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Autore: T612    26/02/2021    1 recensioni
2018 - 2023: Cinque ragazzini fuori dal comune che non sono gli Avengers, ma potrebbero diventarlo.
[Missing moments / Mama Nat / AU - Crossover Young Avengers: Elijah Bradley, Kate Bishop, Teddy Altman, William e Thomas Maximoff]
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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CAPITOLO 4
_ 2021





 

«Okay ragazzi, ora dovete davvero finirla.» la voce di Kate preannuncia la cuscinata di poco, mentre Teddy ha appena il tempo di sollevare lo sguardo dalla cartina per vedere le piume svolazzare intorno alla figura di Elijah quando viene centrato dal colpo preciso della ragazza. «Mi fate perdere il filo.»

«Perché "America's Next Top Model" è un programma difficilissimo da seguire.» la riprende Eli sbuffando spazientito, sollevando gli occhi al cielo di fronte alla linguaccia di Kate, giudicando tutti i presenti con lo sguardo prima di cercare bisognoso gli occhi azzurro-verdi di Teddy. «Possiamo finire di spartirci le zone di Ronda, per favore? Poi vi lascio in pace e me ne vado, giuro.»

«Sono in "pausa merenda", rassegnati amico.» lo consola Teddy con tono piatto, finendo di spuntare la lista di luoghi segnalati dalle chiamate anonime recapitate alla segreteria telefonica di Katherine. «Richiedilo ad episodio concluso e forse ti danno risposta.»

Theodore si astiene dal commentare che le statistiche stilate negli ultimi mesi segnalavano sempre le solite sette, otto zone che richiedevano la loro supervisione, assecondando la paranoia di Eli scarabocchiando su un post-it il perimetro che doveva coprire ognuno di loro per quella sera, porgendoglielo con sguardo limpido ed un sorriso stanco – Elijah era un'irriducibile idealista che sosteneva la prassi di prendere quasi ogni decisione insieme, ritrovandosi a bisticciare sempre con il resto della squadra, la quale preferiva raccogliere gli incarichi e discuterli collettivamente, ma poi ognuno si sceglieva le proprie missioni in base alle abilità necessarie per i singoli casi fino a quando la lista di commissioni non si riduceva a zero. 

«Tieni, soddisfatto ora?» ironizza Theodore vedendo le dita di Eli scattare verso il post-it, leggerlo con attenzione ed annuire deciso, accartocciando la prossima frase sulla punta della lingua quando Billy entra nel suo campo visivo, si risiede sul ginocchio offerto da Teddy in precedenza e piazza davanti loro due tazze fumanti di cioccolata calda. 

«Biscotti?» chiede Elijah inarcando un sopracciglio mentre accetta il cibo offerto da William, scrutando quest'ultimo quando si volta in direzione del piano cottura e punta ai biscotti visibili all'altro capo della stanza, valutando l'idea di alzarsi nuovamente o meno. 

«“Biscotti”.» mormora il ragazzo fissando l'anta aperta concentrato, materializzando il pacco di frollini dalla dispensa al tavolo su cui Eli e Teddy stavano ancora lavorando – negli ultimi mesi Billy era migliorato notevolmente nel pronunciare i propri incantesimi, era stata solo questione di indirizzare la propria volontà nella magia in sé e non incanalare gran parte della propria energia nel desiderio che essa si compisse. Era ben lontano dal traguardo degli incantesimi non verbali, ma per il momento si accontentava della formulazione standard. 

Theodore si rilassa contro lo schienale della sedia, cingendo i fianchi di Billy con un braccio e portandosi la tazza fumante alle labbra con la mano libera, ignorando Eli e spingendo lo sguardo fino a Thomas e Katherine spaparanzati sul divano, il primo immerso nella lettura con le cuffie alle orecchie e la seconda distratta dal reality show trasmesso alla TV mentre si dipinge le unghie con lo smalto. 

Quando Elijah si era presentato a Casa Kaplan due mesi prima brandendo vittorioso il volantino della ragazza, Theodore non aveva alba di idea di quello a cui stavano andando incontro – c'era stato un breve bisticcio che imputava Eli di prendere sempre da solo delle decisioni importanti che sarebbero dovute essere collettive, ma la diatriba si era subito placata quando tutti e quattro i ragazzi si erano chiamati d'accordo con la decisione presa: Katherine aveva esperienza, era una persona esterna al loro gruppo e soprattutto era donna, vantando una quantità di sale in zucca catalogato sotto la voce "istinto femminile" che i baldi giovani nemmeno si sognavano. 

Nessuno aveva idea di quanto la ragazza fosse carismatica, l'unico ad esserne consapevole era Thomas ma non aveva mai portato in campo l'argomento per godersi l'espressione di sconcerto sul volto di Elijah, il quale si era pentito all'istante della propria proposta di collaborazione quando Katherine aveva aperto bocca per impartire ordini a destra e a manca distribuendo loro il lavoro, scoprendo in lei una vera e propria rivale che lo zittiva più volte di quante il ragazzo avrebbe voluto ammettere – il caposquadra su carta rimaneva Elijah, ma Kate rivoluzionava talmente tante volte i piani prestabiliti da essersi auto-eletta la seconda in comando, obbligando spesso e volentieri Theodore ad intercedere per evitare che i due si saltassero alla gola a vicenda, per niente aiutato dal comportamento neutrale di William ed i palesi favoritismi di Thomas nei confronti della ragazza. 

I colpi secchi alla porta richiamano l'attenzione di Theodore, spostando lo sguardo sulla porta d'ingresso del monolocale di Katherine – eletto a loro base operativa logistica, relegando il Palazzo a Bleecker Street ad un centro addestramento poco assortito –, prima di specchiarsi confuso nelle iridi nocciola di Billy ed accennare riluttante in quella direzione con il mento, rendendo implicito il fatto che il ragazzo doveva alzarsi dalla sua gamba se lui voleva avvicinarsi all'uscio e scoprire chi bussava alla porta. 

«Eli, la apri tu? Mi si sta asciugando lo smalto.» risolve il problema Kate per loro, sfarfallando con le dita pitturate di viola scuro e rivolgendo uno sguardo da cerbiatta ad Elijah, il quale sbuffa e la asseconda fingendo che la richiesta lo scocci più di quanto faccia in realtà. 

«Approfittatrice.» la appella il ragazzo quando passa di fianco al divano su cui Katherine e Thomas sono spaparanzati, roteando gli occhi ed esprimendo un verso di strizza quando i colpi secchi alla porta diventano più insistenti. «Ho capito, arrivo!» 

Nel giro di un paio di secondi Theodore si ritrova ad assistere alla interpretazione più tragicomica del proprio migliore amico, notando come Elijah spalanchi l'uscio irritato senza guardare dallo spioncino, trasalisca e perda lievemente colore dalle guance scure, sbattendo poi la porta con forza incollandoci la schiena appresso per tenerla chiusa.

«Cosa c'è? Chi hai visto?» lo interpella William preoccupato, alzandosi in piedi liberando Teddy dal suo peso, ponendosi entrambi in atteggiamento di attacco registrando il grado di allerta dipinto sul volto di Elijah… comportamento anomalo che spinge Katherine a riporre la boccetta di smalto e serrare i pugni fregandosene di rovinarsi la manicure ancora fresca, richiamando a sua volta l'attenzione di Thomas che si toglie le cuffie e si mette seduto sul divano. 

«Che mi sto perdendo?» chiede Tommy in un sussurro, scannerizzando i volti dei quattro ragazzi presenti e focalizzandosi sullo sguardo color ebano stralunato di Eli, ancora palesemente agitato. «Ehi Bradley, tutto bene?» 

«Siamo nella merda fino al collo.» sussurra il ragazzo concitato, scannerizzando la stanza cercando vie di fuga, non trovandone nessuna se non un volo dalla finestra dal terzo piano – chiedere a William di teletrasportarli è fuori discussione, già riusciva a malapena ad aprirsi da solo i portali, figurarsi farci passare attraverso quattro persone oltre a sé stesso. «Perché stai sussurrando?»

«Perché tu stai sussurrando… perché stai sussurrando?» indaga Katherine sospettosa, dipingendosi sul volto un espressione rasente allo scetticismo, iniziando a considerare l'intero teatrino una colossale buffonata. 

«So che ci siete, non mi faccio problemi a buttare giù la porta!» li minaccia una voce femminile al di là dell'uscio, soffiata e vagamente sporca di un qualche accento che Theodore crede di aver già sentito da qualche parte. 

«Kate-...» cerca di richiamarla Thomas, ma osservandola stranamente immobile quanto la ragazza sposta Elijah di peso ed afferra la maniglia, affrontando di petto il proprio destino con il jingle del nuovo episodio di "America's Next Top Model" a farle da colonna sonora. 

«Ragazzi.» li saluta il Capitano Rogers cordiale, varcando la soglia superando Romanov, venendo accolto da un silenzio di tomba e cinque paia di occhi diffidenti, voltandosi in direzione della collega con sguardo rassegnato. «Potevi evitare di minacciarli, sai?» 

«La ripagavi tu la porta che ti facevo sfondare, si?» replica Natasha acuminata come uno spillo, scannerizzando l'appartamento irradiando rispetto reverenziale misto ad una vaga punta di qualcosa di mortifero, soffermandosi sul televisore prima di puntare a Katherine. «Quella possiamo spegnerla? Dobbiamo parlare.»

«...Cioccolata calda?» spezza il silenzio William con tono propositivo, vacillando appena mentre Thomas spegne la TV con discrezione, attento a non tradirsi con movimenti bruschi. 

«Dato che lo chiedi, due cioccolate. Grazie.» conferma Rogers prima di fare cenno di voler accomodarsi sul divano, aspettando lo scambio di sguardi ed il cenno di assenso di Elijah prima di procedere, dando collateralmente il permesso a Romanov di accamparsi sul tappeto di fronte al tavolino sul quale giacciono la boccetta di smalto, il telecomando ed i joystick dell'Xbox. 

«Allora… credo sia controproducente fare finta di non sapere perché noi due siamo qui, siete d'accordo?» annuncia la donna tuffando il braccio nella borsa, interpretando il silenzio che riceve in risposta come una conferma, recuperando un fascicolo che deposita sul tavolino da caffè che Theodore si prende la briga di sgomberare all'istante. «Ho fatto qualche ricerca, vediamo se-...» 

