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Autore: shila    28/02/2021    1 recensioni
Storia già pubblicata ma cancellata per errore!!
Questa mia fanfiction è incentrata su un Boruto e una Sarada già adulti. La trama non seguirà lo sviluppo del manga (poiché è ambientata diversi anni dopo) e i personaggi che vi compariranno potrebbero non presentare la stessa caratterizzazione degli originali.
Si tratta di un esperimento, quindi siate clementi! ^.^
Recensioni, sia positive che negative, sono sempre gradite!
Buona lettura.
Tento così di soffermarmi sul pensiero fastidioso di essere una cazzo di anbu, cercando di ignorare quello ancora più fastidioso che mi spingeva a fissare le labbra di Boruto.
Tutti quegli anni dediti alla disciplina e ancora non era in grado di dominare le sue emozioni. Quel vortice di pensieri, senza volerlo, le attivò lo Sharingan.
- Dovrei esserne intimidito?- s’informa l’oggetto e l’artefice del suo tormento.
- Non so…qualcuno lo è- scuoto il capo e batto due colpetti sulla superficie del tavolo. Adesso basta. - Non sono qui per venire a letto con te-.
Mi sorridi sornione, di nuovo, ruotando il capo in direzione della zona notte: - Peccato, qui c’è un letto-.
- Stronzo- questa volta non posso trattenermi.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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2.
 
- Buona sera, Sarada-.
Ed eccoti qui. Come dovevo immaginare ti sei accorto di me, di essere spiato, e anche stavolta mi hai battuto sul tempo, anche stavolta sei stato tu a prendere in mano la situazione, sei stato tu il migliore.
Sei sempre stato bravo a capovolgere le situazioni a tuo vantaggio. Uno stratega nato? No, tu segui il tuo istinto. Sei nato per dominare; la materia di cui sei fatto ti impedisce di essere un pigro fantoccio in balia degli eventi, delle azioni altrui. Tu sei come l’acqua, ti modelli a seconda delle necessità, e non hai paura di usare la tua forza per rompere gli argini, importi sugli altri, sul fuoco, anche su di me.
Cosa dovrei fare? Risponderti? Combattere? Dovrei forse attivare il mio Sharingan e sfidarti? Forse sì. È il simbolo della foglia che nascondo sotto il maglione a ricordarmelo, lo sento bruciare lì sotto.
Tu sei un traditore, un nemico. Dannazione sono io che dovrei spiarti, non tu. Non dovresti essere tu a cogliermi di sorpresa, a lasciarmi con le spalle al muro. Anzi al corridoio.
Perché sono ancora lì, sull’uscio della mia camera.
E così faccio quello che un membro degli Anbu come me non dovrebbe mai fare. Mi chiudo la porta alle spalle e con la punta delle dita cerco l’interruttore della luce. Eccolo, un click e ti posso vedere chiaramente.
- Ciao Boruto- e che altro ti potrei dire? È passato tanto di quel tempo. Solo ora che ti ho di fronte mi rendo conto di avere la gola secca, non so cosa dirti. Chi sei in fondo ora? Uno sconosciuto.
E come devo sembrarti diversa io. O forse no? Forse sei deluso, forse mi trovi identica alla ragazzina scema che ha tentato di fermarti quella notte. Io che ho sempre guardato mia madre con biasimo, che l’ho sempre giudicata per non essersi fatta valere con mio padre, per averlo sempre supplicato di darle qualcosa che il suo cuore arido non poteva neanche concepire.
In fine mi ero rivelata quanto più somigliante a lei non potessi essere. Come mi aveva ribadito anche lei, nei giorni seguenti, “siamo uguali io e te, ora puoi anche smetterla di guardarmi con quell’aria di superiorità”.
Si certo, uguali io e lei.
È stato allora che sono scappata, mi sono rifugiata negli Anbu. Ho abbandonato tutti, anche lei.
- Bella serata per incontrare vecchi amici…non trovi?- soffi quasi fuori da quella massa di capelli biondi che ti ricadono sulla fronte, così dannatamente disordinati. E non lo riesco a vedere bene, ma lo sento il ghigno che ti contorce le labbra. Mi prendi in giro, ironico come sempre. Stronzo.
