Serie TV > Vikings
Segui la storia  |       
Autore: Lamy_    01/03/2021    1 recensioni
Ivar e Hildr sono i nuovi sovrani di Kattegat. Devono far riemergere un regno dalle ceneri, e una tale azione richiede sacrificio e impegno costante.
I nemici circondano i neo-sovrani: Oleg e il suo esercito sono pronti a eliminare chiunque minacci il trono di Kiev. Ma il principe Dir ha altri piani che includono l’appoggio di Ivar e Hildr.
A incrinare una situazione già di per sé delicata sarà la guerra dei vichinghi contro il Wessex. L’esito sarà doloroso e le conseguenze porteranno a nuovi equilibri mai visti in precedenza.
Tutto è nelle mani di Hildr.
Amore e morte, forze antiche quanto il mondo, giocheranno una partita in cui le pedine avranno solo due possibilità: splendere di gloria o piegarsi alla sconfitta.
(6B; contiene spoiler a vostro rischio e pericolo)
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ivar, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
7. INCUBI DI NEBBIA

Tre giorni dopo
Ivar se ne stava sul pontile ad osservare gli uomini che caricavano sulle navi scorte di cibo, scudi e armi. Entro una settimana sarebbero partiti alla volta del Wessex, dunque i preparativi erano nel pieno del fervore. Nella sua mente i pensieri si accavallavano, una parte di essi era rivolta alla guerra e l’altra parte era rivolta a Hildr. Sua moglie si era rifugiata nella baracca di Floki da tre giorni e non aveva intenzione di uscirne, tant’è che aveva anche annullato l’addestramento con le apprendiste shieldmaiden.
“Fratello.” Lo salutò Hvitserk.
Ivar annusò un odore salmastro sui vestiti del fratello, deducendo la sua sosta prima del porto.
“Sei stato da Hildr, vero?”
“Sì. Voleva che le portassi l’arco e la faretra.”
“Come sta?”
Hvitserk fece spallucce e riservò uno sguardo divertito al fratello.
“Sta bene. Ed è infuriata con te.”
“Hildr è sempre infuriata con me.”
Ivar strinse la mano attorno alla stampella, avrebbe voluto spaccarsi la testa con quella. Soffrire per amore era tedioso, e ancor di più lo era nel bel mezzo di una guerra.
“Perché adesso? Se hai deciso di attaccare Alfred, ci deve essere un valido motivo.”
“Guarda i miei occhi.”
Hvitserk fissò gli occhi del fratello, scoprendo una tonalità di azzurro troppo scura.
“Sono blu. Quando i tuoi occhi sono blu significa che sei in grave pericolo di farti male.”
Ivar annuì, poi spostò lo sguardo sul vasto piano del mare.
“E cosa mi diceva la mamma da bambino quando i miei occhi erano blu?”
“Ti diceva ‘non oggi, Ivar’.”
“Sto avendo frequenti attacchi di febbre, sudore freddo e dolori alle ossa.” Ammise Ivar.
Hvitserk sbarrò gli occhi, la consapevolezza di quanto accadeva lo colpì allo stomaco come un pugno.
“Oh, no. No.”
“Già.”
Ivar chiuse gli occhi mentre Hvitserk continuava a guardarlo nello shock totale.
“Tu stai morendo, Ivar.” mormorò Hvitserk, allibito.
“Sì. Ho incontrato diversi guaritori ma non c’è nulla da fare. Le mie ossa non sono in grado di reggermi.”
Ivar aveva mantenuto il segreto per mesi, fingendo di andare a caccia quando in realtà si recava fuori Kattegat per far visita ai guaritori. Stando alla loro opinione, le sue gambe stavano cedendo repentinamente perché la malattia si stava diffondendo.
“Hildr lo sa?” domandò Hvitserk.
“No, e non deve saperlo. Non voglio che inizi a preoccuparsi e a trattarmi come un malato. Io voglio che lei si comporti come suo solito.”
Hvitserk non aveva mai compreso appieno l’amore di Ivar per Hildr, gli sembravano solo fantasie romantiche. Invece adesso capiva l’immenso sentimento che provava per quella ragazza e capiva che niente li avrebbe mai separati per davvero.
