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Autore: fuoricontesto    18/02/2021    1 recensioni
Sesshomaru, lo daiyokai dell’ovest, vagava per le terre del Giappone senza meta alcuna, sconfiggendo demoni ed evitando ossessivamente gli umani, che odiava con un ardore tale da far trasparire emozioni che era solito celare.
Molte erano le leggende che si erano susseguite nel tentativo di spiegare tanto astio verso gli umani, lui, che era figlio di Inu no Taisho, il demone cane innamorato di un’umana.
Nel nord, una gelida tundra di neve e ghiaccio, gli abitanti da secoli narravano la leggenda di uno spirito innamoratosi di un demone. Si tramandava che una volta il nord fosse una terra rigogliosa, grazie all’intercessione dello spirito che lo vegliava. Un giorno però questo scomparve, e con lui il demone che era suo compagno, tramutando il nord in un luogo desolato dove nulla poteva crescere. Alcuni saggi sostenevano che lo spirito fosse stato brutalmente assassinato e che, sul letto di morte, avesse promesso al compagno di tornare sulla terra in un’altra forma. La chiamavano la storia dello spirito del nord, ma i più anziani, anche se non lo raccontavano per timore e scaramanzia, la conoscevano come la storia dello spirito del nord e dello daiyokai.
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO III: LA PROMESSA DELLO SPIRITO DEL NORD

 

Un anno dopo. 

 

La notte era da poco calata su una Kita innevata, avvolta da un gelido manto ghiacciato  su cui si rifletteva la luce pallida della luna.
Seduta nel giardino del tempio, avvolta in uno scialle di lana grezza, Kaen attendeva trepidante il ritorno di Sesshomaru, nel giorno del suo novantesimo compleanno. 
Aveva i piedi gelati e il suo corpo iniziava ad essere percosso da brividi, ma per nessuna ragione si sarebbe spostata dall’albero di ciliegio dove aveva deciso di aspettarlo. 
Lo stesso albero che li aveva visti innamorarsi e baciarsi per notti intere. 
Al ricordo Kaen non poté fare a meno di sospirare. 
Le visite di Sesshomaru erano state piuttosto irregolari negli ultimi mesi, scandite dalle battaglie che si abbattevano come pioggia incessante sull’ovest. 
Nonostante la situazione, tutt’altro che stabile e la sua benedizione, il demone aveva tenuto fede alla promessa, e ad ogni luna piena si presentava al tempio. 
Quando gli era stato possibile si era fermato per intere settimane, riempiendola delle attenzioni e premure che non  aveva potuto rivolgerle durante la lontananza. Nell’ultimo periodo, al contrario, si erano dovuti accontentare di vedersi solo per un paio di ore, a causa della guerra che incombeva sui territori del clan dei cani. 
La situazione avrebbe dovuto infastidirla o almeno rattristarla eppure Kaen non era mai stata così felice. L’amore che Sesshomaru le regalava andava aldilà del tempo e dello spazio di quella terra, delle guerre e delle divisioni tra umani e demoni. Da quando era entrato nella sua vita la solitudine era diventata un ricordo lontano, anche se non era con lei fisicamente. 
Aveva finalmente qualcuno da amare e che l’amava, qualcuno da aspettare sapendo che sarebbe tornato. 