«Scusate, giusto per sapere…» la interrompe Elijah schiarendosi la voce richiamando l'attenzione collettiva, eleggendosi portavoce dello sconcerto comune, facendo rimbalzare ripetutamente lo sguardo da Rogers a Romanov nervoso. «Siamo nei guai oppure no?» 

Il "no" del Capitano si accavalla discordante con il "sì" della Vedova Nera, entrambi interrotti da William che riappare nella cerchia creatasi e consegna loro in mano le tazze fumanti. 

«Dipende.» concede Rogers cauto alla fine, portandosi la tazza alle labbra concedendosi una lunga sorsata, cercando Billy con lo sguardo brindando nella sua direzione. «Davvero ottima William, complimenti.»

«Oh, grazie.» mormora il diretto interessato, ammutolendo vagamente scosso dal sentirsi chiamare per nome da Capitan America, spalmandosi contro il muro pregando di diventare invisibile per togliersi lo sguardo dei due Avengers di dosso, mentre Theodore gli afferra una mano e lo àncora al suo fianco prima che il sovraccarico emotivo scateni risvolti imprevedibili – la camera di Billy ha ancora i muri lievemente anneriti dal principio di incendio che il ragazzo aveva appiccato involontariamente la prima volta che le cose si erano scaldate tra loro, dando vita ad un susseguirsi di malintesi e confessioni che aveva messo a nudo i due ragazzi più di quanto già non fossero. 

«Come avete fatto a trovarci? Siamo stati attenti a coprire le nostre tracce.» chiede Kate a bruciapelo facendosi avanti, usurpando il ruolo di Elijah come al solito strappandogli le parole di bocca, ricevendo in cambio uno sguardo calcolatore da parte di Natasha che vira velocemente nell'ovvio, aprendo il fascicolo posato sul tavolino rivelando uno dei suoi volantini spiegazzati, qualche fotografia sviluppata e degli appunti di vario genere stampati ed annotati a mano. 

«Si dà il caso che io sia dannatamente brava nel mio lavoro.» afferma la Vedova Nera con una scrollata di spalle, sfilando dal plico una foto scattata di sfuggita ad un alone sfocato che assomiglia terribilmente a Thomas. «E voi non siete bravi quanto credete a nascondervi, questa è di un paio di mesi fa.»

Tommy spalanca gli occhi nel vedere il proprio volto catturato da una macchinetta fotografica che credeva di aver evitato, cercando poi lo sguardo di Elijah quando Natasha solleva i suoi documenti di dimissione dal Metro-General Hospital relativi all'incidente di tre anni prima. 

«Ho trovato materiale interessante su ognuno di voi.» prosegue Natasha con tono incolore e professionale, gettando i ragazzi in uno stato di ansia statica, incapaci di valutare il tono positivo o negativo del "dipende" espresso dal Capitano, tenendo gli occhi incollati sulla donna mentre sfila dal plico la fotocopia di un passaporto timbrato dallo SWORD che fa sbiancare Teddy e lo spinge ad artigliare letteralmente la mano di William. «Sapevi di essere nell'indice dei dispersi, Dorrek?»

«Agente Romanov, abbiamo afferrato il concetto e-…» insiste Katherine quando vede i lineamenti di Elijah indurirsi e gli artigli di Theodore riassorbirsi nel giro di uno spasmo, cercando gli occhi di William rendendo implicito il suggerimento di tenersi pronto a contenere il suo fidanzato, mentre lei inchioda sul posto Bradley trattenendolo per un braccio ed intima a Thomas di non muoversi con sguardo inquisitore. 

«Quello che Natasha vorrebbe capire è se possiamo fidarci.» riassume Rogers facendosi avanti interrompendo il diverbio sul nascere, posando la tazza ora vuota sul tavolino, guardando tutti e cinque i ragazzi negli occhi prima di proseguire, soffermandosi con le iridi azzurre su Elijah. «Mentre io voglio sapere se possiamo collaborare. Tutelarvi

«Ci state offrendo un lavoro?» si sorprende Theodore, confuso dal modo in cui quella semplice proposta fosse stata stratificata da così tanti livelli di diffidenza da risultare incomprensibile – nonostante capisse il loro atteggiamento, per quanto ne sapevano Rogers e Romanov loro erano in grado di causare un incidente delle proporzioni di Lagos per puro capriccio. «È così?»

«Non ve la siete cavata male con la rapina dell'altra sera in centro.» commenta il Capitano con una scrollata di spalle, cercando lo sguardo indecifrabile di Natasha, la quale storce appena le labbra prima di sorseggiare la propria cioccolata. «Dai Nat, ammetti che potevano gestirla peggio… Sono stati bravi.»

«Continuiamo ad essere bravi anche se non abbiamo un corredo genetico… convenzionale?» chiede cauto William anticipando i presenti, indagando se la tutela di cui parla il Capitano si estenda anche al Damage Control, scoccando uno sguardo preoccupato a Theodore e il gemello con fare protettivo. «Usciamo gratis di prigione senza passare dal via anche se ora non veniamo con voi?» 

«Posso evitarvi di finire nella prima pagina del Daily Bugle per un po', ma siete… dei principianti.» si esprime finalmente la donna, lasciando trasparire una punta di una qualche emozione che Teddy non riesce a catalogare – È una critica? O preoccupazione… per la loro incolumità? Per il disturbo di doverli arrestare?

«Quando il mondo punterà gli occhi su di voi vi converrà avere una motivazione più che convincente per dimostrare alla stampa che non rappresentate una minaccia di un qualche tipo.» afferma Rogers con serietà, indicando se stesso e la collega con un veloce movimento di dita. «Noi due siamo la vostra uscita gratis da prigione, se ora venite con noi.»

«Non ci lasciate molta scelta, vedo.» commenta diffidente Elijah, in palese conflitto tra l'opportunità di essere legittimato e veder riconosciuto il proprio operato e la consapevolezza di non poter parlare a nome di tutti, non questa volta… il Capitano non lo dice ad alta voce, ma a tutti risulta fin troppo chiara la possibilità che, in caso le cose si mettano male, l'alternativa sia avere lui e la Vedova alle costole con un mandato di cattura firmato dall'ONU. «Possiamo discuterne tra noi? Pensarci?» 

«Abbiamo qualche tipo di condizione?» si accavalla Katherine, informandosi di tutte le clausole del caso per non rimanere fregata. «Dubito la cosa si limiti ad un abbonamento alla palestra del Complesso.»

«Non dobbiamo preoccuparci di tutto subito, intanto questa è la nostra offerta.» si sbilancia il Capitano alzandosi in piedi, zittendo Natasha in forma preventiva, porgendole una mano per aiutarla a sollevarsi da terra che viene rifiutata. «Leviamo il disturbo.»

«Nel caso, sapete dove trovarci.» afferma Natasha raccogliendo i propri averi e avvicinandosi alla porta, seguita a ruota da Rogers, voltandosi un'ultima volta nella loro direzione per porgere i loro saluti. «Grazie per la cioccolata e l'amabile chiacchierata, ragazzi.»

È solamente quando i due Avengers si chiudono la porta alle spalle che scoppia il finimondo. 

 

***

 

«Hai intenzione di guardarmi così ancora per molto?» esordisce Kate con tono seccato di punto in bianco, incoccando un’altra freccia all’arco e rilasciando la presa prima di spiare con la coda dell’occhio l’espressione corrucciata di Elijah, l'unico rimasto ad allenarsi in palestra fino ad orario di cena inoltrata. «Avanti, sputa il rospo.»

«Cosa dovrei dire?» si riscuote il ragazzo confuso nonostante abbia una buona intuizione, tornando a prestarle reale attenzione e rendendosi conto di averla palesemente fissata negli ultimi dieci minuti, rigirandosi svogliato il coltello da lancio che tiene tra le mani e premendo la punta della lama contro l’indice per saggiarne l’affilatura, dandosi un pretesto per distrarsi.

«Che sei contrario alla Missione di domani sera.» sottolinea Kate ovvia ostentando noncuranza, incoccando l’ennesima freccia e colpendo nuovamente il centro del bersaglio terribilmente vicina alla precedente, cambiando discorso nel blando tentativo di allontanare tutti i possibili moventi per iniziare a litigare come loro solito. «Dici che riesco a farlo un tiro alla Robin Hood?»

«C’entrare la freccia con una freccia?» chiede retorico Eli, avvicinandosi alla postazione di Katherine per non mettersi ad urlare da un capo all’altro della palestra, evitando a sua volta il discorso, rispondendo alla domanda in modo oggettivo ed involontariamente sgarbato. «Sei brava, ma quell'arco non compie miracoli… devi fare ancora tanta strada per raggiungere i suoi livelli, Katie-Kate.»

La ragazza apre la bocca per replicare, ma sembra ripensarci e la serra decidendo di passare sopra al nomignolo con cui Elijah si divertiva a tormentarla, inspirando a fondo ad occhi chiusi, instillando nel ragazzo il dubbio di essersi tramutato in un bersaglio mobile nonostante Katherine abbia appena abbassato l’arma – Hai detto la cosa sbagliata, Elijah. Complimenti, idiota. 

«La mia è solo un'osservazione, non voleva essere una critica.» si affretta a correre ai ripari Eli, maledicendo il freno inibitore malfunzionante che gli collega la lingua al cervello… ma ormai il danno è fatto e Kate ha spalancato gli occhi celesti adirata, impalandolo sul posto. 

«Sono curiosa, ti dà fastidio che Natasha non abbia dato a te il nostro primo incarico, o il problema è che non sarai lì a correggermi?» chiede Katherine con gli occhi azzurrissimi ridotti a due lastre di ghiaccio, strappandosi la domanda dai denti scocciata, palesemente stanca dei loro continui ed estenuanti battibecchi.

«Non è questo il punto.» ribatte Eli con tono offeso, gesticolando involontariamente rendendosi conto con un secondo di scarto di brandire un coltello, intascandolo in uno dei foderi che si era appeso alla cintura ad inizio allenamento. «Non è assolutamente questo il punto, Katherine...»

