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Autore: Lamy_    20/02/2021    1 recensioni
Ivar e Hildr sono i nuovi sovrani di Kattegat. Devono far riemergere un regno dalle ceneri, e una tale azione richiede sacrificio e impegno costante.
I nemici circondano i neo-sovrani: Oleg e il suo esercito sono pronti a eliminare chiunque minacci il trono di Kiev. Ma il principe Dir ha altri piani che includono l’appoggio di Ivar e Hildr.
A incrinare una situazione già di per sé delicata sarà la guerra dei vichinghi contro il Wessex. L’esito sarà doloroso e le conseguenze porteranno a nuovi equilibri mai visti in precedenza.
Tutto è nelle mani di Hildr.
Amore e morte, forze antiche quanto il mondo, giocheranno una partita in cui le pedine avranno solo due possibilità: splendere di gloria o piegarsi alla sconfitta.
(6B; contiene spoiler a vostro rischio e pericolo)
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ivar, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3. IL DRAGO DI KIEV PT. I
Le giornate soleggiate erano le preferite di Ivar. Potersi crogiolare in spiaggia senza rischiare il congelamento era meraviglioso. Le onde mormoravano in sottofondo e il sole gli riscaldava le guance. Era tutto perfetto. Soprattutto perché insieme a lui c’era Hildr.
“Per tutti gli dèi! Ma perché le donne devono indossare questi vestiti?!”
La ragazza stava bisticciando con i nastri che le ornavano i capelli; Helga aveva tanto insistito perché si rendesse presentabile in occasione della festa di primavera.
“Ti aiuto io, dai.”
Hildr si sedette sul tronco d’albero che erano soliti occupare quando scendevano in spiaggia. Ivar sciolse i nastri gialli e lavorò sui nodi causati dalle mani della ragazza.
“Questa festa è stupida, dovrebbe essere abolita. Tu che sei il figlio della regina non puoi cancellarla?”
“No. Mia madre adora questa festa, soprattutto perché può sfoggiare i gioielli che un tempo appartenevano a mia nonna.”
Hildr fece una smorfia di dolore quando Ivar le tirò indietro le ciocche con troppa forza.
“Quindi io devo sembrare ridicola con questa acconciatura solo perché Aslaug vuole ingioiellarsi? Che idiozia!”
Un’altra persona sarebbe stata punita per aver parlato della regina in quel modo, ma Hildr era ormai una di famiglia e le era concessa qualche libertà in più.
“Non sei ridicola, Hildr. Secondo me sei bellissima.”
Ivar si morse la lingua, ma non poteva rimangiarsi il complimento. Era innamorato di Hildr da mesi, lo teneva nascosto a tutti e faceva male. Avere diciassette anni e il cuore gonfio d’amore era una combinazione letale.
“Sembro una foca con i codini. Orribile!” si lamentò Hildr.
“Hai mai visto una foca con i codini?”
Hildr scoppiò a ridere, e Ivar si sentì stranamente leggerlo. Sapere di essere la causa di quelle risa era un orgoglio.
“Mai dire mai, Ivar. Allora, stasera è la volta buona che trovi una moglie?”
Girava voce a Kattegat che i principi erano in cerca di moglie, soprattutto perché con la scomparsa di Ragnar la successione al trono era un grave problema. Era necessario preservare la successione per via matrimoniale prima che qualcuno si intromettesse.
“Non voglio sposare la prima che capita.”
Hildr si girò verso di lui con l’espressione sbigottita.
“Non ti facevo un tipo romantico. Ti piace una ragazza, vero? Chi è?”
Ivar arrossì tanto da sentire caldo nonostante la brezza marina fosse fresca.
“Ehm … io … no, non mi piace nessuna.”
“Sei tutto rosso! Chi ha rubato il cuore del nostro principino?”
Hildr gli pizzicò le guance, ma dentro sentiva una punta di gelosia che la pungolava nel vivo. Temeva che il suo migliore amico l’avrebbe abbandonata se si fosse sposato.
“L’unica ragazza della mia vita è la mia amica foca con i codini.”
Era vero, Hildr era la sola e unica donna nella sua vita oltre ad Aslaug. Nessuna sarebbe mai stata come lei, una presenza costante e rassicurante.
“Io non sono un granché, Ivar. Ti servirà una moglie prima o poi.”
Ivar le toccò un nastro fra i capelli, giallo e nero che combaciavano alla perfezione. Erano così vicini che si sarebbero potuti baciare.
“Tu mi ricordi Idunn, la dea della primavera. Si racconta che Loki la rapì per salvarsi la vita, al che tutta la natura iniziò a morire e gli dèi iniziarono a soffrire. Odino ordinò che Loki fosse torturato per riavere Idunn. Alla fine il dio degli inganni riuscì a salvare se stesso e Idunn grazie a delle bacche.”
“Perché ti ricordo questa dea?” domandò Hildr.
Ivar sorrise, lasciandosi sfuggire un sospiro alla vista di Hildr.
“Perché sei bella e preziosa come Idunn. La natura soffriva senza di lei, e anche io soffrirei senza di te. Tu sei la mia primavera, Hildr.”
 