Un’ombra possente emerse dall’oscurità che avvolgeva il giardino, ridestandola bruscamente dai suoi pensieri. 
Riconoscendola la ragazza gli corse incontro, incurante del freddo e della neve che le gelava i piedi. 
“Sei arrivato!” Esclamò entusiasta, quando fu abbastanza vicina da distinguere le iridi ambrate di Sesshomaru.  Il demone non poté fare a meno di ricambiare l’entusiasmo, sollevandola da terra e stringendola in un lungo abbraccio a cui lei si aggrappò più che volentieri, in cerca di un pò di calore. 
“Andiamo dentro” mormorò sentendola tremare tra le sue braccia,  “qui fa troppo freddo per te” . 
Entrati al tempio vennero accolti dal calore del fuoco, che bruciava vivace nella fornace del pavimento, e dall’odore di erbe medicinali di cui la casa profumava in ogni stagione. 
Mentre veniva posata a terra, accanto al focolare, sorprese l’amato lasciarsi sfuggire una raro sorriso e lo sentì assaporare, con un lungo sospiro, gli odori oramai famigliari del tempio, come se non avesse desiderato sentire altro.
Si sentì avvolgere dalla coda di lui, e si lasciò stringere ancora al suo petto, godendo del calore che emanava e di quella  vicinanza che tanto aveva bramato in quei giorni. 
“Dovevi aspettarmi qui” si sentì rimproverare, “sei gelata” Kaen sorrise, “volevo farti una sorpresa” si giustificò, il demone non le rispose, incapace di rimproverarle quel sentimentalismo masochista che aveva ereditato dagli umani che l’avevano cresciuta, e che per lei, come sapeva bene, era  la più alta dimostrazione di amore che potesse regalargli. 
“Da dove sei venuto questa volta?” gli domandò, cercando di sviare la conversazione. 
“Da un piccolo villaggio nelle terre di Edo” rispose, assecondando il tentativo, “non dissimile da questo”.
“E come si chiama questo villaggio?” Chiese curiosa, “Musashi” mormorò, “era il campo base dell’esercito delle pantere”.
“Immagino che tu le abbia sconfitte” Sesshomaru si lasciò sfuggire un ghigno soddisfatto, che da solo  valeva più di mille parole. 
“Tu cosa hai fatto in mia assenza?” Le domandò, “le solite cose” rispose facendo le spallucce, “l’altro giorno però è venuto in visita il nuovo signore di queste terre per chiedermi una medicina”. 
“Era accompagnato da sette caviglieri molto strani” raccontò, iniziando a ridacchiare “ma il più strano di tutti era un certo Jakotsu mi pare,  mi ha tormentata per ore chiedendomi dove avessi preso il kimono che indossavo”. 
“Credevo ne volesse uno per la sua fidanzata e gli ho indicato il sarto del paese dicendogli che ne avrebbe confezionato  uno simile se andava a mio nome” spiegò senza smettere di ridere, “il giorno dopo il sarto è venuto da me protestando per avergli mandato quello strambo che si è messo a corteggiare ogni uomo che entrava nella sua bottega, con un insistenza tale da far fuggire persino Hisui, che solitamente elemosina quel tipo di attenzioni” rise.
Sesshomaru alzò gli occhi al cielo. 
Prese a rovistare nelle tasche dell’armatura che indossava e ne estrasse una piccola scatola di legno finemente decorata, che le porse accennando un sorriso sbilenco. 
“È per te” disse, “mi pare di aver capito che oggi è il tuo compleanno”  Kaen arrossì, e la prese tra le mani, tremolanti per l’imbarazzo. 
La scatola conteneva una collana dorata di eccezionale fattura, dal filo sottile, su cui splendeva una pietra verde lavorata in modo da formare i petali di un fiore di ciliegio.
Esterrefatta la ragazza gli rivolse un occhiata di profonda gratitudine, “è splendida” mormorò, “ma non dovevi disturbarti tanto, la tua presenza era più che sufficiente” . 
“Vuoi provarla?” Domandò ignorandola, la fanciulla fece segno di sì con il capo e si voltò di spalle, scostando i lunghi capelli corvini dalla schiena. 
Sesshomaru le posò la collana sul collo  e quando ebbe sigillato la chiusura la invitò a voltarsi. 
“Come mi sta?” Domandò  con entusiasmo, “divinamente” rispose lui, osservando il gioiello brillare sul petto candido come la neve della fanciulla . 
Kaen non poté fare a meno di notare che una strana scintilla si era impossessata degli occhi del demone, una luce che non gli aveva mai visto. Sesshomaru si protese verso di lei lentamente, come volesse darle tempo di ritirarsi e fuggire.
Le sfiorò la collana con gli artigli, lei non si mosse, fece per dire qualcosa ma le labbra di lui catturarono le sue in una danza famelica.
Era un bacio diverso da quelli casti e premurosi che si erano scambiati in quei mesi, era affamato, grondante di desiderio. Kaen non era una sprovveduta, sapeva che nonostante fosse un demone Sesshomaru rimaneva un maschio, un giovane maschio solo con una ragazza che lo adorava. 
Nel profondo   sapeva di provare lo stesso dirompente desiderio, voleva essere sua quella  notte e in tutte quelle a venire se lui fosse stato d’accordo. 
Dopo un attimo di esitazione ricambiò il bacio con passione e si lasciò sistemare a cavalcioni sopra le  ginocchia dell’amato.
Sesshomaru le sfiorò con le labbra il viso, il collo, il petto, mentre con le mani le stringeva i fianchi. 
Fece per disfarsi dell’obi che le teneva stretta la veste ma si fermò. I suoi occhi ambrati incontrarono quelli dorati di lei, “Kaen” la chiamò, ridestandola dal piacevole torpore che l’aveva avvolta, “io ti desidero” mormorò, “ma ho bisogno del tuo permesso per continuare” in risposta la fanciulla sciolse l’obi lasciando che la stoffa ricadesse sulle spalle, lasciandole scoperto il seno. 
“Hai il mio permesso Sesshomaru” sussurrò. 
Senza più freni il demone l’adagiò delicatamente sul pavimento e l’amò per tutta la notte. 

