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Autore: GiulsYes    15/02/2021    0 recensioni
Rachel Berry cade in disgrazia dopo il fallimento della serie tv sulla sua vita. Fa ritorno a Lima, in Ohio, per riprendere in mano il suo futuro.
Finn Hudson, invece, ancora non ha trovato il suo sogno ed è perso nel buio dell'ignoto e nell'autocommiserazione.
Due anime affini, due anime con sogni completamente differenti, due anime con sogni che li portano sempre a separarsi.
Riusciranno i due a ritrovarsi?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaine Anderson, Finn Hudson, Kurt Hummel, Rachel Berry | Coppie: Blaine/Kurt, Finn/Rachel
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Preferiamo ignorarla, la verità. Per non soffrire. Per non guarire.
Perché altrimenti diventeremmo quello che abbiamo paura di essere. Completamente vivi.
 
 
Agosto 2015
Doveva cominciare una nuova vita.
Aveva perso tutto.
La serie tv costruita sulla sua vita era stata un fiasco, un fallimento totale. E oltretutto, ora, era presa di mira da molte persone che la definivano oscena, razzista, omofoba e altri aggettivi ripugnanti con cui Rachel poteva riempire un intero diario, se non due.
Aveva raggiunto la vetta del suo successo con Funny Girl.
«Non sei portata per la televisione», questo le avevano detto. E lei, ormai, non poteva che essere d’accordo.
La sua fama, la sua popolarità era stata effimera, ora era solo una ragazza come tante che ha fallito. Che ci aveva provato e non ce l’aveva fatta. Non c’era più nulla per lei a Los Angeles e tanto meno a New York, ora che aveva lasciato la NYADA e il suo ruolo a Broadway.
L’unico posto che le rimaneva a cui tornare era Lima. E figuriamoci se aveva voglia di tornarci tanto presto e da perdente quale era ora.
Rachel aveva sempre immaginato il suo ritorno in Ohio in maniera molto teatrale. Avrebbe vinto un Tony come minimo, avrebbe ottenuto qualche ruolo a Broadway tra i musical che tanto si ostinava a guardare fin da piccola, come Wicked, West Side Story, Cabaret. Con Funny Girl c’era riuscita. Il musical appartenente al suo idolo più assoluto: Barbra Streisand.
“Ma io non sono Barbra Streisand” pensò Rachel sdraiata sul suo divano.
Erano le tre del pomeriggio e lei era ancora lì, nel suo appartamento a Los Angeles. Da un mese a questa parte, dopo la sua sconfitta, non faceva altro che mangiare cibi grassi, guardare la tv e leggere tutte le recensioni negative che giravano su di lei per il web, nel buio più completo del suo soggiorno. Ormai non si sforzava nemmeno di raggiungere il letto per andare a dormire, si assopiva lì. Direttamente sul divano.
Era finita in una nuvola nera di autocommiserazione e rassegnazione tale che nessuno poteva più farla rinsavire. Aveva ricevuto mille telefonate dai suoi due papà, dai suoi amici, ma non aveva risposto a nessuno. Ogni giorno Kurt, il suo migliore amico, chiamava. Ma nulla. Lasciava giusto qualche messaggio a lui e ai suoi genitori per fargli sapere che era viva, ma quando riprovavano a contattarla, nulla. La sua mano si bloccava e lasciava semplicemente che il telefono squillasse estraniandosi dal mondo come se fosse lontana anni luce da lì. Doveva uscirne da sola, se mai l'avesse fatto, se mai ci fosse riuscita.
Rachel cominciò a fare zapping tra i canali tv nel tentativo di trovare qualcosa di interessante e finalmente trovò una puntata di The Flash. Non le dispiaceva come serie, certo non era il suo genere, ma conosceva abbastanza bene Sebastian, il protagonista che interpretava Barry Allen. Sebastian faceva parte degli usignoli, inizialmente era... diciamolo, uno stronzo. Ma poi, con il tentato suicidio di Karowsky era, in un certo senso, cambiato. Le faceva strano pensare che perfino uno come Sebastian era riuscito a sfondare con una serie tv e lei invece, dopo appena una puntata, aveva rovinato la sua intera carriera.
D'un tratto il suo cellulare cominciò a vibrare e il display si illuminò nel buio della stanza, segno di un nuovo tentativo da parte di qualcuno di salvarla dall'involucro autolesionista che si era costruita attorno a sé stessa.
Rachel si sollevò leggermente scocciata dallo sforzo obbligato e stava già per cliccare il pulsante rosso sul display, se solo non avesse visto la foto che era comparsa sullo schermo.
Rachel si ricompose velocemente sul divano. Si mise seduta con il cuore che batteva a mille e si portò i capelli dietro le orecchie, come se lui potesse in qualche modo vederla. Non importava dove lei fosse o con chi, il suo cuore batteva sempre così quando c’era di mezzo lui.
Premette il tasto verde e si portò lentamente il cellulare all’orecchio abbassando la televisione con il telecomando per non far capire che era a casa.
«Ciao Finn! Come stai?», chiese con tono un po’ troppo energico.
«Io bene Rachel, tu piuttosto, come stai?»
Sentire la sua voce le fece perdere un battito, da quanto non la sentiva! Quasi ne aveva dimenticato il suono inebriante, con quell’impronta marcata, ma allo stesso tempo dolce. Quella voce ancora oggi, nonostante tutti gli anni che erano passati, la faceva sciogliere come se fosse un pupazzo di neve al sole. Sentire Finn le accese qualcosa dentro, le diede un calore e un senso di pace che ormai non provava da mesi. Non si erano più sentiti da quel giorno in cui lei aveva preso il telefono per chiamarlo – dopo che Finn era fuggito senza nemmeno salutarla – ringraziandolo dei fiori e di essere venuto fino a New York per presenziare al suo debutto a Broadway con Funny Girl. La loro telefonata fu breve, piena di disagio. In quel momento si sentiva come se, dopo anni di ricerca, fosse appena riuscita a ritrovare il tassello che mancava nella sua vita.
«Io? Benissimo! Ora sono a prendere un caffè con... un amico», rispose vivace.
Se, contaci che lui ti abbia creduto. Di certo non è stupido.
Il suo tentativo era più che evidente, ma a Rachel non importava. Non voleva mostrarsi debole. Se c’era una cosa che aveva imparato negli anni di liceo era che mai si sarebbe dovuta mostrare debole davanti a qualcuno. Soprattutto se davanti a te c’era Santana Lopez. Quegli anni avevano forgiato il suo carattere acuendone alcune parti leggermente spiacevoli, levigandone altre altrettanto spiacevoli e alimentandone, però, anche i lati buoni.
«Rachel», cominciò lui piano con tono quasi accusatore. «Anche se non ci vediamo e non parliamo da tanto, ti conosco. Non parli con nessuno e tutti, compreso me, hanno visto il pilota della tua serie.»
Rachel si stava arrabbiando. Chi era lui per giudicarla? Soprattutto visto come si erano concluse le cose tra di loro. Però ciò che faceva montare di più la sua rabbia era la sconfitta e il fatto che lui lo sapesse. Era ovvio che lo sapesse, le bastava muovere una ciglia perché lui capisse ciò che le passava per la testa.
«E quindi? Cosa vorresti dire con questo?», chiese lei mettendosi sulla difensiva.
Rachel faceva sempre così. Quando la situazione le era scomoda tentava di attaccare per prima. Per lei la vita era sempre una guerra da combattere, in ogni ambito. La tentazione di attaccare il telefono era alta e sembrava che lui se ne fosse accorto dal tono che usò e dal modo attento con cui soppesò le parole successivamente.
«Non ti sto giudicando Rachel, ma ne so qualcosa di fallimenti. Non estraniarti dal mondo...»
Questo era troppo perfino per lei. Passi pure il resto del mondo, ma non poteva permettere a lui, il suo Finn, di considerarla una fallita. Così la ragazza buttò fuori tutto d’un fiato: «E tu come ti permetti di farmi la morale? Dopo che te ne sei andato in giro per la Georgia invece di tornare anche se avevi fallito? Di tornare da me? La differenza tra il mio fallimento e il tuo è che il mio l’ha visto tutta l’America!»
«Lo so, ma tu non sei come me. Questa non sei tu. Questa non è la Rachel che io conosco. Tu sei forte, sei un pilastro e un esempio di forza e caparbietà per tutti.»
«Beh, non lo sono più. Forse non mi conosci bene come pensi. Siamo troppo distanti ora.»
Prima di riattaccare il telefono dalla rabbia, Rachel sentì Finn, la persona che amava più di tutte, l’unica che avesse mai amato, dire quasi in un sussurro: «Ci troveremo sempre.»
E le lacrime che le pizzicavano gli occhi da mesi finalmente si riversarono fuori come un fiume in piena che sgorga dai suoi argini.
 