Due giorni dopo
Ivar era immerso nei pensieri mentre la nave scivolava sull’acqua a gran velocità. Erano in viaggio da due giorni, diretti in ‘Rus. Il tragitto fino a Kiev era tranquillo, il mare era limpido e per fortuna non c’era stato nevischio. Ormai era arrivata la primavera, e con essa tutti i buoni propositi per la bella stagione. La primavera a Kattegat era mite, una miscela perfetta tra freddo e caldo, e per questo era la sua stagione preferita. Hildr, invece, preferiva l’inverno per via della neve e dell’acqua che diventava ghiaccio. Ivar sorrise e guardò in basso per vedere che la ragazza dormiva ancora. Si era rannicchiata contro di lui, lo faceva d’istinto da quando dormivano insieme, e le scostò una ciocca di capelli dal viso. Era così bella e pacifica che gli batté forte il cuore. L’avrebbe sposata non appena si fosse concluso l’affare a Kiev. Hildr era l’amore della sua vita e quel legame andava celebrato con grandi onori.
“Sembra innocua quando dorme.” Disse Oleg, indicando la ragazza.
“Non è innocua neanche quando dorme, fidati. Che ti serve?”
Ivar aveva studiato Oleg durante tutto il viaggio, aveva notato che era più agitato del normale. Qualcosa del ritorno a casa lo spaventava, il che offriva un vantaggio ai due giovani vichinghi.
“Voglio assicurarmi che vediamo le cose ancora nello stesso modo.” Rispose Oleg.
“Quali cose?”
Il principe si sedette su una cassa e iniziò a girare l’anello intorno al dito, segno che qualcosa lo turbava.
“Vorrei che tu convincessi Igor ad essere più docile. È un ragazzino che tende alla ribellione. Poiché sembra essersi affezionato a te, vorrei che tu gli indicassi la giusta via.”
“Scommetto che la giusta via sia sottomettersi a te.” disse Ivar.
“Chiamala come ti pare. Fedeltà o sottomissione, cambia poco.”
Oleg era indisposto, chiaramente irritato dal fatto che Igor gli sfuggisse sempre dalle mani.
“Farò il possibile per aiutarti.”
“Ti ringrazio, Ivar.”
Ivar sorrise per cortesia, ma nella sua mente stava già delineandosi un piano che avrebbe lasciato a bocca asciutta il russo.
 