- Siamo vecchi amici?- ti prendo in giro anche io. E perché no? Perché non dimostrarti che sono cresciuta, che ora anche io sono in grado di tenerti testa sullo stesso terreno; sia esso di battaglia o una schermaglia verbale.
- I vecchi amici si introducono nella tua stanza di nascosto e ti aspettano al buio? Cos’è un agguato? C’è qualche tuo compagno nascosto qui intorno che aspetta il segnale?- ti rispondo con una bella risata, un po’ stridente a dire il vero.
Chissà se ti sei accorto che ho la gola secca. Lancio le chiavi della camera sul letto e avanzo verso il tavolo di legno al centro della stanza. Fa schifo quanto il resto dell’arredamento: il legno è consunto e scheggiato. Chissà quante altre persone si sono sedute a quel misero tavolo. Mi siedo anche io.
C’è ancora la brocca d’acqua che mi hanno portato la mattina. Allungo la mano verso il bicchiere opaco e ci verso dentro l’acqua. Bevo, tu intanto mi guardi.
Che strana scena. Un traditore, un ricercato che se ne sta appoggiato alla finestra, e io, un anbu della foglia che me nesto qui, incastrata in questo legno lercio a bere quest’acqua torbida. Sembra un interrogatorio.
Peccato che non dovrei essere io quella incalzata. Sei tu che dovresti startene qui a bere nervosamente, mentre io torreggio su di te e ti costringo a rivelarmi tutto. Il tuo passato, il tuo presente e forse il futuro.
Chi sei adesso? Quali sono i tuoi piani?
Invece sono io quella nervosa dei due. Tu, al contrario, continui a guardarmi con quella calma studiata che mi ha sempre fatto innervosire, sentire giudicata.
- No- mi rispondi sorridendo - Nessun segnale. È già qui-.
E scoppi a ridere quando mi vedi sgranare gli occhi. - Scherzo, non c’è nessuno…oltre a noi due- e ti avvicini, ora sei di fronte a me, ti siedi anche tu.
Allunghi la mano e mi rubbi il bicchiere, ma non bevi, non subito. Ti rigiri quel pezzo di vetro nella mano, osservi pigramente come la luce del lampadario di ferro, di un triste marrone arrugginito, illumina la superficie d’acqua.
- Due vecchi amici- mi sorridi, e solo ora, dopo aver alzato verso di me il bicchiere, come un simbolico brindisi, solo allora con un movimento deciso ed elegante te ne porti il bordo alle labbra e bevi. Dannazione.
- Che cosa vuoi?-
Fine dei giochi. Non sono mai stata tagliata per le schermaglie verbali e tutti questi anni negli Anbu a eseguire ordini in silenzio, ai margini del mondo, non hanno certo giovato alle mie capacità relazionali.
- Io? Che cosa vuoi tu- posi il bicchiere, con troppa veemenza direi, e mi guardi negli occhi. - Sei tu che mi sta alle calcagna da due mesi. Cos’è? Si tratta di una qualche stupida missione da anbu? Ti hanno incaricata di scoprire il mio covo? O i miei piani? Vuoi sapere se ho intenzione di radere al suolo il vostro patetico villaggio?- e sorridi aggiungendo: - Piuttosto come sta il vecchio?-
- Fanculo, lo sai che adesso ci guida Shikadai. Tuo padre non è più quello di una volta- mi fai arrabbiare e lo sai. Non posso accettare di sentire sulla tua bocca queste parole di disprezzo, non verso quello che una volta era anche il tuo villaggio.
- Lo so bene. Se non ricordo male l’ultima volta che ci siamo visti non era granché in forma, che brutta giornata quella per l’Hokage- ridacchi, poi assottigli quei dannati occhi da gatto e mi guardi come un felino che ha fiutato la sua cena. - Non ti ho vista quel giorno…dov’eri? Ti sei nascosta insieme alle donne e ai bambini?- mi provochi; ti è sempre piaciuto, da ragazzo dispettoso quale eri, cercare di innervosirmi, provocarmi fino a farmi esplodere. Ti rendeva orgoglioso pensare di essere l’unico ad innervosire l’Uchiha, la ragazza solitaria, silenziosa, fredda.
