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Autore: FarAway_L    18/02/2021    1 recensioni
«Parti», era un grido misto a paura, «Metti in moto o per noi sarà la fine».
Era la mano di Nathan quella che stava scuotendo nervosamente la spalla di Camylla, la quale sembrava essere entrata in un limbo di emozioni pericolose e contrastanti. Quella più dominante però, era il panico. E per quanto si sforzasse di voler girare la chiave per far partire quella benedetta auto, non riusciva a muoversi. Neanche ad emettere nessun suono. Solo, fissava la strada difronte a sé attraverso occhi persi. Arrendevoli.
Le sirene della polizia cominciavano a farsi vicine e ben udibili.
Troppo vicine. Troppo udibili.
A ritmo scandito.
Stavano arrivando.
MOMENTANEAMENTE SOSPESA
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo V.
5.930 parole

Sperare che domani arrivi in fretta
e che sparisca ogni pensiero,
lasciare che lo scorrere del tempo
renda tutto un pò più chiaro,
perchè la nostra vita in fondo non è nient altro che,
un attimo eterno, un attimo
tra me e te.
Sono solo parole..

 
Il libro che Korinne portò a Camylla sembrava interessante: “Avvocato di difesa” di Michael Connelly. Camylla ne aveva sentito parlare molto, soprattutto tra i suoi compagni di corso ma non aveva avuto ancora modo di potervi leggerne il contenuto. Era perciò entusiasta di quel regalo del tutto inaspettato.
«Grazie mamma», Camylla si stava rigirando il libro tra le mani, ammirandone ogni minimo dettaglio. «Stasera lo comincerò a leggere». Il sorriso sincero ad incorniciarle il volto stava a significare la felicità che la donna era riuscita a trasmettere alla figlia.
«L'altro giorno in libreria l'ho visto e ti ho pensata», Korinne alzò le spalle, quasi volesse giustificarsi per quel gesto dolce ed innocente.
«Una volta finito, me lo presti?», Thomas stava continuando a mangiare il toast ormai divenuto freddo mentre con il tovagliolo davanti alla bocca aveva pronunciato la domanda.
«Ammesso che non lo rovini!», lo ammonì Camylla, puntandole il dito indice contro con fare minaccioso: il leggero sorriso tradiva gli occhi socchiusi e penetranti che avevano il compito di intimidire l'amico.
«Non lo farei mai», Thomas alzò le mani in segno di difesa, mostrando qualche briciola sui rispettivi palmi: dovette passare velocemente la lingua sulla lunghezza delle labbra per evitare di sorridere e mettere in mostra i residui di cibo.
«Devo ricordarti come mi riconsegnasti il libro di storia?», Camylla appoggiò la mano sul fianco, curiosa di sapere cosa avrebbe risposto Thomas in sua difesa. Ricordava perfettamente quante pagine strappate mancavano all'appello, quanti scarabocchi erano presenti sulle descrizioni degli avvenimenti, e quanti disegnini imbarazzanti aveva creato sui pochi spazi bianchi rimasti liberi a disposizione.
«Ma eravamo in quinta elementare!», la risata aperta e cristallina di Thomas riempì l'intera stanza, contagiando anche Korinne.
«Ha ragione, eravate piccoli», la madre prese le difese di Thomas senza pensarci due volte, muovendo delicatamente la testa come a confermare ulteriormente la sua affermazione.
«Tu da che parte stai?», Camylla strabuzzò gli occhi prima di unirsi al suono leggero e gioiale che si era creato: abbandonò il braccio lungo il fianco, arresa; chiuse gli occhi per ritagliarsi quel piccolo momento di felicità. «E pensare che stavo per offrirti il caffè».
«Io sono qui perchè devi offrirmi un pranzo», Korinne incorciò le braccia al petto ma per quanto si stesse sforzando di fare la seria, le leggere curve ai lati della bocca non riuscivano a renderla tale: era chiaro da chi avesse preso Camylla, «Fuori», ci tenne a precisare.
«Grande K!», Thomas dovette fare perno con le mani sul tavolo per riuscire a sporgersi quanto bastava per poter arrivare all'altezza di Korinne e battere un sonoro e schiacciante cinque a palmo aperto.
«Vuoi unirti anche te? Paga mia figlia», Korinne aveva raggiunto, con una falcata veloce, la sedia dove era posizionato comodamente Thomas, appoggiando così un il gomito sulla spalla del ragazzo: un sorriso ad incorniciare il volto di entrambi.
«Ne sarei onorato ma devo andare da Savanna», Camylla stava osservando la scena in disparte, in piedi e con le braccia incrociate davanti al petto: si sentiva bene, nonostante il caos che le ronzava costantemente in testa; si sentiva serena, nonostante fosse consapevole che quella fosse solo una quiete apparente prima della tempesta; si sentiva tranquilla, nonostante quel calore familiare sarebbe ben presto scomparso.
«A proposito! Come sta adesso?», la voce di Korinne cambiò nettamente, celando un manto di preoccupazione sincera.
«Meglio, grazie. Adesso deve continuare ad usare la pomata e medicarla con garze ma il peggio è passato», Thomas bevve un sorso di caffè, socchiudendo immediatamente gli occhi probabilmente per l'essere divenuto troppo freddo.
«Mi dispiace molto», Korinne inclinò la testa di lato mentre stava strusciando con la mano sinistra la schiena di Thomas, «Ieri ho incontrato tua madre al supermercato e me l'ha detto perchè altrimenti ne sarei stata all'oscuro», stavolta l'occhiata quasi severa e di rimprovero rivolta a Camylla arrivò dritta e forte alla bocca dello stomaco.
