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Autore: VaniaMajor    16/02/2021    7 recensioni
Kagome possiede un portafortuna. Non avrebbe mai immaginato che a causa sua sarebbe stata portata in un altro mondo, coinvolta in una guerra orribile e legata misteriosamente a un demone dai capelli d'argento...Ma chi è il Principe dai capelli neri dei suoi sogni? Perchè la sua onee-chan deve soffrire tanto? E c'è speranza di tornare a casa...viva?! La ricerca delle Hoshisaki è iniziata. Una AU di Inuyasha e della saga di Cuore di Demone!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Author’s note: Ed ecco tutte (o quasi) le Hoshisaki presenti! Riusciremo a mettere insieme quelle luminose prima che Naraku si riprenda e posi le mani sulla sua ultima Hoshisaki? Andiamo a vedere cosa succede in un certo castello…
 
CAPITOLO 10
UNA NOTTE CONCITATA

 
Non fu affatto facile calmare il redivivo Inuyasha e fu ancora peggio riuscire a far smettere di piangere Kagome, che aveva raggiunto l’apice della propria capacità di sopportazione. Solo a spizzichi e bocconi, tra la pioggia di domande aggressive del Principe di En su ciò che era avvenuto dalla notte in cui era stato maledetto e in mezzo ai singhiozzi di Kagome, rifugiatasi tra le braccia di Sango dopo che Miroku, candidatosi come consolatore, era stato spinto da parte, i nuovi arrivati riuscirono a capire qualcosa di quanto era successo quella sera.
Quando il piccolo Shippo aveva riaperto gli occhi e non aveva più trovato Kagome accanto a sé, si era precipitato fuori per chiedere aiuto a Sango e Miroku. I due, a loro volta, avevano fatto chiamare Jaken senza perdere tempo e tutto il gruppo si era messo alla ricerca di Kagome. Non ci era voluto molto perché decidessero di controllare nella sala-mausoleo di Inuyasha: se Shinsetsu si era attivata, non era così improbabile che avesse trascinato Kagome a contatto con le altre Hoshisaki conservate nel castello. Nessuno si era aspettato, però, di trovare il Principe Inuyasha sveglio, in ottima salute fisica, pieno di rabbia in cerca di sfogo, e una giovane sacerdotessa che li pregava di portarla il più lontano possibile da quel buzzurro violento e maleducato.
Dopo quasi un’ora di discussioni accavallate che non avevano portato a niente se non ad aumentare la confusione, il gruppo si era riunito in una delle sale che l’Imperatore di En utilizzava per ricevere i rapporti di guerra. Era calato il silenzio, finalmente, ma era pesante tanto quanto il caos precedente.
«Cinquant’anni…» mormorò infine Inuyasha, serrando i denti, poi diede un pugno al muro «Cinquant’anni!» Si passò una mano sul volto, sconvolto. Nessuno aggiunse nulla o tentò di consolarlo. Era un carico pesante da digerire.
«Non ti sei perso granché, la guerra contro Naraku continua con i suoi alti e bassi» borbottò Jaken, che lo guardava ancora con il timore dato dal dover gestire il Principe di En redivivo senza la presenza di Sesshomaru-sama «Io ho dovuto farti da balia per tutto questo tempo, vorrei te lo ricordassi per il futuro».
«Nessuno te lo ha chiesto» ringhiò Inuyasha.
«Ah sì?! Beh, nessuno ha chiesto a te di farti fregare da una sacerdotessa! Hai idea dei problemi che hai dato a Sesshomaru-sama?!» sbottò Jaken, saltando in piedi.
«Io non mi sono fatto fregare…»
«Come no?! Dovevi andare a prendere Shinsetsu, dicevi che con quella Kikyo non c’era alcun problema, invece ti sei lasciato infinocchiare da una traditrice!»