“Le si spezzerà il cuore.”
“Per questo ho bisogno che tu stia al suo fianco. Quando non ci sarò più, Hildr diventerà il bersaglio di molta gente perché una donna al potere da sola è una minaccia per tutti. Anche per nostra madre è stata dura, non voglio che anche Hildr soffra allo stesso modo.”
“Farò del mio meglio, fratello.” Promise Hvitserk.
Ivar sorrise e gli diede una pacca sulla schiena, uno dei rari momenti fraterni che passavano insieme. Se ripensava alla sua vita, vedeva soltanto Hildr. Lei era una presenza costante che non lo aveva mai abbandonato, e anche dopo la morte sarebbe rimasta nel suo cuore.
“Ora mi toccherà faticare per farmi perdonare da lei.”
“Non lo auguro a nessuno.” Disse Hvitserk con una risata.
 
“E la spada ucciderà tutti i nemici! Il sangue bagnerà tutta la terra!” canticchiava Hildr.
“Hildr, smettila!” la rimproverò Isobel.
Poche ore prima la sassone si era presentata alla capanna di Floki insieme ad Aila per stare con Hildr, dato che la regina aveva lasciato la città. Ormai era buio e tornare in città sarebbe stato difficile, quindi avrebbero dormito là.
“Che c’è? Ad Aila piace questa canzone.”
La bambina, infatti, si era appisolata fra le sue braccia in poco tempo.
“Si è addormentata solo per non doverti sentire cantare, sei davvero stonata.”
“Sono già simpatica, non posso essere anche intonata!” replicò Hildr.
Isobel alzò gli occhi al cielo, a volte l’umorismo di Hildr era fastidioso.
“E questa simpaticona pensa di tornare a casa?”
Hildr depose Aila nella cesta e le accarezzò il nasino, era la bambina più bella che avesse mia visto.
“Se sei qui per difendere Ivar, puoi anche andartene.”
“Sono qui perché mi dispiace vedervi litigare sempre. Vorrei che Hvitserk avesse lottato per me come fa Ivar con te.”
Isobel frattanto aveva messo il pentolone a scaldare per preparare una minestra, avrebbe cenato con l’amica per tenerle compagnia il più possibile.
“Ivar lotta solo per il potere.”
“Non è vero. Lui ti ama tanto, altrimenti non ti avrebbe sposata.” Disse Isobel.
Hildr stava affilando la spada, più per distrarsi che per reale necessità. Parlare di sentimenti la metteva a disagio, era come combattere senza armatura.
“Ogni re ha bisogno di una moglie da esibire. Lo stesso vale per Ivar. Mi ama, però ama di più quel maledetto trono. Lui vuole la gloria eterna, vuole essere ricordato dai posteri, e può farlo solo se combatte per ottenere il potere.”
Isobel tagliò le verdure, le buttò nella pentola e mescolò tutto con il cucchiaio di legno.
“Perché sei tanto delusa dalla sua scelta di invadere il Wessex?”
“Perché ho promesso ad Alfred che non avremmo attaccato il suo regno. Inoltre, non vedo l’esigenza di un simile attacco. Insomma, perché adesso? Perché il Wessex?”
Hildr lasciò cadere la spada per terra, ora era nervosa e indispettita. Sentiva sotto pelle che quella decisione di Ivar nascondeva un altro intento, qualcosa che lei non riusciva a capire.
“Magari lo fa per gelosia. Se toglie di mezzo Alfred è un bene per il vostro rapporto.”
“Ivar è geloso ma non fino a questo punto. E poi non avrebbe bisogno di una stupida guerra per dissipare la sua gelosia.”
Isobel sussultò quando qualcuno bussò alla porta. Attraverso un buco nella parete riconobbe la parte finale di una stampella.
“E’ Ivar. Lo faccio entrare?”
Hildr sospirò e scosse la testa, ci avrebbe pensato da sola.
“Esco io. Tu e Aila restate qui.”
