellò la sua scopa e prese il volo, intenzionato a fare qualcosa per impedire al fantasma di far degenerare la situazione. Heydon Hall non poteva permettersi un morto, il Ministero avrebbe mandato un Auror o due (l’idea di suo cugino Teddy che tornava ad indagare intorno a qualcosa che lo vedeva coinvolto gli fece male allo stomaco), oppure sarebbe stata costretta a chiudere. James si figurò il volto di Corner, tutta la sua immensa tristezza e impotenza e delusione. Non doveva accadere. 

Raggiunse in pochi secondi Flitt e cercò di allungare una mano per caricarselo sulla scopa, ma il suo corpo venne strattonato via, di qualche metro più sù e di lato. Ovviamente, il fantasma non gli avrebbe permesso di risolvere la cosa così a buon mercato. Tentò un’altra volta, ma Flitt venne portato ancora più sù. Ora gli altri erano solo macchie indistinte a terra, molto lontano da loro. James si chiese fin dove il fantasma si sarebbe spinto. 

 

[JAMES FA UN ULTIMO TENTATIVO]

 

Dopo l’ennesimo tentativo andato a vuoto, James notò che Drake aveva ormai perso i sensi, dopo tutto il terrore e lo spavento, e per il dolore che probabilmente doveva trapassargli le membra in quel momento. E allora James tentò un ultimo assalto, con qualcosa che suonava molto stupido ma che considerò come l’ultima risorsa prima della fine. Si sentiva i polmoni sofferenti e affaticati per l’altezza e non osava guardare giù per verificare quanto lontani fossero dal terreno. Non soffriva di vertigini, ovviamente, ma pensava che fosse meglio evitare, altrimenti sarebbe impazzito. 

«Signora di Heydon Hall?» domandò. «Lo so che può sentirmi… So che è arrabbiata, in questo momento, lo capisco, lo sono anche io. So che lo sta facendo per Emma, per proteggerla… La voglio proteggere anche io.» Si sentiva davvero stupido, lì fermo a mezz’aria a parlare col vuoto. Non era sicuro che avrebbe funzionato, ma cominciò ad acquisire sicurezza, per cui continuò. «Flitt è pessimo, so anche questo, ma è solo un ragazzo. È ottuso, e ha paura di ciò che può minacciare la sua supremazia in questa scuola, è un bullo fatto e finito, ma è un ragazzo», ripetè. «Ha solo diciassette anni.»

 

[LA TEMIBILE IRA DELLA SIGNORA DI HEYDON HALL]

 

In quel momento, la vide. Gli apparve davanti, teneva tra le mani un lembo della maglia di Flitt, ed era vestita di bianco. Il suo viso era acceso e contratto di una collera senza nome, e sembrava una dea, i capelli scuri sulle spalle e una luce dorata a circondarle le membra. Sembrava una dea bellissima e terribile, altissima nella sua ira e capace anche di spaccare il mondo in due, se solo lo avesse desiderato. James non aveva mai visto nulla di più spaventoso. Bello, fulgido, algido, ma spaventoso. Deglutì. 

 

[ELIZA]

 

«Mi chiamo Eliza.» La sua voce gli rimbombò nella testa, e quel nome risuonò come un’eco tra le pareti del suo cranio - e nel suo cuore. «Non sono la signora di niente, James Sirius Potter, solo di questo luogo buio e doloroso nel quale mi trovo.» 

«Eliza», cominciò lui, guardandola a fatica. Sentiva tutto il corpo tirargli e dolergli. Non avrebbe resistito sulla scopa, a quell’altezza, ancora a lungo. Non sentiva neanche più i rumori e le voci che provenivano da terra. Sembrava quasi che si trovassero in un limbo, sospesi a metà tra la vita e la morte. Forse era davvero così. Forse gli sarebbe bastato davvero poco per varcare quella soglia e perdersi nelle tenebre. Il pensiero di Emma gli fece male. Il pensiero di non rivederla più minacciò di spaccargli il cuore. E il pensiero di non poter più riabbracciare la sua famiglia fu il colpo di grazia: calde lacrime gli scendevano lungo le guance, ora. «Ti prego… Se vuoi davvero bene ad Emma, allora aiutami. Non resisterò ancora a lungo, qua sopra… Lascia andare Flitt, prima che sia troppo tardi. Non meriti di averlo sulla coscienza, non dopo ciò che hai già sofferto.»