Hildr sbadigliò e mugugnò, la luce del giorno le faceva bruciare gli occhi.
“Ben svegliata, dormigliona.” Disse la voce di Ivar.
Lei affondo il viso nel petto del ragazzo per ripararsi dalla luce e si strinse a lui in cerca di calore; in mare aperto faceva sempre più freddo.
“Siamo arrivati?”
“Manca poco. Apri gli occhi, voglio farti vedere una cosa.”
Hildr si mise seduta e si sfregò gli occhi per scacciare il sonno, eppure restava ancora assonnata. Si passò una mano fra i capelli di malavoglia, era troppo stordita per essere lucida.
“Voglio solo vedere del cibo ora. Muoio di fame.”
Ivar rise perché l’unica certezza in un mondo incerto era la fame di Hildr.
“Mangerai dopo. Adesso guarda davanti a te.”
La ragazza riconobbe Kiev anche a distanza, le sue architetture dai tetti a goccia erano inconfondibili. Poche ore e sarebbero giunti a destinazione.
“Mi stai dicendo che mangerò a Kiev? Ma io ho fame adesso!”
“Ti sto dicendo che il nostro trionfo si sta avvicinando. Arriviamo a Kiev, ci riuniamo a Dir e poi ce ne andiamo.”
“Hai fretta, eh.”
Ivar le rivolse uno sguardo malizioso e inarcò le sopracciglia.
“A Kattegat c’è un matrimonio che ci aspetta. Ho molta fretta.”
Hildr guardò l’anello all’anulare, la pietra preziosa riluceva ai raggi del sole. Permise ad un barlume di felicità di farle battere il cuore.
“E poi a Kattegat si mangia meglio.”
Ivar assunse l’espressione da cane bastonato, offeso che lei avesse spostato la conversazione sul cibo.
“Rovini sempre l’atmosfera.”
“La fame vince su tutto, mio caro Ivar.”
 
Il sole stava cedendo il passo alla sera quando le navi attraccarono al porto di Kiev. Hildr fu la prima a scendere per sgranchirsi le gambe, non ne poteva più di viaggiare avanti e indietro. Ivar scese con più calma, era più lento per via della stampella. Si appoggiò alla spalla della ragazza per reggersi in piedi.
“Stai bene?”
“No. La gamba sinistra mi fa molto male.”
Hildr si preoccupò perché Ivar era pallido e sudava, forse aveva la febbre.
“Resisti un altro po’. Ho tutto l’occorrente per aiutarti.”
Oleg abbaiò alcuni ordini prima di avvicinarsi ai suoi alleati, era più rilassato ora che era a casa.
“Siete affamati? A palazzo avranno imbandito una tavola abbondante.”
“Non ho fame. Sono davvero stanca e vorrei solo andare a letto.” Disse Hildr.
Ivar capì che aveva inventato quella scusa per non ammettere davanti a Oleg che era lui a essere stanco. Hildr lo proteggeva sempre.
“Certamente. La vostra stanza è sempre la stessa. Uno dei miei uomini vi accompagnerà a palazzo, io devo sbrigare alcune faccende in città.”
Hildr annuì con un sorriso, non era necessario far intendere al nemico che Ivar non stava bene. Un soldato le toccò il gomito e le indicò un carro che attendeva fuori dal porto.
“Ce la fai a camminare?”
“Sì.” biascicò Ivar.
Hildr lo prese a braccetto e seguirono il soldato, l’andamento della camminata era lenta per dare tempo alle gambe del ragazzo di muoversi.
 