L’aria fresca di settembre investì la piccola stanza quando la porta fu aperta. Hildr si appoggiò allo stipite con le braccia incrociate e le sopracciglia aggrottate.
“Che vuoi?”
Ivar fece un sorriso timido, si sentiva in imbarazzo ora che se la trovava davanti. La fiaccola che reggeva si rifletteva nei suoi occhi chiari, sembrava che fuoco e mare si fossero mischiati.
“Voglio parlare con te e chiarire le cose. Ti va di andare nel nostro fortino?”
A Hildr sfuggì un sorriso, non si era trattenuta alla menzione del fortino.
“Andiamo, idiota.”
 
Il fortino era rimasto identico a come lo avevano lasciato. Si trattava di una caverna naturale scavata nel bosco alle spalle di Kattegat, l’avevano scoperta durante una battuta di caccia insieme a Ubbe e Hvitserk. Avevano arredato l’interno con una coperta rubata dai rispostigli della dimora reale e un paio di cuscini cuciti da Helga.
“Questa topaia è rimas- … oh, per tutti gli dèi!” esclamò Hildr.
Il fortino non era come lo ricordava. La vecchia coperta logora era stata sostituita con una nuova e più imbottita; i cuscini erano stati cuciti di recente; un tavolino basso stava al centro e sopra vi era una candela che semi-illuminava la caverna.
“E’ un tentativo di corruzione? Non funziona.”
“E’ un tentativo di riappacificazione.” La corresse Ivar.
Sul tavolo, però, c’era anche un mazzo di ortensie dai petali color lilla. Hildr sfiorò i fiori con cura, stando accorta a non sgualcire neanche una foglia.
“I fiori preferiti di mia madre.”
“Sono anche i tuoi preferiti.” Disse Ivar.
Lei scostò subito la mano, la fronte corrugata per la rabbia.
“Non sarà un mazzo di fiori a convincermi. Hai detto che vuoi parlare, allora parla!”
Ivar si sedette sulla coperta, era troppo esausto per stare ancora in piedi.
“Kattegat ha bisogno di questa guerra. Abbiamo bisogno di imporre il nostro potere per dimostrare che siamo degni del trono. Un paio di mesi fa Jorunn voleva invadere Kattegat, e ci avrebbe distrutti col suo esercito numeroso. Jarl Einer stava organizzando una rivolta contro di noi. Capisci? Il Wessex è la nostra occasione per dimostrare ai nemici che siamo forti.”
“Io non ne sapevo niente.” Disse Hildr, confusa.
“Te l’ho tenuto nascosto perché non volevo preoccuparti. Volevo che ti godessi la vita pacifica che tanto desideri.”
La ragazza si sentì in colpa per averlo insultato. Era così accecata dalla rabbia da non aver compreso fino in fondo le sue intenzioni.
“Io voglio una vita pacifica con te. Se tu sei preoccupato, allora voglio esserlo anche io. Siamo sposati, regniamo su Kattegat, e il peso del fardello deve essere condiviso.”
Ivar sorrise, era così bello sentirsi dire quelle parole di conforto. Se solo Hildr avesse saputo la verità.
“Mi dispiace di averti tenuta all’oscuro. È solo che tu pensi sempre a difendermi, e questa volta volevo proteggerti io.”
Hildr si inginocchiò davanti a lui e gli prese le mani, sorrideva anche lei.
“Ho giurato a Odino e a Ragnar di difenderti sempre. Ivar, tu sei il mio migliore amico e io voglio affrontare con te tutte le sfide.”
“Come quando hai sputato addosso a Sveinn perché mi aveva rubato l’ascia?”
All’epoca Hildr aveva solo quattordici anni ma la sua forza d’animo era già emersa.
“Proprio così. Devo sputare addosso a qualcuno? Ci sto. Devo pugnalare qualcuno? Ci sto. Qualsiasi cosa pur di difenderti.”
Una scintilla esplose nel petto di Ivar, bruciava come una fiamma viva. Quella scintilla lo portò a cingere la nuca di Hildr e attirarla in un bacio. La foga del bacio era talmente intensa che Hildr dovette aggrapparsi alla giacca di lui per non cadere.