Erano trascorsi ormai nove mesi da quando Rogers e Romanov avevano invaso a tradimento l’appartamento della ragazza cogliendoli di sorpresa, lasciandoli nel delirio più totale togliendo loro tutte quelle sicurezze su cui facevano affidamento e depositando al contempo un’offerta di protezione sul tavolo delle trattative che i ragazzi, dal primo all’ultimo, reputavano idiota rifiutare – come aveva detto il Capitano, lui e Natasha erano la loro opzione migliore per "uscire gratis di prigione senza passare dal via"... l'opinione pubblica era feroce, soprattutto contro quelli che tentavano di fare del bene ma compivano l'errore di legittimarsi da soli. 

Era stata questione di giorni prima che decidessero di comune accordo di raggiungere il Complesso e varcarne i cancelli, sedendosi tutti e sette al vero tavolo delle trattative iniziando a discutere di diritti e doveri di entrambe le parti, trovando sensato l’obbligo di riservatezza in cambio di un addestramento mirato per ognuno di loro, storcendo tutti e cinque il naso alla domanda “ma i vostri genitori lo sanno?” proferita da un Capitan America esageratamente serio… era stata Natasha a pronunciarsi precipitosa in loro soccorso, sentenziando che la faccenda era "trascurabile" finchè non li inviavano sul campo, strappando un paio di compromessi a Steve come loro portavoce – Elijah non aveva capito perché l'avesse fatto, era stato Billy a spiegargli che imponendo loro delle regole così ferree fin da subito rischiavano di rivoltarseli contro, argomentazione presto sostenuta da Thomas, mentre Kate si era sentita in obbligo di sottolineare che mancavano almeno un paio d'anni per compiere tutti e cinque ventuno anni ed essere dichiarati legalmente maggiorenni [1]. Teddy non aveva detto una parola, ed Eli aveva deciso di seguire il suo esempio scegliendo di porsi i giusti quesiti al momento opportuno. 

Nel giro di un paio di settimane i ragazzi erano riusciti a traslocare al Complesso tutti i loro averi conservati al Palazzo di Bleecker Street, vedendosi offerte delle divise antiproiettile nuove di zecca ed un tetto sotto cui vivere nel caso ce ne fosse bisogno perchè, come aveva sottolineato Romanov con una leggerezza palesemente ostentata, abbondavano di camere libere che forse era giunto il momento di riempire – l’unica a prendere seriamente in considerazione la proposta era stata Katherine, ma alla fine aveva deciso di rinviare la decisione allo scadere dell’affitto del monolocale, preferendo farsi la tratta Manhattan-Upstate a bordo del proprio Maggiolino piuttosto di prendere decisioni affrettate dettate dall’entusiasmo del momento.

Elijah, con il trascorrere dei giorni, si era gradualmente abituato a vedere quasi quotidianamente il sorriso enigmatico dell’Agente Romanov, godendo appieno dei benefici della nuova "promozione" per imparare quante cose più poteva da niente di meno che la Vedova Nera – lui e Teddy non ne avevano mai fatto parola con Nana, ma Eli si era convinto che Bobo dovesse averle raccontato qualcosa, principalmente per spiegarle il perchè diavolo Capitan America si fosse fatto un giro nel Bronx solamente per salutare un vecchio compagno d’armi due settimane dopo il loro reclutamento. Eli non si era arrischiato a chiedere ad Isaiah un parere diretto in merito all’intera faccenda, ma Steve doveva aver compiuto miracoli con la sua parlantina perchè di colpo l’anziano non aveva più avuto da ridire sulle idee folli ed intraprendenti del nipote… forse saperlo sotto l’ala di Rogers lo rassicurava, o magari quell’aura di insolita fiducia era garantita dal fatto che Romanov era pronta a spronarlo a calci sul sedere se Eli non si applicava. 

In quei lunghi mesi i ragazzi avevano imparato cosa fosse la disciplina, perfezionandosi sotto la guida attenta e a tratti maniacale di Natasha… ed Elijah avrebbe dovuto capirlo prima, ma a sua discolpa poteva dire di non essere abituato a pianificare a lungo termine, usando la scusa di non conoscere per niente la sua istruttrice, trovando tuttora un mistero il come funzionino gli ingranaggi che muovono la mente machiavellica della russa nonostante i nove mesi di addestramento condivisi. Avrebbe dovuto intuirlo dai brontolii della donna quando arrivava in anticipo e passava per la sala riunioni, ascoltando Natasha discutere con l'ologramma degli Avengers rimasti in merito a Ronin ed altri problemi urgenti, o ci sarebbe potuto arrivare quando qualche settimana prima l'aveva vista scendere dalle camerate con la faretra e la custodia dell'arco di Barton, consegnandolo a Kate affermando che fosse uno spreco lasciarlo a prendere polvere in un angolo – forse quello era stato il gesto decisivo che aveva fatto da spartiacque tra l'incoscienza e la consapevolezza, iniziando pian piano a rivalutare tutto ciò che fino a quel momento aveva reputato logico e stimolante, come il fatto che Natasha avesse insegnato a lui e a Theodore a combattere con le lame, o le incitazioni dedicate ai gemelli volte a superare ogni record con sfide sempre più ardue che puntualmente i due superavano. 

Per Natasha Romanov i ragazzi si erano tramutati in una scommessa contro sé stessa, superando il mero incarico di addestrarli assegnatole da Rogers, cambiando modalità di insegnamento nelle ultime settimane, iniziando ad istruirli con il preciso scopo di proporre loro delle reali Missioni "innocue" sul campo all'insaputa del Capitano – la Missione della sera seguente ad esempio, che su carta non era nulla di troppo pericoloso, nonostante dovessero intercettare una partita di OCM e impedirne lo scambio… era talmente semplice che Romanov aveva deciso di farsi bastare solamente due persone, scegliendo William e Katherine senza predisporre alcuna squadra di recupero, piano B o precauzione di qualche tipo, convinta che con l'addestramento impartito loro non esistesse a prescindere la possibilità di un fallimento – Sono passati mesi dall'ultima volta, ma l'hai già fatto, Bradley… stai andando in paranoia per qualcosa che i ragazzi sanno gestire. 

«Allora quale dovrebbe essere il punto, Elijah?» insiste Kate con un tono di voce affilato come una lama, ancora infastidita dallo sguardo scontroso che le ha riservato fino a quel momento, convinta che lui parli mosso dalla sua solita arroganza – peccato che per una volta il ragazzo sia serio, sinceramente preoccupato per la sorte dell'amica, esulando dalla sana rivalità competitiva che generalmente gettava benzina sul fuoco in ogni loro diverbio o confronto. 

«Ci sono una miriade di fattori che possono andare storti.» si affretta a giustificarsi Eli, riflettendo che William dalla propria parte aveva degli incantesimi incredibili, mentre la ragazza era solo una comune mortale atletica ed armata… arrivando a chiedersi se si prenderebbe a cuore la faccenda in quel modo anche se al posto di Kate ci fosse Teddy o uno dei gemelli – Probabilmente no, Bradley. Tra quanto ti deciderai a chiamare l'apprensione immotivata con il suo vero nome? 

«Perché sono brava, ma non a questi livelli?» chiede indignata Katherine, facendogli il verso parafrasando la sua reale preoccupazione per l'incolumità della ragazza in mera gelosia per il ruolo che gli aveva soffiato, interpretandola come una dichiarazione ufficiale di sfiducia. «Ma va a quel paese, Bradley.»

Elijah non ha il tempo materiale per capire cosa diavolo sia successo, sa solo che di punto in bianco si ritrova l'arco di Barton – di Katherine – tra le mani quando la ragazza gli passa davanti e glielo preme con forza contro il petto, guadagnando poi l'uscita a passo di carica. 

«Kate…!» Eli sussurra un richiamo ad una stanza vuota, incupendosi per non essere riuscito ad esporre come voleva le proprie remore sincere… per una volta desiderava solo comportarsi da buon amico, essere comprensivo, gentile – Non sei tagliato per questo genere di cose, non piangerti addosso Bradley. 

 

*** 

 

William ha a malapena il tempo di pronunciare un incantesimo di protezione per sé stesso e Katherine, evitando che la granata sonica li schianti violentemente contro il muro, quando finiscono entrambi a terra nella confusione più totale mentre l'impianto elettrico li saluta finendo in cortocircuito – Doveva essere facile, non dovevano esserci intoppi… 

«Kate-... Kate, stai bene?» Billy arranca sui gomiti per raggiungerla, la voce venata dal panico ed il chiodo fisso delle remore di Elijah in merito all'intera faccenda che gli martella insistente i timpani. 

La ragazza mugugna in risposta e si preme una mano contro la tempia, trascinandosi seduta puntellandosi al muro adiacente, facendogli segno di fare silenzio… e Billy esegue gli ordini della più grande, mormorando un incantesimo per sparire agli occhi del caos, coprendo entrambi sotto un velo invisibile che li cela all'intruso al centro della stanza, intento a portare a termine il massacro iniziato con il lancio della granata. 

Quando Natasha era entrata in palestra due giorni prima con l'annuncio di una Missione impresso sulle labbra, le reazioni dei ragazzi erano state delle più disparate, soprattutto quando la donna aveva condiviso i dettagli ed aveva scartato l'intervento di tre di loro – Elijah non l'aveva presa bene, polemizzando all'istante per l'indole della Vedova nel non voler rendere partecipe il Capitano, quando lo sapevano tutti e sei che a chiederglielo la risposta sarebbe stata un sonoro e categorico "no". Il resto della discussione si era adagiata su un letto di coltelli, da un lato c'erano le due donne che reputavano la faccenda "divertente" e necessaria, dall'altro un Elijah irritato e contrario, supportato da un Thomas un filo troppo protettivo nel vedere il gemello gettarsi nella mischia senza di lui… Billy non aveva aspettato il commento di Theodore, consapevole di non poterlo reggere nel caso anche lui si fosse pronunciato contrario alla proposta, scappando dalla palestra senza guardarsi indietro – Teddy l'aveva raggiunto sul tetto una decina di minuti più tardi, affermando che la preoccupazione della squadra era giustificabile dato che erano fuori allenamento con il mondo esterno al Complesso, accantonando tutte le belle parole appena espresse chiedendogli di aver voce in capitolo perché quella, in fin dei conti, era l'unica cosa importante… "Te la senti, Bee? Sul fondo della pancia? Perché se dici sì non puoi più tirarti indietro." 