«Sappiamo tutti che Savanna non è il suo argomento preferito», Thomas sorrise, smorzando quel breve ma intenso momento di silenzio che era andato creandosi dopo la diretta affermazione di Korinne: ancora una volta Camylla si ritrovò a ringraziare l'amico con uno sguardo fugace ma sincero, per non aver dato il peso necessario ad una verità nascosta che prima o poi avrebbero dovuto affrontare.
«Difronte a certe situazioni però, è lecito comportarsi diversamente», Korinne portò le braccia davanti allo sterno, spostandosi impercettibilmente in direzione di Camylla: adesso avevano la possibilità di scrutarsi attentamente negli occhi, nonostante la distanza tra le due. «Non ti abbiamo insegnato niente, Cam?».
Quella scena ebbe un forte impatto su Camylla: ebbe la forza di riportare i suoi ricordi a galla; ricordi di anni che sembravano ormai lontani e poco distinti, in cui sia lei che Thomas erano poco più che bambini: vivaci, sereni, giocherelloni, indisciplinati ma spensierati e felici. Dove ogni qualvolta che succedeva un danno, Korinne - esasperata - se ne usciva con quella solita domanda retorica. Come da copione.
«Hai ragione mamma», non avrebbe ammesso di aver sbagliato: abbassò lo sguardo, interrompendo quel contatto visivo profondo. Avrebbe voluto che quella conversazione avesse una fine immediata.
«Ok, allora io vi lascio considerando che l'ora di pranzo si avvicina», Thomas mosse velocemente il polso sinistro per poter liberare l'orologio dalla manica del maglioncino e  leggerne così l'ora.
«Manda i miei saluti a Fay e Greg», Korinne avvolse Thomas in un abbraccio caloroso e sincero, «E anche a Savanna», cercò di sussurrare l'ultima frase all'orecchio del ragazzo ma quest'ultima arrivò chiara e diretta anche a Camylla.
«Certo! E tu salutami Oliver», Thomas le dedicò un sorriso donandole uno sguardo d'affetto mentre a passi svelti, stava raggiungendo Camylla.
«Sarebbe dovuto venire ma a nonno Alan è venuta la brillante idea di costruire uno scaffale», Korinne alzò gli occhi al cielo, allargando le braccia in segno di resa. 
«Colpa di papà che lo asseconda sempre», Camylla sorrise, potendone immaginare nitidamente la scena. Thomas le si avvicinò, stampandole un leggero bacio sulla guancia.
«Ci sentiamo dopo Evans», le passò una mano tra i capelli, facendo imprecare silenziosamente Camylla: le dita di Thomas si erano imbattute in un nodo formatosi durante la notte. «Ciao K!».
Korinne ricambiò il saluto, alzando la mano e mostrando un sorriso di cortesia. Lo sbatacchiare del portone fece sbuffare visibilmente Camylla che scosse la testa in segno di cedimento.
«Vai a prepararti Cam che sembri uscita da un party», la madre sorrise mentre stava cercando di avvoltolare i lembi delle maniche del cardigan.
«Ieri Khloe ha festeggiato il compleanno», Camylla si era appoggiata con la spalla allo stipite della porta, osservando i movimenti di Korinne che sembrava essere leggermente in difficoltà.
«E' vero!», si portò una mano alla fronte, facendo muovere di poco la frangetta colorata di mogano, «Le ho pure mandato un messaggio di auguri».
Camylla si limitò ad alzare le sopracciglia ed inclinare la testa di lato: era incredibile come sua madre avesse cura dei propri amici, a differenza di quanto invece stava facendo lei stessa. Si rimproverò mentalmente: in pochi giorni, era riuscita a perdere il controllo delle situazioni che la stavano circondando; erano bastate un paio di notizie improvvise per riuscire  a confondere Camylla; lei era inerme, incapace di reagire al momento opportuno, stava diventando spettatrice passiva della sua stessa vita; sapeva di dover reagire ma non riusciva a capire come fare.
«Vai tesoro», Korinne stava sollecitando la figlia che non si era accorta - immersa momentaneamente nei propri pensieri - che la madre avesse cominciato a lavare sotto l'acqua i piattini usati per i toast e le tazzine del caffè, vuote, che aveva bevuto Thomas.
Con una piccola spinta del fianco, riuscì a staccarsi dalla porta per tornare in posizione eretta: si allungò verso il tavolo per afferrare il libro che le era stato regalato e cominciare così a salire le scale, abbandonando la stanza e di conseguenza la visuale delle pulizie maniacali di Korinne.
Una volta entrata in camera, fu travolta da aria pensate: erano ancora ben presenti le colpe non ammesse apertamente di Camylla; erano ben presenti le risposte non date a domande non gradite; fluttuavano per la stanza pezzi di conversazione lasciata a metà. Decise di correre alla finestra per poterla aprire e far entrare così aria pulita, fresca, innocente.
Scosse il letto ma optò per lasciarlo disfatto: era necessario e fondamentale che anche le lenzuola avessero modo di staccarsi parole amare e silenziose di dosso, liberandosi da un peso che l'avrebbero avvolta soltanto poche ore più tardi.
La sua attenzione ricadde sul comodino dove ancora era posto il telefonino con la spina della carica attaccata. Vi si avvicinò a passi lenti, incerti; timorosa nel poterlo afferrare; curiosa di saperne i contenuti; indecisa sul prenderlo; desiderosa di sapere.
Appoggiò il libro affianco alla bajour e dopo aver preso aria a pieni polmoni, socchiuse gli occhi e con fare tremante, portò a sè il telefonino: decise di mettersi seduta al bordo del letto in quanto le gambe sembrano non essere in grado di sorreggere nessun tipo di peso. Dondolando nervosamente con il piede, sbloccò lo schermo notando tre chiamate senza risposta e quattro messaggi.