  

 Alla prime luci dell’alba Kaen aprì gli occhi, ritrovandosi nuda, coperta soltanto da un lenzuolo trasparente e con il viso immerso sul materasso del futon su cui aveva dormito. 
Si voltò istintivamente dalla parte opposta del letto, in cerca degli occhi ambrati di Sesshomaru. 
Lo trovò così, profondamente addormentato su un fianco, coperto fino alla cintura dal lenzuolo e con i capelli sparpagliati sul cuscino. 
Kaen gli scostò le  ciocche argentee che gli coprivano il volto e accarezzò con gentilezza i tratti demoniaci che gli adornavano la guancia. 
È bellissimo, non poté fare a meno di pensare, arrossendo al pensiero di aver giaciuto con lui in quella notte di inverno, ricordando come le sue mani l’avevano accarezzata, le labbra baciata e i suoi occhi osservata grondanti di desiderio. 
Non era mai stata guardata in quel modo, e avrebbe dato qualsiasi cosa perché lui le rivolgesse ancora quello sguardo.
Come ne avesse udito i pensieri Sesshomaru aprì gli occhi. 
Ancora assonnato le baciò la mano con cui lo stava accarezzando e la invitò ad avvicinarsi a lui con un sussurro. Kaen ubbidì volentieri, lasciando che le possenti braccia del demone la stringessero ancora una volta.
“Abbiamo commesso peccato ieri sera” le sussurrò in un orecchio, in tono compiaciuto, “hai giaciuto con un demone” lei sorrise, “tu hai giaciuto con una creatura di cui non conosci la razza” ribatté disegnando piccoli cerchi immaginari sul petto di lui, “è molto più grave” Sesshomaru stirò le labbra in quello che doveva essere un sorriso divertito.
“Sei pentita?” Lei gli rivolse un occhiata stranita, “no” rispose, “peccare con te è bellissimo” lui la strinse di più e le posò un bacio sulla nuca, “se i tuoi dei ti sentissero ne sarebbero molto contrariati” lei ridacchiò, “avrebbero troppa paura di te per punirmi”. 
“Quanto pensavi di fermarti?” il volto del demone si rabbuiò, “partirò domani mattina” rispose.
"Allora abbiamo tempo” 
“Tempo per cosa?” Domandò mentre lei si metteva a cavalcioni su di lui.
“per peccare ancora” il demone le accarezzò i fianchi e issò la schiena dal futon.
“Kaen” la chiamò, “sei felice così?” La ragazza lo osservò perplessa, “certo che sono felice” rispose. 
“Sei felice di vivere così? Di vivere aspettandomi?”
“Sesshomaru ne abbiamo  parlato...”
“È diverso adesso” la interruppe, “io sono diverso” confessò. 
“Non mi basta venire qui ad ogni luna piena, baciarti, averti e andarmene” disse facendola diventare paonazza. 
Era la prima volta che Sesshomaru parlava di loro in modo così accalorato, aveva sempre preferito  i gesti alle parole e il loro amore si era costruito sui silenzi. 
Cos’era cambiato? Perché aveva voglia di parlare e lo faceva in quel modo?
“ E cosa vuoi di più?”
“Voglio te” rispose, “totalmente, senza condizioni”. 
“ io sono già tua” ribatté, lui scosse il capo, “intendo in senso umano” rispose. 
“ non capisco...”
“Voglio sposarti Kaen” 
Il cuore della ragazza mancò di un battito. Le gambe  iniziarono a tremarle convulsamente e si dovette aggrappare alle spalle di lui per non cadere. 
“Sposarmi” ripeté incredula, “sì” disse il demone, con una convinzione tale da mozzare il fiato.  
“Voglio che tua sia mia moglie” rispose, “come lo deciderai tu, se lo vorrai” e così dicendo fece per alzarsi ma lei lo bloccò premendogli una mano sul petto. 
“Sì” il demone la fissò per qualche secondo, “sì cosa?” Domandò, per essere certo della sua scelta, “sì ti voglio sposare”.
Sesshomaru le accarezzò il volto. 
“Sei sicura?” Le chiese ancora “per te vuol dire tutta la vita” lei gli sorrise, “lunga o corta la voglio passare con te” disse avvicinandosi a lui. 
“Ti amo” mormorò, a un soffio dalle sue labbra, “Ti amo” ripeté lui, suggellando la sua dichiarazione con un bacio     

