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Autore: Voglioungufo    14/02/2021    2 recensioni
ObiNaru | Post-699 | Domestic.
“Senti, perché non lo ammetti e basta?”
“Che cosa dovrei ammettere?” rigirò in un sibilo.
“Che volevi festeggiare San Valentino!”
Bene, ora che il grande elefante nella stanza era stato nominato direttamente nessuno dei due aveva più modo di scappare dalla conversazione. Maledetto Naruto e il suo essere sempre troppo diretto!
“Sì, ma tu no. Quindi non vedo perché discuterne” brontolò.
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Obito Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
- Questa storia fa parte della serie 'You put me back together and it feels like home'
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Buon San Valentino!
Spero lo abbiate passato bene, o leggendo fan fiction diabetiche o con la vostra dolce metà non importa! Vi lascio il mio contributo a questa festa, una piccola domestic/slice of life ObiNaru *^*
Spero vi piaccia, a me ha divertito molto scriverla <3
Un bacio,
Hatta.
 
 
 
 
 
Ma lo facciamo ogni giorno!
(Questo perché ti amo ogni giorno)
 
 
 
 
Obito sbatté la teiera abbastanza forte da far un fracasso per tutta la cucina. Avrebbe volentieri usato il microonde per scaldare l’acqua del tè, ma lo stronzo lo aveva occupato per il suo schifoso ramen istantaneo.
Guardò con rabbia l’apparecchio elettronico acceso e di conseguenza il ragazzo in attesa dello scadere dei tre minuti di cottura. Naruto intercettò la sua occhiataccia e gli rivolse un sorriso smagliante, in contrasto con il lampeggiare gelido degli occhi.
“C’è qualcosa che devi dirmi, tesoro?” domandò cinguettando.
Oh. C’erano moltissime cose che Obito voleva dirgli sul suo essere un troglodita insensibile, ma invece si limitò a forzare i propri muscoli facciali in un simile sorriso spastico.
“Nulla, amore mio” assicurò meditando di rovesciargli il tè caldo sulla testa. Tanto non si possono fare danni a un cervello inesistente, no?
Proprio a sostegno della tesi del cervello inesistente e del non avere un istinto di autoconservazione, Naruto si voltò a fronteggiarlo direttamente. Il finto sorriso era sempre più inquietante.
“Sicuro? Perché sembri arrabbiato, zuccherino”.
Obito dovette sforzarsi per trattenere un tic all’occhio. “Arrabbiato? No, assolutamente no. Non potrei mai essere arrabbiato quando ci sei tu a illuminarmi la giornata con la tua sola presenza”.
“Forse allora è delusione…” suggerì.
Fu così che Obito fece l’errore. Invece di rispondere prontamente per le rime, i suoi occhi si spostarono in automatico verso il calendario appeso alla parete, quello che segnalava fieramente la data di quel giorno: il quattordici Febbraio. Ovviamente a Naruto non sfuggì quell’esitazione né la deviazione del suo sguardo.
“Oh, capisco” scoccò con un sorrisetto soddisfatto.
Obito fumò di rabbia alla consapevolezza di avergli dato quell’apertura, ma almeno non era l’unica nella stanza che aveva iniziato a emettere fumo.
“Ti si sta bruciando il ramen, idiota” masticò.
Finalmente anche Naruto si rese conto dell’odore nella stanza e che il microonde aveva tintinnato il termine dei tre minuti nei loro breve scambio, che lo aveva assorbito così tanto da non accorgersene. Aprì velocemente l’anta dell’apparechio e un disgustoso odore di noodles bruciati riempì la cucina.
“Dattebayo!” strillò con le lacrime agli occhi, tentando di salvare il possibile.
“Umpf” fu invece il commento altero di Obito.
Con eleganza si versò l’acqua calda nella tazza e immerse la bustina, dopodiché lasciò impettito la cucina per andare a sedersi sul divano. Ma nonostante il calmo aspetto esteriore, dentro stava ancora fumando per la delusione.