La carneficina finisce prima ancora di iniziare, le carcasse dei due spacciatori giacciono a terra insieme al cadavere del compratore e le sue otto guardie del corpo, mentre l'intruso pulisce le lame delle due katane e le rinfodera indisturbato. 

«Fermo dove sei.» lo minaccia Katherine con voce salda mentre si obbliga a reggersi in piedi sulle proprie ginocchia che tremano per lo sforzo, l'aria stordita che fa a pugni con gli occhi da tigre, tendendo una freccia con una determinazione tale da demolire il mondo e ricostruirlo da capo completamente da sola. 

«Mani in alto e voltati lentamente, amico.» recupera la voce William spezzando l'incantesimo precedente rendendoli nuovamente visibili, suonando più deciso di quello che si sente in realtà, rischiarando la stanza evocando una sfera d'energia luminosa per mano – Forse da fuori lui e Kate avevano un'aria minacciosa, nonostante lui dentro stesse tremando come una foglia… 

«Dio, siete dei ragazzini.» è l'unico commento a caldo che fuoriesce dalle labbra dell'intruso coperte dalla maschera che ne cela i lineamenti, puntando gli occhi calcolatori sulla freccia incoccata da Kate ed afferrando le else delle spade in risposta, disubbidendo agli ordini impartiti ponendosi sulla difensiva. «Okay, ora stiamo tutti calmi. La situazione è sotto controllo, c'è stato un malinteso.»

William vorrebbe obiettare che la situazione era sotto controllo prima dell'intervento dell'uomo incappucciato, lui e Katherine erano pure riusciti a fare un'entrata in scena da standing ovation spaventando i bersagli al punto giusto, cogliendoli con le mani nel sacco… ma il tutto era andato a rotoli quando la granata era stata lanciata giù da una delle bocche di lupo che si aprivano nel seminterrato in cui si trovavano, mettendo a soqquadro l'ambiente sbalzando gli ospiti ai quattro angoli della stanza e facendo volare le pasticche di OCM in ogni dove – Billy ignora se le droghe sintetiche siano "profumate" o meno, ma le capsule blu elettrico seminate ovunque sono talmente tante da far puzzare l'aria di marcio, come se si potesse intuire dall'odore che la provenienza non è chimica ma organica… a William viene tuttora il voltastomaco al solo pensiero che un folle fosse riuscito a sintetizzare l'Ormone della Crescita Mutante e venderlo alla prima industria farmaceutica in cambio di un bel assegno, generando un mercato di altrettanti folli che dopo la Decimazione volevano provare l'ebbrezza di sentirsi una divinità discesa in Terra per quindici minuti – ne avevano incontrati tanti di quei pazzi, in due anni che pattugliavano la Grande Mela risolvendo i loro danni [2]. 

«Credo di essermi persa un passaggio. Da quando undici cadaveri sono un malinteso, Ronin?» chiede Katherine velenosa, senza muoversi dalla propria posizione autoritaria di un millimetro, scalfendo appena la corazza di apatia in cui si è ingabbiato Billy per non cedere al vortice del panico – Guarda Ronin, non guardare per terra. Non. Guardare. Per. Terra... e respira con la bocca, William. 

«È così che mi chiamano ora? Carino… deve essere colpa delle katane.» commenta l'uomo incolore, inclinando il capo verso il basso puntando le iridi chiare sui corpi riversi a terra, dando voce all'affermazione seguente con un tono diverso. «Non che loro non se lo meritassero, comunque.»

«Non è una giustifica.» commenta Kate lapidaria, le braccia ancora in tensione e la punta della freccia allineata perfettamente al bersaglio… e William vorrebbe rendersi utile in qualche modo, oltre al suo attuale compito di lampadario umano, ma tutti gli incantesimi che gli sovvengono alla mente sono dettati dal desiderio che lo stallo in corso d'opera termini al più presto, e per esperienza personale sa di non dover essere "vago" quando gioca con la magia.

«Voi non capireste.» mormora l'uomo stringendo la presa sulle else, facendo scattare i "click" metallici di schiusura, riuscendo a rendere minaccioso anche il più banale e trascurabile dei gesti. «In questo caso…»

La freccia incoccata da Kate parte veloce e spedita, ma invece di affiggere il disgraziato al muro come aveva fatto tante altre volte con i manichini in palestra, manca il bersaglio di poco mentre il sorriso derisorio di Ronin gli raggiunge gli occhi rendendolo visibile anche da sotto la maschera, tranciando a metà la seconda con la lama e deviando la traiettoria della terza con tecnica invidiabile. 

«Non è l'arco a fare l'arciere, ragazzina.» commenta l'uomo sprezzante, mandando Katherine in escandescenza per un motivo che William non comprende a pieno, frenando il passo di carica dell'amica trovando la concentrazione necessaria per pronunciare un incantesimo e rilasciare una delle sfere che gli illumina le dita, centrando il loro oppositore al petto con uno scoppio di scintille azzurre che illumina la stanza a giorno e sbalza Ronin contro il muro adiacente. 

«Mi dici che diavolo ti prende...?!» sibila scocciato Billy abbassando le mani, tenendo comunque il palmo sinistro rivolto verso l'alto per continuare ad illuminare la stanza, scoccando uno sguardo confuso a Katherine, la quale respira affannosamente sul posto brandendo ancora il riser dell'arco come un bastone da combattimento. «Kate

La ragazza lo ignora, parte a passo spedito in direzione dell'uomo ancora riverso a terra, brontolando un qualcosa che suona come "ti faccio vedere io se è solo merito dell'arco" dando a William un chiaro indizio del contributo attivo di Eli nella crisi di nervi in corso per via del tono usato, osservandola preoccupato mentre atterra definitivamente l'uomo con un paio di vergate e gli pianta lo stivale contro lo sterno, tendendo la corda dell'arco mirando alla testa. 

«Kate!» insiste William riscuotendola dallo stato di furia accecante, avvicinandosi in tempo per sentirla ordinare allo spadaccino di togliersi la maschera, trasalendo e perdendo di convinzione entrambi quando l'uomo esegue il richiesto e si ritrovano addosso gli occhi chiari di Clint Barton a giudicarli. 

«Tipico di Natasha… scommetto che Rogers non sa nemmeno che siete qui.» replica l'ex Occhio di Falco con tono disilluso, facendo tentennare Kate, la quale abbassa l'arma improvvisamente… scarica, come se il meccanismo a molla che la animava si fosse appena inceppato. Le certezze di Billy si sgretolano mentre la consapevolezza che la carneficina appena conclusa sia opera di Clint Barton – uno dei buoni – sedimenta dentro di lui... non osa nemmeno immaginare cosa debba provare la ragazza in quel momento, nel vedersi puntare una freccia contro il suo eroe preferito di quando era bambina. 

«Pessima mossa.» dichiara Barton quando realizza di non essere più sotto tiro, muovendosi agile cogliendoli di sorpresa, riappropriandosi dell'arma strappandola dalle mani di Kate e spedendola a terra con un calcio, ribaltando le posizioni spostando il bersaglio su William con una repentinità tale da impedire loro di reagire. «Mani magiche in vista e niente movimenti bruschi, amico.»

Billy deglutisce sonoramente e non osa muovere un muscolo, a differenza di Kate che scalpita debolmente sotto lo stivale di Clint cercando di liberarsi con poca convinzione, mentre lo shock inizia a farsi strada nella sua testa immobilizzandola gradualmente in maniera definitiva – Ed ora che facciamo? Lo lasciamo andare… per forza.

«Questo me lo riprendo, se lo rivuoi chiedi a Romanov dove trovarmi ragazzina.» sentenzia Barton chinandosi a sfilare anche la faretra dalla spalla di Kate, non riscontrando alcuna reazione da parte di entrambi… fermandosi, lasciando da parte l’aria da duro, respirando a fondo dopo aver visto qualcosa negli occhi di Katherine che gli sconquassa il petto e gli fa stringere i denti. Se vuole aggiungere qualcosa non lo dà a vedere, anzi, sembra ripensarci e gira i tacchi lasciando i ragazzi a loro stessi con un intero seminterrato da “pulire”.

«Kate, ehi… stai bene?» Billy si china sulla ragazza, posandole una mano sulla guancia per concederle una carezza ed accertarsi di attirare il suo sguardo, ma gli occhi delusi di Katherine fissano il vuoto e non risponde alla sua domanda quando le chiede se ha sbattuto la testa durante la caduta – lo stato di trance preoccupa William a morte, trascinandola in piedi e stringendosela addosso in un abbraccio, avvertendo un tuffo al cuore quando Kate non si dimena per scollarselo di dosso ricordandogli quanto lei detesti il contatto fisico. «"...voglio uscire da qui… voglio uscire da qui… voglio uscire da qui…"»

La bolla di energia evocata li teletrasporta all’esterno su una strada deserta, costringendo Billy a riadattare la vista alla luce giallognola dei lampioni e respirando a pieni polmoni l’aria fresca, continuando a stringere spasmodicamente Katherine per la vita nel timore che la ragazza si accasci al suolo una volta sciolta la presa… pericolo presto sventato dal tacco dello stivale della ragazza che si impianta con forza contro la pianta del suo piede. 

«Lasciami! Lasciami andare, Billy!» strepita Kate stravolta risvegliandosi dallo stato di trance momentanea, dimenandosi con violenza mentre il ragazzo sopprime un grido di dolore e saltella via per un paio di metri, osservandola attento mentre Katherine si guarda attorno con le mani tremanti a tapparsi la bocca, realizzando cosa diavolo sia appena successo. «Merda. Oh merda, merda, merda!» 