 

 

Due anni dopo. 

 

Kaen sedeva in silenzio davanti al tavolino che troneggiava nella sala da pranzo, illuminata dalle prime luci del giorno. 
Aveva trascorso una notte tremenda, percossa dalla nausea aveva vagato per il giardino sperando che il malessere si placasse con un pò di aria fresca. 
Solo quando il cielo si era colorato dei primi raggi di sole si era sentita abbastanza bene da rientrare e prepararsi una tisana, che sarebbe stata la prima di una lunga serie. 
Sconsolata si passò una mano sul ventre, gonfio del piccolo miracolo che custodiva, cercando di trovare un pò di serenità in quella carezza triste ma colma di amore e speranza per il futuro. 
Era incinta di 6 mesi ma le sembrava di aspettare da un eternità.
Ricordava ancora il momento in cui aveva scoperto di aspettare un bambino.
Si era recata in visita da un’amica sacerdotessa che abitava nel villaggio vicino per portarle alcune erbe e annunciarle di essersi sposata l’estate prima. 
Appena arrivata la donna le aveva rivolto uno sguardo strano, come se faticasse a riconoscerla, ma l’espressione gioiosa che ne era seguita l’ aveva convinta che si trattasse solo di un impressione. Quando le aveva raccontato di aver contratto matrimonio la sacerdotessa aveva stirato le labbra e rivelato il motivo del suo sbigottimento: il suo corpo emanava un aura demoniaca molto potente, ed essendo il suo compagno un potente dayokai doveva esserne rimasta incinta. 
Kaen era rimasta spiazzata da quella rivelazione e per un ora l’aveva tartassata chiedendole se ne fosse certa, perché lei certamente non poteva avere figli. All’ennesima conferma dell’amica la fanciulla l’aveva salutata frettolosamente ed era corsa al villaggio, in cerca di Sesshomaru.
Lo aveva trovato in giardino, intento ad affilare la Katana che portava sempre con se.  
Vedendola  arrivare di lena, con il fiatone e gli occhi sull’orlo della lacrime aveva contratto il volto lasciandosi andare ad un espressione preoccupata. Dopo aver ascoltato la lieta novella si era calmato e l’aveva stretta forte a se, senza dire nulla. Il giorno dopo si era presentato con un mazzo di fiori violacei che non aveva mai visto. Aveva pensato che fossero un modo per esternare la sua felicità per il lieto evento, invece il marito si era  raccomandato di conservarli nel laboratorio e di usarne i petali in caso di bisogno. 
Dopo il terzo mese aveva imparato a sue spese che quelli erano fiori demoniaci dalle straordinarie capacità lenitive, e che suo marito, premuroso come non era mai stato, le aveva fatto avere in vista delle nausee che la gravidanza le avrebbe provocato. 
Con un sospiro portò la tisana alle labbra, ringraziando in silenzio il senso pratico di Sesshomaru, che invece di regalarle qualcosa di frivolo le aveva donato qualche ora di benessere. 
La porta scorrevole si aprì lentamente, come se chi entrava non volesse farsi sentire, ma non abbastanza da non farla voltare. 
Sesshomaru era davanti a lei, con l’aria ancora assonata e una coperta leggera tra le mani. 
“Stai male” constatò sedendosi accanto a lei e cingendole le spalle con la coperta. 
“Già” mormorò, “ma non è una grande novità” lui scosse il capo, “devi svegliarmi quando stai male” le disse, “in salute e in malattia” le ricordò indicando l’anello dorato che portava all’anulare, un gioiello prezioso che si erano scambiati durante la prima notte di nozze. 
Kaen sospirò, “sì lo so” disse, “ma stavi dormendo talmente bene che non avuto il cuore di svegliarti” si giustificò. 
Sesshomaru era rientrato la sera prima da un piccolo viaggio nelle terre dell’est, ed era arrivato stanco, desideroso di coricarsi insieme a lei e dormire. Era stato via un solo giorno, e Kaen non aveva faticato a a capire che la stanchezza era dovuta alla fretta con cui era rientrato a casa. Da quando era rimasta incinta non l’aveva lasciata mai sola per più di un giorno, e si era preso cura di lei come meglio poteva.
Il demone scosse il capo, “hai pensato a quello che ti ho detto prima di partire?” Le chiese inchiodandola con lo sguardo. 
“Sì” rispose, posando la tazza di ceramica sul tavolino, “e anche se a malincuore hai ragione” ammise, “la situazione tra umani e demoni è troppo tesa e nostro figlio crescerà meglio lontano, nel tuo castello”. 
Sesshomaru le posò un bacio sulla fronte, “staremo bene” la rassicurò, circondandola con le braccia, “il castello è grande e c’è anche un giardino” lei lasciò cadere la testa sulle sue spalle “lo so” mormorò. 
Il marito si scostò da lei con gentilezza e si alzò in piedi, “vado a dare ordine che sia disposto l’occorrente per il nostro arrivo” annunciò, “e a prendere cibo umano” lei lo seguì verso l’ingresso. 
“Ti aspettiamo” lo salutò, prima che spiccasse il volo.   

 

Ore Dopo

 