Ed era tutta colpa di Kakashi!
 
“Il  week-end sarà un disastro” considerò con un sospiro stanco il Rokudaime.
Obito ridacchiò. “Cos’ha di diverso dagli altri?” domando terminando si catalogare le nuove missione di grado B ricevute quel giorno.
Kakashi era evidentemente esausto dopo la lunga giornata di lavoro d’ufficio, ormai era il tramonto e la luce aranciata del sole entrava dalle grandi finestre.
“Ma come, domenica sarà San Valentino” gli fece notare Kakashi inarcando un sopracciglio.
Obito alzò lo sguardo dal suo lavoro, gli occhi sgranati. Avevano appena festeggiato il suo compleanno e si era dimenticato che poco dopo ci sarebbe stato anche San Valentino.
“Ovviamente quasi tutti i nostri shinobi hanno chiesto quel giorno libero per passare la festa con la dolce metà, quindi abbiamo pochissimi shinobi operativi. Non ho idea di come coprire tutte le missioni” continuò Kakashi.
Ma Obito non lo stava ascoltando, era ormai bloccato nella realizzazione che quello sarebbe stato il suo primo San Valentino con Naruto. E lui se n’era quasi dimenticato! Doveva fare qualcosa, pensare a un modo per renderlo speciale… infondo era il loro primo San Valentino, doveva essere speciale… Forse poteva portare Naruto alle terme? Oppure fare un picnic da qualche parte? Comprargli delle rose? Aveva sognato per così tanti anni come avrebbe passato il suo primo San Valentino con Rin che ora si trovava ad avere fin troppe idee.
Kakashi, davanti al suo silenzio, riuscì a capire cosa lo stesse distraendo.
“Sai” riprese a parlare, “anche Naruto si è preso la domenica libera. È proprio venuto di persona a dirmi che in nessun modo il quattordici dovevo tenerlo occupato o mandarlo fuori Konoha. Deve avere in mente qualcosa…” suggerì malizioso.
Le orecchie di Obito diventarono di un vivido rosso acceso, che fece a pugni con i corti capelli bianchi. Non commentò nulla, perché in quel momento non si fidava della sua voce. Ma si sentiva felice al pensiero che Naruto stesse organizzando qualcosa per San Valentino, qualcosa da fare con lui. Onestamente non avrebbe mai immaginato che fosse tipo da festeggiare le ricorrenze, ma del resto come lo aveva stupito a Natale era ovvio lo stupisse ancora. Chissà cos’aveva in mente! Con Uzumaki Naruto non potevi mai essere sicuro di niente.
“Maa, prima di metterti a sognare sappi che finché non avrai finito di catalogare queste missioni non posso lasciarti andare” lo avvisò Kakashi.
“Non sto sognando” lo contraddisse, anche se era una bugia palese per entrambi.
 
Quindi aveva passato i restanti giorni che lo separavano dal quattordici febbraio a fantasticare su cosa sarebbe successo quel giorno, a cosa avrebbe potuto organizzare Naruto. Tutto questo solo perché Kakashi aveva sollevato l’argomento e aveva suggerito che Naruto avesse in mente qualcosa.
Peccato che Naruto aveva avuto in mente solo una cosa. La stessa cosa che occupava la sua mente ogni fottuto e dannato giorno.
Prese un lungo sorso di tè, cercando di annegare il fastidio con la bevanda. Ma Naruto pensò di entrare a sua volta in soggiorno proprio in quel momento. Si sedette sul bracciolo del divano, il punto più lontano da dove stava Obito. Era tutto ingobbito, tra le mani la tazza di ramen – o meglio: quello che era riuscito a salvare.
Fu proprio quella che Obito fissò con rabbia perché, diavolo, non poteva credere di essere stato messo in secondo piano dal ramen!