Katherine inizia ad urlare imprecazioni di ogni tipo contro il cielo prendendo a calci l’aria, inveendo contro Barton per averla derubata, William per averglielo permesso, Elijah per averlo predetto ed iniziando ad insultarsi pesantemente da sola per la propria stupidità, arrivando a torcersi nervosamente le ciocche di capelli corvini al pensiero di dover informare Natasha ed ammettere ad alta voce di aver fallito clamorosamente la loro prima Missione sul campo, raggiungendo il pericoloso orlo delle lacrime decretando ad alta voce di essersi appena condannata a morte – la scena è talmente assurda nella sua drammaticità che William arriva a chiedersi da quanto Kathrine si autoflagellasse per situazioni di cui non aveva nessun tipo di controllo… era abituato a vederla sempre perfetta – calma, posata, spiritosa –, maledicendosi per non essersi reso conto prima di cosa si celava in realtà dietro alla facciata da dura, desiderando porre rimedio alle proprie mancanze. 

«Hai finito?» chiede il ragazzo guardingo, accucciandosi sui talloni portandosi alla stessa altezza di Katherine quando la ragazza dà cenno di essersi finalmente calmata, studiandola ad un paio di metri di distanza mentre lei ansima con il sedere sull'asfalto e le iridi azzurre fisse sulla luce del lampione più vicino, rifiutandosi ostinata a ricambiare lo sguardo di William. «Hai intenzione di lanciarmi dietro qualcosa o…?»

«Ora come ora mi sto concentrando a non scoppiare anche in lacrime, sai, per mantenere un minimo di dignità...» afferma Kate risoluta, perfettamente consapevole di sé stessa mentre sfrega il dorso della mano contro le guance asciutte per assicurarsi di non aver già liberato le cascate del Niagara involontariamente, arrischiandosi a fronteggiare il suo sguardo qualche minuto di silenzio più tardi ad “allarme lacrime” rientrato. «Non una parola con nessuno, Billy. Non con Teddy, non con Tommy e soprattutto non con Elijah.»

«Okay.» acconsente immediatamente il ragazzo annuendo con aria solenne, tentennando quando un dubbio assillante si ripropone fulmineo sulla soglia delle proprie labbra, liberandolo. «Kate… dici che Natasha lo sa? Che Ronin è Barton.»

«Non lo so.» sospira Katherine sconsolata, puntando i palmi sull’asfalto inclinandosi all’indietro, non dando cenno di volersi alzare da terra. «Non che faccia differenza… vai tu a capire come si muovono le rotelle nel cervello di Natasha.»

«Chiamo il 911, li aspettiamo e poi ti teletrasporto a casa?» propone Billy dopo un cenno secco del capo, porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi… rivalutando la propria idea a telefonata anonima conclusa, immaginando la ragazza sola in un monolocale triste dopo una nottata del genere, desiderando di farle trascorrere un'ultima mezz'ora positiva nella speranza di conciliarle il sonno. «Oppure vuoi che ci fermiamo da qualche parte a mangiare qualcosa? Io avrei fame.»

«Vestiti così?» chiede scettica Kate indicando a spanne le loro tenute da combattimento una volta tornata in posizione eretta, sorridendo restia quando Billy risolve il problema appena sottolineato mormorando un incantesimo, facendo sparire le loro uniformi standard da "apprendisti Vendicatori" e sostituendole con i loro abiti civili lasciati nello spogliatoio del Complesso qualche ora prima. «Okay, se la metti così… dici che Taco Bell è ancora aperto a quest'ora? Ho voglia di cibo messicano.»

«Vada per il messicano.» sorride Billy offrendole il braccio, notando i lampeggianti rossi e blu in avvicinamento a sirene spiegate, mormorando un incantesimo ed una destinazione per far apparire un cerchio azzurro luminoso sull'asfalto. «Eisenhardt Express in partenza, destinazione Taco Bell.»

Katherine ride e, per quanto lo riguarda, al momento quella è l’unica cosa importante.

 

***

 

«Billy chiede se c'è il via libera.» annuncia Teddy sollevando lo sguardo dal cellulare che ha appena preso in mano, mentre Thomas si rotola sul materasso assonnato e pretende di non aver sentito la sua voce provenire dal letto sotto il proprio. «Thomas, so che sono le due di notte e hai sonno, ma concentrati. Rebecca dorme?» 

Tommy si stropiccia gli occhi e mette a fuoco la stanza, tendendo le orecchie per percepire il lieve ronfare della sua "mamma numero due" oltre il corridoio, facendo cenno a Teddy di poter procedere con uno stanco pollice in su… coprendosi gli occhi con una mano ed incollando l'orecchio al muro quando un cerchio azzurro si disegna sul tappeto al centro della stanza annunciando l'arrivo di Billy, il quale si materializza silenzioso spingendo tutti e tre a trattenere il respiro mentre Thomas si assicura che la Signora Kaplan stia ancora dormendo. 

«Via libera.» proclama Thomas mentre Teddy si alza dal letto a castello e tasta preoccupato il paio di graffi presenti sul volto di William. «Come è andata?» 

«Bene. Tutto bene.» afferma Billy con una scrollata di spalle, allungando le mani per bloccare i polsi di Theodore, ritirandosi infastidito quando gli sfiora un brutto taglio sulla fronte. «Tee, giù le mani. Sto bene

Nel dirlo, una filo luminescente appare dal nulla e si posa sulla ferita, annodandosi ad essa simulando dei punti di sutura, i quali vengono assorbiti in un battito di ciglia. 

«Visto? Non è niente.» insiste William sorridente, sollevandosi sulle punte dei piedi per stampare un bacio sulle labbra di Teddy, voltandosi poi in direzione di Thomas con fare apprensivo. «Mamma si è accorta di qualcosa, Bro?» 

«No. Convinta al cento percento di aver chiacchierato con suo figlio per l'intera durata della cena.» lo rassicura Tommy scendendo dal materasso ed allungandosi a sua volta nella direzione del gemello, premendo le dita dove fino a qualche secondo prima c'era la ferita ed ora rimangono tre cerottini bianchi da sutura a tenere insieme della pelle integra, grattando con l’indice per rimuoverli ed ignorando le proteste del diretto interessato, continuando imperterrito con il proprio discorso. «Dici che le vendono le statuette degli Oscar su Amazon? Voglio regalarne una a Teddy per il compleanno.» 

Theodore e William soffocano una risata scambiandosi uno sguardo d'intesa – non è la prima volta che usavano quel trucco, Tommy è seriamente convinto che a Rebecca prenderebbe un colpo se sapesse quante volte Teddy li aveva coperti a turno negli ultimi mesi assumendo le loro sembianze, specialmente le sere in cui lui sgattaiolava da Kate e lasciava la camera libera ai due piccioncini. 

«William, cosa non ci stai dicendo?» chiede Thomas sospettoso di punto in bianco, interrompendo la conversazione scherzosa tra i due ragazzi in merito al far imbucare Teddy ad una qualche festa con l'aspetto di una celebrità per vedere in quanti ci potevano cascare, notando come il sorriso del gemello non gli raggiunga lo sguardo, tradendolo – È forse successo qualcosa? Kate sta bene? Billy è tornato più tardi di quanto prestabilito, e lui e la ragazza non sono tipi che si fermano a bighellonare in giro a notte fonda senza un più che valido motivo. 

«Perché lo pensi?» chiede il gemello con tono guardingo, confermando i sospetti di Thomas e scatenando quelli di Theodore, scannerizzandolo con le iridi nocciola cercando ogni brandello di incertezza che può trasformarsi in un indizio… è risaputo ormai che William fosse terribile a mantenere i segreti, specialmente con loro due, che con il tempo avevano imparato a conoscerlo meglio delle loro tasche. 

«Dai Bro, non lo diciamo a nessuno.» sussurra Thomas accattivante, il sonno dimenticato e la fame di gossip da usare a proprio vantaggio che brontola famelica, notando come sulle labbra di Theodore si sia dipinto un ghigno speculare al proprio. 

William prova lo stesso a cambiare argomento, riuscendo a divagare almeno in parte nel tempo che gli serve per indossare il pigiama, vantando un'aria maldestra che non gli si addice quando urta la scrivania di proposito facendo cadere i piercing di Teddy che quest'ultimo aveva appoggiato lì sopra quando ore prima aveva cambiato i connotati in quelli del fidanzato, tuffandosi sotto il letto e scandagliando le setole del tappeto per ritrovarli… ma nulla impedisce ai ragazzi, quando Billy finisce ufficialmente i pretesti per distrarli, di strappargli di bocca ciò che sta palesemente tenendo loro nascosto. 

William finisce per vuotare il sacco, li mette al corrente di Ronin e della crisi di nervi di Katherine, accusando Thomas di non essersi accorto di nulla nonostante la ragazza fosse praticamente la sua migliore amica – Tommy si morde le labbra ed incassa la colpa, tenendosi per sé che il merito della scenata era da attribuire in parte anche a sé stesso, a causa del diverbio risalente ad una settimana prima nel quale lui si era arrischiato ad esporre delle congetture azzeccate sul perché a Kate dessero così tanto fastidio le frecciatine di Elijah. 

Theodore leva le tende solamente ad aggiornamento concluso, spiccando il volo dal davanzale per tornarsene a Casa Bradley dispiegando le ali draghesche, giurando di non farne parola con Eli – e di Teddy, da quel punto di vista, Tommy si fidava molto più che del gemello, assopendo l'istinto di scrivere un messaggio alla ragazza o di correre anche lui giù dal davanzale e non fermarsi fino a quando non avrebbe raggiunto il pianerottolo di Katherine a West Village, ma si impedisce di farlo per non mettere nei guai William più del necessario, confidando che tutti e tre tenessero la bocca chiusa sull’accaduto. 

Il problema però si palesa comunque il giorno seguente, quando Eli ha a disposizione tutto il pomeriggio per rendersi conto che tutti sanno qualcosa che a lui sfugge, intercettando una Katherine infuriata che quasi lo investe quando spalanca la porta della palestra e spinge via Thomas dalla propria traiettoria verso l'ingresso, mentre la voce filtrata di William che cerca di difenderla con scarsi risultati dagli attacchi di Elijah raggiunge le orecchie del ragazzo. 

Tommy non ci pensa due volte a correrle dietro, inciampando sui propri passi quando rischia di sbattere addosso a Romanov, trovandosi a fronteggiare due smeraldi affilati che gli intimano di seguire Katherine e allo stesso tempo li esorta a non cacciarsi nei guai – girando poi i tacchi e brontolando qualcosa in merito ai verbali che aveva dovuto far scomparire perché la sera prima Billy si era bellamente dimenticato di cancellare ogni traccia della loro presenza dal luogo dello scontro con Ronin. 