«Come potevo immaginare che lo fosse?! Kikyo era la più potente sacerdotessa di En! Portava Shinsetsu! - esclamò Inuyasha, e il tono infuriato e frustrato con cui lo disse fece finalmente alzare lo sguardo di Kagome dalle proprie mani - Shinsetsu…nel corpo di una donna capace di un tradimento così infido…»
«Inuyasha-sama, perdonate se vi faccio questa domanda scomoda, ma potreste dirci cos’è successo esattamente quella notte? Da cinquant’anni si fanno illazioni sulla dinamica degli eventi» intervenne Miroku. Inuyasha lo fissò, cupo.
«E tu chi saresti, monaco?»
«Sono Miroku e servo vostro fratello. Naraku è mio nemico quanto vostro. Ha maledetto il mio corpo tentando di impiantarmi Negai, il Desiderio» spiegò il monaco, tranquillo, alzando la mano coperta dal rosario. Sapeva che i sensi yokai del Principe di En avrebbero avvertito l’aura negativa del suo vortice.
«E io sono Sango, Inuyasha-sama, l’ultima del popolo dei Cacciatori. - disse Sango, cortese ma decisa - Mio fratello è stato a sua volta maledetto in un tentativo di impiantargli Hageshisa, la Violenza. Inoltre, il villaggio di cui sono la custode ospita l’anziana Kaede, sorella minore di Kikyo, che da allora vive nella vergogna. Sono stata io a trovare Shinsetsu…Kagome era stata attaccata dagli sgherri di Naraku».
«Sango mi aveva detto che bisognava a tutti i costi risvegliare il Principe di En. - intervenne Kagome, cupa e ancora arrabbiata - Per questo l’ho seguita fin qui, anche se vorrei solo tornare a casa». Alzò lo sguardo su Inuyasha, fissandolo senza timore negli occhi ambrati. «Da quando sono qui, sono stata scambiata per Kikyo in continuazione. Qualcuno mi ha dato la caccia, altri mi hanno scacciata. Voglio sapere anch’io come sono andate le cose».
Inuyasha li guardò e parve a tutti come se si trattenesse dal fare un passo indietro per sottrarsi alla loro curiosità e, forse, ai suoi ricordi troppo vividi di una notte terribile, poi l’hanyo masticò un’imprecazione e tagliò l’aria con un gesto secco.
«Bah, non è una storia lunga. - si arrese, dando loro le spalle e andando a guardare fuori dalla finestra, consentendo loro di vedere solo la linea rigida della sua schiena - Avevo avuto un paio di contatti con Kikyo. Sembrava fedele a En e…in gamba». La sua voce ebbe una leggera flessione che solo Miroku e Kagome notarono. «Quella notte ero intenzionato a chiederle Shinsetsu. Arrivai al luogo dell’appuntamento…»
«C’erano…fiori di ciliegio?» chiese Kagome, stringendo forte il suo pendente. Inuyasha si voltò di scatto a guardarla con un’espressione indecifrabile. Non rispose alla domanda.
«Lei mi accolse con la freccia sacra incoccata nell’arco e cercò di uccidermi. - disse invece, amaro, fissando Kagome come se stesse guardando il fantasma di Kikyo - Nessun’altra miko sarebbe stata in grado di ledermi, ma lei era davvero potente. Ci inseguimmo a vicenda nel bosco e poi…poi, me la trovai davanti nella radura. Non ebbi il tempo di fare niente. Ricordo solo la freccia che mi si pianta nel petto».
«Allora è andata davvero così! Nessuno avrebbe mai immaginato che Kikyo si facesse corrompere da Naraku. Vatti a fidare degli umani che hanno una reputazione troppo buona!» disse Jaken, guadagnandosi occhiate di fuoco da quasi tutti i presenti.
«Dunque, non ci sarà consolazione per la povera Kaede» mormorò Sango, dispiaciuta.
«È orribile!» disse Shippo, con un brivido «Perlomeno, Inuyasha-sama si è vendicato».
La frase gli valse l’attenzione di Inuyasha, il quale lo fissò con tale intensità che il kitsune si strinse al fianco di Miroku, iniziando a sudare freddo nel timore di aver detto qualcosa di sbagliato.
«Cosa vuoi dire, kitsune?» ringhiò.
