Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Machi16    14/02/2021    1 recensioni
Erwin Smith si lasciò alle spalle quella sensazione di liberà quando colpì la mano di Levi. Fu il suo ultimo segno d'avvertimento per coloro che sarebbero venuti dopo di lui, niente sensi di colpa, nessun rimpianto. Eppure Ackerman non riuscì mai a levarsi di dosso la sensazione di aver ucciso una delle persone più importanti della sua vita, fu forse questa la causa delle sue decisioni future?
Genere: Avventura, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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15 Novembre


La notte del 15 novembre duecentocinquantamila uomini partirono, portando con se solo le proprie convinzioni, ma sarebbe potuto essere anche il 16 o il 14 e nessuno avrebbe notato la differenza. Il conto dei giorni era un concetto relativo nell’epoca in cui vivevano, ognuno teneva a mente degli eventi specifici come promemoria di un calendario personale che nessuno avrebbe letto.
La verità, quella più pura e semplice, è che il tempo all’interno delle mura era dannatamente ciclico mentre all’esterno era segnato dal numero delle spedizioni.
Per Machi però quello era il 15 novembre ed è così che se lo avrebbe sempre ricordato. Lo scrisse a  caratteri grandi sul suo quaderno di cuoio marrone, mentre la pioggia batteva incessantemente sul plotone di soldati che marciava verso il distretto di Shiganshina: “15 novembre: L’ultimo giorno sulla terra di Erwin Smith”. Volse gli occhi al cielo, e le gelide gocce le rinfrescarono il viso, poi tornò a guardare davanti a se, alla sua destra. Il Comandante era ancora lì, le spalle gonfie d’orgoglio e la camminata fiera.

“Smettila, devi concentrarti”

La voce di Levi la scosse dal suo torpore, si voltò verso di lui e notò che da sotto il cappuccio le stava rivolgendo un’occhiataccia. L’ennesima della giornata, la centocinquantesima della settimana.
Diamine, doveva proprio concentrarsi.
***
STESSO GIORNO – 9 ANNI PRIMA.
 
“Puoi abbassare la voce, ti prego! Sono solo le sette del mattino”

Erwin Smith si tirò su dal letto della sua camerata, gli occhi ancora intorpiditi dal sonno e le spalle completamente distrutte dall’allenamento del giorno precedente. Si stiracchiò leggermente prima di rivolgere la sua attenzione a Machi che lo guardava con due occhi pieni d’eccitazione.
Tutt’ora è un mistero il come sia entrata nell’ala dei Capitani senza essere vista.

“Sono le sette del mattino del giorno della mia prima spedizione oltre le mura!” ripeté di nuovo con una voce ancora più squillante.

Erwin le portò una mano dietro la nuca e la fisso severo sperando d’impaurirla, ma la sua espressione euforica non cambiò di un millimetro. Qualche volta si sentiva colpevole ad averla coinvolta in quel suo egoistico ideale di verità, lei meritava di vivere a lungo una vita felice.

“E va bene” le disse sospirando “però dovrai seguire alla lettera ogni mio ordine”
Lei annui portandosi il pugno al cuore e colpendoselo con più forza di quella che avrebbe dovuto. Nella sua mente già pregustava la vista dell’orizzonte sconfinato, l’odore degli alberi, e il vento che le scompigliava i capelli. I giganti erano solo un effetto collaterale di quella sensazione di libertà.
“Bene, ora vai prima che il Comandante ti becchi qui”
Machi corse via di scatto senza tenere conto dell’incredibile rumore che i suoi stivali provocavano sul pavimento di legno, si fermò però a metà strada dalla porta armeggiando con qualcosa che teneva sotto la camicia.
“Che sbadata! Ti ho portato la colazione”

Tornò indietro porgendo al Capitano Smith un cartoccio, avvolto con cura e chiuso con un fiocco fatto con dei fili di paglia.

“Non  voglio che tu te ne vada in giro senza aver mangiato, non ti vedo mai mangiare prima di una spedizione” continuò sfoggiando il suo miglior sorriso, per poi sparire finalmente dietro la porta d’ingresso.
Rimasto solo, Erwin, osservò più nel dettaglio quello strano pacchetto che aveva tra le mani e notò che incastrato tra due punti di giuntura c’era un piccolo foglio ripiegato in quattro parti.
Mosso dalla curiosità lo aprì senza pensarci troppo. Avrebbe riconosciuto quella calligrafia tra mille.

 
“15 novembre. Ogni giorno che passa è un giorno in meno alla realizzazione del tuo sogno” – M.

Da lì nacque la tradizione del 15 novembre. Ogni anno Machi lasciava un biglietto ad Erwin tenendo il conto di quanto mancasse alla realizzazione del suo sogno, specificando ogni passo in avanti che avevano fatto e cercando di tirarlo su di morale quando nessun’altro poteva.
***
Quel giorno il bigliettino recitava parole differenti da quelle  che avrebbe voluto veramente dire, le scrisse di fretta su un tovagliolo della locanda che poggiò sul comodino di fianco al letto del comandante.
 
   “15 novembre. Qualsiasi cosa accada oggi il tuo sogno verrà realizzato. Qualsiasi cosa ci accada io sarò lì per te, lì con te.” – M

Se qualcuno le avesse detto che il 16 novembre non avrebbe più incrociato gli occhi di Erwin Smith, quella volta ci avrebbe creduto.
Fu però un processo di consapevolezza molto più lento di quanto si sarebbe immaginata. Passò prima per una fase di negazione molto acuta che costrinse Levi a tramortirla, poco prima di chiedere al tredicesimo comandante del corpo di ricerca di rinunciare al suo sogno e morire.

“Non ti permetterò di morire al posto suo” le disse Ackerman prima di colpirla di sorpresa alla tempia.

Il passaggio successivo fu quello rabbia. Questa volta fu lei a rompere due costole a Mikasa con un calcio quando, spalleggiata da Eren, tentò di rubare il siero per tramutare gli uomini in giganti per darlo ad Armin.
Poi arrivò per Machi la fase della contrattazione, in cui prese atto della decisione del Capitano Levi di salvare quella giovane recluta dalla mente acuta e dagli ideali ben chiari. Successe tutto il un attimo ma la sua mente le processò come tante ore di eterna agonia che sfociarono in un pianto senza fine, fatto di rimpianti e parole non dette.

Erwin Smith morì così sul tetto pericolante di una casa del distretto di Shiganshina, a pochi passi dalla cantina che avrebbe aperto le porte alla realizzazione del suo sogno.
Fu lì che Machi e Levi decisero di portare il suo corpo.
Fu lì che l’uomo più coraggioso della razza umana trovò la pace senza trovare la libertà.
  
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