“Anche io farei qualsiasi cosa per te.” sussurrò Ivar.
Hildr gli stampò un bacio sulla bocca, dopodiché lo spintonò per farlo stende sulla coperta. Si sedette sul suo bacino, assicurandosi di non intaccargli le gambe, e si sfilò la casacca. Ivar d’istinto si leccò le labbra, del resto era così quando stava con lei.
“E’ un tentativo di corruzione? Sta funzionando benissimo.”
“Sta zitto, Ivar.”
In una manciata di secondi Ivar si ritrovò a petto nudo, camicia e stampella chissà dove. La bocca di Hildr intraprese una piacevole e bollente discesa di baci a partire dal collo, le spalle, il petto ricoperto di tatuaggi, e giù fino all’addome. Quando Ivar avvertì il respiro caldo di lei sull’orlo dei calzoni, sentì un brivido lungo la schiena. Hildr avrebbe avuto dei dubbi se avesse visto le sue gambe fasciate.
“Ferma, ferma, ferma!”
Lei si bloccò e sollevò le mani, però non accennò a cambiare posizione.
“E’ successo qualcosa?”
Ivar dovette formulare una scusa plausibile in fretta, prima che lei si insospettisse.
“Voglio provare una cosa. Stenditi.”
Un luccichio malizioso brillò negli occhi di Hildr, che si distese supina sulla coperta e si sciolse i capelli. Le ciocche setose si erano sparpagliate a raggiera come i raggi di un sole nero.
“Cosa stai pensando in quella testolina, mio re?”
Le mani di Ivar tremavano mentre le slacciava i pantaloni, ogni sua sicurezza stava scemando. Gli girava la testa tanto da essere costretto a chiudere gli occhi per un istante. Si massaggiò le tempie pulsanti con le dita nel tentativo di lenire il dolore.
“Ivar, che hai?”
Hildr si mise seduta e coprì le mani di lui con le proprie, notando che la sua fronte era calda.
“S-to bene. Mi gira solo la testa.”
“Non stai bene. Ti esce il sangue dal naso.”
Ivar si toccò il naso e le dita si imbrattarono di rosso. Si accasciò contro la parete della caverna, il capogiro ancora lo disorientava. Hildr strappò un pezzo della propria casacca e lo usò per tamponargli il sangue.
“Hai di nuovo la febbre. Hai le vertigini e ti esce il sangue dal naso. Ivar …”
Ivar non sopportava quella vena di disperazione nella voce di Hildr, era proprio quella che aveva cercato di evitare. Decise di mentire un’altra volta.
“Ieri sono caduto da cavallo. Sono uscito da solo per cercare questa caverna perché non volevo che qualcuno lo sapesse, ma durante il tragitto non sono riuscito a condurre il cavallo e sono caduto. Ecco spiegato il sangue e il capogiro.”
“E come spieghi la febbre? Gli attacchi sono sempre più frequenti.” Obiettò Hildr.
Ivar non sapeva più che bugia propinare. Era stanco di mentire. Era stanco di essere se stesso. Avrebbe voluto essere un ragazzo comune, con una vita semplice e un corpo sano. Ma soprattutto avrebbe voluto regalare a Hildr una vita degna di essere definita tale. Come poteva vivere davvero se doveva sempre occuparsi di lui?
“E’ febbre di stagione. Sto bene, Hildr.”
Lei si morse le labbra, ingoiando l’ansia che la divorava dentro. Dopo l’apparizione della Nix nulla era stato più lo stesso, tutto si era sconvolto.
“Torniamo in città, hai bisogno di metterti a letto.”
Hildr stava per alzarsi ma Ivar le strinse la mano per bloccarla.
“Restiamo qui per stanotte. Tra due giorni parto e voglio passare più tempo con te.”
“Hai bisogno di cure. Devi rimetterti in sesto per la partenza.” Disse Hildr.
“Ci pensiamo domani. Adesso restiamo qui. Ti prego.”
La ragazza rifletté qualche secondo, poi si rivestì e si sdraiò sulla coperta. Ivar si accoccolò con la testa sul suo petto, lasciandosi calmare dai battiti del suo cuore.
