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Autore: Lamy_    27/02/2021    1 recensioni
Ivar e Hildr sono i nuovi sovrani di Kattegat. Devono far riemergere un regno dalle ceneri, e una tale azione richiede sacrificio e impegno costante.
I nemici circondano i neo-sovrani: Oleg e il suo esercito sono pronti a eliminare chiunque minacci il trono di Kiev. Ma il principe Dir ha altri piani che includono l’appoggio di Ivar e Hildr.
A incrinare una situazione già di per sé delicata sarà la guerra dei vichinghi contro il Wessex. L’esito sarà doloroso e le conseguenze porteranno a nuovi equilibri mai visti in precedenza.
Tutto è nelle mani di Hildr.
Amore e morte, forze antiche quanto il mondo, giocheranno una partita in cui le pedine avranno solo due possibilità: splendere di gloria o piegarsi alla sconfitta.
(6B; contiene spoiler a vostro rischio e pericolo)
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ivar, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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6. CONTO IN SOSPESO

Cinque mesi dopo
Ivar sbadigliò senza curarsi di sembrare indisposto. Erano ore che ascoltava le lamentele dei cittadini su qualsiasi faccenda – capre rubate, il prezzo del pesce, verdura marcia – e si stava annoiando. Nel frattempo gli era anche venuto un terribile mal di testa. L’uomo che stava parlando ora stava zitto, segno che aveva concluso la sua lagna.
“Me ne occuperò io. Avanti il prossimo!”
Un ragazzo alto e robusto fece un inchino e incrociò le braccia dietro la schiena; era il figlio di un pescatore deceduto poche settimane prima a causa di una tempesta.
“Re Ivar, sono al vostro cospetto per una questione urgente.”
“Parla pure.”
Gli occhi di Ivar si focalizzarono sul tavolo alle spalle del ragazzo, un sorriso gli spuntò sulle labbra. La sera prima lui e Hildr avevano iniziato a stuzzicarsi durante la cena per poi finire dritti in camera da letto per tutta la notte. I ricordi dei loro baci erano ancora vividi e gli facevano venire la pelle d’oca.
“… quindi la Regina sta influenzando mia sorella.”
Di colpo Ivar tornò alla realtà, aggrottando la fronte verso il ragazzo.
“Hai menzionato la Regina?”
“Sì, Re Ivar. La Regina sta reclutando quasi tutte le donne di Kattegat per addestrarle al combattimento. Ora che mio padre è morto, c’è bisogno che mia sorella si sposi per sistemarsi. Non posso occuparmi sia di lei sia di mia madre con il mio modesto lavoro. La Regina sta influenza le donne, le sta convincendo che tutte loro possono essere al pari degli uomini. I matrimoni sono diminuiti negli ultimi mesi e sono aumentati i divorzi.”
Quella non era la prima lamentela. Altri uomini – fratelli, padri e mariti – si erano recati da lui per denunciare la condotta di Hildr. Sebbene Ivar fosse d’accordo con lei, doveva anche accontentare il popolo.
“La Regina influenza le donne perché un modello da seguire. Se tua sorella vuole combattere, è libera di farlo. Non devi imporle un matrimonio che non vuole. Se vuoi ricavare il denaro, ti conviene intensificare la pesca.”
“Ma io non –“
Il ragazzo si interruppe quando Ivar alzò la mano.
“Sei congedato.”
Il giovane pescatore chinò il capo e uscì con le spalle ingobbite dallo sconforto. Ivar doveva scambiare due parole con la Regina prima di sopportare altre denunce.
 
Hildr osservava lo stuolo di ragazze davanti a sé. Nei mesi precedenti un gran numero di donne aveva espresso il desiderio di diventare shieldmaiden e si erano rivolte a lei per essere addestrate. Ovviamente era stata ben lieta ad accettare ogni richiesta, anche a discapito degli uomini che iniziavano a lamentarsi.