 
La mattina del quattordici Febbraio si stava consumando inesorabilmente mentre Obito aspettava che Naruto facesse qualcosa. Quella notte non aveva dormito, la trepidazione lo aveva tenuto sveglio ed era stato faticoso aspettare che Naruto si alzasse alle undici passate di mattina. Si era svegliato, aveva fatto colazione con gli occhi chiusi e poi si era infilato in doccia senza dire una parola, senza neanche dargli un bacio o fargli un augurio.
Obito non ce la faceva più ad aspettare. Aveva preparato un mazzo di girasoli, ma soprattutto non vedeva l’ora di scoprire che faccia avrebbe fatto Naruto una volta ricevuti i cioccolatini al ramen. Aveva dovuto teletrasportarsi con il kamui nel Paese dei Noodles per trovarli, era estremamente rari ed erano costati moltissimo, ma sapeva che li avrebbe adorati.
Il cuore gli scattò in gola quando sentì la porta del bagno aprirsi. Senza potersi più trattenere, seguì il rumore dei passi di Naruto fino in entrata. Era così emozionato che non si accorse nemmeno che si stava mettendo le scarpe.
“Amore, buon…”
“Ehi, Obito. Oggi pranzo fuori”.
L’augurio gli morì sulle labbra, incastrandosi in gola. Tossì, rischiarandosi la voce.
“Uhm, intendi che pranziamo fuori?”
Naruto lo guardò instupidito. “Vuoi venire anche tu?”
Obito gli rivolse lo stesso sguardo perplesso, anche se una gelida consapevolezza cominciò a strisciare sulla sua schiena.
“Be’, per festeggiare…”
“Festeggiare?” ripeté Naruto, poi i suoi occhi si allargarono nella consapevolezza. “Oh…Ah! Vuoi festeggiare San Valentino?”
Quella domanda lo lasciò scombussolato, soprattutto il tono sorpreso con cui l’aveva pronunciata, come se si aspettasse il contrario.
“Kakashi mi ha detto che ti sei preso il giorno libero…”
“Oh, sì!” confermò, ma con uno sguardo accigliato, come se non capisse perché lo stesse dicendo. “Oggi Ichiraku fa il suo ramen speciale di San Valentino, lo fa solo una volta all’anno. Non potevo assolutamente rischiare di essere mandato fuori Konoha e perdermelo”.
Il ramen.
Naruto si era preso un giorno libero per mangiare il ramen.
Si sentì così scombussolato da non riuscire a replicare nulla, si limitò a guardarlo con gli occhi sgranati anche quando Naruto ricominciò a legarsi le scarpe.
“Ah, scusami! Devo andare, rischio che mi finiscano tutto il ramen. Ne parliamo dopo se vuoi fare qualcosa, okay?”
E se n’era andato.
 
Obito aveva avuto qualche ora per metabolizzare tutto, ma ancora si sentiva frastornato. Naruto non aveva mai minimamente pensato a San Valentino, non aveva mai avuto intenzione di festeggiarlo o fare qualcosa, e dal modo in cui lo aveva guardata quella mattina sembrava credere che nemmeno Obito lo avesse fatto.
Era stupido, ma dopo essersi fatto così tanti castelli in testa era deluso; si sentiva dimenticato e poco apprezzato, messo in secondo piano dal ramen. Il fatto è che non poteva nemmeno lamentarsi, perché faceva già ogni giorno la figura del fidanzato ossessivo con la sua gelosia; se se la fosse presa anche per il mancato San Valentino sarebbe stato definitivamente bollato come un oppressivo rompiscatole. Non voleva essere uno stereotipo o far sentire Naruto in dovere di fare qualcosa solo per farlo contento, così il significato di San Valentino si sarebbe perso.
Ma comunque ci aveva sperato. Aveva osato riesumare un vecchio sogno che aveva da bambino, quello di passare un San Valentino memorabile con la sua persona speciale, ed era buffo che fosse stato proprio Naruto a spezzarlo.