- Difendevo il villaggio dall’interno, insieme agli altri anbu. Non potevo sapere di te e l’Hokage, altrimenti puoi star certo che non mi sarei tirata indietro- non te la voglio ancora dare questa soddisfazione, ricordo quanto ti piaceva provocarmi.
- Certo…ovvio. Fedeli all’Hokage sempre e per sempre. Stupidi idioti- ti guardi attorno, poi mi fissi con insistenza. - Bella stanza…lurida al punto giusto, perfetta per una copertura. Di sicuro ben poca gente ti verrebbe a cercare qui. Anche se a dire il vero sei tu che cerchi me…cosa vuoi? Dimmelo. Vuoi combattere…- e ti avvicini di più, le braccia che si distendono sulla superficie del tavolo - O vuoi sedurmi? Sei una di quelle adorabili kunoichi della Foglia che salvano il villaggio dalla rovina scopando con i nemici?- ed ecco che attacchi a ridacchiare. Idiota.
Languido come una pantera torni composto sulla sedia. Ora gli occhi che mi scrutano sono duri, taglienti.
- No, non credo. Anche perché vestita così la vedo dura, se mi consenti l’eufemismo. Infagottata in questo maglione, col caldo che fa. Allora? Parla. Sto esaurendo tempo e pazienza ti avverto-.
- Cos’è una minaccia? Non eravamo vecchi amici?- ti rispondo fingendo una spavalderia e una sicurezza che ad ora non possiedo.
- Dipende- mi rispondi guardandomi con quei tuoi occhi eccezionali, l’uno di un blu scuro, l’altro di un grigio elettrico venato appena di qualche punta di azzurro. Quello, l’occhio nuovo.
- Da cosa?-
- Da cosa stai cercando a Suna-.
- E tu? Tu cosa stai cercando a Suna?- questa volta sono io a sporgermi verso di te. Ti voglio provocare dannazione! Sembro solo io quella sconvolta. Sono solo io ad essere turbata da questo incontro?
- Cerca di non esagerare. Lascia stare Sarada, è un gioco a cui non puoi battermi. Non sono più quello che conoscevi, anzi sei fortunata del tempo che ti sto dedicando. Potrei ucciderti qui, direttamente e risolvere il problema. Domani ti troverebbero a terra in una pozza di sangue, quei tuoi graziosi apelli neri a incorniciarti il volto sporco di sangue- ridacchi ancora. - Così inquietante cazzo-.
- Sei davvero così convinto di riuscire ad avere la meglio in uno scontro con me? Neanche io sono più la stessa di prima- dentro di me sento la rabbia ribollire, tuttavia scelgo di mentirti, dissimulando una calma che davvero in questo momento non provo. - Magari sono davvero qui per sedurti- ti provoco. - Magari ero in quel locale per attirare la tua attenzione-
- E come? Fissandomi per tutta la serata vestita come un uomo?- replichi guardandomi con derisione.
- Mi hai notata- pronuncio solo questa frase, stavolta ho vinto io. Ti sei tradito da solo, e in fondo il fatto stesso che tu ora sia qui, seduto al mio stesso tavolo, nella stanza che ho preso in affitto in questa squallida locanda è un segno inequivocabile del fatto che tu mi hai notata.
Mi sembra di vedere il mio ghigno soddisfatto, il labbro superiore impercettibilmente increspato. - Altrimenti non saresti qui- questo è il mio colpo di grazia per te.
E il colpo va a segno. Ti vedo tentennare.
Nessun’altro se ne sarebbe accorto, almeno nessun’altro delle persone che come me conoscevano il vecchio Boruto. Difatti rimani composto, come sempre, ma nei tuoi occhi leggo un istante di esitazione, come se non sapessi bene come rispondere. Solo io me ne potrei accorgere; ho passato anni a studiare quegli occhi, a cercare di instillarvi dentro una qualunque emozione o segno di apprezzamento nei miei confronti.