«Tu non sai niente di me, di cos’ho sofferto, e non sai nulla della mia coscienza, Potter», parlò lei, gli occhi lampeggianti. Per quanto assurdo potesse sembrare, James pensò a quanto la donna assomigliasse ad Emma, in quel momento. Sussultò leggermente sulla scopa, tenendosi però saldamente al manico in legno. «Io faccio tutto per lei. Per voi. Non lo capite?»

Allora era vero. Allora c’era davvero un legame tra il fantasma di Heydon Hall - Eliza - ed Emma Nott. E lui con lei. 

«Proprio per questo motivo ti chiedo di risparmiarlo», insistesse lui allora. «Per favore, fallo per me. Fallo per Emma.» 

Rimasero a guardarsi a lungo, pochi secondi che a James sembrarono un’eternità. Chiuse per un momento gli occhi, quasi sopraffatto dalla fatica, a li riaprì velocemente quando sentì un tocco gelido sfiorargli la nuca. Eliza era a pochi centimetri da lui e ora poteva sondare quel suo sguardo acceso, quegli occhi scuri e caldi che contenevano il gelo. C’era qualcosa, al fondo, che però conosceva. C’era qualcosa che gli era noto, e che aveva già visto in altri occhi. 

Eliza non disse niente mentre gli depositava Flitt sulla scopa. James si affrettò a tenerlo su, anche se era difficile, vista la corporatura del ragazzo e la spossatezza che continuava a sentir crescere dentro. «Eliza—» cominciò, ma lei alzò una mano a zittirlo. Lo guardò con tristezza e nostalgia, sembrava che tutta la sua ira fosse sparita in un soffio di fumo. 

 

[CIÒ CHE ELIZA HA PERDUTO]

 

«Ciò che avete mi ricorda ciò che avevo anche io, un tempo…» iniziò spostando lo sguardo verso Heydon Hall. «Non lasciarla andare, James.» Il suo nome pronunciato da lei lo fece rabbrividire, ma lo irradiò all’interno come la luce di mille soli: conteneva tutto l’amore del mondo, e giorni dorati che sembravano infiniti, distese d'erba e il prato digradante di fronte ad una grande magione, una stanza in ombra e stille di sole che penetravano all’interno, due occhi verdi e un sorriso storto, capelli scuri e un’alta risata, e il lembo di un vestito bianco che spariva dietro un cespuglio. Quanto riemerse da quella che, più tardi, avrebbe definito una visione, Eliza gli sorrideva. «Non lasciarla andare», ripetè. «Emma ha bisogno di te.» Prima che lui potesse anche solo aprire bocca per parlare, Eliza svanì in un lampo di luce, lasciandolo vuoto e solo, ma qualcosa di incorporeo ma forte cominciò a sospingere la sua scopa verso terra, e James, con il corpo di Flitt addosso, ancora privo di sensi, si ritrovò a scivolare verso terra senza sforzo, con solo il vento che gli fischiava dolcemente nelle orecchie. Sperando che gli occhiali non gli scivolassero via dal naso, chiuse gli occhi e li riaprì solo quando incontrò il terreno duro, e un paio di mani lo afferrarono, chiamandolo per nome.

«James, ragazzo mio.» Era Corner. James lo guardò e si tirò su a sedere di scatto. Gli girava leggermente la testa, ma non ci badò. Si guardò intorno: il resto dei ragazzi lo circondava, e lo guardava come si guarda qualcosa di fenomenale, e sorprendente, anche; Flitt era coricato accanto a lui e Lamb cercava di farlo rinvenire, ma senza successo. 

«Portatelo in infermeria, ha perso i sensi lassù», disse quindi James ritrovando la voce. Gli uscì più roca di quanto si aspettasse e si schiarì quindi la gola. «Io sto bene», aggiunse mentre Corner gli tastava le braccia come in cerca di qualche ferita. 

«Ne sei sicuro? Siete scesi da un’altezza… be’, è incredibile che siate ancora tutti interi…» commentò il preside. «Un giorno di questi farò un infarto e allora mi avrete tutti sulla coscienza.» 