Ivar e Hildr furono accolti da Vadim sulla soglia dei cancelli. Vestito tutto di nero, sembrava un’ombra nella notte.
“Bentornati a Kiev, amici miei.”
Hildr si era accorta che la temperatura di Ivar era aumentata, doveva portarlo dentro prima che peggiorasse. Scese dal carro e andò dritta verso Vadim.
“Oleg ha detto che possiamo andare nella nostra stanza. Sai, sono veramente distrutta dal viaggio.”
Vadim ridacchiò, tutta quella fretta era inusuale per Hildr. In quel mese di lontananza i suoi sentimenti per la vichinga non erano cambiati, era ancora infatuato di lei e riaverla a palazzo era una gioia immensa.
“Scappi da me, Hildr?”
Hildr avrebbe voluto dargli una testa, scavalcarlo e portare Ivar al sicuro, ma doveva pur fare i conti con la realtà. Per eliminare Oleg ci voleva pazienza e soprattutto una buona recita.
“Sono incinta.”
Ivar alle sue spalle tossì perché la saliva gli era andata di traverso. Gli veniva da ridere, ma si diede un contegno per sostenere quella farsa.
“Non è bene lasciare una donna incinta al freddo e al buio.”
Vadim prima guardò Ivar e poi Hildr, la sua espressione da pesce lesso era la cosa più divertente che la coppia vichinga aveva visto negli ultimi tempi.
“S-sei in-incinta?”
“Esatto. Hai presente quella cosa che dura nove mesi e ti fa diventare la pancia grossa come un bidone di birra? Ecco, quella!”
Vadim scosse la testa come a voler cancellare quella notizia.
“Capisco. Andate pure, non vi trattengo oltre.”
 
Hildr chiuse la porta della stanza e poggiò la fronte sulla superficie di legno. Attraversare il palazzo con Vadim che la fissava era stata un’impresa titanica. Ora poteva tornare a respirare.
“Sei incinta, eh?”
Ivar alternava risate e rantoli di dolore. Si era buttato sul letto e si stava togliendo i supporti alle gambe.
È stata la prima cosa che mi è venuta in mente. Oleg e Vadim non dovevano vederti in queste condizioni.”
Hildr si premurò di accendere il fuoco e di sistemare per bene le coperte sul letto. Aprì la bisaccia che aveva portato con sé e frugò in cerca degli ingredienti che le servivano.
“Grazie, Hildr.” Sussurrò Ivar.
“Non dirlo neanche. Spogliati, su.”
Mentre lei pestava le foglie di gramigna in una scodella, Ivar si svestì a fatica. Ogni movimento corrispondeva ad un gemito sofferente.
“Se volevi vedermi nudo, bastava chiedere.”
Hildr sorrise e alzò gli occhi al cielo, almeno il dolore non gli aveva ancora intaccato l’umorismo.
“Ti caleresti i pantaloni ogni volta che mi vedi, Ivar.”
Ivar si sdraiò sul letto, ringraziando la morbidezza delle pellicce, e si scoprì le gambe.
“E’ che non riesco a resistere al tuo fascino, mia adorata.”
Hildr usò le dita per stendere la pasta verdognola ottenuta dalla gramigna sulla pelle arrossata delle gambe. Massaggiò l’area con movimenti calcolati e circolari in modo da attenuare il dolore. Era talmente esperta che Ivar pian piano riuscì a rilassarsi, sentiva i muscoli che si allentavano.
“Sei bollente. Penso che tu abbia la febbre.”
In effetti Ivar aveva la pelle che scottava e gli faceva male la testa, il viaggio doveva averlo fatto ammalare.
“Devo riprendermi in fretta. Devi aiutarmi, Hildr.”
“Potrei abbassare la febbre con la corteccia di salice e poi usare anche un po’ di olmaria per il mal di testa.”
Ivar le strinse la mano, captando l’ansia che stava avendo il sopravvento.
“Hildr, io mi fido di te. Puoi curarmi solo tu.”
“Ci provo.”
La nottata trascorse fra misture ed erbe pestate. Hildr fece bollire l’acqua due volte, una prima per immergere la corteccia di salice e la seconda per intingere l’olmaria. Erano piante medicinali che sua madre utilizzava per curare molte persone che si recavano da lei.
“Cos’è questa puzza?” domandò Ivar.
Si era rivestito e si era infilato sotto le coperte per stare al caldo. Hildr tornò da lui con due scodelle piene di brodaglia.
“La corteccia di salice emana cattivo odore quando viene usata come bevanda.”
“Non merito un bacio prima di bere questa roba?”
Hildr gli stampò un bacio sulla guancia, ma Ivar ne approfittò per rubarle un vero bacio. La ragazza si ritrasse con un sorriso e gli mostrò di nuovo le scodelle.
“Ora bevi.”
Il viso di Ivar si contrasse mentre beveva, la corteccia di salice era la cosa peggiore che avesse ingerito. L’olmaria fu più facile da ingerire.
“E adesso?”
“Adesso hai bisogno di dormire. Dai tempo al corpo di guarire.”
“Resterai con me?”
“Sempre.” disse Hildr.
 