«La sacerdotessa Kikyo è morta poco dopo di voi, Inuyasha-sama. Le ferite che le avete inferto durante la battaglia le sono state fatali e non ha potuto sottrarvi le Hoshisaki» spiegò Miroku. Sul volto del Principe di En si dipinse un’espressione confusa che li lasciò perplessi.
«Quali ferite? Ma di che state parlando?!»
«Ti sei perso i pezzi per strada?» sbuffò Jaken, che a quanto pare non aveva un grande rispetto per il fratello minore del suo padrone «Era ricoperta di segni dei tuoi famosi Artigli di Ferro. Non potendo usare Tessaiga…»
«Non dire idiozie! Non l’ho nemmeno sfiorata! Era sempre lei a starmi alle costole, non ho avuto la possibilità di sferrare nemmeno un colpo!» lo interruppe Inuyasha, afferrandolo per la veste e sollevandolo all’altezza del visto, quasi strozzandolo con la stoffa.
«Inuyasha-sama, Kikyo è stata trovata morta nella radura insieme a voi, coperta di sangue» intervenne Sango, scioccata «Tutti hanno creduto che vi foste uccisi a vicenda».
«Allora avevo ragione!» sbottò Kagome, balzando in piedi e attirando l’attenzione di tutti. Inuyasha si trovò inchiodato a quello sguardo d’un tratto trionfante e speranzoso. «Pensateci: se il Principe non ha ucciso Kikyo, qualcun altro lo ha fatto al posto suo».
«Forse Naraku, per sottrarle Shinsetsu» mormorò Miroku.
«Naraku avrebbe potuto essere lì, non è vero? E se…se lui o qualcuno dei suoi demoni avesse preso le sembianze di Kikyo? I demoni non possono trasformarsi?» continuò Kagome, febbrile.
«Che cosa stai delirando?! È stata Kikyo a maledirmi, non ci sono dubbi su questo!»
«Ma i segni sul corpo di Kikyo sembravano fatti da te. In effetti, è strano…» borbottò Jaken. Avrebbe tanto voluto che Sesshomaru-sama fosse presente!
«Visto? Lo dice anche Jaken!» esclamò Kagome.
«Tu stai solo cercando di scagionare Kikyo perché ne sei la reincarnazione!» ringhiò Inuyasha, venendo avanti con gli artigli alzati.
«Ma andiamo, pensaci! Pensateci un attimo! Se Kikyo voleva fare un favore a Naraku, che senso aveva sigillare due Hoshisaki e impedire a chiunque di toccarle per cinquant’anni, quando avrebbe potuto prenderle e poi uccidere Inuyasha, visto che era tanto potente?! - sbottò lei, per nulla intimorita - Ci ho pensato per tutta la strada fin qui e quello che state dicendo stasera mi rende ancora più convinta della mia opinione. Dite che Naraku è un mostro crudele. Non potrebbe aver messo Inuyasha e Kikyo l’uno contro l’altra nella speranza di eliminarli entrambi?»
Le sue parole caddero in un silenzio attonito e incredulo. Jaken e Shippo erano a bocca aperta, Inuyasha sembrava impietrito.
«Kagome-sama, ammiro il vostro acume.» disse infine Miroku, sbalordito «È senza dubbio un punto di vista interessante da cui prendere in esame quanto accaduto».
«Naraku ha una forma definita solo da una decina d’anni» aggiunse Sango, guardando il monaco per avere conferma.
«È vero, c’è stato un periodo in cui mandava in giro solo fantocci oppure i suoi sgherri perché non riusciva a mettere insieme i pezzi. - intervenne Shippo, poi si accorse dello sguardo perplesso di Kagome - È uno strano hanyo, sai…È nato dalla fusione di un essere umano e di molti demoni diversi che lui ha soggiogato».
«Sono tutte scuse! - sbottò Inuyasha - Kikyo mi ha maledetto per cinquant’anni, non c’è altro da aggiungere! E le tue chiacchiere non cambieranno le cose, ragazza. Nessuno potrà restituirmi il tempo che ho perduto!»