A James scappò un sorriso mentre si rimetteva in piedi. «Mi dispiace. Non so bene cosa sia successo, però.»

«L’importante è che tu stia bene.» Corner lanciò un’occhiata a Flitt e Lamb e li indicò con un gesto pratico della mano. «È meglio che dia una mano al signor Pince con il signor Flitt. Tu sei sicuro di stare bene, ragazzo?»

James annuì con vigore. «Aiutate Drake.» 

 

[JAMES CORRE DA EMMA]

 

Così, Corner gli diede le spalle e James si sentì libero di andarsene. Non gli importava che Flitt si riprendesse, in quel momento l’unica cosa a cui riusciva a pensare era Emma, e a quanto fosse stata spaventata e sconvolta. Non l’aveva mai vista in quello stato e voleva solo assicurarsi che stesse bene. Si allontanò dalla folla, e nessuno sembrò badare a lui. Si incamminò verso la scuola, sempre più velocemente. Incontrò la signora Pince, che attendeva il rientro degli altri sulla soglia della magione. 

«Signor Potter», esclamò la donna, stupita. «Si sente bene?»

James annuì. «Sto benissimo, madama Pince. Corner e Lamb stanno arrivando con un ragazzo bisognoso di assistenza, le consiglio di avvertire la guaritrice.»

«Santo cielo, dovremmo proprio pensare di tenerne qui una fissa, visto il numero di incidenti occorsi in questa scuola in neanche un mese.» Lo guardò sospettosa, ma James la ignorò. «È sicuro di stare bene?» 

Se qualcun altro gli avesse chiesto un’altra volta la stessa cosa, molto probabilmente sarebbe esploso. «Sicurissimo.»

La donna gli lanciò un’altra occhiata sorniona e poi si affrettò lungo il corridoio. James attese qualche secondo e poi quasi corse, diretto ai dormitori femminili. Sentiva la stanchezza invaderlo a ondate, battuta però dall’adrenalina per ciò che era appena successo: aveva davvero parlato col fantasma di Heydon Hall. Eliza. Doveva raccontarlo ad Emma, non appena fosse stata meglio. 

Arrivato ai dormitori, non la trovò da nessuna parte. Si passò una mano tra i capelli, preoccupato. Il suo letto era sfatto, come se fosse stata lì distesa fino ad un attimo prima. La cercò quindi in infermeria (che era deserta, ancora nessuna traccia di Flitt), in sala mensa, in biblioteca, e persino nella saletta del personale. Da lì, decise di tornarsene in camera. Aveva bisogno di sedersi e riprendere fiato, solo così sarebbe stato in grado di cercarla. Le sue ricerche terminarono però davanti alla sua porta. Emma era in piedi lì davanti, i pantaloni della divisa ancora sporchi di fango, le mani unite che si torcevano. Quando la vide le corse incontro, quasi scivolando sul pavimento lucido. 

 

[JAMES RITROVA EMMA]

 

«Emma?» La prese per le spalle, mentre lei sbarrava gli occhi, sorpresa ma sollevata? Era davvero sollievo quello che le leggeva nello sguardo? Sollievo misto a preoccupazione, però, come sempre negli ultimi tempi. «Stai bene? Perché non sei a letto?»

«Ti aspettavo.»

«Archie dov’è? Perché sei sola?»

«Mi ha messa a letto e io ho fatto finta di addormentarmi. L’ho sentito alzarsi e uscire.»

James alzò gli occhi al cielo. «Perché sei sempre così cocciuta? Dài, ti riporto al dormitorio…»

«No.» Emma gli afferrò un braccio, trattenendolo. Lo tirò a sé in un abbraccio, e James si ritrovò addosso a lei, con le sue braccia che lo stringevano spasmodiche, il suo viso nascosto nell’incavo del suo collo, il suo profumo tutt’intorno. Dopo un primo momento di sorpresa, James ricambiò l’abbraccio, cingendole la schiena e tenendola stretta, il suo naso tra i suoi capelli. Non seppe per quanto tempo rimasero lì, stretti, in mezzo a quel corridoio in penombra. Sentiva solo dentro di sé le sue viscere in fermento, le farfalle gli svolazzavano caotiche nello stomaco e qualcosa cresceva e cresceva, minacciando di inghiottirlo tutt’intero. 