Comunque quando Naruto era tornato, a suo merito, aveva risollevato l’argomento. Peccato che poi aveva anche aggiunto:
“Comunque non è che ne abbia tanta voglia. Cioè, non saprei cosa fare dattebayo”.
Ecco: Naruto non aveva voglia di festeggiare. Questo concludeva tutto e lo aveva costretto a dire:
“Allora non preoccuparti, non importa”.
Col cazzo che non importa, pensò infastidito dal continuo aspirare rumoroso di Naruto.
La maledizione di Obito era di essere un Uchiha, quindi anche se aveva assicurato che non importava aveva continuato a pensarci per tutto il tempo successivo, diventando sempre di più di cattivo umore. Naruto ovviamente se n’era accorto e sicuramente sapeva anche quale fosse il problema, perciò non aveva fatto altro che pungolarlo per farlo scattare e ammettere la sua delusione.
Insomma, ormai era pomeriggio inoltrato e la situazione tra loro era così tesa da rendere l’aria quasi irrespirabile.
“Puoi mangiare decentemente?!” sbottò alla fine Obito, innervosito dal modo in cui Naruto aspirava gli spaghetti.
Per tutta risposta il ventenne succhiò più forte. “Mangio come al solito” disse con la bocca piena.
“Come un troglodita”.
“Di solito non ti dà fastidio”.
“Oggi sì!”
“Perché cosa c’è oggi?” lo canzonò.
Obito lo guardò faticando a trattenere tutto il suo intento omicida, era certo di aver perfino attivato lo sharingan. Ma Naruto non ne rimase per nulla impressionato, continuò a fissarlo dritto in faccia senza battere ciglio.
La gara di sguardi durò parecchi minuti, il tempo necessario perché sia il tè che il ramen smettessero di fumare. Prevedibilmente il primo a parlare fu Naruto.
“Senti, perché non lo ammetti e basta?”
“Che cosa dovrei ammettere?” rigirò in un sibilo.
“Che volevi festeggiare San Valentino!”
Bene, ora che il grande elefante nella stanza era stato nominato direttamente nessuno dei due aveva più modo di scappare dalla conversazione. Maledetto Naruto e il suo essere sempre troppo diretto!
“Sì, ma tu no. Quindi non vedo perché discuterne” brontolò.
Il ventenne si accigliò. “Non è che non voglio festeggiarlo, ma non ci ho pensato” corresse. “Non sapevo ci tenessi, se me lo avessi detto avrei organizzato qualcosa”.
“Pensavo lo stessi già facendo visto che avevi preso il giorno libero” rinfacciò. “Invece era per il ramen”.
“E con questo cosa vorresti dire, dattebayo?”
“Che hai pensato al ramen di San Valentino, ma non di passarlo con me”.
Naruto inarcò una sopracciglia. “Sono con te da tutto il pomeriggio” gli fece notare.
Sospirò per quella stupida osservazione. “Come sempre, cosa ci sarebbe di diverso dal solito?”
“…Sei arrabbiato con me”.
Obito tacque, la bocca ancora aperte per la battuta piccata che aveva pronta in automatico. Ma l’osservazione gli fece morire il fiato in gola e si ritrovò a tacere, guardandolo come un idiota a bocca aperta. La richiuse velocemente, cercando di darsi un tono.
“Non sono arrabbiato con te”.
“Certo, raccontala a qualcun altro. Mi guardi come se volessi uccidermi e, sai, ho esperienza a riguardo”.
Sussultò a quella battuta, il fiato uscì dalle sue labbra bruscamente, come se qualcuno lo avesse colpito con tutta la sua forza allo stomaco. Naruto si rese conto di aver esagerato e spalancò a propria volta gli occhi, fissandolo pieno di colpa.
“Io… mi dispiace” cedette subito. “Non dovevo dirlo”.