- Cazzate- mi rispondi. - Non vuol dire nulla. Sono un ninja, è così che mi guardo le spalle. Osservo chi mi osserva.-
- Messa così ha un senso- mi viene la pelle d’oca. Da quanto sai che ti spio?-
- Allora? Vuoi confessare con le buone, oppure no? Tra tutti voi della Foglia tu sei una dei pochi a cui non vorrei fare del male.-
- Davvero?- mi fai quasi ridere. - Scusami se lo trovo poco plausibile. Cinque anni fa ci hai attaccato e non in pochi sono morti quel giorno.-
- Tu sei viva però- mi guardi con uno strano sguardo. Cosa vuoi dirmi? Cosa provi? Sei sincero quando dici che non vorresti farmi del male? Ti sembrerò sciocca ma ho un disperato bisogno di credere che in te ci sia ancora qualcosa del ragazzo di una volta, del Boruto burlone che amava provocarmi.
Ho sempre sperato che sotto quegli scherzi e quelle provocazioni ci fosse almeno una briciola di affetto. Ma la realtà forse è un’altra, ora sei un uomo e non posso certo affermare di conoscerti ancora, di sapere che tipo di persona sei effettivamente diventato.
Cosa dovrei pensare di te? Sei veramente lo spietato traditore che cinque anni fa ha messo a ferro e fuoco il villaggio? O i motivi che ti muovono non sono così oscuri come credo? Davvero la sofferenza che ti ha causato tuo padre ti ha trasformato in una bestia?
- Perché ti sono rimasta lontana. Sono viva solo perché combattevamo su fronti opposti, altrimenti chi lo può sapere- e stavolta non ho timore a fissarti negli occhi. - Magari se ci fossimo trovati faccia a faccia ti avrei ucciso.-
- Lo trovo poco probabile- mi rispondi sistemandoti in una posa di incurante indifferenza; le braccia incrociate, un fastidioso ghigno di scherno in faccia.
Fuori faceva caldo, com’era tipico di Suna, ma dentro quella stanza le sembrava di stare sui carboni ardenti e nulla poteva fare la finestra spalancata. Ho la sensazione che la tua sola presenza possa annullare ogni filo d’aria presente, e ciò non fa altro che acuire il mio disagio.
- Allora…possiamo concordare sul fatto che non eri lì per sedurmi. Quindi…- ma ti interrompo prima che tu possa terminare la frase.
- Non l’ho detto- mi affretto a ribattere. - Cosa?- mi guardi di rimando, leggermente accigliato.
- Non ho detto che non volevo sedurti- sogghigno assottigliando gli occhi. In risposta scuoti la testa ridacchiando. - In ogni caso credi davvero che ci sarei cascato? Che strategia è mai questa? Konoha cerca di catturarmi usando il fascino di una vecchia amica?- fai finta di mettere su un broncio da finto offeso. - Credevo che dopo le mie prodigiose prove di astuzia Shikadai avesse una maggiore considerazione delle mie facoltà intellettuali.-
- Siamo pienamente consapevoli delle tue doti- ti rispondo in finto tono gaio.
- Allora possiamo concordare una volta per tutte che non eri lì per sedurmi- adesso sei tu che mi interrompi. Come al solito tuo non puoi accettare che io prenda il comando della conversazione, è questa la tua strategia di potere, eserciti la tua autorità su di me conducendo le redini della conversazione. Sei tu quello che deve avere il controllo.
Sedurti? Già, non era quello il mio scopo. Peccato, in quel caso se ci fossi riuscita forse il mio cuore avrebbe trovato pace. È un pensiero inopportuno, per parecchie ragioni, lo so, eppure non posso farci nulla, anche a distanza di anni sono tentata di scalare questo maledetto tavolo e gettarti le braccia al collo.
Maledetto tavolo…ma soprattutto maledetta me!
Tento così di soffermarmi sul pensiero fastidioso di essere una cazzo di anbu, cercando di ignorare quello ancora più fastidioso che mi spingeva a fissare le labbra di Boruto.