«Cos’è successo, prima? L’hai vista, vero?»

Sentì Emma tremare lievemente tra le sue braccia, e la sua testa che si muoveva, annuendo. Lei si scostò leggermente per guardarlo in viso, rimanendo però stretta a lui. Gli tirava la maglia, come aveva già fatta al campo, come se temesse che lui potesse svanirle tra le dita come fumo - o come un fantasma. «Era lei. Ha afferrato Flitt… Come l’altra volta con Baker. È stato terribile. Lei era terribile.»

James annuì, carezzandole una guancia con le nocche. La guardava negli occhi, ora, e dentro di essi ritrovò ciò che aveva visto in un altro paio d’occhi, soltanto poco prima. Un “poco prima” che però sembrava un’eternità fa, quasi un’altra vita, o la vita di qualcun altro.

«Tu stai bene?» gli chiese. «Devi finirla di fare l’eroe o finirai ammazzato.»

James non potè fare a meno di ridere. «Come sai che ho fatto l’eroe?»

«Ti leggo nel pensiero, Potter. So che sei volato fin lassù per aiutare quello stronzo.»

«Be’, non posso dire di non essere lusingato da questa cosa. Sai anche cosa sto pensando in questo momento, allora.»

Emma scosse la testa. «Lo vorrei, ma non lo so.»

James le appuntò un capello dietro l’orecchio. «Sto pensando a quanto mi hai fatto preoccupare, prima. Mentre cercavo di salvare Flitt, non riuscivo a fare a meno di pensare a te… A come stessi…»

«James», iniziò lei. «Dobbiamo parlare.»

Lui annuì. «Mi dispiace di essere scappato via come un codardo. Quel giorno in biblioteca, quando… be’, hai capito», specificò. «Sono stato un coglione quasi quanto Flitt.»

«Ti devo dire delle cose. Cose importanti. E credo di averti perdonato quando prima mi hai abbracciata, giù al campo… E quando ho visto quanto eri spaventato per me…»

«Okay, parliamo. Vieni.» Così dicendo, si scostò da lei e armeggiò per un momento con la porta, aprendola e facendole cenno di entrare. Una volta al sicuro nella sua stanza, James si voltò a guardarla. Emma si stava controllando i pantaloni tutti sporchi, le labbra arricciate in una smorfia. 

«Avrei bisogno di lavarmi», buttò lì. «Puoi prestarmi dei vestiti?» Alzò lo sguardo su di lui, mentre James deglutiva a stento. Lavarsi? Vestiti? Lì, nella sua stanza? «James?» Lui si riscosse, annuendo. «Ma certo, apri il baule e prendi pure quello che preferisci.» 

 

[SAREBBE STATA UNA LUNGA SERATA]

 

Le indicò il baule e lei gli sorrise. La guardò frugarci all’interno, tirandone fuori pantaloni e camicie e soppesando alcune t-shirt. James non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Sembrava così diversa dall’Emma terrorizzata di qualche minuto prima, come se solo il fatto di trovarsi lì, con lui, al sicuro in quella stanzetta, l’avesse in qualche modo tranquillizzata. 

Dopo poco, Emma si rialzò. Tra le mani teneva un pacchetto di vestiti. «Ecco fatto.»

«Bene», commentò James. «Il bagno è da quella parte, trovi degli asciugami puliti sul mobile. Mentre tu sei dentro vado a prepararti qualcosa di caldo, ti farà bene.»

Emma lo guardò e gli sorrise, ma non disse niente. James le passò accanto e uscì, richiudendosi la porta alle spalle. Non sarebbe riuscito a restarsene lì, seduto sul letto, sapendo che Emma si trovava solo al di là di quel muro, nel suo bagno, molto probabilmente a farsi una doccia, per poi avvolgersi nei suoi asciugami. No, decisamente non ci sarebbe riuscito. Si appoggiò al legno fresco della porta e inspirò, chiudendo gli occhi. Sarebbe stata una lunga serata. 