Con questo sfogo, sottolineato da un dito accusatorio puntato a pochi centimetri dal volto di Kagome, Inuyasha andò alla porta, la spalancò con tale violenza da farla quasi uscire dalle guide e si allontanò come una furia.
«Ecco. Sempre il solito carattere del cavolo! - gemette Jaken, alzandosi per corrergli dietro - Vado a fermarlo prima che si faccia venire la brillante idea di allontanarsi dal castello. Voi tornate nelle vostre stanze e restateci finché non vi vengo a chiamare!» Ciò detto, uscì. Lo sentirono gemere un’ultima volta, lungo il corridoio, lamentandosi della lontananza del suo padrone.
«Per il momento, comportiamoci con giudizio. Andiamo?» sospirò Miroku, alzandosi.
«Kagome, va tutto bene?» chiese Sango, preoccupata. Il volto della ragazza era teso e pallido e i suoi occhi brillavano, non si capiva se d’ira o di pianto.
«Lo odio! - sbottò lei, veemente - Altro che principe, quello è solo uno stupido e un violento. Non voglio avere niente a che fare con un tipo simile! Appena Sesshomaru-sama farà ritorno, gli darò Shinsetsu e mi farò rimandare a casa alla velocità della luce!»
Ciò detto, lasciò tutti indietro e si diresse fuori dalla stanza, non meno impulsiva di quanto fosse stato Inuyasha un paio di minuti prima.
«Kagome, aspetta! Non sai la strada!» gridò Shippo, correndole dietro. Sango sospirò.
«Povera Kagome…non le do tutti i torti».
«Bisogna anche comprendere che Inuyasha-sama sta vivendo un momento scioccante. Sono sicuro che si capiranno, non appena torneranno abbastanza calmi per parlarsi civilmente.» disse Miroku, scuotendo la testa. La Cacciatrice lo guardò, corrugando la fronte.
«Pensate che Kagome possa aver ragione, hoshi-sama? Naraku potrebbe aver cercato di mettere Inuyasha e Kikyo l’uno contro l’altra?» chiese. Il sorriso cinico e disilluso che gli comparve sul viso le provocò sofferenza.
«Oh sì, Sango, temo proprio che Kagome abbia visto ciò che noi non siamo stati capaci di osservare. Sappiamo quanto sia nero e contorto l’animo di Naraku. È poi così difficile credere che abbia voluto liberarsi di due tra i suoi più grandi nemici in una sola volta? Tanto più che Yuuki e Shinsetsu sono destinati a completarsi, cioè…»
«…ad amarsi.» finì per lui Sango. Non seppe perché le salisse il sangue alle guance quando lui la guardò. C’era qualcosa di misterioso e profondo in quegli occhi.
«Naraku avrebbe fatto di tutto per pervertire e distruggere un simile sentimento. - mormorò il monaco, duro - Il problema è che adesso il testimone è passato a Kagome-sama e non credo che lei o Inuyasha-sama siano disposti a pensare il loro legame in questa maniera. Ne vedremo delle belle, Sango. Mi spiace dirlo, ma temo che Sesshomaru-sama non possa permettersi di rimandare a casa la nuova portatrice di Shinsetsu.»
***
Il sole stava per sorgere e ancora non aveva trovato alcuna traccia di quella ragazza.
«Dove si è cacciata?!» disse Kagura tra i denti. Scandagliava il corso del fiume da ore, fin da quando aveva lasciato Naraku per obbedire al suo ordine. Ripensò con un misto di disgusto e orrore alla forma caotica che Naraku aveva ripreso dopo il tocco della portatrice di Junan. Le faceva venire il vomito pensare di essere uscita proprio da quell’informe coacervo di demoni, legati da un incantesimo proibito al corpo di quello che un tempo era stato un essere umano. Sempre che una mente contorta come quella di Naraku e un cuore nero come il suo fossero mai rientrati nella definizione di “umano”…
Dopo aver dato forma indipendente ad alcune parti di sé, una serie di servi più o meno riusciti di cui Kagura e Kanna erano le uniche superstiti, per molto tempo Naraku era rimasto fuori dai giochi, riorganizzando e potenziando le proprie parti per giungere a una forma che lo rendesse in grado di combattere alla pari contro Sesshomaru, l’unico ostacolo che ancora gli impediva di conquistare En e le Hoshisaki luminose. L’equilibrio sembrava ormai raggiunto da tempo, invece quella debole ragazza umana lo aveva sconvolto.