Obito abbassò lo sguardo, sentendosi svuotato come ogni volta che sbatteva contro il suo passato da criminale. A volte si concedeva il lusso di dimenticarlo, di abbandonarsi all’illusione di non aver mai tradito se se stesso e non aver mai tentato di distruggere il mondo, il ragazzo che adesso ama. Ma non poteva meritarsi questo lusso; gli era stato permesso di vivere ancora una volta, a patto che rimediasse ai suoi errori. Lui non aveva granché da pretendere al mondo, non più.
“No, hai ragione” mormorò. “Adesso non voglio ucciderti, ma sono arrabbiato. Hai pensato al ramen speciale di San Valentino, ma non di volerlo festeggiare con me. Mi ha ferito”.
Naruto continuò a guardarlo, ancora pentito dalla frase che gli era scappata. Fece una smorfia e scivolò giù dal bracciolo del divano, andando a sedersi più vicino – ma ancora distante da Obito.
“Non sapevo ci tenessi a San Valentino. A me non è mai piaciuta come festa, sai, per il fatto che ero solo e nessuna bambina avrebbe accettato un mio regalo. L’unica cosa positiva era Ichiraku, il ramen speciale di San Valentino… È diventato una tradizione mangiarlo”.
Obito aumentò la presa sulla tazza da tè, anche se ormai era diventata fredda. Lui e Naruto si assomigliavano così tanto, ma a volte c’erano quei piccoli particolari che li rendevano totalmente diversi.
“Invece io ho sempre sognato di passare San Valentino con qualcuno, proprio perché ero solo” mormorò in risposta. “Speravo di poterne passare uno speciale con te, fare qualcosa di indimenticabile insieme”.
Naruto lo guardò frustrato. “Potevi dirmelo. Potevamo inventarci qualcosa prima”.
“Credevo lo stessi organizzando da solo, per farmi una sorpresa… visto che avevi preso il giorno libero” ripeté, poi emise un sospiro. “Va be’, direi che a questo punto non importa più”.
Mise da parte la tazza del tè, poi attivò il Mangekyo e l’aria davanti a lo cominciò a distorcersi. Dal nulla comparvero direttamente sulle sue mani un mazzo di fiori e una scatola di cioccolatini a forma di cuore. Li tese verso il ragazzo più giovane, sforzando un sorriso sul proprio volto.
“Buon San Valentino, Naruto” disse.
 Quello sgranò gli occhi, lo sguardo puntato sui regali. Li prese entrambi esitante, come se si aspettasse di vederli esplodere davanti alla faccia e rivelare uno scherzo. Ma poi portò i girasoli al naso si accorse che erano veri e vide la scritta Cioccolatini al ramen sulla confezione a cuore e la sua bocca si aprì in un ovale perfetto. Simultaneamente arrossì di colpo fino alla radice dei capelli, ma continuò a tenere le labbra socchiuse senza riuscire a dire niente. Gli occhi si spostavano dai girasoli ai cioccolatini a Obito senza che sembrasse riuscire a decidere cosa guardare.
L’ho rotto, pensò Obito con rassegnazione ma anche affetto.
Si schiarì la voce. “Non sapevo se regalarti dei fiori o meno, ma… spero che i girasoli vadano bene, penso ti si addicano meglio delle rose” borbottò chiedendosi perché diavolo fosse in imbarazzo.
Naruto finalmente fermò gli occhi su di lui. erano ancora sgranati, increduli, azzurrissimi nel volto rosso accesso.
“Nessuno mi ha mai regalato dei fiori” replicò in un tono indecifrabile, che non permise a Obito di capire se fosse una cosa positiva o meno. Ma non ci pensò molto, perché Naruto iniziò subito a guardarlo con rammarico. “Io non ti ho preso niente…” ammise.
Obito deglutì cercando di cacciare la delusione in fondo allo stomaco. Lo sapeva già, in fondo era ovvio da quella mattina, non aveva senso che ci rimanesse male all’ammissione.