 

🥀

 

Una volta tornato in camera, James aveva trovato Emma seduta sul suo letto a gambe incrociate e con addosso i suoi vestiti. Aveva scelto un pantalone del pigiama blu e ci aveva messo sopra una camicia azzurra, una delle preferite di James, tra l’altro, ché si abbinava bene ai suoi occhi. Sembrava piccolissima dentro quegli abiti così grandi per lei e James le aveva sorriso, per poi raggiungerla, e sederlesi di fronte. Le aveva preparato un sandwich con del pollo, che Emma aveva spazzolato mentre lui si faceva una doccia veloce. Poi le si era seduto di fronte, anche lui a gambe incrociate, e avevano bevuto il tè insieme, silenziosi. 

 

[JAMES ED EMMA PARLANO]

 

Dopo di che, era stato un fiume di parole. James l’aveva aggiornata per bene sull’incidente di Pansy, e le aveva raccontato di essere andato a trovarla, quella mattina in cui Theodore era venuto a Heydon Hall, solo che la conversazione avuta con la donna non aveva portato i risultati sperati: Pansy sembrava non ricordare assolutamente niente di ciò che le era successo soltanto la notte prima, come se il tutto fosse accaduto a qualcun altro e non a lei. Non ricordava di essere uscita dal suo letto, né di aver camminato fino all’ala ovest, né tantomeno tutto ciò che era avvenuto dopo, sul ballatoio. L’aveva salutata dopo poco, adducendo come scusa un’incombenza di cui doveva occuparsi. A quel racconto era seguito quello che era successo esattamente con Flitt poco prima, al campo, da quando Emma se n’era andata con Archie, fino al momento in cui James l’aveva trovata fuori dalla sua porta. James aveva omesso ciò che il fantasma gli aveva detto su di lei, ché non voleva turbarla o addossarle altre preoccupazioni. Quando le aveva rivelato il nome Eliza, però,  l’aveva vista sussultare leggermente, ma era andato avanti, imputandolo solo alla sorpresa provata nell’essere venuta finalmente a conoscenza del nome della loro dama misteriosa. Emma aveva quindi finito di ascoltare in silenzio, assorta nei suoi pensieri, pensieri che James forse non sarebbe mai stato in grado di raggiungere. 

A racconto finito, era stato il turno di Emma di metterlo al corrente della sua recente scoperta: gli raccontò della tomba che aveva trovato nel parco, di quelle iniziali, del nome Eliza (e qui James era stato in grado di interpretare il suo sussulto di pochi minuti prima), di quel bambino nato e morto in maniera tragica e, infine, di quell’ultima lettera, datata 17 novembre 1980, l’ultima della serie di lettere scambiate tra Eliza e il marito. James aveva pensato che la morte del bambino di Eliza poneva definitivamente fine a tutte le loro eventuali speculazioni su un possibile collegamento con Emma, e aveva imputato quindi il tutto a delle loro effimere suggestioni. Emma aveva chiuso il discorso proponendogli i suoi stessi dubbi, cioè che cos’era veramente accaduto in quel novembre di quarantatré anni fa, che cos’era veramente accaduto a Eliza e, soprattutto, a suo marito: era sopravvissuto?, se sì, dov’era andato?, cosa gli era successo?, se no, perché non era stato seppellito a Heydon Hall, insieme alla moglie e al figlio? C’erano un sacco di “se” e poche certezze, in tutta quella storia, e James si sentiva la testa come dentro una bolla. 

La stanchezza lo stava travolgendo a ondate, e ben presto, posate a terra le tazze del tè, lui ed Emma si ritrovarono stesi sul letto, così vicini che lui poteva sentire l’odore del suo stesso bagnoschiuma sulla pelle di lei, e il suo fiato che sapeva del tè al bergamotto appena bevuto insieme. Si sarebbe facilmente addormentato, lì accanto ad Emma, inebriato del suo profumo e della sua vicinanza, del suo corpo che lo chiamava come un magnete, e lo attirava vicino. Emma teneva una mano sotto la testa, e l’altra era mollemente poggiata sul materasso. Il colletto aperto della camicia lasciava intravedere la sua clavicola e James deglutì, cercando di non guardarla. Si puntellava con un gomito sul cuscino, la testa poggiata sul palmo della mano. 

 

[LA RICHIESTA DI EMMA]

 

«Ti devo chiedere una cosa», disse quindi Emma rompendo quel momento di stallo tra loro. Teneva gli occhi bassi e giocherellava con la manica troppo lunga della camicia. 