Una  nuvola di fumo copriva il cielo sopra Kita, accompagnata da un insopportabile miasma di legno bruciato e sangue. 
Sesshomaru volava raso terra lungo la prateria che circondava il villaggio, sfiorando con gli stivali l’erba verde che piano piano veniva sepolta dalla cenere. 
Tra la coltre scura che si levava dal villaggio, cercava di distinguere l’odore della moglie che però non riusciva a percepire. 
Alle porte della cittadella  gli abitanti fuggivano urlando, alcuni erano riusciti a portare con loro pochi oggetti, altri addirittura non portavano le scarpe. 
“Signore, signore” si sentì chiamare da una anziana signora che era solita servirsi dalla moglie per curare un’ulcera, “vogliono la divina Kaen! Stanno cercando lei!” Il demone si diresse velocemente verso la loro casa. 
Il tempio era avvolto dalle fiamme, e un terribile miasma di morte impregnava l’aria intorno all’edificio. Sesshomaru la chiamò attraverso il fuoco, e la cercò in ogni stanza, finché non giunse sul retro. 
Il corpo di Kaen giaceva immobile, riverso sul manto erboso che si stava colorando del suo sangue.
“Sesshomaru” mormorò quando si fu avvicinato per soccorrerla , “Sesshomaru sei qui” lui l’avvolse tra le braccia e fece per alzarla da terra, “vi porto via” gli occhi di lei si bagnarono di lacrime, e il suo corpo prese a tremare “non c’è più nessuno da portare via oltre me” . 
“È morto” il demone si pietrificò, “lo hanno strappato dal mio ventre e lo hanno ucciso” singhiozzò e per la prima volta Sesshomaru sentì una sensazione mai provata prima farsi largo nel suo animo glaciale e sempre controllato: il dolore. 
Suo figlio, il frutto del suo amore con Kaen, era morto assassinato ancora prima di venire al mondo ed essere stretto tra le braccia di sua madre. 
“Perdonami” mormorò a fatica, “erano troppi, non sono riuscita a proteggerlo” il demone non rispose e  si strappò una manica del kimono per tamponarle la ferita all’altezza del ventre, “e non riuscirò nemmeno salvare me stessa”. 
“Non dire sciocchezze” ringhiò, “tu vivrai Kaen” lei gli posò una mano fredda sul viso,“Avrei voluto che avessimo più tempo” mormorò, “avrei voluto vivere di più questa vita” poi alzò lo sguardo, ormai spento, sugli occhi ambra di lui. 
  “Devi lasciarmi andare Sesshomaru” il demone la inchiodò con lo sguardo, “mai” rispose lapidario, “ora ti porto via, troveremo un guaritore” le lacrime le bagnarono il volto pallido come uno spettro, “non ho più tempo” ripeté sforzandosi di tenere gli occhi aperti. 
“Non ti lascerò morire” la sua voce vacillava e le braccia con cui la stringeva vennero scosse da tremiti freddi. Sentiva la morte incombere su di lei, il suo odore pungente gli era entrato nelle narici, era così forte da non fargli più percepire il miasma ferroso del sangue.