“Tre sono le regole fondamentali di una shieldmaiden. La prima è essere una guerriera nel cuore. Potete anche spazzare il vialetto di casa, ma l’importante è avere l’animo da combattente. La seconda è lottare sempre per ciò che è giusto a prescindere dal giudizio altrui. La terza regola, importantissima, è avere rispetto per se stesse e non scendere mai a compromessi.”
“Neanche con il Re?” domandò una voce alle sue spalle.
Ivar si trascinava sulla stampella verso di lei, attento a non scivolare sulla sabbia.
“Cinque minuti di pausa.” Disse Hildr.
Mentre le ragazze rompevano le righe, lei andò da Ivar per avere un minimo di privacy.
“Che bel panorama.” Commentò lui, guardando il mare.
“Che ti serve? Non fai mai visita durante l’addestramento.”
Ivar gettò un’occhiata alla folla dietro di lei, il numero era nutrito e alcune erano donne di una certa età.
“Non mi aspettavo che un numero così elevato partecipasse all’addestramento.”
Hildr rise senza divertimento, sapeva che quella visita nascondeva una motivazione diversa.
“Non sei qui certo per complimentarti. Che succede?”
“La gente si lamenta della tua condotta, Hildr.”
“Gli uomini si lamentano della mia condotta.” Lo corresse lei.
Ivar indurì la mascella, tentava di reprimere parole velenose.
“Se tutte le donne di Kattegat vengono qui, chi resterà in città ad occuparsi della casa e dei figli? Alcune di loro aiutano i mariti al mercato.”
“Sei venuto fin qui a dirmi queste fesserie? Lo sai che non ci casco.”
Ivar le mise la mano sulla spalla e col pollice le accarezzò il mento.
“Lo sai che io sono sempre dalla tua parte. Sono contento se Kattegat si riempie di shieldmaiden, le donne sono migliori in battaglia. Il problema è che tenere a bada gli uomini sta diventando difficile. Non voglio che tu diventi il bersaglio della loro ira.”
“E tu lo sai che questa città ci odia. E’ da quando siamo ragazzini che questa gente ci sottovaluta perché ci considera uno storpio e una ragazzina. Se posso aiutare queste donne a difendersi dal pregiudizio maschile, allora sono felice di farlo.”
Ivar sospirò, proprio non riusciva a opporsi a Hildr. Ogni volta che cercava di imporsi, lei ribaltava la situazione e stravolgeva tutto.
“Sei così testarda che ti amo da impazzire.”
Hildr sorrise trionfante, era strabiliante come lui non fosse capace di resisterle.
“Perché sono fantastica e ho sempre ragione.”
“Concordo che sei fantastica, ma sul fatto che hai ragione …”
“Brutto caprone!”
Ivar rise quando Hildr gli tirò un pugno sul petto. Fece scendere la mano lungo il fianco fino a cingerle la vita per avvicinarla sé.
“Ci penso io a rimettere in riga gli uomini. Non riceverai nessun disturbo.”
“Quanto è bravo mio marito!” scherzò Hildr.
“Questo è un chiaro tentativo di corruzione.” Replicò Ivar, sorridendo.
Hildr si allungò verso di lui e lo baciò, sperando di dissuaderlo dal suo atteggiamento autoritario da re. Ivar si perdeva in ogni bacio, dimenticandosi del mondo circostante. Avrebbe affrontato Ragnarok se Hildr lo avesse continuato a baciare con quella passione.
“Ora sparisci, maritino. Io ho del lavoro da fare qui.”
“Ai vostri ordini, regina.”
Ivar rimase a guardarla con un sorriso mentre Hildr tornava a radunare le donne. Se solo avesse potuto, avrebbe fermato il tempo per tenerla con sé per sempre.
“Ah, Ivar!”
“Sì?”
“Ti amo anche io, però mi irriti lo stesso!” gridò lei, un sorrisino sulle labbra.
“Lo so, mia cara!”
 
Due giorni dopo
“Aila, sta buona. Va tutto bene.”
Isobel sentiva le braccia intorpidite, non sapeva neanche lei da quanto tempo stava cullando Aila. La bambina non smetteva di piangere, ormai aveva il viso arrossato dalle lacrime.