«Spara», rispose James cercando di suonare incoraggiante mentre cercava di non guardarla troppo intensamente. 

«Ho bisogno di andare a Rosham Village. Te lo ricordi? È saltato fuori in qualcuna delle lettere di Eliza, e tu avevi detto che ti ricordava qualcosa ma non sapevi bene cosa… Non è molto lontano da Heydon Hall, in verità…»

«Okay…?» James ricordò improvvisamente quando lui ed Emma avevano analizzato il contenuto della prima lettera di Eliza letta da Emma, dopo il primo allenamento di Quidditch. Quel nome, Rosham Village, non era più saltato fuori, da allora, e quasi se l’era scordato. 

Emma alzò gli occhi su di lui. «Ho bisogno di andare a Rosham Village perché lì si trova un posto che voglio visitare.»

«Quale posto?»

Emma sospirò, cambiando posizione, e sdraiandosi sulla schiena. Fissava il soffitto, ora. 

 

[LE RIFLESSIONI DI EMMA]

 

«Tutto questo parlare di famiglie mi ha fatto riflettere. Eliza ha in qualche modo perso la sua. Ha perso il suo bambino ed è molto probabilmente morta di parto, e non sappiamo se suo marito sia effettivamente morto prima di lei, potrebbe anche essere successo. La sua famiglia si è disgregata, perdendosi per sempre.» James non sapeva dove Emma volesse andare a parare, così rimase zitto, aspettando che proseguisse. «Insomma, ci sono un sacco di cose che, ogni giorno, diamo per scontate. Per esempio, immagino tu sappia dov’è nato tuo padre, no? O chi erano i tuoi nonni. Sai molte cose sulla famiglia Potter, nonostante tu non abbia avuto modo di conoscere nessuno di loro.»

James annuì. Certo, suo padre gli aveva raccontato tutto ciò che c’era da sapere su suo nonno James, il suo omonimo, e gli aveva detto quanto gli assomigliasse, ma anche quanto assomigliasse a nonna Lily. Gli aveva raccontato tutto quanto e lui non avrebbe mai potuto essere più grato a suo padre per questo. «Sì, certo», rispose quindi. «So tutto.»

«Io non so niente della famiglia di mia madre. Lei non ne parla, e nessuno le chiede niente. Papà è una tomba, ma lo capisco, non sta a lui parlarne con noi. Tutti i giorni, io dò per scontata mia madre pur non sapendo niente di lei. La conosco così poco… Lei è come un mistero impenetrabile, per me.»

«Potrebbe esserle successo qualcosa di doloroso? Forse è per questo che non le va di parlarne…?» buttò lì James. Non sapeva bene come affrontare quel discorso così delicato, e quali parole usare per far capire a Emma quanto volesse starle vicino, e cercare di aiutarla a capire. 

«Può essere, ma non pensi che noi figli abbiamo il diritto di sapere? Non so nemmeno dove abbia vissuto di preciso, prima di trasferirsi in Inghilterra dagli Stati Uniti. Non so come sia stata la sua infanzia, e il periodo della scuola… Non so come fosse fatta, ci sono così poche foto di lei prima di venire qui… E lei non le guarda mai volentieri, come se le facessero male. Non so nemmeno nulla dei miei nonni materni, solo che sono morti prima che lei decidesse di trasferirsi. Anzi, ha deciso di trasferirsi proprio per questo motivo.»

«E pensi che andare a Rosham Village possa aiutarti a ricostruire un tassello del suo passato? Del tuo passato?»

Emma annuì. «Lo penso.»

C’era ancora qualcosa che Emma non gli stava dicendo, qualcosa che aleggiava tra loro come uno spettro. 

«Sento che non avrò pace finché non ci proverò, finché non ci andrò», proseguì lei. «Rimarrà sempre dentro di me quella voce, insistente e caparbia, che mi urlerà di farlo.»

«Va bene, allora domani ci andiamo», acconsentì James, ché in fondo non avrebbe mai potuto negarle nulla. 

«No, James, non domani. Stanotte.»

 

[STANOTTE]

 

James sbarrò gli occhi e per poco non gli cedette il braccio sul quale era poggiato. «Stanotte

Emma annuì, tornando ad acciambellarsi su un fianco. Lo guardò negli occhi. «La prospettiva di trascorrere un’altra notte con questo pensiero mi fa impazzire.»

