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Autore: GiulsYes    15/02/2021    0 recensioni
Rachel Berry cade in disgrazia dopo il fallimento della serie tv sulla sua vita. Fa ritorno a Lima, in Ohio, per riprendere in mano il suo futuro.
Finn Hudson, invece, ancora non ha trovato il suo sogno ed è perso nel buio dell'ignoto e nell'autocommiserazione.
Due anime affini, due anime con sogni completamente differenti, due anime con sogni che li portano sempre a separarsi.
Riusciranno i due a ritrovarsi?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaine Anderson, Finn Hudson, Kurt Hummel, Rachel Berry | Coppie: Blaine/Kurt, Finn/Rachel
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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I “se” sono il marchio di fabbrica dei falliti. Nella vita si diventa grande “nonostante”.
 
Settembre 2015
«Mi sei mancato Kurt.»
Rachel allungò leggermente il braccio sul tavolino del bar per prendere fra le sue dita la mano dell’amico. Un amico che aveva uno sguardo vuoto, uno sguardo che lei non vedeva dai tempi di Karowsky a scuola che faceva il bulletto con lui.
Kurt era abbigliato, come il suo solito, con capi molto sgargianti e appariscenti. La camicia che aveva scelto quella mattina era di un verde scuro chiazzata con altri colori opachi tra cui il blu, il nero e l’arancio; i pantaloni erano di un azzurro acceso e ai piedi indossava un paio di mocassini verde smeraldo; i suoi capelli erano corti ai lati, mentre nella parte alta erano perfettamente pettinati all’insù, fermati con il gel e la lacca. Un classico stile alla Kurt Hummel.
«Sei sparita Rachel, sono mesi che non ti sento e non ti vedo», disse Kurt con una nota di amarezza nella voce.
«Kurt, l’hai vista anche tu la mia serie. Di certo non potevo farmi vedere in giro come se niente fosse...»
Rachel era vestita di tutto punto: portava degli stivali neri alti fino al ginocchio, una gonna beige che le arrivava a metà coscia con le collant nere che le fasciavano le gambe magre, rese sode dagli anni passati a studiare danza; la parte superiore del corpo era coperta da una blusa nera che lasciava intravedere il seno e una piccola porzione di pelle della pancia; teneva i capelli castani e lisci sciolti che le ricadevano sulle spalle e la frangetta era accuratamente pettinata sulla fronte. Non aveva nulla fuori posto, nonostante il viaggio appena intrapreso.
Vedendo che l’amico non proferiva parola, proseguì: «Cosa c’è che non va Kurt?»
«Io», cominciò il ragazzo indeciso. Prese un respiro profondo e si rivolse all’amica con il cuore in mano. «Sono stati mesi difficili Rachel, io e Blaine ci siamo lasciati e Finn non c’è. Lui è sempre all’università dopo il fallimento con il Glee e la sua successiva chiusura, sta stabilmente in dormitorio e non dà esami, mio papà è sempre via per i congressi e le innumerevoli riunioni che il suo ruolo comporta, ho lasciato temporaneamente la NYADA… e tu mi hai abbandonato.»
Ora sì che Rachel si sentiva in colpa: avrebbe preferito essere investita da una macchina piuttosto che ascoltare quello che aveva appena detto Kurt. Lei aveva pensato solo al suo dolore, senza curarsi di quelli intorno a lei e delle loro vite, come sempre. Pensava di essere l’unica a soffrire e l’unica ad avere il diritto di farlo. “Perché io mi impegno” era la scusa che utilizzava sempre con sé stessa per giustificare quello che in realtà era il suo egoismo.
«Lo so», confessò con gli occhi fissi sul bicchiere di caffè di fronte a lei. «So di essere imperdonabile, ma vedi, mentre ero sull’aereo, ho pensato a un modo per redimermi che potesse avvantaggiare anche te.»
A quelle parole, il ragazzo sollevò istantaneamente la testa dalla sua bevanda, posò gli occhi verde-azzurri in quelli color cioccolato di Rachel, per la prima volta da quando si erano incontrati, e rimase in trepidante attesa.
«Noi riapriremo il Glee club del liceo McKinley.»
«Scherzi?», chiese Kurt pieno di incertezza. «E come hai intenzione di fare visto che la Sylvester ha in mano tutto il consiglio?»
Solamente il fatto di essere riuscita a creare un piccolo spiraglio in Kurt – che Rachel colse dallo sguardo dell’amico su di lei – le dava speranza. Un sentimento che non provava da molto tempo e che quasi le sembrava sconosciuto.
«Ho parlato con il presidente del consiglio poco fa», informò Kurt orgogliosa di sé. «Poi vedremo che cosa potrà fare.»
Kurt si limitò ad annuire e ad elargirle un sorriso quasi di circostanza, come se fosse incerto della verità nelle parole di Rachel. Era solita non mantenere la parola data, infatti. Il ragazzo ricordava benissimo com’era finita l’ultima promessa che si erano fatti loro due. Finì con Kurt in attesa su un marciapiede sotto la pioggia. Quella volta si erano ripromessi che non importava cosa sarebbe accaduto nelle loro vite, ma si sarebbero comunque trovati a New York, dov’era il loro vecchio loft, sei mesi dopo la partenza di Rachel per Los Angeles; perché la loro amicizia valeva più di qualsiasi altra cosa potesse accadere loro. Invece lei non si era mai presentata a quell’appuntamento, venendo meno alla promessa che si erano fatti. Quel ricordo ancora oggi gli doleva.
«Hai più sentito Finn?», chiese senza far trasparire la sua curiosità nel conoscere la risposta.
«Sì, mi ha chiamata un paio di giorni fa. Come tutti, ha visto la mia serie tv, se così si può definire.»
Rachel prese un sorso del suo caffè, ancora bollente, per nascondere il tremolio al labbro inferiore di cui soffriva ogni volta quando si parlava di Finn. Lui era il punto debole di Rachel. Qualche anno prima lei stava per rinunciare a qualsiasi cosa per Finn. Ai suoi sogni, alle sue speranze, al suo futuro, tutto ciò solo per sposarlo e stare con lui. E visto come erano andate le cose alla fine, forse se non si fosse fatta convincere a salire su quel maledetto treno per New York quel giorno, ora le cose sarebbero diverse.
Ma di certo, per lei, non era il momento di parlare con i se, era giunto quello di intraprendere la via dei nonostante.
«Ma non importa», disse Rachel – più a sé stessa che a Kurt – per risvegliarsi dai suoi pensieri. «È giunto il momento di guardare avanti, di guardare al nostro futuro, non voglio più fossilizzarmi, troverò la mia strada e tu sarai al mio fianco.»
Kurt annuì, questa volta molto più sicuro di prima, d’altronde nessuno poteva battere Rachel in caparbietà e un nuovo progetto come quello proposto da lei lo entusiasmava e risvegliava quella parte euforica che c’era in lui, soffocata dagli ultimi avvenimenti della sua vita.
 