Una chiamata persa: ore 09.46 am
DaLittle T ♥

Una chiamata persa: ore 09.49 am
DaLittle T ♥

Una chiamata persa: ore 11.01 am
Da: Maaamma!

Camylla cancellò velocemente le chiamate ricevute, ripromettendosi di dover mettere la suoneria fuori dagli orari di lezione e di lavoro.

Un messaggio ricevuto: ore 9.47 am
DaLittle T ♥
Little C, apriii. Sono sotto casa

Un messaggio ricevuto: ore 9.50 am
DaLittle T ♥
Ok, entro!

Un messaggio ricevuto: ore 9.59 am
Da: Aly ♥
Che mal di testa! Non riesco a tenere neanche gli occhi aperti! Ma cos'è successo ieri? Ho ricordi confusi..e adesso vado al bagno

Camylla si ritrovò a scuotere la testa, sorridendo leggermente: non le sembrava corretto scriverle per messaggio che la loro amica Khloe la sera prima si era baciata con Theo perciò si appuntò mentalmente di doverla richiamare nel pomeriggio per poter provare a chiarire tale situazione.

Un messaggio ricevuto: ore 10.27 am
Da: M. 
Dobbiamo parlare

Istintivamente strinse con forza le lenzuola nella mano sinistra mentre poteva sentire il suo cuore rallentare nettamente il proprio battito. Cercò di respirare il più velocemente possibile per poter ossigenare i polmoni; gli occhi serrati le pungevano le tempie, martellandole; i denti stretti forzavano, provocando dolore alle gengive; le unghie spingevano cercando di farzi spazio in un tessuto più resistente.
Attese qualche secondo prima di riuscire ad aprire gli occhi, tornando a fissare il contenuto del messaggio che rimaneva identico, immobile. Continuava a scorrere quelle due semplici parole cercandone un significato più profondo: era certa che a Matthias avesse dato fastidio ricevere un messaggio così diretto e sincero. Era consapevole dell'errore commesso, dell'essersi resa vulnerabile nel momento meno opportuno; di essersi messa a nudo al momento inadatto; di aver scelto parole giuste al momento sbagliato. 

Messaggio inviato: ore 11.57 am
A: M.
Ok. Quando e dove?!

Scrisse e riscrisse quel messaggio diverse volte, non convinta delle esatte parole da mandare. Era sicura di volerlo affrontare per avere la possibilità di poter dire tutto quello che non era riuscita a tirar fuori nel momento del bisogno; aveva l'estrema necessità di fargli capire l'ossessivo bisogno che aveva della sua presenza nella propria vita; di quanto stargli lontano fosse incredibilmente difficile, pericoloso; di come si sentisse persa anche solo a compiere la più banale delle azioni senza averlo affianco. Se necessario, avrebbe allentato le proprie difese: era intenzionata ad esporre, forse per la prima volta, i suoi veri sentimenti.
Abbandonò il telefono sul letto, dirigendosi verso il bagno pronta per immergere il proprio viso sotto la cannella dell'acqua fredda: sperava di potersi scrollare di dosso qualche macigno, qualche peso che la stava facendo sentire piccola e compressa; sperava di potersi sciacquare via qualche lacrima amara rappresa all'interno dell'iride pronta a far capolino quanto prima; sperava di ghiacciare i pensieri insidiosi che le vorticavano incessantemente nella testa. Sperava semplicemente di poter sentirsi più leggera, nonostante tutto.