“Non preoccuparti” disse quindi e si strinse nelle spalle. “Ci tenevo a regalarti qualcosa e l’ho fatto, non dovevi ricambiare”.
Naruto non sembrò per nulla convinto, anzi si corrucciò ancor di più, probabilmente perché il suo tono di voce non era stato per nulla saldo come avrebbe voluto. Forse era anche per via della naturale empatia di Naruto, che gli permetteva di vedere quanto Obito ci fosse rimasto male anche se si sforzava di mantenere uno sguardo impassibile.
Infatti, dopo un secondo di silenzio, Naruto sembrò prendere una decisione e i suoi occhi si affilarono, diventando terribilmente seri. Strinse il mazzo di fiori e i cioccolatini più vicino al petto – come se avesse paura che glieli portassero via – e lo guardò fisso, lo sguardo che bruciava di determinazione.
Obito aveva già imparato a temere quello sguardo.
“Siamo ancora in tempo per fare qualcosa” disse Naruto.
Si morse la guancia per non sorridere e tentò di controllare il battito più veloce del cuore, invece di guardarlo speranzoso come avrebbe voluto replicò:
“Non devi ricambiare solo perché ti senti in dovere”.
Non gli aveva dato quel regalo per farlo sentire in colpa e manipolarlo per ottenere quello che voleva. Voleva ancora festeggiare, lo voleva tantissimo, ma costringere Naruto a farlo avrebbe perso di significato il momento. Praticamente, si era rovinato con le sue stesse mani: qualunque fosse stato il risultato finale, ne sarebbe rimasto deluso.
Fece l’errore di chiudere gli occhi, così che non ebbe modo di vedere Naruto balzargli addosso. Un gomito venne conficcato dolorosamente nel suo fianco, mentre lo spigolo della scatola di cioccolatini premeva sul suo sterno e i girasoli quasi lo soffocarono. Naruto lo inchiodò mezzo steso sul divano, i loro visi a pochi centimetri di distanza.
“Voglio ricambiare per farti felice!” lo corresse. “Se festeggiare San Valentino ti renderà felice, festeggeremo il San Valentino più speciale di sempre dattebayo!”
Obito era quasi tentato di usare kamui per sfuggire a quel bloccaggio doloroso, soprattutto al dannato gomito, ma sospettava che Naruto non avrebbe apprezzato.  
“E sentiamo, che cosa vorresti fare?!” lo sfidò. “E non dire mangiare ramen!”
Davanti alla domanda diretta Naruto sembrò diventare meno sicuro, lo guardò esitante in cerca di un’idea.
“Possiamo andare alle terme!” offrì prevedibilmente.
“Avremmo dovuto prenotare, sono già tutte piene. Così come i ristoranti e gli alberghi”.
“Allora… uhm, andiamo a dare da mangiare ai cervi dei Nara? E un picnic?”
“Vuoi davvero fare un picnic di notte nel cuore di una foresta in inverno?” rigirò.
No, Naruto non era affatto sicuro e non ci aveva pensato correttamente, almeno fu quello che capì dall’espressione disperata che ricevette.
“Bene, allora ordineremo qualche schifezza d’asporto e ci guarderemo un film smielato insieme”.
Non riuscì a trattenere una risatina di scherno. “Idea originale, effettivamente non lo facciamo mai” commentò sarcastico.
Naruto non sembrò apprezzare affatto l’ironia, l’espressione corrucciata divenne furiosa in poco tempo.
“Sei un bastardo” lamentò.
Invece di rispondere per le rime, Obito sospirò.
“Senti, lascia stare. Ormai è troppo tardi per fare qualcosa”.
Chiedere a Naruto di mollare la presa quando si era fissato su qualcosa era come chiedere alla terra di girare al contrario. Anche se lo sapeva, nel momento di silenzio che seguì sperò di averlo convinto. Pia speranza.