“Posso?”
Hvitserk emerse dal fondo del corridoio, era scalzo e aveva i capelli sciolti. Era bello come quando Isobel lo aveva conosciuto, forse anche più bello.
“Non smette di piangere. Scusa se ti abbiamo svegliato.”
“Nessun problema. Posso provarci io?”
Hvitserk allungò le braccia e Isobel gli passò la bambina. Il pianto disperato di Aila si placò con qualche carezza e qualche bacino sulla guancia paffuta.
“Non sento questo silenzio da ore.” Bisbigliò Isobel, sorpresa.
“Perché Aila vorrebbe stare di più con il suo papà.” Disse lui.
In effetti la bambina si stava addormentando fra le braccia di Hvitserk che la dondolavano; era una scena tenera.
“Lo sai che puoi stare con Aila quando vuoi.”
“Ma io voglio stare anche con te.”
Isobel abbassò lo sguardo, non era in grado di reggere gli occhi tristi di Hvitserk. Dalla camera di Ivar e Hildr provenivano delle risatine, si stavano divertendo un sacco. Anche lei in passato aveva riso con suo marito, poi in seguito al tradimento tutto si era fatto triste.
“Tu volevi stare con Bjorn. Non ti è mai importato di me.”
“Ho sbagliato a seguire Bjorn. Però devi capire che gli dèi mi hanno affidato una missione: tocca a me uccidere Ivar.”
Isobel sgranò gli occhi, quella rivelazione era inaspettata.
“Sei tornato per uccidere Ivar? Sai che Hildr non te lo permetterà mai.”
“Non lo so cosa riserva il futuro per me e Ivar, io so soltanto che sono tornato per rivedere te e la bambina. Aila è la cosa più preziosa della mia vita.”
“Aila resterà per sempre la tua bambina, ma il nostro matrimonio è finito. Mi dispiace, Hvitserk, ma tu mi hai lasciata quando avevo bisogno di te. Senza Hildr e Ivar io sarei morta. Sono in debito eterno con loro.”
Isobel ricordava bene la prima volta che aveva visto Hildr a York, sporca di sangue e con l’arco puntato sui nemici. Sembrava un angelo nero.
“Le cose cambieranno molto presto.” Disse Hvitserk a bassa voce.
“Di che stai parlando?”
Il ragazzo controllò che non ci fosse nessuno, non voleva che orecchie indiscrete ascoltassero.
“Ivar sta progettando qualcosa. So che ha inviato due uomini per convocare qualcuno a Kattegat.”
“Qualcuno chi?” volle sapere Isobel.
“Non so chi di preciso, ma è qualcuno di potente.”
Forse Hildr aveva avuto ragione sul brutto presentimento che aveva avvertito mesi addietro. Qualcosa di distruttivo stava per accadere.
 
Tre giorni dopo
Hildr quasi cadde dal letto mentre si rotolava fra le coperte. Mugugnò un’imprecazione, però rimase con il braccio quasi a terra.
“Sei tremenda. Dovresti andare in letargo come gli animali.” Disse Ivar.
“Shh, lasciami dormire ancora un po’.”
“Lo dici sempre e poi ti risvegli fra due giorni.”
Hildr dovette aprire gli occhi quando si accorse che il posto accanto a sé era vuoto. Ivar si era messo seduto e si stava massaggiando le ginocchia.
“Stai bene?” domandò con voce preoccupata.
“Sto bene. Ho solo qualche dolorino, sarà colpa dell’inverno che si avvicina.”
Ivar stava soffrendo di più negli ultimi tempi, aveva spesso attacchi di febbre e dolori lancinanti. Hildr si alzò, fece il giro del letto e si inginocchiò davanti a lui. Gli prese le mani e ne accarezzò il dorso.
“Ivar, hai le mani bollenti. Hai di nuovo la febbre?”
“Ti giuro che sto bene. Non ho la febbre. Sono soltanto accaldato, capita quando dormi accanto a una donna bella come te.”