“Come potrei usare questa informazione a mio vantaggio?” si chiese, non per la prima volta quella notte “Naraku porta su di sé due Hoshisaki ed è potente, ma il legame che lo tiene insieme è tanto fragile che è bastata una sola Hoshisaki luminosa a metterlo in crisi. Io non ho provato alcun dolore. Significa che se Naraku fosse ucciso, io sarei libera? Questo odiato cordone di tenebra che mi tiene in suo potere si spezzerebbe?”
Era una bella domanda. D’altra parte, avrebbe anche potuto morire fulminata nel momento stesso in cui Naraku fosse deceduto. Dopotutto, nel suo petto era impiantata Mukanshin, l’Indifferenza. Era una scommessa che si sentiva di fare? Inoltre, sarebbe stata in grado di tradire Naraku senza farsi scoprire? Un’immagine dello splendido e terribile Imperatore di En le balzò alla mente, distraendola tanto che per un istante la sua piuma sfiorò l’acqua e sollevò spruzzi.
Ci aveva pensato tante volte. Forse troppe, perché Naraku non l’aveva più mandata a mettere i bastoni tra le ruote a Sesshomaru, dandole soprattutto incarichi di spionaggio. Era vero che il carisma e la fredda purezza con cui l’Imperatore di En portava avanti la sua battaglia l’avevano colpita, infrangendo in parte la capacità di obnubilare i sentimenti della sua Hoshisaki. Lo ammirava. Lo stimava. Se fosse stata libera da Mukanshin, forse avrebbe provato anche qualcosa in più di questo. Era nata da poco quando Junan era stata sottratta a Sesshomaru e non aveva potuto impedirsi di trovare bellezza nel modo stoico e nobile con cui lui aveva sopportato i propri dolori.
«Cosa sto pensando?!» si disse, battendosi il ventaglio sulla coscia in un gesto di rimprovero. Eppure, non sarebbe stato il migliore tra gli alleati? Se lei lo avesse aiutato, lui non l’avrebbe ricompensata con la libertà?
“Prima di pensare a certe cose, dovrei trovare Junan e decidere cosa farne.” sbuffò, scuotendo la testa. Si era spostata troppo a valle, non era possibile che la ragazza fosse stata trascinata così lontano. Doveva essersi persa qualche indizio. Fece fare un’inversione di rotta alla sua piuma e risalì il fiume, nella luce rosata dell’alba. Si era lasciata alle spalle un bel po’ di scagnozzi di Naraku. Magari qualcuno poteva aver trovato qualcosa.
«O è morta affogata, o dissanguata. Se è riuscita a tirarsi fuori dal fiume, finirà che dovrò farle i complimenti. – borbottò – È più tosta dell’ultima volta. All’epoca, era solo una ragazzina senza poteri».
Le sue ultime parole furono coperte da un boato alla sua sinistra. Kagura aprì subito il ventaglio e prese quota, ma il suono non era arrivato dalle vicinanze. Non era sotto attacco.
«Che succede?!» sibilò. A poca distanza dal fiume, sopra la foresta, volava uno sciame di Saimyosho. Kagura strinse gli occhi rossi. L’avevano trovata? In quel momento vi fu un secondo boato, sottolineato da un forte bagliore azzurro. Stava accadendo qualcosa di molto strano. Volò verso quell’anomalia, stando a una quota che le permettesse di osservare senza essere coinvolta. Non era comunque preparata a ciò che vide: gli sgherri di Naraku stavano combattendo contro un neko yokai dal pelo dorato, con una fiamma tatuata sulla fronte. Gli occhi azzurri del neko-youkai erano annebbiati dal panico e da un furore che stava sfogando sui suoi attaccanti. Sotto lo sguardo attonito di Kagura, il neko-youkai uccise un demone cinghiale, a quanto pareva sottraendogli l’energia vitale per poi spararla in forma di luce contro coloro che lo incalzavano.