«Tua zia Tess vorrebbe comprarsi un cane», Korinne scosse la testa mentre teneva ben salda tra le mani a mezz'aria - davanti alla bocca -, la forchetta che sorreggeva un pezzo di crumble di mele.
«Ma non è allergica?», Camylla non aveva richiesto il dolce: osservava sua madrea difronte a lei mangiarlo con gusto perciò decise di impugnare la propria posata e sporgersi in avanti per poterne afferrare una piccola quantità.
«Sì, quando le pare..», alzò gli occhi al cielo e con la mano libera tentò di avvicinare il piattino al centro del tavolo per facilitare il compito alla figlia: sorrise divertita, come se avesse previsto tale azione.
«E' sempre stata un pò particolare, ecco», Camylla dovette mettersi la mano a coprire la bocca perchè - involontariamente - stava parlando mentre il dolce veniva reso a piccoli pezzettini dai denti.
«Per fortuna tuo padre non ha preso da lei, altrimenti col cavolo che l'avrei sposato!», rafforzò la sua esclamazione mimando e gesticolando con l'indice della mano verso la chioma di capelli mogano che le ricadevano ondulati sulle spalle.
«Non commento», entrambe si lasciarono andare ad una risata contagiosa, di quelle liberatorie che scaldano il cuore e fanno bene all'anima.
«Tesoro», Korinne rilassò la curva della bocca, tornando quasi seria. Forse preoccupata. Allungò la mano in avanti, poggiandola delicatamente sopra quella di Camylla. «E' proprio finita?».
Non ebbe bisogno di dire altro: a Camylla bastarono quegli occhi colmi di interesse e fragilità; bastò quel tocco talmente leggero da far vibrare ogni singolo nervo; bastò la voce delicata, velata di amore. Le bastò la presenza materna davanti a sè per sentirsi protetta. «Ho paura di sì». Strinse delicatamente la mano di Korinne, pronta a trasmetterle il disagio che stava provando.
«Tu sei la mia roccia», Korinne afferrò con la mano libera il calice contenente ancora un pò di vino rosso e lo alzò davanti al viso. «So che ce la farai ma se avrai bisogno, io sarò sempre qua», regalò a Camylla un sorriso sincero, volto a trasmettere forza e coraggio, sicurezza e determimazione.
Camylla si limitò a ringraziarla con gli occhi, quegli occhi castani uguali a lei; si limitò a ringraziarla ricambiando il sorriso, stanco ma fiero di aver ricevuto appoggio e comprensione; si limitò a ringranziarla imitando il suo gesto e alzando a sua volta difronte al proprio viso il calice, anch'esso contenente ancora qualche sorso di vino.
«Brindiamo alla famiglia Evans», Korinne fece tintinnare i bicchieri tra loro, provocando un leggero rumore di cristallo. «Stavo pensando: perchè in settimana non vieni a cena a casa? Dato che oggi ne manca uno all'appello». Tra un sorso e un altro, la madre riuscì a formulare per intero la proposta alla figlia.
«Certo! Mercoledì sera, almeno io e papà possiamo vedere la partita di League One», Camylla strizzò l'occhio sinistro a Korinne ed inclinò leggermente il suo bicchiere, sorridendo beffarda.
«Fallirà mai il Doncaster!?», domandò retorica Korinne mentre scuotendo divertita la testa, svuotò completamente l'alcool dal calice, ripulendolo definitivamente.
«Mai», Camylla afferrò il tovagliolo per togliere dalla bocca qualsiasi residuo di cibo o bevanda presenti e visibili, «Comunque mamma, finisci la crumble che io intanto vado a pagare».
«Mi spiace lasciare questo pezzo ma sono proprio piena», Korinne si abbandonò con le spalle allo schienale della sedia, avendo così la possibilità di accarezzarsi giocosamente la pancia ricoperta dal cardigan rosso i cui bottoni stavano indubbiamente soffrendo  nel cercare di rimanere chiusi ai loro posti.
«Ok, allora accompagnami alla cassa», scherzò Camylla mentre cercava di infilarsi il giacchetto senza intaccare il lavoro dei camerieri che le passavano affianco: sarebbe stata lei a pagare - almeno per una volta - il pranzo a sua madre ma si divertiva a prenderla in giro per assisterne alla reazione.
«Tu e tuo padre siete più simili di quanto sperassi», Korinne afferrò la borsetta pronta a farsi strada tra i tavolini del locale e raggiungere così la cassa.
«Non ti hai mai offerto un pranzo o una cena?», Camylla dovette aumentare di poco il tono della voce per sovrastare quella dei clienti che stavano ancora finendo di consumare ai tavoli.
«Sì, sotto minaccia». Entrambe si fermarono davanti al banco che sorreggieva l'enorme cassa nera con il piccolo display al momento non illuminato.
«Salve. Il numero del tavolo, per favore», la voce squillante della signorina bionda rieccheggiò frustrante nella testa di Camylla: troppo vivace e troppo attiva; quella voce le stava ancora martellando incessantemente.
«34», rispose schietta, senza darle troppo confidenza. Forse aveva usato poca gentilezza ma in quel momento desiderava solamente allontanarsi da quelle mani le cui unghie smaltate di nero digitavano rumorosamente sui tasti della cassa; allontantarsi da quegli occhi verdi che scorrevano vigili e attenti ad eventuali errori; allontantarsi da quella voce che continuava a ripetere il numero enunciato da Camylla.
«Ecco perchè non vi trovavo. Il vostro conto è già stato pagato», nel sollevare di scatto la testa e mostrare un sorriso forzato da labbra contornate con un rossetto violaceo, Camylla notò il cappellino a visiera nero della dipendente muoversi di conseguenza.