Naruto mise da parte i fiori e i cioccolatini, poi scivolò fra le sue gambe, armeggiando con la chiusa dei pantaloni.
“Che cosa fai?!”
“Il mio regalo di San Valentino!” annunciò gridando. “Un pompino!”
Per un momento rimase troppo basito per rispondere, ma poi sentì la rabbia montare. Il fatto che adesso tirasse fuori il sesso lo fece sentire ancora peggio, come se bastasse sempre e solo quello a renderlo soddisfatto. Infuriato spiaccicò una mano contro il suo volto per allontanarlo.
“Piantala!” sbottò. “Stai diventando ridicolo”.
Naruto spinse con la testa contro la mano, continuando a tentoni a tirargli via i pantaloni.
“Non m’importa, se ti prometto un San Valentino speciale sarà un San Valentino speciale!”
“E pensi di renderlo speciale con un pompino?!”
“È il pompino di San Valentino!”
Obito emise un urlo frustrato. “Questo non ha senso”.
“Insomma, vuoi o non vuoi festeggiare?!”
Ormai era esasperato, non sapeva nemmeno più cosa dire per non peggiorare la situazione.
“Sì, ma…”
“Allora ecco come festeggeremo” lo interruppe. “Ordineremo d’asporto, faremo del sesso fantastico e poi ci faremo le coccole guardando un film scemo!”
“Ma lo facciamo già ogni giorno!”
“Questo perché ti amo ogni giorno!”
Silenzio.
Obito spalancò la bocca senza che emettesse nessun suono, bloccato e incredulo. I suoi occhi si allargarono, il suo respiro si interruppe bruscamente come se avesse paura ad emettere un rumore di troppo. La sua presa perse consistenza e Naruto riuscì a liberarsi dalla mano che lo teneva lontano, non accorgendosi per nulla della reazione dell’altro.
Perché ti amo ogni giorno.
Obito guardò Naruto tentare di strattonare i suoi pantaloni dai fianchi. Non sembrava essersi accorto di quello che aveva detto, i suoi occhi erano ancora battaglieri.
“Ridillo” disse senza pensarci.
“Che cosa? Che ti sto per fare il più grandioso pompino di tutta la tua vita per San Valentino?!” abbagliò Naruto ancora nel mezzo della discussione.
Era così incredulo che non registrò nemmeno il tono bellicoso con cui lo disse.
“No. L’ultima cosa che hai detto”.
“L’ultima cosa che ho detto?!” ripeté. “Be’, ho detto che… che…”
Si fermò di colpo e a sua volta gli occhi si allargarono nella realizzazione, guardandolo come se gli fosse spuntata una testa di troppo, e le sue orecchie diventarono nuovamente rosse. Si strinse un po’ nelle spalle, come un gatto pronto a balzare, e considerando che si trovava tra le cosce di Obito e con le mani nelle sue mutande sarebbe stato anche abbastanza comico da vedere.
Ma entrambi in quel momento non stavano ridendo, studiavano l’altro in attesa della prossima mossa. Prevedibilmente il primo a replicare qualcosa fu Naruto. Ora il rossore si era espanso su tutta la faccia e distolse lo sguardo, sentendolo bruciare.
“E quindi? Come se non fosse mai stato ovvio” borbottò.
“Non me l’hai mai detto” mormorò Obito, che continuava a ripetersi ossessivamente quella frase nella mente.
“Be’, neanche tu l’hai fatto!”
Naruto era imbarazzato e nell’atteggiamento era ancora nel mezzo litigio, quindi non si accorse dello sguardo perso e un po’ umido dell’altro.
“Stiamo insieme solo da qualche mese…”
“E chi se ne importa?!” Naruto tornò a guardarlo esasperato. “Ho sbagliato il momento per dirlo? C’è una regola quando dirlo? Non m’importa, dattebayo, l’ho detto perché lo penso e non capisco quale sia il tuo…”
Si interruppe bruscamente, Obito lo prese per le guance e lo spinse in avanti verso il proprio viso. Lo baciò inghiottendo la sua protesta, finché anche Naruto non si sciolse e ricambiò con foga.