Tutti quegli anni dediti alla disciplina e ancora non era in grado di dominare le sue emozioni. Quel vortice di pensieri, senza volerlo, le attivò lo Sharingan.
- Dovrei esserne intimidito?- s’informa l’oggetto e l’artefice del suo tormento.
- Non so…qualcuno lo è- scuoto il capo e batto due colpetti sulla superficie del tavolo. Adesso basta. - Non sono qui per venire a letto con te-.
Mi sorridi sornione, di nuovo, ruotando il capo in direzione della zona notte: - Peccato, qui c’è un letto-.
- Stronzo- questa volta non posso trattenermi.
In risposta emetti un suono che posso classificare come qualcosa di quanto più vicino a un risolino soffocato. Poi ti alzi e circumnavigando il perimetro del tavolo, mi giungi alle spalle. È impossibile per me trattenere un debole gemito quando ti sento circondarmi il collo con le mani.
- Se ancora non l’hai capito non sono qui per una semplice rimpatriata- mi soffi a quel punto dietro la nuca. - Così come tu non mi spii da due mesi solo per un caso. Te lo ripeto un’ultima volta: perché?-
Sento la pressione delle tue mani aumentare la stretta sul mio collo. Dovrei provare paura? Immagino di sì; tuttavia tutto quello a cui riesco a pensare è a quando siamo stati così vicini per l’ultima volta. Non lo ricordo; forse la risposa è mai.
- Non posso dirtelo, sono un anbu- ti rispondo con la pura e semplice verità.
Sento il tuo sorriso dietro il collo. - Lo so che sei un anbu. Sarai soddisfatta di te stessa, hai sempre desiderato diventare una ninja potete…anzi se la memoria non mi inganna una volta volevi addirittura diventare Hokage.-
- Se la mia di memoria invece non mi inganna, tu una volta hai giurato di guardarmi le spalle quando lo fossi diventata- non posso fare a meno di rinfacciarti.
Mi rispondi, un sussurro nel mio orecchio. - L’ho detto davvero? Sono passati molti anni...-
Lasci la presa sul collo e le tue mani mi afferrano saldamente le spalle. - Non so perché abbiano mandato te a spiarmi, Sarada, ma puoi star certa che non ricaverai nessuna informazione dal nostro incontro. E del resto non ce ne saranno altri.-
- Cosa vuol dire?- mi sorprendo a balbettare.
- Voglio dire con questo che oggi mi sento generoso, e potrai tornare al tuo bel villaggio sulle tue belle gambe. E ci tornerai oggi stesso…non costringermi a farti del male.-
È a quel punto che mi forzo ad alzare il volto, il mento fiero, e ti vedo. Anzi, ci vedo riflessi entrambi nello specchio appeso alla parete di fronte a noi. Il mio Sharingan vigile si specchia in quel tuo Jougan maledetto. Fuoco e argento.
Sto per reagire, vorrei attaccarti, ma questi maledetti occhi pulsano. Vi sento mille fiamme dentro, il dolore esplode.
Succede tutto in un attimo. Serro gli occhi dal dolore, e nello stesso momento la pressione delle tue mani sulle mie spalle svanisce. Dietro di me, dove prima c’eri tu, il vuoto.
È nel vuoto che mi specchio quando riprendo il controllo dei miei occhi. Tu te ne sei andato.
La finestra è chiusa, qui si muore caldo. In quel momento, da sola in una stanza lurida nel paese più caldo del mondo, scoppio a piangere.
 
 
Kawaki aspettava il biondo alla fine della buia stradina. Come ogni volta doveva attendere che questo sbrigasse i suoi comodi, che in quel caso consistevano nel togliere di mezzo una tizia della Foglia che gli batteva i pezzi da due mesi.
- Eccoti qui, cazzo! Sono ore che ti aspetto Boruto.-
- Non esagerare. È inutile che mi guardi con quello sguardo truce Kawaki, non mi spaventi. Ti conosco da troppo tempo, e poi saranno al massimo due, tre ore- biondo del cazzo, aveva anche il coraggio di ridere.