«Pagato? Da chi?», domandò Camylla spontaneamente.
«Dal tavolo 27», la ragazza aveva preso a tamburellare sul marmo del banco con la mano sinistra e Camylla si accorse avere dietro di sè altre due persone in attesa di saldare il conto.
«Grazie», Camylla quasi sussurrò, pronta a voltarle le spalle e ripromettendosi di escludere dalla sua lista quel locale: non avrebbe sopportato di sentire nuovamente quella voce stridula.
«Sono quei tipi laggiù», Korinne si era spostata giusto quel tanto che bastava per poter permettere il continuo svolgimento del lavoro ma con sguardo vigile e attento, stava passando a rassegna tutti i numeri dei tavoli. «Vedi la finestra con la tenda bianca? Il tavolo a destra».
Camylla dovette sforzarsi notevolmente per riuscire a mettere davvero a fuoco le persone che sedevano intorno a quel tavolo.
«Tesoro, gli occhiali! Non li hai per tendenza», Korinne allargò le braccia in segno di arresa, prima di afferrare la figlia per un braccio e trascinarla in direzione degli individui al momento ancora misteriosi. «Comunque, io non li conosco».
E Camylla dovette fermarsi improvvisamente, bloccata istintivamente non appena i suoi occhi riuscirono a visualizzare anche troppo nitidamente almeno una delle due figure maschili intenti a sorseggiare probabilmente del vino bianco. Sentì dietro di sè un cameriere imprecare per il repentino cambio di passo, rischiando di fare cadere l'intera portata in terra. Korinne la strattonò, cercando di farle riprendere il passo ed evitare di discutere con i dipendenti del locale. «Che succede Camy?».
«Lo conosco», la voce le uscì un sussurro debole e flebile, quasi timoroso. Strinse con ferocia il manico della borsa che teneva ben salda nella mano e respirò a pieni polmoni. Riprese a camminare, intenta a capire il motivo di tale gesto anche se insinuazioni pericolose già avevano cominciato a far capolino prepotentemente.
«Scusate», Camylla si schiarì la voce, tossendo delicatamente. Cercò di attirare l'attenzione dei due presenti al tavolo senza risultare troppo invadente. Potè sentire il calore delle sue guance riscaldarsi velocemente nell'esatto momento in cui il verde degli occhi di Nathan incrociarono i suoi.
«Hey, Camylla!», Nathan l'accolse con un sorriso ingannevole, mostrando un bianco accecante e perfetto. Si alzò in piedi, scostando indietro la sedia: i pantaloni di jeans nero aderivano in maniera esemplare, ricadendo maniacalmente su ogni centimetro di pelle. «Ti presento mio padre, Davis Mills».
A Camylla stava mancando ossigeno necessario; stava mancando il respiro; stava mancando la capacità di emettere qualsiasi tipo di suono. Era inerme, immobile, incapace. Disarmata.
«Piacere, signorina..-», Davis inclinò la testa di lato, allungando il braccio teso nella direzione di Camylla, la quale stava fissando Nathan senza riuscirne a distogliere lo sguardo.
«Evans», s'intromise Korinne, afferrando la mano di Davis pronta a ricambiarne la stretta. «Io sono Korinne, sua madre», sorrise gentile, drizzando la schiena e mostrando al meglio il suo vestiario.
«Volete unirvi?», la voce di Nathan era calda e sensibile. Indicò il tavolo e ciò che ne sorreggieva: stavano mangiando pesce e sorseggiando del costoso champagne.
«Oh no, grazie. Volevamo ringriaziarvi per il pranzo ma non avreste dovuto», Korinne gesticolava con le mani davanti al petto, parlando velocemente - nervosamente -. «Anzi, perchè l 'avete fatto?».
«Avevo chiesto a sua figlia di pranzare ma non ha mai risposto, così mi sembrava carino farle capire le mie intenzioni», Nathan era tornato seduto, con i gomiti sul tavolo e le mani a sorreggiare il viso. La voce delicata era rilassante, quasi ipnotica.
«Cosa?!», a quell'affermazione Camylla si riscosse dai propri pensieri, ancora con gli occhi puntati sulla figura di Nathan. 
«E' stato un piccolo gesto innocente», Davis sorrise mentre afferrò il calice colmo di alcool. La sua voce era roca, dura. Di prepotenza.
«Grazie ancora», Korinne inclinò la testa di lato scoprendo un lembo di orecchio da cui un piccolo brillantino donava luce anche alle parti limitrofe di pelle.
«Ci vediamo domani mattina», il sorriso di Nathan arrivò a Camylla come segno di minaccia. Quest'ultima si limitò ad accennare un saluto con il cenno del capo, che in quel momento le pesava come un macigno. Aveva la testa confusa, le forze azzerate, la voglia scemata, la bocca colma di imprecazioni ed urla.
A passi svelti e decisi, Camylla era intenzionata a lasciarsi alle spalle quell'assurda situazione di imbarazzo e incredulità. Voleva allontanarsi dal pericolo. E stava pregando, silenziosamente, che tutto quello non fosse realmente appena accaduto; che avesse semplicemente sognato ad occhi aperti; che fosse uno scherzo frutto della sua fantasia.
«Ma quel ragazzo è bellissimo!», Korinne espresse il suo giudizio una volta che l'enorme porta di vetro si fosse richiuse dietro di loro.
«Non dire altro», Camylla l'ammunì con l'indice alzato in segno di rimprovero: non richiedeva di dare spiegazioni a sua madre su chi fosse o su come l'avesse conosciuto; non richiedeva più di sopportare quella situazione ingestibile. Riteneva tutto surreale, impossibile. Aveva solo bisogno di estraniarsi e di rilassarsi.