Alla fine Hildr si era addormentata. Il fuoco si era spento e la stanza si era fatta più fredda, ma sotto le coperte il calore era piacevole. A interrompere il riposo furono ripetuti colpi alla porta.
“Ivar! Ivar, apri. Sono Igor!”
Hildr si trascinò fino alla porta e Igor le saltò addosso per abbracciarla. Era diventato più alto e robusto, ora raggiungeva la stessa altezza della ragazza.
“Hai portato del cibo? Ho troppa fame.”
“Vadim mi ha chiesto di invitarvi tutti nella sala principale per questo pomeriggio. Ha organizzato un ricco banchetto.”
Ivar nel frattempo si era svegliato con la dolce immagine di Hildr e Igor abbracciati. Ultimamente aveva pensato spesso che un figlio sarebbe stato un dono immenso, ma ogni sogno si sgretolava per via della sua debolezza fisica.
“Igor, sei cresciuto!”
Il ragazzino si fiondò fra le braccia di Ivar, a stento tratteneva lacrime di felicità. Il vichingo era il primo vero amico che aveva.
“Che ne dite di uscire? Ci sono bancarelle di dolci giù in strada.”
“Te la senti?” chiese Hildr.
Ivar si tastò la fronte, la febbre era scesa e il mal di testa si era alleggerito. Stava molto meglio. Forse un po’ d’aria fresca lo avrebbe aiutato.
“Me la sento.”
 
Hildr spazzolò il piatto in un baleno. Era ghiotta di miele e quella pasta dolce che Igor le aveva offerto era la cosa più buona che avesse mangiato a Kiev.
“Posso averne ancora?”
La cuoca della bancarella era soddisfatta che la ragazza apprezzare le sue pietanze. Annuì e si mise subito a preparare un altro dolce.
“Tu mangi più di un intero esercito.” Scherzò Igor.
Hildr bevve il tè, bevanda calda e dolce che aveva già assaggiato in ‘Rus, e fece spallucce.
“Che dire, ho uno stomaco grande quanto Asgard. Va a prendermi il piatto, forza.”
Igor tornò dalla cuoca e attese che il pasticcio fosse impiattato.
“Dammi la mano.” disse Ivar.
Hildr allungò il braccio con la fronte corrugata, non capiva il perché di quella richiesta. Ivar aveva visto una goccia di miele sul palmo della mano, dunque la leccò via. La ragazza tirò indietro la mano come se si fosse scottata.
“Smettila! Non fare così.”
“Ammettilo che ti è piaciuto.” Replicò Ivar con un sorriso.
“Mi innervosisci, brutto caprone.”
Hildr alzò gli occhi di scatto, aveva l’impressione che qualcuno li spiasse. In effetti, c’era una figura dal volto coperto che li guardava.
“Ivar, c’è qualcuno dietro di te che ci spia.”
Quando Ivar si voltò per controllare, la figura non c’era più. Era comparsa alle spalle di Hildr, al riparo da occhi indiscreti, e fece cenno di seguirlo.
“Vieni.”
Hildr seguì Ivar senza capire, solo dopo scorse la silhouette oscura che camminava davanti a loro. Strinse le dita intorno all’elsa del pugnale appeso alla cintola, pronta alla difesa. Ivar era ancora debole per via della febbre, quindi toccava a lei fare il lavoro sporco.
“Ben ritrovati.” Disse la figura.
Hildr e Ivar rimasero interdetti quando Dir mostrò il viso. Non avrebbero mai immaginato che l’ex fuggitivo sarebbe stato tanto avventato da ripresentarsi in quella che un tempo era stata la sua cella.
“Principe Dir, cosa fate qui?” indagò Ivar.
“E’ il momento. Sono pronto ad affrontare Oleg. Raggiungetemi a Novgorod e unitevi al mio esercito. Quando avrò organizzato l’attacco, tu e Igor riceverete un pugnale come segnale per fuggire da Kiev.”
Hildr non ebbe il tempo per elaborare il messaggio che Dir era sparito, fagocitato dalla folla che entrava e usciva dalla cittadella.
“Ci siamo.” Mormorò Ivar, entusiasta.
 