Hildr non credette a una sola parola. La sua pelle scottava e aveva gli occhi lucidi, segni inequivocabili di febbre. Dovunque lo toccasse, fronte, guancia, braccia, sembrava bruciare.
“Rimettiti a letto. Ti preparo qualcosa per la febbre. E non si discute!”
Ivar era troppo stanco per ribattere, fingere di stare bene era ormai inutile. Si sdraiò e si coprì, posando la testa dolorante sul cuscino.
“Ho molti impegni oggi. Non posso restarmene a riposo tutto il giorno.”
Hildr intinse un panno nell’acqua fredda, dato che il secchio era rimasto fuori tutta la notte, e glielo poggiò sulla fronte.
“Stai male, Ivar. Ti sta capitando sempre più spesso. Un re malato non è di nessun aiuto.”
Ivar sorrise, era rassicurante sapere che lei si sarebbe presa cura di lui in ogni momento. Si liberò nell’aria una piacevole fragranza di camomilla mentre Hildr metteva i fiori in infusione in una scodella d’acqua.
“Hai mai pensato di fare la guaritrice? Sei brava.”
Inge, la madre di Hildr, aveva lasciato in eredità alla figlia un taccuino in cui ero annotate tutte le sue ricette curative, le piante da usare e i tempi di infusione. Era uno dei pochi oggetti che si erano salvati dall’incendio.
“Forse un giorno ci penserò. Ecco, bevi questo.”
Ivar bevve l’infuso di camomilla con calma, godendosi il buon sapore e il calore della ciotola. Hildr, intanto, aveva cambiato la benda sulla fronte per sostituirla con una più fredda. I suoi occhi erano colmi di agitazioni, e ad Ivar si strinse il cuore.
“Hildr, non fare così. Domani starò meglio. Vieni, stenditi con me.”
La ragazza si sdraiò al suo fianco e prese ad accarezzargli i capelli, ora freddi e bagnati per via della benda. C’era qualcosa che non andava in lui, quegli attacchi di febbre continui erano il segnale che c’era dell’altro sotto.
“La tua malattia sta peggiorando. Me ne accorgo, sai.”
Ivar deglutì, di colpo la camomilla era diventata amara. Si sforzò di sorridere.
“Non ti libererai di me, se è questo che credi. Ti darò il tormento ancora per molto.”
Hildr si fiondò fra le sue braccia, affondando la guancia contro il suo petto. Sentire il battito del suo cuore significava che per ora era ancora vivo.
“Il futuro è incerto.”
Ivar la strinse forte e le baciò i capelli. Fece il possibile per reprimere le lacrime.
“Il nostro futuro è insieme, mia regina.”
 
Due settimane dopo
“Pss! Pss!”
Isobel si guardò intorno per capire chi la stesse chiamando. Dietro un barile di birra spuntava la testa di Hvitserk.
“Che stai facendo là dietro? Mi segui?”
“Devo dirti una cosa.”
Con riluttanza – ma anche un pizzico di eccitazione – Isobel seguì Hvitserk fra le stradine strette di Kattegat.
“E’ successo qualcosa? E’ morto qualcuno?”
Andò a sbattergli contro quando Hvitserk si arrestò di colpo. Si massaggiò la fronte dolorante e si morse le labbra.
“Ti ricordi quando ti ho detto che Ivar ha invitato dei pezzi grossi? Beh, sono qui. Due enormi imbarcazioni sono appena entrate nel porto.”
“Sai chi sono?”
A Isobel non piacque affatto l’espressione accigliata di Hvitserk. Ogni emozione traspariva sul suo volto come fosse un libro aperto.
“Purtroppo sì. Si tratta della Regina Jorunn con suo figlio Eskol e di jarl Einer con la moglie Feima.”
“Quanto dobbiamo preoccuparci?” chiese Isobel.
Hvitserk guardò il porto, laddove una piccola folla stava accogliendo i nuovi arrivati. Floki gli aveva raccontato alcune storie sulla regina e sullo jarl che avrebbero fatto accapponare la pelle anche al forte Thor.