“Ascoltami Sesshomaru” lo pregò con voce gentile,  “io non sto morendo” disse, “sto solo lasciando questo corpo” il marito le rivolse uno sguardo stranito, “tonerò da te”. 
“Non sai cosa stai dicendo” 
“La morte mi ha fatto ricordare” gli rispose, “mi ha fatto ricordare cosa sono” mormorò, e con le ultime forze alzò la schiena da terra e fece combaciare le loro fronti, “Brucia il mio corpo” lo pregò, “brucialo così che io possa tornare da te”. 
“Lasciami andare Sesshomaru” 
“Non voglio lasciarti andare” nel dirlo quasi gridò, “ti voglio qui, ti voglio ora” lei gli rivolse un’ultimo sorriso, “questa non è la fine ” mormorò con gli occhi socchiusi, “non è la fine”. 
“io ti amo Kaen io...” lei gli posò un dito sulle labbra, “ti amo Sesshomaru”.
 “ti amo e ti amerò ancora se lo vorrai” e così dicendo chiuse gli occhi per sempre.  
“Kaen” la chiamò scuotendola, “Kaen rimani con me” l’odore della morte però l’aveva avvolta completamente, “Kaen!” Il cuore di lei cessò di battere. 
Nubi oscure coprirono il cielo, gli alberi della valle si tramutarono in cenere,  i fiori e l’erba nei campi si annerirono. 
Dall’alto, sospesa dal vento, iniziò a scendere gelida e implacabile la neve. 
Una lacrima solitaria rigò il volto di Sesshomaru. 
Disperato e scosso dai tremori strinse il corpo dall’amata a se, chiamò il suo nome, la baciò e le accarezzò i capelli. Fu incapace di muoversi per un tempo interminabile, quando non sentì altro che vuoto dentro di se, sollevò il corpo di Kaen e si diresse a piedi fuori dal villaggio affondando nel manto nevoso che aveva coperto le strade della cittadella.
Lungo la strada si trovò davanti a sette uomini armati, con le spade sguainate e gli occhi iniettati di sangue. 
“Così sei tu il demone” mormorò compiaciuto uno di quelli, il capo.
 “Sei l’essere immondo che ha profanato il corpo della divina Kaen mettendola incinta di quel mostro” disse puntandogli contro la spada, “consegnami il suo corpo” intimò, “e ti ucciderò velocemente”. 
Qualcosa dentro il demone si incrinò. Umani, gli umani che sua moglie si era prodigata per aiutare, in alcuni casi fermando la morte incombente su di loro, l’avevano condotta ad una morte tanto violenta. 
L’odio montò nel suo animo, una furia nera, ceca, inarrestabile si fece largo in lui. 
Non poteva lasciare impunita la morte di Kaen e di suo figlio, i sette dovevano morire. 
Gli occhi di Sesshomaru divennero rossi, iniettati da una furia incontenibile. 
“Avete ucciso mio figlio e condotto a morte la mia sposa” ringhiò mentre il suo corpo veniva circondato da potenti raffiche di vento, “pagherete con la vita” il suo volto si sfigurò, assumendo le  vere sembianze di cane, e si avventò contro i guerrieri. 