Quando il campanello suonò, Camylla stava cercando di annodare i lacci in vita del pantalone di tuta nero. Cercò di urlare un “arrivo” a gran voce, sperando che la persona al di là del portone potesse aver recepito il messaggio: scese le scale di fretta, stando attenta a non inciampare nei suoi stessi piedi, prima di precipitarsi all'interruttore della luce sito alla parete dell'ingresso vicino allo specchio, ed illuminare così la piccola stanza d'accoglienza. 
Respirò a pieni polmoni, ben consapevole di chi si sarebbe trovata difronte una volta annullate tutte le barriere di divisione che al momento non rendevano giustizia alla vista intrepida di Camylla: era in perfetto orario, come al solito.
La mano sulla maniglia tremava visibilmente e dovette rimproverarsi da sola per quel comportamento imbarazzante che stava cominciando a tenere prima ancora di poter affrontare il temuto argomento: durante tutta l'ultima ora non aveva fatto altro che ripromettersi di essere adulta; di rendersi matura agli occhi esperti di Matthias, nonostante la conoscessero più di quanto avrebbe voluto. Si ripromise di essere sè stessa, ma non infantile; sincera ma non disperata; onesta ma non patetica.
Nell'esatto momento in cui il portone si aprì, una ventata di aria ghiaccia invase in pieno volto Camylla, facendola rabbrividire e stringere nelle spalle: poteva ancora sentire ed essere avvolta dal calore dell'acqua calda della doccia che in qualche maniera era riuscita a rilassarla e farla calmare almeno per qualche minuto.
 «Ciao», Matthias la salutò sorridendo debolmente, riscaldato dal suo cappotto autunnale verde militare: le mani in tasca, il collo circondato da una leggera sciarpa nera, i capelli racchiusi in un cappellino altrettanto nero.
«Ciao», Camylla si spostò leggermente di lato per poter aprire ulteriormente la porta e dar modo a Matthias di varcare la soglia. «Vieni, entra».
«Grazie», strusciò le sue sneakers sul tappetino ripetutamente. Il tempo, in quei giorni aveva reso tregua e giustizia agli abitanti, regalando giornate di relativo sole con annesse nuvole. Niente pioggia. Ma la sera la temperatura sembrava calare drasticamente. E neanche il calore della casa sembrava essere in grado di riscaldare l'ambiente.
«Posso offrirti qualcosa?», a passi svelti e decisi, Camylla si diresse in cucina: aveva bisogno di sciacquare la bocca, di far riprendere vita alla gola, di dissetare il proprio organismo. Afferrò un bicchiere di vetro, mantenendo le spalle a Matthias.
Le era bastato incrociare i suoi occhi per una breve frazione di secondo per far crollare tutte le sicurezze che silenziosamente era riuscita a crearsi; le era bastato osservare quelle iridi familiari per poter annullare la voglia di farsi credere forte e decisa.
«No, in realtà sono un pò di fretta», la voce lenta e delicata le era mancata. Camylla si voltò di poco, posando delicatamente il bicchiere sulla lastra di marmo: lo trovò appoggiato con la spalla allo stipite della porta, con le braccia incrociate. Scrupoloso. Attento. Bello. «Vorrei solo chiarire alcune cose».
 «Ti ascolto», perchè anche se Camylla poteva sapere ed immaginare cosa avrebbe detto Matthias, preferiva sentirselo dire; avere la sicurezza schiacciante di aver, nuovamente, ragione. Poteva sentire il proprio cuore battere a ritmo elevato e avrebbe voluto rassicurarlo ma sapeva che sarebbe stato del tutto invano.
«So che la nostra situazione è..», Matthias dovette soffermarsi qualche secondo, probabilmente per cercare di trovare le parole corrette da enunciare, «Complicata, difficile se vogliamo. Abbiamo molti amici in comune e non ti chiederei mai di allontanarti da loro», le sue labbra si muovevano lente ma precise, erano soffici ma in grado di scavarti dentro.
«Certo, anche perchè non lo farei così come non lo faresti neanche tu», Camylla stava cercando di mantenere una calma apparente: aveva una gran voglia di mordersi il labbro inferiore per provocarsi un dolore differente da quello che la sola figura di Matthias era in grado di donarle. Ma più di ogni altra cosa, aveva voglia di annullare nettamente quell'enorme distanza che li separava; aveva voglia di lasciarsi andare; aveva voglia di farsi cullare e rassicurare da l'unica persona che era in grado di capirla.
«Esatto. Per questo capiterà di vedersi spesso e vorrei che fossimo in grado di gestire determinate situazioni», con una leggera spinta, Matthias si era allontanato dallo stipite della porta per poter muoversi in direzione del tavolo da cucina. Continuava ad osservare Camylla, senza staccarle gli occhi di dosso.
«Non avrei dovuto scriverti, lo so», la voce di Camylla risultava essere un sussurro. Una verità nascosta, debole, timorosa. Un'ammessa di colpa silenziosa. Una promessa difficile da mantenere. Anche lei cercò di muoversi in avanti per raggiungere il lato opposto del tavolo.
«Anche a me manchi ma dobbiamo andare avanti», Matthias stava parlando lentamente, come a voler imprimere con forza ogni vocale e consonante di quella frase troppo veritiera. 
«Perchè?», eccole le difese abbassate, il coraggio scivolare via come l'acqua su di una superficie liscia. Ecco le forze inerme, il cuore fatto in pezzi. Ecco la fragilità, la vulnerabilità, la negazione. Ecco il dolore.
«Ne abbiamo già parlato», rumori di passi che a mano a mano si avvicinavano, risultando essere troppo vicini. «Vuoi davvero che te lo ripeta?», Matthias ormai aveva raggiunto Camylla. Camylla socchiuse gli occhi, inebriandosi di quell'odore inconfondibile che sentiva un pò suo; cercò di inalare quel profumo delicato che non avrebbe più saputo rassicurarla. Annuì con la testa, pronta a ricevere l'ennesima fitta allo stomaco che l'avrebbe spezzata.
«Non riesco più a vederti come la mia fidanzata ma piuttosto come un'amica», le accarezzò debolmente la guancia ed istintivamente Camylla inclinò la testa di lato per poter rendere più duraturo quel contatto. Cercò di penetrare negli occhi di Matthias, di scavarvi un sussulto, un cenno di debolezza, un rimorso. Ma trovò solo una cruda e ferma decisione.
«Io non riesco..», Camylla stava parlando piano. Aveva paura e trovava inutile dire qualsiasi cosa. Si stava rendendo conto di quanto fosse ormai tardi per esporre i sentimenti; di quanto fosse stata sciocca per aver dato per scontato le parole non dette al momento opportuno; di quanto ciò che non aveva fatto in passato si stesse ripercuotendo sul presente. Di quanto le conseguenze ingenue dei suoi errori sarebbero potuti essere evitati se soltanto avesse avuto il coraggio di comunicare.
«Sì, C. Ce la farai eccome!», Matthias l'attirò a sè, avvolgendola nel calore di un'abbraccio sincero che sapeva di abbandono. Camylla si alzò sulle punte, stringendo tra i palmi delle mani quel giacchetto ancora ghiaccio che rendeva reale quell'assurda situazione. «Promettilo», un sussurro leggero dettato vicino all'orecchio che fece inarcare istintivamente la schiena di Camylla.
«Promesso», Camylla dovette alzare gli occhi al soffitto per evitare che una lacrima le solcasse il viso: si morse il labbro subito dopo aver pronunciato tale parole, consapevole di aver appena chiuso definitivamente la relazione senza possibilità di tornare indietro.
Matthias sciolse il calore, portando freddo e malinconia nella stanza. Dedicò un piccolo, leggerissimo bacio all'angolo della bocca di Camylla prima di sorridergli debolmente e allontanrsi per sempre
Camylla rimase inerme, senza difese. Immobile, passiva. Distrutta. Non appena il rumore del portone sovrastò il silenzio assordante della casa, Camylla si lasciò scivolare con la schiena al mobile del piano cottura, fino a toccare il pavimento: le braccia ad avvolgere le ginocchia piegate al petto; il viso ciondolone avvolto da lacrime dal sapore amaro, di arresa, di sconfitta. Si lasciò andare mentre il peso della verità le premeva sulle spalle, schiacciandola ogni secondo di più.