Tommy raggiunge il pianerottolo di Katherine molto prima della ragazza, accampandosi davanti la soglia della porta e rifiutandosi di andarsene, ammazzando il tempo dell'attesa con una partita all'Xbox mentre Kate si concede un piantino sotto la doccia e si mette in tiro per l'uscita a cui l'ha obbligata per staccare la spina. 

É solo a distanza di ore, davanti ai resti di un paio di double cheeseburger ed una vagonata di patatine fritte – alla faccia della dieta –, che Kate finalmente si concede ad una spiegazione integrativa, raccontando a Thomas del diverbio con Eli, della mazzata di scoprire che dietro la maschera di Ronin ci fosse Barton, dell'umiliazione di aver perso l'arco e della vergogna per aver dato spettacolo con una crisi di nervi plateale di cui William l'aveva sicuramente informato… ammettendo riluttante che forse Tommy aveva ragione quando la settimana prima, con il cuore sanguinante in palmo di mano, aveva insinuato che Kate si infuriava e prendeva le critiche di Eli sul personale perché, sotto sotto, il ragazzo le piaceva più di quanto le sarebbe piaciuto ammettere – “IO?! Katherine Elizabeth Bishop, perdere la testa per- per --... Elijah? Ma ti senti quando parli, Thomas?"

Kate gli spiega poi, aggirando la "Questione Eli" a pié pari fulminandolo con lo sguardo come a sfidarlo a tirarla fuori, che quella mattina si era presentata al Complesso all'alba buttando giù dal letto Natasha… quando Kate le aveva dato la notizia le si erano inumiditi gli occhi e si era concessa un microscopico sospiro con le labbra socchiuse in una piega afflitta, congedandola velocemente con freddezza glaciale senza tradirsi, per poi sentirla scaraventare qualcosa a terra e sopprimere i singhiozzi una volta chiusasi la porta alle spalle, consapevole che Katherine fosse rimasta lì con l'orecchio premuto ad origliare. Kate aveva fatto in tempo a stilare il verbale della Missione e preparare il caffè per tre prima di vederla scendere le scale delle camerate da sola, sentendosi rispondere che il Capitano non le avrebbe raggiunte per la colazione perché anche quella notte non si era fermato a dormire al Complesso – rifilando un calcio sugli stinchi a Thomas nel mentre, il quale basito si lascia sfuggire dalle labbra un "ma come, quei due non vanno a letto insieme?" di cui si pente all'istante, concordando sul fatto che quello non è il momento adatto alle chiacchiere da spogliatoio. 

«Ma quindi Natasha ti ha trovato l'indirizzo di Barton oppure no?» chiede Thomas a resoconto concluso, soffermandosi sulla strana richiesta di Ronin di farsi trovare se Kate voleva ritornare in possesso dell'arco – e vantarsene con Elijah, non l'ha detto, ma per il ragazzo quello è un secondo fine abbastanza ovvio. 

«Sì, l'ha trovato… è che…» si giustifica Katherine gesticolando con una mano, lasciando cadere la spiegazione nel vuoto, tradendo una punta di dubbio e reticenza che non le si addice per nulla. 

«Ti rode lo stomaco per l’obbligo di dover dimostrare qualcosa a chi ti ha delusa? O è comune ansia da prestazione?» azzarda Thomas mettendo in moto il cervello, estrapolando un paio di congetture valide a giustificare la titubanza della ragazza, ponendo il secondo quesito con tono intraprendente. «O credi di non poter eseguire una effrazione con scasso senza essere beccata? Perché per la seconda ti do una mano, per la prima ti accompagno.»

Gli occhi azzurri di Katherine si illuminano come due stelle, sporgendosi sopra il tavolo per gettargli le braccia al collo e stringerlo in un abbraccio, inspirando una zaffata inebriante del suo profumo ai lillà e sentendo le punte delle proprie orecchie andare a fuoco quando Kate inizia a tempestarlo di baci sulla guancia. 

«Kate-… mi stai strangolando.» la richiama Thomas in vago imbarazzo, mentre Katherine scioglie la presa e si scusa per il comportamento un filo esuberante, soffocando ogni istinto volto a baciarla o a dirle mezza parola più del dovuto, limitandosi a calarsi gli occhiali da aviatore sul naso, indossare le cuffie e farle cenno di salirgli in braccio per trasportarla ovunque lei abbia bisogno di andare. «Cerca l'indirizzo su Maps e salta su, Bellissima.»

«Ti devo una pizza, Bellissimo.» afferma la ragazza allacciandogli le mani dietro la nuca, mentre Thomas le passa un braccio sotto le ginocchia e se la stringe al petto, consigliandole di tenere gli occhi chiusi e tapparsi le orecchie con le dita, controllando per un'ultima volta il tragitto da percorrere fino a destinazione. 

«Mi accontento di Netflix gratis il prossimo mese.» scherza, facendo un ultimo check cellulare, portafogli e scarpe allacciate. «Affare fatto?» 

«Affare fatto.»

 

***

 

Katherine si fa lasciare davanti ad una vecchia palazzina in periferia, reduce da una corsa a tutta velocità tra le braccia di Thomas, rabbrividendo nel proprio cappotto per l'aria fredda di metà dicembre ed ordinando al ragazzo di avvisare Natasha della loro folle idea solo nel caso lei non lo telefoni entro un’ora, decretando irremovibile che da quel pasticcio doveva uscirne da sola, dimostrando a sé stessa di valere tanto quanto si vantava. 

Kate avanza silenziosa nel corridoio poco illuminato, sforzandosi di ignorare il nervosismo che pian piano inizia a torcerle le budella minacciando di mangiarla viva… prosegue muta e pronta ad affrontare qualunque cosa, assecondando il sospetto che uno come Clint Barton semplicemente sa quando qualcuno sconfina nel suo territorio, seguendo la stessa logica spicciola secondo la quale Natasha aveva ricevuto lo stesso tipo di addestramento e in un qualche modo finiva sempre per conoscere sempre tutto di tutti. 

«Ragazzina.» si sente chiamare da una porta in fondo al corridoio, notando la figura in controluce dell'uomo che la invita ad entrare, scannerizzandola dalla testa ai piedi mentre Katherine si avvicina, mettendola in soggezione e rendendola più nervosa di quanto già non sia. «Sai, ho fatto qualche ricerca oggi pomeriggio… non avrei mai immaginato che tu fossi una Bishop

«Come se valesse qualcosa… mi chiamo Katherine, comunque. Non ragazzina.» esordisce sfrontata con un coraggio di dubbia provenienza quando si porta a meno di due metri da Barton, partendo con il piede sbagliato già dall'insinuazione di far ancora parte della risma di suo padre, mandandole in ebollizione il sangue e rendendosi di conseguenza ancora più scorbutica e suscettibile, slacciandosi il soprabito e tenendolo sospeso tra loro in offerta. «Questo dove lo appendo?» 

«La scelta di venire qui è stata impulsiva, immagino.» elude la domanda l'uomo, prelevando il cappotto solo per gettarlo contro lo schienale del divano ad un paio di metri di distanza, continuando a studiarla da capo a piedi. «Capelli sciolti, vestito e profumo… avevi un appuntamento, stasera?»

«Non sono affari tuoi… in ogni caso, non sono il genere di persona che pianifica.» afferma Katherine con sicurezza ostentata per coprire il panico, l'irritazione presto sostituita dall'ansia statica dettata dai convenevoli passivo-aggressivi che procedono con relativa tranquillità, come se lei la sera prima non l'avesse visto trafiggere undici persone a sangue freddo, recuperando una briciola di calma riepilogando mentalmente tutti i coltelli che si era nascosta addosso quando era uscita di casa con Thomas – essere armata la fa sentire protetta, ringraziando mentalmente Natasha per averle inculcato in testa il bisogno di tenersi sempre un arma appresso, regalandole buona parte della sua armeria personale "per ogni evenienza". 

«Non sei una che stringe amicizia facilmente, vero?» commenta Barton retorico, circumnavigando il salottino in entrata sparendo nella stanza affianco, tornando con il premio ambito stretto tra le mani. «L'insolenza è un tratto che abbiamo in comune, a quanto sembra. E forse non è l'unico.»

Katherine contempla in silenzio reverenziale l'arco in questione, accennando un passo in avanti precipitosa con una mano protesa per ghermirlo. 

«Ah-a, calma ragazzina.» la placa Barton facendole segno di seguirlo in un altra stanza, consegnandole l'arma e la faretra solamente una volta giunti davanti ad una fila di bersagli bucherellati. «Fammi vedere perché Romanov te l'ha ceduto senza il mio permesso.»

Katherine ingoia ogni battuta sconveniente, preferendo dimostrare la propria bravura con le azioni invece di perdersi nel battibecco fuori dagli schemi in corso d’opera che apparentemente ha il potere di metterla in soggezione ed indurla a sbagliare, incoccando una freccia e centrando il bersaglio al primo colpo – *stud*

«Perché proprio tiro con l'arco? Sei una fan di Hunger Games?» chiede asciutto l'uomo senza dar cenno di essere impressionato o meno dal suo talento, aggirando a pié pari qualunque spiegazione in merito alla propria condotta violenta della sera prima, determinato a conoscere chi ha davanti piuttosto di discutere dei propri valori morali. 

«No.» commenta la ragazza spiccia, incoccando un'altra freccia ancora e centrando un bersaglio più lontano – *stud* –… tentennando e decidendo di rischiare, perché fan lo è, ma non di una qualche saga cinematografica. «Avevo undici anni quando ti ho visto in TV, hai centrato un Chitauro in movimento senza nemmeno guardarlo… ed è stato bello scoprire che non serve essere Hulk o Iron Man per contribuire a fare la differenza.»

«È per questo che lo fai? L’arco, Romanov e tutto il resto?» si sorprende Barton sforzandosi palesemente di non scardinarsi la mascella, mentre Kate continua a centrare bersagli imperterrita, ritenendo giusto non fissarlo spudoratamente mentre Clint elabora e comprende ciò che lei ha appena detto. «Per fare la differenza, Bishop?» 