Minuti più tardi il demone lasciava il villaggio, ricoperto di sangue. 
Aveva sbranato i guerrieri e spezzato le loro ossa mentre erano ancora vivi. Si era beato delle urla risuonanti nell’aria e delle suppliche di una morte veloce che non aveva concesso. 
Camminò in silenzio, incurante delle intemperie che sferzavano l’intero nord per sette giorni e sette notti, finché non giunse all’accampamento di suo padre. 
Inu No Taison lo aspettava all’ingresso, poiché ne aveva fiutato l’odore a kilometri di distanza.
Quando lo riconobbe Sesshomaru arrestò il passo. 
“Di cosa ti sei macchiato figlio mio?” Mormorò il generale, osservando il corpo senza vita che il primogenito stringeva convulsamente tra le braccia. 
“Non ho commesso alcun crimine padre” rispose glaciale, “lei era la mia sposa” il grande generale ammutolì, Sesshomaru  gli aveva comunicato anni prima  di aver contratto matrimonio con una strana creatura che sapeva dominare il fuoco, ma non aveva mai avuto occasione di conoscerla, le guerre che si erano susseguite in quegli anni lo avevano occupato interamente. 
“Gli uomini l’hanno uccisa insieme a mio figlio, tuo nipote”  spiegò, il signore dell’ovest decise di avvicinarsi al figlio, che emanava un odore che non gli aveva mai sentito addosso: quello dell’odio, mischiato con lo strano miasma che proveniva dal corpo senza vita della fanciulla.
“Era molto bella” mormorò, “merita una degna sepoltura” il figlio scosse il capo, “mi ha pregato di bruciare il suo corpo” Inu no Taisho  lasciò che un guizzo di sorpresa gli illuminasse lo sguardo, ma si ricompose immediatamente, “ e sia” acconsentì. 
Il generale fece allestire una grossa pira al centro del campo, e dispose che tutto l’esercito piangesse la moglie di suo figlio. 
Quando fu sera Sesshomaru in persona vi appiccò fuoco. 
Rimase immobile per ore ad osservare le  fiamme bruciare e consumare il corpo dell’amata, non si mosse nemmeno quando queste si assopirono, lasciandolo avvolto nell’oscurità. 
Inu No Taisho gli era rimasto accanto per tutta la notte senza proferire parola. Niente era stato capace di ferire suo figlio come la morte di quella creatura, nessuna lama demoniaca, nemmeno la sua  So unga,  sarebbe stata capace di fargli sentire il dolore che provava nell’osservare la cenere che ricopriva il luogo dove la pira aveva bruciato. 
Quando i primi raggi di sole iniziarono ad illuminare il cielo decise di parlare. 
“Mi dispiace Sesshomaru” mormorò, “tua moglie era certamente un’anima buona” il figlio non disse nulla. 
“Credo che dovresti passare del tempo con tua madre” disse, “le ho inviato una missiva per informarla dell’accaduto” per la prima volta in quella notte ,ormai terminata, il figlio si voltò a guardarlo. 
“Hai paura che scopra che la donna umana con cui hai deciso di accoppiarti è incinta?” Il suo tono era duro, distante, pregno di un odio che non gli apparteneva. 
“Ho sentito i tuoi soldati parlarne” il generale gli posò una mano sulla spalla, “non è per questo” rispose, “sono solo convinto che sarebbe meglio per te rimanere lontano da questa terra per un pò” Sesshomaru si scansò. 