“Jorunn ed Einer sono famosi per essere crudeli e feroci. Se Ivar li ha invitati significa che c’è una guerra all’orizzonte.”
“Dobbiamo avvisare subito Hildr.”
 
Hildr sollevò la propria spada in modo che tutte le donne presenti potessero vederla. Conficcò la punta nella sabbia e tratteggiò dei disegni confusi.
“Scegliere la vostra arma di battaglia non è facile. Dovete tenere a mente fattori importanti: il peso, il metallo e l’aderenza. Se l’arma pesa più di voi, sarete in svantaggio. Se il metallo è scadente e si frantuma, sarete in svantaggio. Se la mano non aderisce bene, sarete in svantaggio. Ogni svantaggio vi avvicina sempre di più alla morte.”
“Come facciamo a capire qual è l’arma giusta?” domandò una ragazza in prima fila.
Hildr le offrì la spada e, quando la ragazza la prese, le scivolò di mano.
“Avete visto? L’arma è scivolata perché la mano della vostra compagna non aderisce bene all’elsa. Inoltre, la spada pesa troppo per lei che è così minuta. Scegliere l’arma giusta è una questione di istinto, la troverete solo quando ce l’avrete in mano.”
Un’altra ragazza alzò la mano e Hildr fece un cenno con la testa per concederle la parola.
“E voi come avete capito che la vostra arma di battaglia è l’arco?”
“Ho preso l’arco, l’ho imbracciato e ho scoccato una freccia. Era stabile sulla spalla, la mia mano era ferma e il mio sguardo era vigile. Così ho realizzato che sarebbe stata la mia arma.”
“Mia signora, il principe vi cerca.” Disse Sigrid.
Hildr si voltò e vide che Isobel e Hvitserk si sbracciavano per farsi notare. Era così strano vederli insieme, dunque doveva essere capitata una sventura.
“Per oggi abbiamo finito. Ci vediamo domani, e nel frattempo pensate alla vostra arma.”
Dopo aver risalito la collina di sabbia, Isobel si precipitò per afferrare la mano di Hildr.
“Vieni subito al porto. Ci sono ospiti.”
“Ospiti? Non ne sapevo niente.”
Hvitserk prese l’altra mano e la strattonò verso Kattegat, mentre Isobel la guardava con gli occhi preoccupati.
“Jorunn ed Einer sono qui.”
Sulla regina e sullo jarl circolavano svariate voci, una delle tante era quella di Floki che aveva raccontato a Hildr la ferocia di quei personaggi.
“Padre degli dèi, proteggici tu.”
 
Ivar sedeva sul trono mentre gli ospiti gli porgevano i consueti saluti. La regina Jorunn non si era inchinata, non era da lei, ma aveva comunque sfoggiato il sorriso più cortese che avesse in serbo. Einer e la moglie, invece, si inchinarono e offrirono al nuovo re una cesta di doni. L’ultimo a salutare Ivar fu Eskol, un ventenne dalla corporatura muscolosa e un tatuaggio sulla tempia.
“E la regina dov’è? Ho saputo che possiede una grande bellezza.”
Ivar strinse i braccioli del trono, anche se avrebbe voluto serrare le mani intorno al collo del ragazzo. Eskol era in età da matrimonio e quella curiosità nei confronti di Hildr era allarmante.
“La regina è molto bella, ma soprattutto è letale. Non le piace chi le dà fastidio.”
Come se fosse stata evocata, Hildr irruppe nella sala in compagnia di Isobel e Hvitserk.
“Oh, eccola! Salve, regina Hildr.” Disse Einer con un inchino.
Hildr non lo degnò di uno sguardo, la sua attenzione era rivolta solo ad Ivar.
“Mi sono persa qualcosa? Non mi aspettavo ospiti tanto … illustri.”
Ivar captò nella sua voce la rabbia ma non era il caso di fare una scenata. A fatica si mise in piedi e raggiunse la ragazza, dunque le circondò i fianchi col braccio.
“Gentili ospiti, sono onorato di presentarvi Hildr. Mia moglie, regina di Kattegat e comandante dell’esercito.”