«Chi è questo intruso?! Vi avevo detto di cercare una ragazza!» sbottò Kagura, rivolta ai Saimyosho. I loro ronzii segreti la misero a parte della risoluzione di quel mistero. Kagura ristette, più sbalordita di quanto volesse ammettere. Ciò che era accaduto andava oltre l’immaginazione di chiunque…forse persino di quella di Naraku. Junan non era più piccola e indifesa. Naraku stesso le aveva regalato artigli e potere, e con tutta probabilità se ne sarebbe pentito.
«Qui ci penso io. Mandatemi dei rinforzi più seri di questi quattro imbecilli.» disse Kagura, atona, mentre il suo cervello lavorava a gran velocità. Avrebbe spinto il neko-youkai più addentro all’Impero di En, attendendo fino all’ultimo prima di sferrare un attacco deciso contro quella nuova creatura.
“Sta a te, Sesshomaru. Sarai abbastanza svelto da avvertire che Junan è tornata e venirtela a prendere, oppure lascerai che Naraku la uccida sotto il tuo naso per la seconda volta?” pensò.
«Non mi deludere» disse, con un sorrisetto segreto, fissando con occhi rapaci la nuova e involontaria creazione di Naraku.
***
«Dannazione!»
Con un ringhio frustrato, Inuyasha sferrò un nuovo fendente al grosso tronco dell’albero. La vecchia lama rugginosa colpì la corteccia e rimbalzò, lasciando una scalfittura risibile e vibrando quasi volesse separarsi dall’elsa e dalle mani che la stavano costringendo a sforzi superiori alle proprie possibilità. Inuyasha si lasciò andare a un grido strozzato di rabbia e incredulità. Perché era successo questo?! Perché Tessaiga era conciata a quel modo e non gli rispondeva più?!
Quella mattina era riuscito a eludere la sorveglianza di Jaken e si era recato nel bosco dietro al Palazzo, guardandosi bene dal rendersi manifesto ai pellegrini o alle guardie. Da quel punto di vista, doveva dare ragione al piccolo rospo: che fosse Sesshomaru a risolvere la grana di come dare la grande notizia del ritorno del Principe di En dal suo sonno maledetto. Per parte sua, non voleva vedere nessuno e se qualcuno avesse tentato di festeggiarlo avrebbe dovuto raccogliere i denti da terra. Non sopportava più niente. Non si fidava di nessuno.
Le parole di quella Kagome gli erano rimbombate nel cervello per tutta la notte. Una parte di lui voleva fermarsi un attimo, riflettere, cercare di dare un senso logico a quella notte delirante da cui ormai lo separavano ben cinquant’anni. L’altra parte di sé, quella impulsiva che né suo padre né Sesshomaru erano mai riusciti a domare, trovava più semplice ed efficace odiare Kikyo e chiudere il proprio cuore per sempre. L’unica cosa che gli premeva era uccidere Naraku e liberare En da quelle maledette Hoshisaki. Inuyasha tornò a guardare Tessaiga, cupo.
«È per questo che non ti trasformi più? A causa del mio odio? – mormorò con rancore – È per questo che la tua Hoshisaki è muta?»
Sapere di non essere in grado di cambiare il proprio modo di sentire e l’oscurità in cui era stato gettato lo riempivano di ulteriore rabbia e frustrazione, in una spirale discendente senza fine. Cos’avrebbe detto Sesshomaru?
«Feh! Vedrai che le prime parole di quel dannato ghiacciolo saranno di biasimo!» sibilò, rinfoderando la spada e mettendosi a correre verso il castello, conscio della futilità dei propri sforzi. Per il momento, almeno, Tessaiga era fuori dalla sua portata. Incupì ancora nel pensare a suo fratello. Jaken lo aveva mandato subito a chiamare e i messaggeri non ci avrebbero messo molto a trovarlo. Inuyasha non sapeva come affrontarlo. Come si sarebbe giustificato? Aveva gestito gli incontri con Kikyo con eccessiva ingenuità. Se poi Sesshomaru avesse saputo che le aveva affidato il segreto che lo rendeva più vulnerabile…Rabbrividì. Quasi poteva sentirsi addosso il gelido disprezzo fraterno, anche se non sarebbe mai stato feroce quanto quello che lui aveva maturato verso se stesso.