“Temi che inizierò a trucidare ogni umano sulla terra?” Lo sfidò, “ho già ammazzato gli assassini che hanno ucciso la mia famiglia, non ho bisogno di rivolgere la mia ira verso altri” il generale scosse il capo, “so che non sei dedito all’ira”. 
“Temo però che il tuo odio per gli umani possa renderti ceco” 
“Ceco verso cosa?”
“Verso le responsabilità che sarai chiamato ad assumerti quando prenderai il mio posto”. 
Il figlio emise un verso irritato, “non mi dirai che hai a cuore il destino dei mortali?” Inu no Taisho fece cenno di si con il capo, e quello fu il tradimento che Sesshomaru non si sarebbe mai aspettato di ricevere. 
“Il grande Inu No Taisho preoccupato della sorte dei mortali” lo schernì, “quella femmina umana ti sta conducendo alla rovina”  il generale gli posò entrambe le mani sulle spalle. 
“Izayoi mi ha fatto capire che i miei doveri di signore dell’Ovest riguardano anche gli umani” spiegò, “una volta provavi divertimento a massacrarli” gli rammentò, “non ne vado fiero” ammise, “sono solo creature innocenti e indifese”. 
“Innocenti e indifese” ripeté Sesshomaru con un sibilo, “Gli stessi che si  divertono a portare morte tra le loro genti e ad uccidere” il suo tono era calmo, ma ad ogni parola sprigionava un odio innaturale. 
“Gli stessi che hanno ucciso la moglie del  tuo unico figlio e la sua discendenza” 
“Comprendo il tuo dolore Sesshomaru” disse, “e ti assicuro che ti avrei seguito nella tua vendetta se me lo avessi chiesto”. 
“Ma non tutti gli umani sono come le bestie che hanno portato via tua moglie” per la seconda volta si scansò da lui. 
“Se il generale dell’ovest vuole continuare a vivere nella menzogna non lo fermerò” disse, “ma non posso accettare che mio padre prenda le parti dei mortali e si prodighi  per difenderli”. 
“Sesshomaru...”
“Non aggiungere altro” lo interruppe, “sei il signore di queste terre e poi fare come ritieni giusto” disse dandogli le spalle, “la prossima volta che ci vedremo sarà perché avrò acquisito abbastanza forza per sconfiggerti e reclamare le tue spade”. 
“E certamente non le userò per venire incontro agli umani”.

 

 

ANGOLO AUTRICE

Salve  a tutti! 

La scorsa settimana sono stata assente, ma eccomi qui, con un nuovo capitolo!

Direi che abbiamo dato un bel plot twist alla trama no? Anche se credo che un pò tutti si aspettassero la morte di Kaen. Personalmente mi sono un pò commossa a scrivere dell’amore tra lei e Sesshomaru, di come si è distrutto a causa di terzi e della reazione che lui ha avuto.

Immagino che ora vi starete chiedendo ancora di più cosa c’entra Rin in tutto questo, beh lei arriverà nel prossimo capitolo, che sarà anche l’ultimo. 

Intanto vi ringrazio per aver aperto anche questo capitolo, per continuare a leggere la storia e un grazie speciale a chi l’ha recensita e salvata! Vi ringrazio davvero, spero continuerete a leggere e che i miei deliri possano regalarvi qualche momento di serenità ed intrattenimento. 

Se avete piacere fatemi sapere cosa ne pensate, sarò felice di leggervi e rispondervi.  

A presto! 

 

Fuoricontesto 

 

  
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