«Non ho più il privilegio di essere una Bishop appunto perché ho voluto fare la differenza.» replica la ragazza fingendo una sicurezza che in quel momento non sente nelle proprie corde, chiedendosi perché quel cognome continui a definirla nonostante l'abbia ripudiato in tutti i modi, scoccando uno sguardo deluso in direzione di Clint perché non è così che si era immaginata il loro incontro, abbassando l'arma e facendo cenno di restituirgliela quando non le rimangono più bersagli liberi da centrare… concedendosi di mostrare un pizzico di sincerità, panico ed ansia da prestazione perché ormai non sa più che carta giocarsi e quella intera situazione le sembra essere frutto di un sogno febbrile. «Abbiamo finito? Perché in questo caso so dov'è la porta.»

Katherine non sa a cosa sia dovuto il ghigno che attraversa il volto di Clint dopo il breve momento di spaesato sconforto, se l'essere stato d'ispirazione per Kate sia servito a rimetterlo in carreggiata, o se invece il merito è dell'idea che il suo arco possa tornare ad essere uno strumento di giustizia "pulita"… la ragazza sa solo di essere giunta al momento del verdetto, preparandosi mentalmente ad un rifiuto dato il comportamento criptico di Barton.

«Scommettiamo cinquanta dollari che non riesci a fare un tiro alla Robin Hood?» la aizza volutamente l'uomo, incrociando le braccia al petto e sollevando il mento con superiorità, sorprendendola… perchè l’indifferenza è un conto, ma la derisione è ben altro – Clint Barton è solo un uomo, e tu sei Katherine Elizabeth Bishop, per la miseria. 

«Il tuo arco ne vale solo cinquanta?» replica spigliata ed incattivita, raccogliendo la sfida riacquistando la fiducia che la caratterizza… ne ha abbastanza di venire sottostimata, ci doveva essere più di un valido motivo se Natasha le aveva ceduto l’arma e Clint, per quanto la riguarda, aveva perso il diritto di confiscargliela il giorno stesso in cui l’aveva abbandonata in favore delle katane. «Scommettiamo l'arco che invece ci riesco?» 

Kate sfila una freccia dalla faretra ed aspetta un cenno dell'uomo per accettare e rendere valida la scommessa, preparandosi a tendere la corda con la massima concentrazione… e ripensa a Derek, che la condannava a non combinare mai nulla di buono nella vita perchè lei era la metà di Susan in qualunque cosa, alle costanti critiche di Elijah, alle battute sagaci di Thomas, a tutto ciò che l'aveva portata fino a lì e all'orgoglio provato quando Romanov le aveva consegnato l'arco per prima reputandola pronta – e Katherine lo è, in quel preciso istante se lo sente fin dentro le ossa. - - *stud*

La freccia già conficcata nel bersaglio si apre a metà, con grande sorpresa di Clint ed un grido di giubilo di Kate, mentre quest'ultima solleva le mani al cielo esultante, solo per rendersi conto della propria reazione esuberante recuperando velocemente il contegno perso in quel breve momento di pura gioia. 

«Una scommessa è una scommessa… consideralo il tuo regalo di Natale.» concede Barton alla fine, ponendo la concessione in tono ironico, scrollando le spalle ed indicandole l'uscita. «Riprenditi l'arco e fuori dalle scatole, Occhio di Falco.»

«Mi cacci così?» si sorprende Kate, realizzando con un secondo di scarto come l'ha appena appellata l'uomo, non riuscendo a frenare la lingua nervosa ora che intravede un brandello sfaccettato dell'uomo che idolatrava e non la sua ombra sanguinaria. «Avere una buona mira non significa che io sia davvero un "occhio di falco"… e potresti tornare a casa, insegnarmi.» 

«Per me non esiste una casa a cui fare ritorno, Katherine.» la riprende l'uomo scorbutico, dandole l'idea di aver toccato un nervo sensibile, fingendo di non notare la patina acquosa che gli copre lo sguardo alla menzione di una casa fantasma. 

«Credo di parlare a nome di Natasha quando dico che le porte del Complesso sono sempre aperte.» insiste flebile, ma perdendo subito di convinzione deducendo dal tono le possibili evoluzioni negative della conversazione, seguendo Clint fino all'entrata ed accettando il proprio cappotto in un gesto inequivocabile. 

«Volevo solo avere voce in capitolo su questo "passaggio di testimone", credo. Come ho voluto avercela per la questione degli Accordi.» sentenzia l'uomo con tono serio concedendole una motivazione alla strana serata, svicolando con lo sguardo sulle mani di Katherine strette intorno al riser dell'arco, dipingendosi un sorriso triste sulle labbra che sembra rimpiangere tutto ciò che ha perso e a cui ha scelto di rinunciare perché indegno – quel sorriso, Kate ne è convinta, è una delle cicatrici più dolorose che le fosse mai capitato di vedere, trovando paradossale come due persone potessero convivere con le stesse ferite da Decimazione facendo affidamento al medesimo oggetto, il primo rinunciandoci e la seconda acquisendolo. «Ronin ha perso il diritto di avercela, quella voce, da diverso tempo ormai… ma per una sera volevo ricordarmi com'è essere chi ero. Ciò significa reclutarti, non addestrarti.»

Katherine annuisce, insicura di come dovrebbe sentirsi nell'essere l'unica testimone delle dimissioni ufficiali di Clint Barton come Occhio di Falco, mentre la consapevolezza di cosa comporti quel ruolo e la sua rinuncia sedimenta dentro di lei e le lascia un segno indelebile… varcando la porta d'uscita, perché la sua missione è terminata e lei non ha più motivo di restare – "Una transazione non prevede sentimentalismi Katherine, non importa da chi prendi e a chi dai" le ricorda la voce di Romanov lapidaria, dandole uno sprone per affrontare quel saluto dignitosamente ed a testa alta. 

«Dì a Natasha di non cercarmi più, non c'è più un motivo o un modo per farmi tornare a casa.» sentenzia Barton, instillando in Katherine il sospetto di essersi appena immischiata in faccende che non la riguardano. «E dille anche di insegnarti ad usare le Boomerang, sono le più utili in battaglia.»

Katherine annuisce, confusa dalle ultime affermazioni ma restia a chiedere delucidazioni, confidando nell'intuito di Romanov mentre Ronin le chiude la porta in faccia senza troppe cerimonie – Che serata assurda… 

La prima cosa che fa, una volta fuori, è avvisare Thomas e declinare la sua offerta di tornare indietro per riportarla a West Village, cercando la fermata della metropolitana più vicina, scegliendo di fregarsene di farsi vedere in giro dai nottambuli con una faretra ed un arco in spalla, talmente euforica da prestare attenzione solamente al rilascio di endorfine che le fanno tremare le gambe – si sente una divinità scesa in Terra… e vuole urlare, gridare in faccia al mondo che "sì, ce l'ha fatta!", ma soprattutto, vuole sbattere la sua felicità esplosiva in faccia ad Elijah. 

«Kate, cosa diavolo…» commenta sorpreso il ragazzo aprendo la finestra al piano terra un’ora dopo, stroppicciandosi gli occhi gonfi di sonno che spalanca una volta puntato lo sguardo sull’arco e la faretra che le pendono dalla spalla. «Sei matta da legare, donna. Cosa ci fai qui?» 

«Ti auguro la buonanotte, uomo di poca fede.» sorride sorniona soffiandogli un bacio, facendo cenno di andarsene ora che il proprio ego è soddisfatto… ma Kate è troppo presa a gongolare per i propri traguardi da dimenticarsi di calcolare quando sia imprevedibile, agile e veloce Eli – e no, un bacio no che non se lo aspettava… come Elijah non si aspettava la cinquina sulla guancia per averla colta di sorpresa a sua volta.

«Non. Farlo. Mai. Più.» afferma spaventata, leggendo negli occhi del ragazzo uno sbigottimento tale da farla sentire in colpa quando Eli realizza il proprio gesto avventato e cataloga la sua reazione, lanciandosi in una sequela di scuse che la fanno sentire ancora più a disagio… mentre uno sciame di farfalle inizia ad agitarsi timido nel suo basso ventre, fornendo molte più risposte di quante ne richiedano le sue domande – Oh mio… Kate, sei proprio una sciocca testarda.

Katherine afferra lo scollo della maglietta di Elijah senza riflettere, assecondando l’urgenza di metterlo a tacere e spiegargli che non ha fatto nulla di sbagliato, posando precipitosa le labbra sulle sue ricambiando finalmente il bacio.

«Scusa, mi hai colta di sorpresa.» si giustifica Kate imbarazzata quando interrompe il contatto, la testa leggera e la propria euforia che ora tocca vette preoccupanti, cercando di ricomporsi con scarsi risultati mentre avverte le proprie guance andare a fuoco. «Puoi baciarmi, ma chiedimi il permesso prima. Per favore.»

«Sei un disastro di proporzioni cosmiche, Katie-Kate.» commenta il ragazzo prendendosi gioco del loro romanticismo mancato, scrutandola con un sorriso da ebete impresso sul volto e l'aria di chi si sente finalmente realizzato nella vita, mentre la ragazza scende dal davanzale e rimette i piedi per terra. «Questo non cambia nulla, suppongo.»

«Tu sei un disastro, io sono fantastica.» ribadisce Katherine prendendosi l'ultima parola, sfarfallando un saluto con le dita senza smentire o confermare quanto detto da Elijah, divertendosi a lasciarlo sulle spine… non tanto per fare la preziosa, ma perché effettivamente non sa come pronunciarsi sull'argomento, autodichiarandosi consapevolmente “fuori allenamento” con tutta quella serie di smancerie con cui non aveva più voluto aver a che fare da cinque anni a quella parte. «Ci vediamo domani, Bradley.»

«Aspetta, Kate-...!» la richiama indietro Eli, ma lui non scavalca la finestra per inseguirla e lei non si volta indietro a guardarlo, tornandosene a casa felice per la prima volta dopo tanto – troppo – tempo.

 

***

 

«Sei qui da sola?» 

Natasha volta le spalle ai resti del buffet al richiamo, fronteggiando Stark ed il flute di champagne che le offre, mentre il resto degli invitati continua a chiacchierare e ballare in pista senza aver dato cenno di aver riconosciuto l'intrusa. 