“Quante qualità in un corpicino così piccolo.” Disse Jorunn con sarcasmo.
“Nella botte piccola c’è buon vino!” esclamò Einer ridendo.
Hildr non rise, sentiva i muscoli paralizzati dalla rabbia. Ivar rafforzò la presa su di lei per non farla scalpitare.
“Hildr è giovane, ma vi assicuro che è davvero eccezionale.”
“Io non ho dubbi.” Disse Eskol, un sorriso malizioso sulle labbra.
Hildr gli lanciò un’occhiataccia disgustata, quel ragazzo le faceva rivoltare lo stomaco.
“Perché i nostri gentili ospiti sono a Kattegat?”
“Per la guerra.” rispose Jorunn.
Ivar avvertì ogni muscolo di Hildr irrigidirsi, la collera vibrava in ciascuna fibra del suo corpo.
“Quale guerra? Non capisco.”
“Chiariremo tutto a cena con una festa per celebrare l’arrivo dei nostri amici.” Disse Ivar.
Una serva accompagnò l’entourage nelle proprie stanze, lasciando i due regnanti da soli. Hildr si staccò da lui e gli diede uno spintone.
“Stupido imbecille! Che cosa hai fatto?”
“Ho fatto quello che serve, Hildr. E ora preparati per la festa, indossa qualcosa di appropriato per una regina.”
La voce di Ivar era farcita di autorità, un tono che raramente aveva usato con lei.
“Perché stai rovinando tutto, Ivar?”
“Ne parliamo dopo, ora va a cambiarti.”
Il cuore del giovane Re si spezzò mentre guardava la ragazza lasciare la sala del trono con espressione afflitta. Per ogni ferita che procurava ad Hildr, ne procurava una identica a se stesso. Era un circolo vizioso di amore e dolore.
 
Hildr fece il suo ingresso nella sala reale a festa cominciata. Tutti gli invitati erano seduti e stavano già bevendo, chiacchierando e ridendo. Al capo del tavolo era seduto Ivar, con gli ospiti speciali accomodati di fronte per conversare meglio. Hvitserk e Isobel erano stranamente vicini alla sedia che spettava alla regina. Tutti e tre erano curiosi di scoprire cosa avesse in mente Ivar. Quando Hildr prese posto, scambiò uno sguardo preoccupato con Hvitserk.
“Regina Hildr, siete splendida.” Disse Feima con un sorriso timido.
Hildr aveva indossato la corona che un tempo era appartenuta ad Aslaug, un sottile cerchio di metallo intricato e con una pietra azzurra incastonata al centro. Anche il suo abito, ricamato a regola d’arte, era blu e argentato per riprendere i colori della corona.
“Vi ringrazio. Anche voi siete molto bella, Feima.”
Ivar cercò di prendere la mano, ma Hildr sollevò il calice per non farsi toccare. Eskol aveva notato quel particole, infatti sghignazzò con le labbra premute sul bordo del bicchiere.
“Siete sposati da molto tempo ormai, eppure non avete ancora figli.” Disse il principe.
“Non vedo perché questo debba essere un vostro affare.” Ribatté Hildr, risoluta.
“Perché una regina non ancora gravida dopo mesi di matrimonio desta attenzione.“
Einer ridacchiò, adocchiando la pancia rigonfia della moglie per via della gravidanza.
“Ivar, ragazzo, devi sbrigarti prima che la tua regina diventi vecchia e sia da buttare.”
Hildr strinse la mano intorno al calice talmente forte da far sbiancare le nocche.
“Non è una questione di cui dovreste preoccuparvi.”
Jorunn si rese conto che la giovane regina era sull’orlo del baratro, una parola sbagliata e sarebbe precipitata.
“Oppure la nostra ragazzina non regge una gravidanza? Portare in grembo un figlio richiede una certa resistenza.”
A quel punto Hildr prese un respiro e fissò gli occhi inferociti sull’anziana Jorunn.
“Avete portato in grembo vostro figlio per novi mesi e qual è stato il risultato? Un emerito imbecille! Meglio non avere figli che averne uno inutile come Eskol.”