04 Ottobre.

Il libro di Diritto Internazionale non ne voleva sapere di entrare all'interno della borsa, già stracolma di quaderni contenenti appunti che Camylla aveva preso senza prestare una reale attenzione. Si ritrovò più volte a pensare che gli esami previsti per la fine del mese successivo, li avrebbe bocciati prima ancora di potersi sedere difronte ai professori.
«Accidenti!», Camylla stava forzando quasi violentemente quell'enorme volume oggetto - forse - di promisso studio, con scarsi risultati.
«Non credo sia il metodo migliore», una voce sorridente ed inaspettata alle spalle di Camylla la fece sussultare visibilmente sul posto. Si voltò di scatto, con una mano sul petto in segno di spavento.
«Che ci fai qua?», tornò con lo sguardo alla borsa aperta e a quel maledetto libro entrato per metà: gli occhiali da vista le stavano scivolando sul naso, facendola imprecare ulteriormenti a denti stretti.
«Volevo sapere se potevamo trascorrere qualche ora insieme», Nathan stava continuando a sorridere, divertito dalla scena. Si sporse in avanti per poter afferrare gli oggetti incriminati volti a far innervosire  Camylla. «Posso?».
Camylla annuì con un cenno debole del capo, allargando le braccia in segno di sfida: osservò Nathan estrarre due quadernoni ad anelli, uno giallo e l'altro verde, prima di posizionarvi sopra l'“International Law” e stringerli insieme. Dopodichè, con una mano all'interno della borsa a tener ben saldi i rimanenti appunti, cercò di introdurvi i tomi. Con successo.
«Adesso me lo devi!», Nathan spostò di poco la borsa, strusciandola sul banco ormai vuoto di Camylla, strinzzandole l'occhio.
«Non ti arrendi mai?», Camylla si ritrovò a sorridere debolmente, ipnotizzata dalla figura di Nathan affianco a sè.
«No! Forza, andiamo», con un movimento veloce della mano, Nathan fece intendere a Camylla di doverlo seguire.
«Cosa?! Dove?», Camylla, con gli occhi stralunati e la bocca aperta per lo stupore, dovette accelerare il passo - rischiando di spintonare qualche altro studente - per poter raggiungere il ragazzo.
«Qua davanti, così dopo riusciamo ad arrivare in tempo allo studio “Price and Kelly”», Nathan si soffermò davanti alla porta rossa dell'aula, spintonandola quanto serviva per aprirla e potervi passare. «Anche tu entri intorno alle due?», chiese divertito, mostrando i suoi denti nel sorridere.
«No, un secondo..», Camylla si bloccò istintivamente, ignara e noncurante di aver fatto nascere numerose imprecazioni provenienti dai ragazzi a lei limitrofi; si ritrovò a scuotere la testa, visibilmente confusa.
«Sì, anche io faccio tirocinio lì», la interruppe Nathan, dovendosi soffermare e voltandosi leggermente alla sua destra per poter osservare Camylla. «Da un annetto circa, non lo sapevi?».
«In realtà no», la voce di Camylla ne uscì quasi come un sussurro. Si ritrovò a dover ammettere a sè stessa quanto in realtà poco conosceva di quel misterioso ragazzo.
«Stamani sia Alyssa che Khloe hanno saltato?», Nathan continuava a sorridere trasmettendo sicurezza e tranquillità. Avevano ripreso a camminare in direzione dell'enorme portone ad arco aperto dell'università.
«Lasciamo perdere!», Camylla dovette premere sul foulard di cotone avvolto al collo per poterne ricavare un ritaglio di calore da quella ventata di aria fredda e pungente che li aveva travolti. «Quelle due si stanno comportando come bambine dell'asilo», alzò gli occhi al cielo mentre frammenti di conversazione della notte precedente le facevano capolino.
«Come mai?», la voce di Nathan celava curiosità. Aveva messo entrambe le mani all'interno delle tasche del giacchetto blu scuro.
«Anzichè provare a parlare come adulti, preferiscono mandarsi messaggi, puntecchiandosi inutilmente», Camylla si rese conto di aver alzato il tono della propria voce e di aver parlato con enfasi e nervosismo: gesticolava velocemente, puntando lo sguardo fisso davanti a sè.
«Ieri sera ho dovuto sopportare ore ed ore di telefonate in cui l'una accusava l'altra!», scosse la testa, ancora incredula di averle davvero affrontate, nonostante tutto. «Quando ho proposto un civile ed onesto incontro, mi hanno riattacato. Ti rendi conto!?», prese aria a pieni polmoni, prima di continuare.
«Non ho neanche detto loro di Matthias!», si voltò di scatto, rendendosi conto solo in un secondo momento di essersi appena sfogata con Nathan: lo trovò attento ad ogni dettaglio, concentrato sulle parole di Camylla.
«Scusa», provò a difendersi Camylla, rallentando il passo in prossimità delle strisce pedonali. «E' che mi rendono nervosa».