Hildr aveva mangiato a stento, nonostante dalle cucine continuavano a servire pietanze gustose. Rimuginava sulle direttive di Dir da ore. Dopo aver avvistato una Nix con le sembianze di sua madre, temeva che la sfortuna stesse virando verso di loro. Un defunto che tornava su Midgard era un cattivo presagio.
“Hildr, non mangi? Che strano.” Esordì Kyra.
Lei e Hildr si erano scambiate un rapido saluto, poi Oleg avevano chiamato tutti a cena. Kyra era avanti con la gravidanza, entro tre mesi il bambino sarebbe nato.
“Stavo riflettendo su quanto abbia un bell’aspetto questo piatto.”
Fu costretta a mangiare per non destare sospetti. Nessuno doveva capire che lei e Ivar stavano architettando qualcosa. Ad aggravare la situazione era la presenza di Katya. La principessa, ornata da pizzi e gioielli, sedeva accanto a Oleg e degustava le portate con eleganza.
“Hildr vi ha dato la bella notizia?” disse Vadim.
Hildr avrebbe voluto rigurgitare i dolci mangiati quella mattina, ma si limitò a indurire la mascella.
“Quale?” domandò Oleg, curioso.
“La nostra Hildr aspetta un bambino.”
La forchetta di Kyra cadde per terra con un tonfo sonoro, lo shock era dipinto sulla sua faccia come un quadro.
È vero?”
“Sì, è vero. Io e Hildr diventeremo genitori.” Disse Ivar, sorridendo.
La bugia era stata detta e ora bisognava mandare avanti quel teatrino. Ivar si accorse che Katya aveva gli occhi lucidi, quella notizia l’aveva ferita.
“Congratulazioni! Un figlio è una grande benedizione.” Disse Oleg.
Hildr simulò un sorriso di gentilezza, non era il caso di essere smascherati. La vittoria su Oleg era ad un soffio, bastava restare concentrati e tutto sarebbe andato per il meglio.
“Allora, diteci un po’ come vi siete accorti di essere innamorati.” Disse Katya.
Ivar bevve tutto il vino per ingoiare l’amaro in bocca. Katya lo stava stuzzicando senza sapere che lui non ci sarebbe cascato.
“Ho capito di essere innamorato di Hildr quando mi ha colpito con una freccia. Noi stavamo bisticciando per una banale scodella di minestra, così lei afferrò l’arco e mi piantò una freccia nel braccio. È stato in quel preciso istante che ho capito: avrei voluto litigare con lei per il resto della mia vita. Se ami qualcuno durante un litigo significa che lo ami davvero.”
Hildr ricordava bene quel giorno, si era arrabbiata talmente tanto che aveva zittito Ivar con una freccia. Se scavava nella sua memoria, in ogni ricordo vedeva Ivar. Solo e soltanto lui.
“Te lo sei meritato, eri davvero presuntuoso su quella minestra.”
Una risata attraverso la tavolata, specialmente Igor che aveva le lacrime agli occhi. Solo Katya non si stava divertendo.
“E tu, Hildr, quando lo hai capito?”
“L’ho capito mentre Ivar mi sistemava dei nastri colorati fra i capelli. Era la festa di primavera e mia zia mi aveva obbligata a indossare quegli affari in testa. Io e Ivar ci siamo incontrati in spiaggia come tutti i giorni e lui mi ha aiutata con l’acconciatura. Poi mi ha paragonata alla dea Idunn e mi ha detto che ero io la sua primavera.”
Ivar sorrise raggiante, quel ricordo era marchiato a fuoco nella sua memoria. Era una delle tante volte in cui aveva provato a confessare i propri sentimenti, ma alla fine non ci era riuscito. Era incredibile pensare che Hildr presto sarebbe diventata sua moglie.
“Siete melensi, mi fate venire il voltastomaco.” Disse Kyra.
Hildr incrociò lo sguardo di Vadim, la guardava come se volesse trafiggerla seduta stante.
“L’amore è così, dolce e amaro insieme.” Asserì Ivar.
Katya si sforzò di sorridere, però ottenne solo un misero sorriso. La mandava su tutte le furie il modo in cui Ivar guardava Hildr, era totalmente perso per lei. E poi quella storia della freccia era stato un colpo duro da incassare. Credeva che Ivar provasse qualcosa per lei, invece era ancora più innamorato di Hildr.
 