Tornò all’interno delle mura del castello usando uno dei passaggi segreti di cui solo lui e Sesshomaru conoscevano l’esistenza. Una volta nei giardini, in una zona appartata, si guardò attorno. La sua casa non era cambiata. Il mondo sembrava lo stesso, anche dopo cinquant’anni, come se la battaglia per le Hoshisaki avesse fermato il tempo. Eppure, una volta uscito da lì avrebbe scoperto che molte persone che conosceva non c’erano più. Chissà quanti, tra soldati e comandanti, erano scomparsi. Quella ragazza di nome Sango aveva detto di essere l’ultima Cacciatrice. Inuyasha aveva conosciuto quella tribù di validi combattenti, ne ricordava i visi. Ora, erano polvere.
«Gli esseri umani sono fiamme di candela.» si disse, sprezzante, cercando di cancellare il dolore e il disagio che pur non volendo gli stavano nascendo nel petto. Anche la sua mamma lo era stata. Si era spenta troppo presto, poco dopo la morte di Inuken. Gli balenò alla mente un altro essere umano, la portatrice di Junan. Già, e la ragazzina? La sera prima non c’era traccia di lei. Forse era con Sesshomaru? Ma no…lui non la portava mai con sé, era troppo rischioso. Inuyasha sorrise con scherno verso se stesso e scosse la testa, riprendendo a incamminarsi verso il castello. Continuava a dimenticarsi che erano passati cinquant’anni…Altro che ragazzina, ormai doveva essere un’anziana signora! Figurati se Sesshomaru se la trascinava in giro per il campo di battaglia!
“Chissà come ha vissuto il suo invecchiamento…Teneva a lei, forse più che a chiunque altro.” pensò, suo malgrado curioso. In quel momento, Jaken si affacciò a una terrazza, lo vide e si sporse fin quasi a perdere l’equilibrio, coprendolo di epiteti per averlo quasi fatto morire d’infarto con la sua scomparsa.
«Sono andato a esercitarmi con Tessaiga, non rompere!» sbuffò Inuyasha, seccato dal controllo maniacale di quel piccolo rospo. Si guardò bene dal rivelargli i suoi problemi con la spada.
«Fila dentro, prima che ti veda qualcuno!» ansimò Jaken, stanco di gridare.
«Va bene, va bene… - borbottò Inuyasha, poi lo richiamò – Ehi, rospo inutile! Dov’è finita Rin? È ancora al castello, vero?»
Spalancò gli occhi ambrati nel vedere Jaken irrigidirsi di botto, il suo sguardo farsi vacui. Un terribile sospetto sorse nella mente di Inuyasha.
«Non mi dire che è morta?! Cavolo, non doveva essere poi così anziana…» disse, rauco, sperando di essersi sbagliato. Questo lo avrebbe fatto sentire ancora peggio. Jaken continuò a rimanere muto e immobile, come se le parole non volessero uscirgli di bocca, e Inuyasha capì di aver centrato il segno. Anche il piccolo rospo, che per tanto tempo aveva fatto da balia riluttante alla piccola, alla fine si era affezionato a lei. Doveva essere stato un brutto colpo. «Mi spiace, davvero. – disse, più gentile – Quindi adesso Sesshomaru porta su di sé anche Junan, giusto?»
Il silenzio di Jaken si prolungò, riempiendolo di disagio, quindi il servo di suo fratello pronunciò parole in grado di gelargli il sangue nelle vene.
«Rin è stata uccisa cinquant’anni fa, la notte successiva alla tua maledizione. Con lei, è scomparsa anche Junan. – gli rispose Jaken, atono – Se ti è cara la vita, non fare domande a Sesshomaru-sama. Mai. Il nome di Rin non viene più pronunciato in questa casa.»
   
 
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