***
 
Rachel era a Lima da poche ore e ancora non era riuscita a passare per casa per posare la valigia e farsi una doccia rigenerante. Appena il taxi si fermò nel vialetto di casa sua, un peso le si spostò dallo stomaco. Casa.
Infilò le chiavi nella toppa, e aprì la porta di quella che era stata la sua dimora per diciassette anni e non si stupì di trovarla proprio come l’aveva lasciata. Era in camera sua, ad osservare tutti i suoi diciassette anni appesi alle pareti tra foto con gli amici e parenti e trofei di danza e canto conquistati appoggiati agli scaffali, quando suo padre varcò la soglia della sua stanza.
«Tesoro», disse lui allargando le braccia e stringendola forte. «Grazie a Dio sei qui.»
«Papà dov’è?», chiese Rachel preoccupata guardandogli le spalle senza intravedere nessuno. «Che succede?»
«Amore, io e tuo padre stiamo divorziando», disse lui semplicemente, sedendosi sul letto a baldacchino.
«No, non è possibile!», imprecò Rachel con le lacrime che minacciavano di uscire nuovamente. «Sono morta e sono finita all’inferno.»
«Le cose tra di noi erano complicate già da tempo. Abbiamo deciso di aspettare a dirtelo finché non fossi uscita dal tuo isolamento, già avevi tanto a cui pensare», Rachel annuì debolmente. «Ne riparleremo comunque.»
Quanto? Quanto le persone avevano sofferto mentre lei si isolava pensando che la sua vita fosse finita per una serie tv andata male?
«Senti», lo fermò lei prima che uscisse. «Non so ancora per quanto resterò a casa. A te sta bene?»
«Puoi restare con me tutto il tempo che vuoi, ma abbiamo messo in vendita la casa da un paio di settimane», disse lui.
Suo padre prese un respiro profondo e prima di voltarsi ed uscire dalla stanza disse: «Si dice che bisogna perdere ogni cosa, prima di trovare sé stessi.»
Una cosa era certa: Rachel aveva perso tutto.
 