“Non sei incinta.” Disse Kyra.
Dopo cena, aveva invitato Hildr nelle proprie stanze per una chiacchierata tra amiche. Ora sedevano accanto al fuoco con una tazza di tè in mano.
“Sono davvero incinta.”
Hildr avrebbe mantenuto la copertura fino a quando non sarebbe tornata a Kattegat. Certo, Kyra in passato si era dimostrata sua amica, ma ora non era sicuro fidarsi di lei.
“Mi dispiace per te. Tra poco avrai le caviglie così gonfie che non potrai camminare per giorni. Per non parlare del mal di schiena, della fame eccessiva e degli sbalzi d’umore.”
“Ne vale la pena.” Mentì Hildr.
Non aveva mai desiderato diventare madre, e le parole di Kyra stavano rafforzando la sua posizione.
“Lo storpio è diverso. Sembra il tuo cagnolino. La crisi è passata?”
“Io e Ivar stiamo cercando di risolvere i nostri problemi. Non è sempre facile, ma non molliamo.”
Kyra si accarezzò la pancia rotonda con fare meditabondo. Invidiava la vichinga perché aveva conosciuto il vero amore. Lei e Vadim andavano d’accordo, ma il loro era un matrimonio combinato e i sentimenti non c’entravano niente.
“Si vocifera che Dir sia stato a Kiev oggi. Tu lo hai visto?”
“No. Ho fatto una passeggiata con Ivar e Igor all’interno delle mura.”
Hildr era brava a mantenere il sangue freddo. Non avrebbe ceduto per nessuna ragione, anche se non capiva perché la russa fosse interessata al principe.
“Il nemico del mio nemico è mio amico.” Disse Kyra.
“Dipende da chi consideri nemico e amico.” Ribatté Hildr.
“Se voi vichinghi state tramando qualcosa con Dir, sappiate che ve ne pentirete.”
Hildr restò ferma, non batté ciglio e non contrasse la bocca.
“Nessun pentimento per chi non commette peccato.”
“Sei furba, Hildr. Sei molto furba.”
 
Ivar stava tornando in camera quando udì dei passi provenire dal fondo del corridoio. Katya era dietro di lui da quando si era congedato da Oleg.
“Katya, che c’è? Mi stai pedinando.”
“Hildr è incinta. Come hai potuto? Io credevo che fra di noi ci fosse un sentimento.”
Ivar non poteva ammettere di aver sfruttata, non poteva rischiare che lei spifferasse tutto a Oleg.
“Hildr a breve diventerà mia moglie, devi capirlo. Fra noi due non c’è mai stato niente, è stato solo un bacio. Io amo Hildr.”
“Oh, lo so che la ami. A cena ho trattenuto i conati di vomito mentre raccontavate le vostre favolette d’amore.”
L’abito bianco e soffice di Katya era in netto contrasto con il nero della sua rabbia.
“Mi dispiace se ti ho fatto credere che fossi interessato a te. Sei bella e affascinante, ma non sei la donna giusta per me.”
“Tu preferisci quella donnaccia lurida con il portamento di una sguattera!”
“Sul serio mi stai attaccando perché sono innamorato della mia futura moglie? È inconcepibile!”
L’atteggiamento della principessa era strano. Se prima si era comportata in maniera pacata ed educata, ora tirava fuori un caratteraccio che Ivar non si spiegava.
“Ivar, ascoltami bene. Il nemico del mio nemico è mio amico.”
Ivar voleva saperne d più, ma Katya stava già fuggendo lontana da lui.
 