“Ti amo anch’io” gli disse a fior di labbra.
Naruto sorrise, una smorfia un po’ stupida con le mani che premevano le sue guance e gli occhi socchiusi. Si mosse di nuovo in avanti, tornando a far collidere le loro bocche e questa volta prese in mano la situazione, stabilendo il ritmo del bacio.
Obito lo lasciò fare, non trattenendo un piccolo sorriso. Naruto finì per coprirlo con il suo corpo e sovrastarlo sul divano, i suoi denti che mordevano dispettosi il labbro inferiore e la lingua che leccava subito dopo. Le sue mani si mossero tra i suoi capelli, stringendo i corti ciuffi bianchi e grattando la cute dietro le orecchie. Il bacio durò così a lungo che alla fine Obito si sentì senza fiato anche se non aveva davvero bisogno di respirare.
Naruto lo guardava con il viso sereno, un sorriso che illuminava i suoi occhi, le mani ancora impigliate tra i capelli.
“Ti amo!” ripeté strofinando i loro nasi. “Pensavo ti fosse ovvio”.
Sospirò. “È diverso sentirlo, lo rende più vero”.
Naruto era ormai spaparanzato su di lui, schiacciandolo completamente. In quegli anni i tanti centimetri che li dividevano erano stati consumati da un suo picchio di crescita, ormai erano quasi alti uguali. Ma Naruto aveva comunque il vizio di mettersi sul suo stomaco e appisolarsi lì, senza curarsi del proprio peso.
“Non volevo litigare” mormorò dopo un po’, la voce pentita.
Passò una mano ad accarezzargli i capelli.
“Non avrei dovuto offendermi così tanto” ammise a sua volta pentito.
Naruto aveva ragione, gli dimostrava di amarlo ogni giorno anche con la loro stupida routine. Solo perché non erano andati alle terme o fatto qualcos’altro di simile non significava che Naruto ci teneva di meno o che proprio non gli importasse.
“Mi dispiace per non averti dato il San Valentino speciale che volevi”.
Rise a quell’ultima frase, facendo tremare Naruto sul suo petto.
“Ah, invece credo tu l’abbia fatto. Mi hai detto che mi ami per la prima volta, è qualcosa che mi ricorderò”.
Naruto nascoste la faccia contro il suo collo, lasciando visibili solo le orecchie rosse. “Ah, bastava così poco” borbottò.
Rise più forte. “Non è poco, è… speciale”.
Questa volta non rispose, ma sentì la forma del suo sorriso contro la pelle del collo. Lo sistemò meglio su di sé distribuendo il peso e gli baciò il capo, sentendosi stupidamente bene rispetto a qualche minuto fa, quando il suo stomaco stava bruciando per il risentimento. A volte quell’altalena di emozioni era sfiancante, ma ne valeva al pena se significava poi potersi accoccolare così sul divano, con Naruto che lo schiacciava e ogni tanto lasciava baci sulla pelle che raggiungeva.
Obito gli accarezzò la schiena, ma poi dispettoso gli tirò i capelli della nuca.
“Non addormentarti!” lo avvisò. “Ti ricordo che come regalo mi hai promesso un pompino grandioso”.
Naruto scoppiò a ridere. “Lo so, lo so!”
Scivolò giù da lui, cadendo sul pavimento. Appoggiò il mento sul bordo del divano, guardandolo con un sorriso birichino.
“Prima lasciami chiamare per la cena, va bene?”
Annuì. “Io nel frattempo scelgo il film”.
“E poi sesso e coccole!”
Obito rise e gli baciò il naso. “Suona come un buon piano”.
San Valentino poteva essere un giorno normale in una relazione straordinaria.
 
 
 
   
 
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