«Pensi che sia una buona idea? Andare via col buio, rischiando di venire scoperti?»

«È un rischio, sì, ma ho pensato che sarebbe meglio aspettare un po’… Magari potremmo andarcene intorno alle tre, che ne pensi?»

James annuì. Sì, aspettare il buio fitto sarebbe stato meglio. Sarebbero sgattaiolati fuori sotto il Mantello e avrebbero eseguito una Smaterializzazione congiunta appena fuori dai confini di Heydon Hall. 

«Come potrei dirti di no?» disse quindi, allungando una mano e carezzandole lievemente una guancia. Vide il viso di Emma aprirsi in un sorriso e seppe che stava facendo la cosa giusta, nonostante non fosse ben conscio di cosa stesse facendo, esattamente. Uscire con una studentessa e allontanarsi dalla scuola in sua compagnia per andare a indagare sul torbido passato della famiglia di lei non suonava benissimo, in effetti. Se li avessero scoperti, sarebbero finiti in un mare di guai, ma James sarebbe stato capace di seguire Emma anche in capo al mondo, se solo lei glielo avesse chiesto. 

«Non ti ho ancora detto qual è il posto che voglio visitare, a Rosham Village…»

«Qual è il posto che vuoi visitare, a Rosham Village?» ripetè lui sorridendole. La sua mano era ancora sulla sua guancia e siccome ad Emma sembrava non dispiacere affatto, James pensò che, per quanto gli riguardava, sarebbe potuta rimanere lì per sempre. 

 

[ROSIER HALL]

 

La vide fare un bel respiro, come a racimolare il coraggio necessario. «Rosier Hall3

«Rosier—» cominciò James, ma si interruppe. Aggrottò le sopracciglia, vagamente confuso. 

«Rosier Hall era la magione della mia famiglia», spiegò Emma guardandolo da sotto le ciglia. Sembrava preoccupata. «Il nome da nubile di mia madre era Victoria Rosier4

«Tua madre… Per Godric! E perché non lo sapevo?»

«Perché non vado in giro a sbandierare il cognome da Mangiamorte di mia madre ai quattro venti, ecco perché», rispose Emma concitata, ma non arrabbiata. Più che altro, sembrava solo stanca. 

Tra loro calò il silenzio, ma un silenzio buono. James rifletteva, ma tutto ciò che riuscì a cavarne fuori fu solo un guazzabuglio ancora più grosso. Victoria Rosier. Rosier Hall

«Lo so cosa pensi», riprese la parola Emma. «Quel cognome giustificherebbe ogni silenzio, ogni mistero e ogni desiderio di mia madre di non parlare del suo passato, e della sua famiglia.»

«Non lo stavo pensando, smettila di cercare di leggermi nel pensiero», cercò di scherzare James. Le scucì un sorriso e per lui costituì un’immensa soddisfazione. «Mi hai solo preso in contropiede, ecco.»

«Lo capisco. Mia madre non parla volentieri di chi è stata, e delle sue origini, e quindi né io, né i miei fratelli, ne parliamo mai volentieri. È come se fosse una parentesi ben chiusa, anche se non del tutto, su un passato che neanche si può nominare.»

 

[ANCHE NELLA TANA DI UN DRAGO]

 

«Emma», iniziò James tornando ad accarezzarle una guancia. Lei lo guardò negli occhi. «Non devi giustificarti, con me, né provare a cercare strane spiegazioni. Verrò con te a Rosier Hall, probabilmente verrei con te anche nella tana di un drago, se me lo chiedessi. Spero davvero che tu possa trovare le risposte che cerchi, laggiù.»

«Torneremo a indagare su Eliza domani, sei d’accordo?»

Lui annuì. «Sono sicuro che Eliza capirà.»

Rimasero in silenzio per un attimo, durante il quale Emma chiuse gli occhi, e sembrò quasi essersi addormentata, almeno finché non li riaprì, guardando James intensamente. Lui non aveva battuto ciglio neanche un secondo, e aveva continuato ad osservarla, intento. «Eri serio, prima?»

«Contestualizza il prima.»