«Figurati», sorrise Nathan mentre la sua testa voltava in ambedue le direzioni in attesa di poter attraversare la strada. «Chi è Matthias?».
Il silenzio nelle parole di Camylla fece bloccare lo sguardo di Nathan sugli occhi della ragazza che lo stavano osservando con le gote rosastre e la bocca socchiusa. «Domanda inopportuna, perdonami», Nathan tirò fuori dalle tasche le mani per mostrare i suoi palmi aperti in segno di scuse.
«No, non è quello. E' che..», Camylla s'interruppe lasciando a metà la sua stessa frase, non essendo in grado di rispondere correttamente a Nathan: non le andava di essere diretta, semplicemente preferiva che la loro conversazione ricadesse su di un altro argomento.
«Tranquilla, non sei tenuta a rispondere», con un cenno fugace della testa, Nathan fece intendere a Camylla che avrebbero dovuto attraversare raggiungendo così un piccolo chiosco economico situato a due passi dal campus. «Comunque se può consolarti, Theo ieri sera mi ha chiamato per ripetermi ininterrottamente quanto sia stato stupido alla festa», sorrise apertamente rivolgendo uno sguardo apprensivo a Camylla.
«Ora che me lo dici, neanche lui era presente a lezione stamani», Camylla sembrò pensarci qualche secondo prima di emettere quella supposizione. Dovette sistemarsi gli occhiali da vista perchè le stavano lentamente sciovolando.
«No, aveva paura di affrontare Alyssa», Nathan scosse la testa, divertito mentre ormai erano giunto ad una panchina libera che regalava la vista sul Tavistock Square Gardens.
Camylla osservò Nathan nei semplici gesti e non potè negare a sè stessa che, nonostante tutto, quel ragazzo stava pian piano catturando la sua totale attenzione.
«Vuoi qualcosa? Là c'è Starbucks», il tono di voce di Nathan era delicato, soffice. Piacevole da ascoltare e sentire. 
«No, grazie», Camylla era confusa: più cercava di provare a fare ordine e a dare un senso logico agli avvenimenti, più questi si susseguivano senza darle tregua, lasciandola indietro e di stucco. Sapeva quale argomento avrebbero affrontato a breve ma l'essere gentile e distaccato allo stesso tempo la rendeva preda passiva di Nathan.
 «Ok, senti..», si sporse in avanti, posando i gomiti sulle ginocchia ricoperti di jeans. Lo sguardo in avanti, a fissare ciuffi di erba ancora umida. «Non ci conosciamo ancora ma abbiamo tanto di cui parlare». Le mani incrociate tra loro a muoversi impercettibilmente.
«Nathan, voglio essere chiara», Camylla stava parlando lentamente, cercando di dosare attentamente le parole da dire: i suoi occhi puntavano al profilo di Nathan senza osservarne i dettagli. «Non ho intenzione di prendere parte al piano».
«Lo farai ma di quello parleremo dopo», Nathan si voltò di scatto con sguardo profondo e sicuro: iridi verdi che trasudavano sicurezza e determinazione. Camylla trasalì senza riuscire a replicare. «Adesso è della causa di mio padre che dobbiamo parlare».
Camylla aprì leggermente la bocca asciutta, inclinando di lato la testa: non emise nessun suono, semplicemente si spostò una ciocca di capelli ricaduta sul bordo degli occhiali. 
Il peso di quella frase le stava compremendo l'addome, causando fitte continue che rendevano Camylla debole. I suoi pensieri sembravano essere in procinto di voler esplodere per annullarli uno ad uno. Rimase in ascolto consapevole che ciò che avrebbe sentito le avrebbe portato ulteriore angoscia e senso di confusione. 






 

IM BACK!
Ecco a voi il quinto capitolo..lascio a voi i commenti :)
So che la storia sta andando un pò a rilento ma ritengo necessario inquadrare al meglio i momenti salienti volti a far conoscere più nel profondo i nostri amici. Ad esempio qua possiamo ammirrare il rapporto sereno madre-figlia (nonostante Korinne sembri amare più Thomas..). 
Era fondamentale un'ulteriore incontro tra Matthias e Camylla: ormai la loro storia è definitivamente arrivata al capolinea. Questo perchè il loro rapporto era divenuto più amichevole che amoroso (almeno da parte del ragazzo). 
E poi abbiamo Nathan ed il suo alone di mistero. Io adoro il suo personaggio (
FORSE addirittura più di Thomas)..
Alyssa e Khloe fanno confondere: sappiamo che al momento discutono senza affrontarsi a quattr'occhi e chissà se risolveranno. E dall'altra parte abbiamo un Theo codardo :)
Ok, adesso me ne vado sperando di avervi incuriosito almeno un minimo.
Non abbiate freniiiii :)

Un bacione!

  
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