“Questa guerra non ha comunque senso.” Disse lei.
“Il senso c’è, è solo che tu non riesci ancora a coglierlo. Ci riuscirai presto.” Replicò Ivar.
Hildr sciolse l’acconciatura di Ivar e affondò le mani fra i suoi capelli, ogni carezza corrispondeva a un sospiro.
“Verrò con te.”
Ivar sollevò la testa con espressione incredula ma anche felice.
“Pensavo che non fossi d’accordo con l’invasione.”
“Infatti non sono affatto d’accordo con questa tua folle idea. Ma tu hai bisogno di me, potrebbe venirti di nuovo la febbre e potresti aver bisogno di cure. Inoltre, non mi fido a lasciarti da solo con Jorunn, Eskol ed Einer.”
“Non sarei mai potuto partire senza il mio comandante dell’esercito.”
Hildr rise e roteò gli occhi, anche se nel profondo aveva paura di fallire. Il ruolo di comandante era sempre stato ricoperto da un uomo, mentre adesso l’esercito avrebbe dovuto agire al servizio di una ragazzina inesperta.
“L’esercito non mi darà mai retta, mi considerano una incapace.”
Ivar inarcò il sopracciglio, non gli piaceva quella improvvisa insicurezza.
“Tu vali più di loro. Il fatto che siano uomini di una certa età e con una certa esperienza non conta niente perché tu sei più forte. Hildr, tu in battaglia sei davvero unica. Se ti vedessi con i miei occhi, capiresti che sei una guerriera eccezionale.”
“Dici così solo perché sono tua moglie.” chiosò Hildr.
“Dico così perché io stesso mi spavento quando ti vedo combattere.”
Hildr scoppiò a ridere, immaginando il ragazzo che si impauriva mentre lei scoccava frecce.
“Sei un cretino.”
“Un cretino felice di averti al suo fianco in questa guerra.”
Ivar le diede un bacio lento, quasi sofferto, e l’abbracciò stretta per timore che potesse sfuggirle ancora.
 
Due giorni dopo
“Il problema è trovare il miglior punto di attracco.” Stava dicendo Hvitserk.
Intorno al tavolo c’erano anche Jorunn, Eskol, Einer e i due sovrani di Kattegat.
“Perché non attracchiamo al porto?” domandò Eskol.
Ivar lo guardò come se gli fossero spuntate due teste. Non era possibile essere così stupidi.
“Se vuoi derubare una casa passi dalla porta principale? Ovviamente no, altrimenti ti scoprirebbero. Anche noi non possiamo passare dal porto altrimenti perdiamo già in partenza.”
“Eskol, chiudi quella bocca.” Lo rimproverò Jorunn.
Hildr bevve solo per soffocare il ghigno contro il bicchiere. Squadrò bene la mappa che Ivar aveva disegnato, il risultato dei vaghi ricordi della loro breve permanenza in Wessex.
“Possiamo aggirare il porto principale se navighiamo in acque secondarie.”
“Per navigare in acque secondarie serve conoscerne la geografia.” Precisò Einer.
Ivar capì al volo il piano di Hildr, le loro menti erano affini anche senza parlare.
“La Regina ha ragione. Se attraversiamo un fiume secondario, quindi aggirando il porto, possiamo arrivare in Wessex senza essere visti. A Chichester c’è un accesso al mare che possiamo sfruttare.”
Jorunn guardò prima Hildr e poi Ivar, sembrava annoiata come al solito.
“Come facciamo a raggiungere il castello? Sono sicura che Alfred abbia guardie ovunque.”
“Non raggiungiamo il castello.” disse Hvitserk, sorridendo compiaciuto.
Einer sbuffò e bevve in una sola sorsata tutta la birra del suo bicchiere, era infastidito dal mistero sulla strategia.
“Volete spiegarvi meglio oppure andremo alla cieca?”
“Andremo alla cieca.” Disse Ivar.
Jorunn lo guardò con un certo interesse, era affascinata dalla mente del giovane re.
“Scommetto che hai già progettato tutto.”