Ivar fu sbattuto al muro non appena mise piede nella stanza. Hildr stringeva il pugnale con la punta rivolta verso il petto del ragazzo. Pensava fosse un intruso.
“Che stai facendo?”
È successa una cosa, Ivar. È allarmante.”
Ivar prese posto sul letto e si mise in ascolto, mentre lei gettava occhiate furtive fuori dalla finestra.
“Kyra mi ha detto che Dir oggi è stato visto alla cittadella. Mi ha anche chiesto se noi due abbiamo a che fare con lui. Non ti sembra strano?”
“Molto strano. Kyra non è il tipo che si interessa alla politica.”
Hildr si sedette e si passò una mano fra i capelli. Dopo l’agguato della Nix vedeva ombre malvagie in ogni angolo.
“Ho un brutto presentimento. Se Kyra ha dei sospetti di conseguenza ce li avranno anche Vadim e Oleg.”
“Prima Katya mi ha fermato in corridoio e mi ha detto che il nemico del suo nemico è suo amico.”
Hildr sentì una fitta di gelosia tremenda. Il solo pensiero che Ivar e Katya fosse stati insieme le faceva ribollire il sangue.
“Tu e Katya? Mmh, capisco.”
“Non capisci. Non è successo niente.” Disse Ivar.
“L’hai baciata di nuovo?”
Il ragazzo fece un respiro profondo, doveva calmarsi prima di affrontare quel discorso.
“Non ci siamo toccati. Hildr, io ti giuro sugli dèi che tra me e Katya non c’è niente.”
“Fatico a crederci.”
Hildr era insicura della loro relazione. Katya aveva piantato il seme del dubbio e lei lo stava coltivando. Suo padre le ripeteva che fidarsi di qualcuno significa affidargli la propria anima e sperare che la preservi.
“Cosa posso fare? Io voglio che tu mi creda.”
“Giuramelo per davvero.” Lo incitò Hildr.
Ivar doveva compiere un passo importante perché un giuramento implicava verità assoluta infrangibile. Portò lo sguardo su di lei e le afferrò la mano sinistra, quella dove figurava l’anello di Aslaug.
“Io giuro su Aslaug, mia madre e regina di Kattegat, che tra me e Katya non c’è niente. Io giuro su Ragnar, mio padre e re di Kattegat, che il mio cuore appartiene solo a te.”
Hildr sapeva che quel giuramento era reale. Giurare sui genitori era la promessa più importante di un uomo.
“Accetto il tuo giuramento.”
Ivar le baciò la mano, poi le regalò uno splendido sorriso.
“Me lo merito un bacio?”
“Solo questa volta.”
Hildr si chinò per baciarlo e Ivar le cinse la nuca con la mano per attirarla a sé. Fu un bacio lento e desiderato, un ulteriore giuramento che il loro amore era vivo e forte.
“Qualunque cosa accada noi porteremo avanti la nostra copertura. Se non riusciamo a sconfiggere Oleg, torneremo a Kattegat il prima possibile. Fidati di me, Hildr.”
“Mi fido di te.”
 
 
Salve a tutti! ^_^

Qui ho mescolato la serie tv con eventi di mia invenzione.
Le cose si fanno complicate a Kiev, chissà!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
 
-Idunn e il mito del rapimento esistono davvero.

 
  
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