***
 
Barry stava cercando di portare i prigionieri meta-umani in un posto sicuro, prima che Harrison Wells facesse esplodere, ancora una volta, l’acceleratore di particelle, quando Snart gli si ritorse contro.
A Rachel piaceva Snart: non era il classico cattivo, perché infondo si sapeva che era buono già dal primo scontro che i due avevano affrontato l’uno contro l’altro. Quello che non gli piaceva era la smania di Barry di salvare tutti.
Si, devo ammetterlo, sono d’accordo pure io con te, Rachel. Flash, sei troppo moralista cavolo!
Certo se avesse avuto lei quei poteri avrebbe fatto altrettanto probabilmente, ma non si sarebbe data tante colpe come faceva lui. A volte si vince, a volte si perde. Ma lei non l’aveva mai pensata così, non esisteva solo il bianco e il nero nella vita. Lei credeva nel grigio. Credeva nella vita e nella forza di volontà che poteva permetterti di fare qualsiasi cosa tu desiderassi o di diventare la persona che vuoi e che sei destinato ad essere.
Su una cosa Finn aveva ragione. Lei non era così. Lei era sensibile agli insulti, ma andava avanti. Dopo anni con Santana Lopez come poteva buttarsi giù così, ora che era arrivata fino a questo punto?
Adesso era determinata a redimersi, come una fenice voleva rinascere dalle sue ceneri più forte e più bella di prima. Ma l’unico modo per farlo era tornare al proprio nido, vicino alle persone che amava e che l’amavano a loro volta.
Rachel aveva deciso: sarebbe tornata in Ohio, nella casa dei suoi genitori. Sarebbe ripartita, in un modo o nell’altro, e avrebbe rimesso in piedi la sua vita. Il suo posto non era a Los Angeles e nemmeno a New York. Forse aveva anche un’idea di come farlo: sarebbe ripartita dal principio, dove la sua voce e le sue capacità avevano realmente cominciato a prendere forma, dove aveva lasciato una parte di sé. Un luogo che ora non esisteva più.
Ma solo quando la puntata di Flash sarebbe giunta al termine.
   
 
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