Tre ore in quel cavolo di vicolo bollente. Suna faceva schifo.
È questo che pensava Kawaki mentre si asciugava la fronte madida di sudore; per fortuna tra poco sarebbero partiti per il Vortice, e a quel punto sì che sarebbero stati a casa. Al fresco.
Già gli sembrava di vedere Maho aspettarlo fuori le mura, con le sue lunghe trecce rosse e gli occhioni azzurri. E dopo, in camera da soli…sì quella era la loro casa. Al fresco. Non quel paese di merda dove si moriva di caldo e il tempo sembrava fluisse al contrario. Ma quanto lo aveva aspettato in quel cesso di vicolo?
- Allora? Hai sistemato la signorina anbu?- che rabbia quando mi guardi con quel tuo solito ghigno da stronzo. - Sono due mesi che giocate al gatto e al topo…non capisco perché non hai risolto prima questa questione.-
- Te l’ho detto, bisogna studiare il nemico- mi rispondi sempre con queste frasi fatte. Mai che mi spiegassi cosa ti passa per la testa.
Ma va bene, fai come meglio credi, non mi importa granché in fondo.
L’importante è levare le tende il prima possibile da questo posto infernale. Aveva ragione Mitsuki, questo è il buco del culo del mondo. Per quanto fosse migliorato dalla morte di Gaara, questo maledetto paese continuava ad essere una fornace a cielo aperto, e tutta la modernità del mondo non l’avrebbe mai cambiato. E se lo diceva un tipo come Mitsuki, sempre così diplomatico e serio, ci si poteva credere.
- Senti non ho voglia di darti spiegazioni. Non stasera- cos’è quest’aria nervosa socio? L’incontro è stato più complicato del previsto?
Me ne guardo bene da rivolgerti simili domande. Sei nervoso lo vedo.
Dopotutto ti conosco bene, siamo diventati uomini insieme; a volte potrei pensare di conoscerti meglio di quanto tu conosca te stesso. E stasera sei stranamente incazzato, lo sento.
E sia, rimugina pure nei tuoi pensieri. Ci sarà tempo domani per gli interrogatori, per ora l’importante è muoversi.
- Ora andiamocene. Per domani dobbiamo essere nel Vortice.-
Lo so bene amico mio. È per questo che ti seguo senza fare domande tra i vicoli della città, e poi ancora più in là, al di fuori delle mura. Nella notte solitaria, dietro di noi ci lasciamo le luci della città.
Sento il caldo appiccicato addosso, ma va bene così. Presto saremo a casa e potrò fare un bagno, questa città di merda sarà solo un ricordo.
La missione è compiuta, gli accordi presi. E tu? Sei davvero riuscito a sistemare la ragazza?
Domani forse me lo dirai.
 
Ecco pubblicato (anzi pubblicato di nuovo) il secondo capitolo.
Come già scritto nell’introduzione alla storia, si tratta di una fiction già pubblicata nei giorni scorsi e cancellata per errore (maledetta me!).
Che altro dire, assistiamo qui al primo vero incontro fra Sarada e Boruto dopo anni, e ormai adulti. Spero di essere riuscita a rendere, nelle battute, i forti e controversi sentimenti che legano la ragazza al vecchio “amico” d’infanzia.
Come già anticipato, in questo secondo capitolo compare per la prima volta il personaggio di Kawaki; un Kawaki profondamente diverso da quello tratteggiato da Kishimoto e per alcuni versi più vicino, caratterialmente, al Boruto “canonico”, che al contrario ho immaginato con una personalità più fredda e per alcuni tratti cinica rispetto all’originale.
Per quanto riguarda Sarada, per lei ho sempre avuto in mente una donna forte, ma allo stesso tempo dilaniata dentro per un amore che vive come impossibile.
Comunque vedremo insieme nel tempo come si evolveranno i personaggi (per adesso trattandosi di un esperimento ho le idee poco chiare anche io).
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e in tal caso vi invito a recensire (almeno per avere un feedback esterno alla storia).
Ancora grazie e alla prossima!
  
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