«Quando hai detto che mi seguiresti anche nella tana di un drago, se te lo chiedessi.» Aveva parlato a bassa voce, come se temesse di disturbare - come se temesse la sua risposta. Forse pensava che lui le dicesse che scherzava? O temeva l’esatto opposto? James ovviamente non lo sapeva, così scelse la via della sincerità. 

«Ero serio, sì.»

Emma gli si fece più vicina, annullando quel poco spazio che ancora rimaneva tra loro. James se la ritrovò incastrata nell’incavo del suo braccio e, istintivamente, allungò l’altro braccio a stringerle la schiena. Emma si aggrappò alla sua t-shirt e lui la sentì inspirare ed espirare. James chiuse gli occhi per un attimo, assaporando quel momento, beandosi del corpo di Emma contro il proprio, del suo calore e del suo odore, e cercando di non pensare, però, a tutti i punti in cui le loro pelli si sfioravano, altrimenti sarebbe impazzito. 

«Sei stanca», le disse. «Dormi un po’, ti sveglio io quando è ora.»

La sentì muoversi leggermente nel suo abbraccio, per poi udire il suo respiro farsi regolare, segno che era già sprofondata nel sonno. Sembrava quasi che attendesse solo il suo bene stare per lasciarsi andare. James la tenne stretta a sé nel chiarore nebuloso della stanza, rannicchiati sul suo letto, mentre fuori calava la notte.


 


 

Note.

1. Jemma: ringrazio Ferao per aver coniato il nome della ship ♥︎ 
2. La vicenda di Karl Jenkins che ha visto coinvolto James la potete leggere in Death in the Night, l’altra mia long sulla Nuova Generazione, QUI.
3. Rosier Hall: la residenza della famiglia Rosier, che io immagino COSÌ; headcanon di mia invenzione.
4. Victoria Rosier: tutto ciò che riguarda Victoria e la famiglia Rosier che non rientri nel canon è di mia invenzione

 

Ciao a tutti, ri-eccomi qui con un nuovo aggiornamento (alla fine non vi ho nemmeno fatto aspettare tantissimo, dai, solo un paio di settimane — non lanciatemi niente, per favore). Allora, pensavo che questo capitolo sarebbe stato breve perché doveva essere SOLO un capitolo di collegamento con il 12, E INVECE sono di nuovo +8k parole, scusate davvero — in realtà sotto sotto spero che abbiate gradito il fiume di parole, sono un clown fatto e finito 🤡 Succedono un bel po’ di cosette anche qui. Intanto torna Archie, e torna giusto bene visto che lo avete richiesto in tante e a gran voce, e ovviamente col botto, in pieno stile-Archie; spero che il suo momento a tu-per-tu con Emmina vi sia piaciuto, io mi sono divertita un mondo a scriverlo. Poi succede un casino con Flitt, che in parte se lo merita, devo dire, ma qui Eliza rischia davvero di combinare un bel pasticcio. Questo sarà l’ultimo grosso incidente, vi avverto, anche perché ci stiamo avvicinando progressivamente alla verità. Intanto, Emma cerca di dipanare la matassa relativa a sua madre e alle sue origini e, BOMBA 💣, scopriamo finalmente il cognome da nubile di Victoria, cioè ROSIER 👀 Ed Emma è fermamente intenzionata a scoprire la verità sulla famiglia di sua madre 🔮 I nostri due piccioncini (cit. Archie) intanto hanno chiarito: portare avanti questo drama ancora a lungo non sarebbe stato produttivo, e avrebbe rischiato di annoiare, quindi; qui c’è molto fluff, come avete potuto notare, scusate anche per questo XD

 

Il prossimo capitolo sarà decisamente esplosivo, ve lo dico, è tipo IL capitolo, aspetto di scriverlo da quando ho iniziato questa storia, quindi avrò un’ansia da prestazione assurda, OTTIMO. Probabilmente vi farò aspettare un pochino, vi avverto già ora, ma per chi mi segue su INSTAGRAM, vi delizierò (?) con degli spoiler, come sempre.

 

Okay, vado prima che queste note superino la lunghezza del capitolo. Grazie come sempre a tutti voi che dimostrate entusiasmo e affetto per questa storia e i suoi protagonisti ♥︎

 

A presto, Marti 🐍

 
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Marti Lestrange