Ivar era mortificato, socchiuse gli occhi per accusare il colpo. Una regina aveva il compito di sostenere il re durante una trattativa, invece Hildr stava mandando tutto a monte con il suo caratteraccio.
“Hildr non intendeva offendere Eskol. Lei stava dicendo che …”
Jorunn zittì Ivar con uno sguardo, non aveva bisogno di parlare per imporsi. Anziché offendersi, la vecchia regina si mise a ridere.
“E’ risaputo che mio figlio è un imbecille, non lo nego. Mi fa piacere che qualcuno abbia avuto il fegato di dirmelo in faccia.”
Eskol si agitò sulla sedia, il trattamento che sua madre gli riservava da sempre era atroce. Lo umiliava e lo denigrava solo perché non era furbo e forte come lei.
“Sarò anche imbecille, ma a letto sono una tigre.”
“Ho qualche dubbio.” Mormorò Isobel.
Hildr si portò una mano alla bocca per nascondere una risata, ma comunque attirò l’attenzione di tutti.
“Vuoi farti un giro?” propose Eskol.
Quella scintilla bastò per infiammare Hvitserk. Con uno scatto rapido agguantò Eskol per il colletto e lo spinse per terra, poi gli assestò un pugno in faccia.
“Non rivolgerti a mia moglie in questo modo, oppure la prossima volta assaggerai la lama della mia ascia.”
“La prima volta che Hvitserk mi sta simpatico.” Bisbigliò Hildr, contenta.
Ivar la fulminò con gli occhi e scosse la testa per la disperazione. Credeva di poter tenere a bada la sua famiglia, invece aveva solo peggiorato le cose. Hildr e Hvitserk non si sarebbero piegati ai suoi ordini.
“Adesso basta! Eskol, rimettiti in piedi. Hvitserk, datti una calmata. E tu, Hildr, stanne fuori.”
Il sorriso di Hildr si spense come una candela offuscata dal buio. Ivar non le aveva mai impedito di agire o di parlare, aveva sempre richiesto la sua opinione. Quel divieto faceva più male di una spada conficcata nella carne.
“Come desiderate, re Ivar.”
Si sfilò la corona e la sbatté sul tavolo, incurante dello shock che la sua azione stava causando. Deporre la corona significava rinunciare allo status di regina, significava abbandonare il re sul trono. Significava allontanarsi da Ivar.
“Le premesse per la guerra sono deboli.” Commentò Jorunn.
“Quale guerra? Avanti, parlate!” sbottò Hvitserk.
Ivar deglutì e sospirò, dopodiché si mise in piedi con l’ausilio della stampella. Tirò fuori dalla giacca un piccolo ninnolo, un soldato intagliato nel legno. La paura scosse Hildr dall’interno, avvolgendosi come una spirale intorno al suo stomaco. Era un pezzo della scacchiera di Alfred.
“Ivar, no …”
“Andremo in guerra contro il Wessex. Andremo in guerra contro Re Alfred.”
Isobel chiuse con gli occhi, il dolore mentale ora era anche fisico. Se i vichinghi avevano intenzione di attaccare la sua patria, tutta la sua gente sarebbe stata sterminata. Hvitserk l’abbracciò di istinto, felice che lei si lasciasse consolare senza riluttanza.
“Perché? Perché ora?”
Ivar non guardava nessuno, aveva piantato gli occhi su quel giocattolo.
“Per vendicare la colonia vichinga in Wessex che è stata distrutta. E’ giunto il momento di ricordare ai sassoni che noi vichinghi siamo i veri dominatori.”
Il silenzio della sala fu spazzato via da urla, schiamazzi e applausi. Tutti erano eccitati all’idea di fare la guerra, di spaventare i sassoni e vendicare gli amici perduti. Ivar elargì sorrisi finti e strette di mano, accettando complimenti e auguri. Si voltò in cerca di Hildr, ma non vide nessuno. La corona giaceva sul tavolo, una reliquia oscura. La porta della sala si aprì e si richiuse subito, fu possibile scorgere solo il fruscio di un abito blu.