***
 
Rachel era eccitatissima quel giorno. Aveva curato ogni singola parte del suo aspetto quella mattina prima di uscire: dai capelli minuziosamente lisciati, al trucco non troppo eccessivo e all’abbigliamento formale. Voleva apparire autoritaria, ma non voleva incutere soggezione nei potenziali nuovi membri del Glee club.
Il club audio e video stava aiutando lei e Kurt a trasportare fuori le attrezzature che appartenevano all’aula di informatica. Quest’ultima si era instaurata in quella che prima era la sala di musica sotto la dittatura di Sue Sylvester. In quell’aula Rachel racchiudeva tutti i suoi preziosi e più bei ricordi. Sì, anche le litigate con Santana e Queen.
La sua vita all’interno di quella stanza era stata tutto fuorché idilliaca, ma comunque ciò che prevaleva più di tutti era la sensazione di casa e di calore che emanava. Tutti i suoi ricordi più brutti, ma soprattutto quelli più belli erano proprio lì. La sua voce era cresciuta lì.
«Grazie a tutti ragazzi!», cinguettò Rachel. «Il club audio e video e il Glee club hanno sempre mantenuto ottimi rapporti negli anni e manterremo questa tradizione intatta.»
«Sì grazie!», esclamò Kurt che sembrava essere in fibrillazione quanto Rachel, se non di più. «Promettiamo di imparare tutti i vostri nomi. E anche quelli dei musicisti!»
I ragazzi si guardarono con lampi che attraversavano i loro occhi dall’eccitazione per la nuova avventura che gli si prospettava davanti. Avevano entrambi il loro scopo e questo gli bastava, per ora.
 
***
 
Di ritorno a casa, Rachel si sentiva finalmente bene. Certo, qualcosa ancora le mancava, ma il solo fatto di avere un obiettivo la faceva sentire in pace e allo stesso tempo entusiasta. Risvegliava in lei la voglia di lottare, la ferocia che tanto la caratterizzava, la voglia di mettersi in gioco e di distinguersi sempre dagli altri.
Qualcosa tuttavia le mancava, la tentazione di diffondere la notizia della sua piccola vittoria nel poter ridar vita al Glee club premeva in lei e c’era solo una persona in realtà a cui avrebbe voluto comunicarla. A lui.
Proprio come ogni cosa che le accadeva di importante nella sua vita, aveva voglia di condividerla con lui. Spesso si era chiesta se questo potesse voler dire qualcosa, ma non era il momento di farlo. L’euforia del momento la portò a non riflettere sulle sue azioni. Rachel prese il telefono e lo chiamò. L’incessante squillo regolare dell’attesa della risposta alla chiamata quasi le fece scoppiare il cuore dal petto e dopo un numero di squilli impossibili da contare, e quando Rachel ormai credeva che non avrebbe più risposto, la voce di Finn si diffuse nel suo orecchio mettendo fine alle sue sofferenze e facendo sì che riprendesse a respirare.
«Ciao Rachel», disse lui in tono apatico.
Il suo tono così distaccato la fece desistere e la ferì leggermente, tuttavia era troppo orgogliosa per darlo a vedere.
«Ciao Finn.»
«Tutto qua? Non hai altro da dirmi?», chiese lui con un’intonazione fin troppo rude.
«No. Tu hai niente da dirmi?»
«Guarda che mi hai chiamato tu!», tuonò Finn spazientito. «Mi hai chiamato per dirmi niente?»
E non ha tutti i torti, Rachel.
«Certo che non è così», disse lei addolcendo la voce nell’imbarazzo. «Volevo solo sapere come stavi. Kurt mi ha detto che non dai gli esami.»
«Rachel», la richiamò con tono accusatore. «Di certo non sei nella posizione di potermi fare la predica.»
«In realtà un po’ sì! Io almeno ci sto provando a rimettere in piedi la mia vita.»
«Ah, sì? E come?», le chiese Finn quasi deridendola. «Crogiolandoti nella disperazione del tuo appartamento di Los Angeles? Cosa ci stai a fare ancora lì?»
Era tipico di Finn. Quando soffriva, attaccava. Ma non come faceva Rachel, lui era infimo. Sparava come un cecchino senza dosare il colpo. Sapeva benissimo dove mirare ancora prima di prendere il fucile; semplicemente puntava, sparava e ti massacrava. Sempre.
Rachel incassò la botta, anche perché questa volta era prontissima a reagire.
«In realtà sono in Ohio», approfittò del silenzio creatosi per contrattaccare. «Ho rimesso in piedi io il Glee club. A differenza tua, come vedi, io non mi sono arresa.»
Dall’altra parte Rachel udiva solo un respiro regolare, così continuò: «Devi rimettere in piedi la tua vita, Finn. Proprio come hai detto tu di fare a me. Io l’ho fatto, ora tocca a te», la ragazza prese un respiro profondo. «Ci sentiamo, Finn.»
Attese una risposta che non arrivò mai, così si limitò a chiudere il telefono e ad infilarlo nella tasca dello spolverino.
Era sola.
   
 
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