«Ciao anche a te, Tony.» sorride la donna eludendo la domanda, accettando la bevanda e portandosela alle labbra pitturate di rosso, sentendosi per niente fuori posto nel contesto nonostante lei sia a tutti gli effetti un ospite inatteso. 

«Nat. Come mai da queste parti?» non demorde l'uomo con sospetto, il nodo alla cravatta slacciato che denota il volgersi a termine della giornata, mentre Tony si prende due secondi per studiare la sua acconciatura impeccabile striata di biondo e di rosso, scendendo poi con lo sguardo fino all'orlo del vestito immaginando quante armi vi siano nascoste sotto. 

«Sono passata a salutare… per vedere come ti sta lo smoking e commentare il vestito della sposa.» ammicca Natasha, svuotando il bicchiere e porgendolo di nuovo in direzione dell'uomo. «Me lo riempi?» 

«Potrei procurarti qualcosa di più forte, se vuoi. Lontano da occhi indiscreti, magari.» propone Tony sciogliendosi in un sorriso furbo che gli incurva le labbra, vantando un atteggiamento più disponibile quando capisce di non dover temere l'entrata in scena di Steve da un momento all'altro. «Come l'hai saputo?» 

«Il tuo testimone di nozze è un pessimo bugiardo.» commenta la donna con una scrollata di spalle, sorridendo compiaciuta quando Tony le fa notare che per lei erano tutti dei pessimi bugiardi, prendendola a braccetto e trascinandola lontano dalla festa in riva al lago, risalendo la collinetta fino al portico in legno della casa e facendola accomodare su una poltroncina in vimini. 

«Brindiamo a qualcosa?» propone Natasha quando Tony torna dalla cucina con la bottiglia di whisky stappata di fresco ed un paio di bicchieri, accettando l'offerta accantonando il rumore indistinto della musica, rilassandosi contro lo schienale imbottito ignorando che quello fosse il loro primo incontro dopo quasi tre anni. 

«A cosa? Alla mia fede al dito o al tuo invito non pervenuto?» chiede retorico Tony facendo tintinnare i bicchieri mentre Natasha soffia un "entrambi", assaggiando un piccolo sorso di liquore dopo essersi lasciato cadere sulla poltroncina al suo fianco, posando il bicchiere ancora pieno sul bracciolo e reclinando la testa di lato per guardarla di sottecchi. «Non hai pubblico, puoi parlare ora. Perché sei qui, Romanov?» 

«È così strano che avessi solo voglia di vedere la tua faccia? Dopo tredici anni di tolleranza reciproca me lo aspettavo un invito alla cerimonia.» afferma Natasha con un tono di voce che si sforza di suonare leggero, ma tradendo una punta di nostalgia mentre svicola con lo sguardo che cade sul gazebo allestito una trentina di metri più in là, dove i pochi invitati rimasti continuano a festeggiare alla luce del tramonto riflesso nell'acqua – è una festa contenuta per essere il matrimonio di Stark, come se l'uomo avesse organizzato il tutto apposta per passare in sordina, senza accaparrarsi la prima pagina di una rivista di gossip [*]. «Me lo immaginavo diverso, questo giorno.»

«Cosa ti manca? La stampa o la squadra?» azzarda Tony avvertendo l'estremo bisogno di combattere l'improvvisa secchezza alla bocca, recuperando il bicchiere abbandonato sul bracciolo, mentre Natasha gli rifila uno sguardo abbastanza ovvio per rispondere alla sua sciocca domanda. «Gli altri come stanno?» 

«Non lo so di preciso, li ho persi di vista quasi tutti. Anche Steve si è trasferito, si è dato da fare con un gruppo d'ascolto a Brooklyn.» afferma spiccia, agitando pigramente il liquido ambrato nel bicchiere, gli occhi verdi ancora puntati in lontananza e le orecchie impegnate a captare qualche nota trasportata dal vento. 

«Barton?» azzarda Tony, fermo agli aggiornamenti di Washington quando si era congedato con Rhodes ed era sparito dai radar della Vedova, incredulo nel saperla così isolata e cercando di mascherare l'apprensione che grava sulla domanda inespressa – So dei ragazzi, so di Laura. Dov'è? Come sta? Tu, come stai?

«Non vuoi saperlo, credimi.» commenta lapidaria Natasha chiudendo il discorso prima di spargere sale sulla ferita ancora aperta, slacciandosi definitivamente i tacchi e raccogliendo le gambe al busto, perdendole tra le pieghe del vestito mentre Stark deglutisce a vuoto intuendo il non detto, spingendola implicitamente a cambiare discorso quando si schiarisce la voce per riempire il silenzio. «Ogni tanto Rhodes passa a bersi un caffè al Complesso, sai? Mi ha raccontato che sei il genere di papà che vizia la figlia.»

«Ho come l'impressione che la notizia non ti sorprenda.» scherza Tony, per nulla sorpreso che lei fosse riuscita a strappare di bocca certe indiscrezioni a Rhodey, ma stupito dell'argomento emerso senza troppe sovrastrutture a mascherare il sincero interesse. «Cos'altro dice in giro per rovinarmi la reputazione?» 

«Che sei felice, e che ti meriti di esserlo.» lo spiazza con una sincerità disarmante, rinunciando a mostrarsi algida e cercando di assorbire più possibile quel calore diventato estraneo di cui ormai conserva solo un vago ricordo… forse vedere con i propri occhi Tony voltare pagina poteva aiutarla a fare lo stesso, anche se inizia già a pentirsi della propria scelta dettata dalla debolezza. «Quanti anni ha adesso Morgan?» 

«Quasi due.» concede Tony con un sorriso timido che gli incurva le labbra in una smorfia, la medesima espressione buffa dipinta sul viso della bambina quando Natasha si era chinata all'altezza dei suoi occhi, porgendole il peluche che le aveva portato in dono e ricambiando il suo sorriso raggiante prima di vederla correre malferma sulle gambe fino ai piedi dei genitori, tirando la gonna del vestito da sposa della madre per mostrarle il nuovo giocattolo, additandola poi tra la folla. «A proposito, il peluche è davvero un peluche o lo devo controllare?» 

«Non ti fidi?» chiede Natasha suscettibile stando al gioco, sfarfallando con le ciglia e vantando un sorriso innocente dipinto sulle labbra rosso bordeaux. 

«Malefica insegna.» si spiega Tony, lasciando sottintendere che il contesto è terribilmente simile, risparmiandosi di ricordarle che di lei non si fida più troppo, soprattutto dopo Lipsia. «Mi sono fatto una cultura di cartoni animati molto istruttiva.»

«Non lo metto in dubbio.» commenta Natasha ironica senza fornirgli risposta, tornando a puntare le iridi verdi sull'uomo, posando i piedi a terra ed indossando nuovamente i tacchi. «So di non essere la benvenuta, quindi levo il disturbo. Ti vedo bene… volevo solo accertarmi di questo.»

«Tu invece? Stai bene?» chiede Stark per educazione, intuendo le sue reali intenzioni benevole con un secondo di scarto, alzandosi in piedi a sua volta quando Natasha si erge sui tacchi e si rassetta il vestito con l'intento di andarsene. 

«Sempre.» sorride falsa, nella speranza che la sua maschera di cera regga, richiamando alla memoria i loro sciocchi convenevoli risalenti ad una vita prima, quando potevano ancora considerarsi una famiglia allargata e non dei conoscenti che con gli anni si sono persi di vista. «Li vedo i tuoi accessi al vecchio database di FRIDAY, sai? I ragazzi ti incuriosiscono?»

«Un po', ma lo sai perché mi tengo alla larga.» ammette Stark facendole cenno di avvicinarsi per un abbraccio di congedo, mentre Natasha si chiede chi dei due ne abbia più bisogno. «Quante probabilità ci sono che torni Zia Nat a ficcanasare da queste parti?» 

«Dipende da te, a dire il vero.» sorride la donna, perdendosi nel contatto per una frazione di secondo, ricordandosi a forza di essere fatta di granito perché Tony, a differenza di Steve, sa riconoscere le crepe senza scambiarle erroneamente per venature del marmo. «Posso tornare [3]?» 

«Tutte le volte che Zia Nat ne sente il bisogno.» concede con una sfumatura di comprensione profonda nella voce, stringendo un po' di più la presa prima di lasciarla andare. «Basta che lasci Romanov fuori dalla porta.»

«Mi sembra giusto.»








 

Note:

[*] L’illustrazione è reperibile nel mio account Instagram: @tilde_stuff

[1] Precisazioni d’obbligo, per evitare malintesi: gran parte del disastro che si scatena nei fumetti degli Young Avengers deriva dal fatto che emergono nella scena supereroistica poco prima della Guerra Civile dei superumani, quindi l’età, la loro gestione e l’eventuale addestramento di quest’ultimi viene penalizzato dal fatto che sono minorenni, senza alcun tipo di tutela e i genitori non sono a conoscenza delle loro abilità (o meglio, gli unici informati sono i genitori adottivi di Thomas, che lo rinchiudono in un riformatorio per Mutanti). In luce di ciò, vorrei far presente a tutti che nell’MCU attualmente non esiste il Xavier Institute, mentre ricordo che Steve ha firmato per diventare Capitan America, Natasha invece si è ritrovata nella Stanza Rossa da bambina senza volerlo, di conseguenza è più incline a mettersi nei panni dei cinque disgraziati a cui decide di fare da mentore / mamma orsa – la trovo un’alternativa carina all’idea iniziale dei Russo di volerle far gestire un'associazione per gli orfani della Decimazione, poi scartata per motivi di screen-time ed elaborazioni di trama varie.

[2] Il folle si chiama Hank McCoy AKA Bestia, e cercava solamente una cura per non dover più convivere con le zanne e la pelliccia blu, non è esattamente colpa sua se gli svaligiano il laboratorio e vendono il siero al primo offerente.

[3] Stando alla mia chiave di lettura, in "Endgame" il cenno fatto da Nat quando scende dalla macchina mi suggerisce che non sia la prima volta che si reca alla casa sul lago, come non sembra affatto sorpresa di Morgan, a differenza di Steve che non ne sapeva nulla o quasi.
   
 
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