 
“Hildr, ti supplico, apri la porta.”
Nessuna risposta. Ivar l’aveva cercata dappertutto, ispezionando la dimora reale e anche casa di Isobel. Si era recato addirittura nella casa che aveva fatto costruire per lei sul terreno dei genitori. Dopo un paio di ore aveva capito che l’unico rifugio plausibile fosse la vecchia casa di Floki lungo il fiume.
“Hildr, apri questa maledetta porta!”
“Hildr è morta!” gridò lei dall’interno.
Ivar appoggiò la fronte contro la porta ed emise un sospiro sofferto. Voleva vederla, parlarle, abbracciarla, baciarla. Voleva spiegarle cosa stava succedendo, però non poteva farle carico di quel peso. Non era giusto.
“Ho bisogno di vederti. Ti scongiuro, Hildr, aprimi. Voglio solo vederti.”
“Ho detto che Hildr è morta! Per te è morta!”
Ivar colpì la porta con la stampella e ottenne solo una porzione di legno staccato.
“Amore, ti prego …”
Hildr si precipitò fuori con l’ira che le scorreva nelle vene. Spalancò la porta e gli tirò un cazzotto in pieno volto. Ivar arretrò, toccandosi il naso sanguinante.
“Perché, Ivar? Perché stai rovinando tutto? Credevo che fossi felice ora che sei re e che ci siamo sposati.”
“Io sono felice di essere tuo marito. E’ l’onore più grande della mia vita.”
“Non è vero. Se ti sentissi onorato, non mi volteresti le spalle in questo modo.” Disse lei.
“E’ più complicato di così.”
Hildr sbuffò, non sapeva più come comprendere le ragioni del ragazzo.
“Perché io non ti basto?”
“Non si tratta di questo. Tu mi basti. Anzi, sei più di quanto desidero. Il fatto è che sono stanco di starmene su quel trono ad ascoltare lamentele idiote. Ho bisogno di movimento, di fare qualcosa di grande. Voglio che il mio nome sia ricordato da tutti.”
Ivar tese la mano ma la fece ricadere, incapace di toccarla.
“Io mi ricordo il tuo nome e lo ricorderò per sempre. Lascia stare questa guerra, ti prego.”
“Non posso. Devo farlo. E’ necessario.”
Hildr fece un passo indietro, quella vicinanza era dolorosa.
“Se Kattegat muove guerra contro il Wessex, io verrò meno alla promessa che ho fatto.”
“Hai fatto una promessa?”
“Quando sono andata in Wessex per prelevare Isobel e Aila, sono stata scortata al palazzo di Alfred. Ho parlato con lui e gli ho promesso che i vichinghi non avrebbero invaso il suo regno.”
Ivar emise una risata perfida, una di quelle che metteva tutti a disagio.
“Ah, il caro Alfred. Avete solo parlato o sei finita nella sua camera da letto?”
“Ci risiamo! Tu e le tue idiozie sul sesso!”
“Idiozie? Tu parli con Alfred senza dirmi niente e io devo pensare davvero che vi siate limitate a quello? Andiamo, Hildr, lo sai che io non posso darti quello che potrebbe darti un uomo normale.”
Hildr si passò le mani tra i capelli con frenesia. Non poteva tollerare un altro minuto in più con lui.
“Ma io ho scelto te! Non mi importa quello che potrebbe darmi un altro uomo, io voglio solo quello che puoi darmi tu.”
“E perché non mi hai detto della promessa con Alfred?”
“Perché sapevo che avresti reagito male. E poi non immaginavo neanche che tu volessi invadere il Wessex.”
Ivar si grattò la fronte, gli girava la testa per tutte quelle grida.
“Kattegat andrà in guerra con l’aiuto di Jorunn ed Einer. Sei con me o contro di me, Hildr?”
“Sono contro di te.”
 
Salve a tutti! ^_^
E quando tutto sembrava andare bene … Ivar ne combina una delle sue!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
 
 
  
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