Ivar fece spallucce, il suo sguardo furbo era presente dall’inizio della riunione.
“Sono sempre cento passi avanti.”
“Le tue gambe non funzionano, come fai a compiere dei passi?” scherzò Eskol.
Hildr recuperò il boccale di birra dal centro del tavolo e lo rovesciò in faccia al principe.
“Tua madre ti aveva ordinato di chiudere la bocca, avresti dovuto ubbidire.”
Eskol rideva mentre si puliva la faccia con la manica. Si alzò per asciugarsi il petto con uno straccio.
“La Regina sa il fatto suo. Che carattere peperino, mi piace! È così che sei sotto le lenzuola?”
Hildr, che ormai non poteva più tollerare quelle battute di cattivo gusto, si mise in piedi e riservò un’occhiata inferocita ad Eskol.
“Adesso basta.”
L’attimo dopo Eskol fu colpito da un pugno in piena pancia. Hildr rincarò la dose dandogli una ginocchiata in mezzo alle gambe.
“Hildr, penso sia sufficiente.” Intervenne Ivar con voce seria.
Hildr si sentì soddisfatta quando Eskol cadde per terra tra gemiti di dolore. Jorunn si passò una mano sulla fronte, delusa ancora una volta dall’inadeguatezza del figlio.
“Sei debole come tuo padre. Che schifo!”
Hvitserk e Ivar repressero una risata, mentre Hildr rise liberamente.
“Direi che possiamo allestire le navi.” Disse Einer, imbarazzato.
 
L’allestimento delle navi richiedeva impegno e attenzione. Posizionare gli scudi affinché non si staccassero e cadessero in mare era un lavoro di precisione. Alcuni uomini stavano caricando a bordo acqua, coperte e altro materiale per la sopravvivenza. Una decina di shieldmaiden si occupava di affilare le armi e poi di depositarle sulle navi.
“Come vogliamo procedere? Ci serve un piano.” Disse Hvitserk, indicando le navi.
Hildr arricciò il naso, quella mattina il suo cervello non voleva mettersi in moto. Lei e Hvitserk erano a capo dell’esercito, quindi spettava a loro decidere come si sarebbero mossi i guerrieri.
“Ora la regina tace. Strabiliante!” ironizzò Jorunn.
Ivar circondò le spalle di Hildr con un braccio e sorrise per stemperare la tensione.
“Hildr ha un ottimo piano. Esponilo pure, mia cara.”
La ragazza non aveva pensato a niente, il panico della prima guerra da comandante offuscava ogni sua capacità di elaborare un pensiero logico. La mano calda di Ivar si strinse intorno alla sua spalla per infonderle coraggio, era un modo per farle sapere che lui la supportava.
“Il Wessex è noto per le sue colline, in particolare quelle di Edington.”
“Edington è un ottimo posto dove attirare Alfred.” Aggiunse Ivar.
Uno scudo scivolò in acqua e si frantumò, scheggiando il fianco della nave. Una shieldmaiden si era salvata per un pelo.
“Vado a controllare che succede.” Disse Hvitserk.
Hildr si accorse che il sole era alto nel cielo, dunque era mezzogiorno e lei era in ritardo per l’assemblea con le sue guerriere.
“Io devo selezionare le shieldmaiden da portare con noi. Ci vediamo più tardi.”
Einer alzò la mano e Hildr gli fece cenno di parlare con la testa.
“Posso venire? Purtroppo non ho mai visto l’addestramento delle shieldmaiden.”
“Venite pure, jarl Einer. Ci sarà da divertirsi.”
I due si avviarono verso la spiaggia fra le risate, di certo Einer aveva detto qualcosa che aveva fatto ridere Hildr. Ivar inclinò la testa seguendo con gli occhi il modo in cui ondeggiavano i fianchi di Hildr mentre camminava.
“Serve un secchio per la bava, Ivar?” fece Jorunn, seccata.
“Jorunn, noi due dobbiamo stabilire i termini del nostro accordo.”
La regina batté le mani, gli anelli che scintillavano al sole.
“Musica per le mie orecchie!”
 
Isobel finalmente poteva rilassarsi ora che Aila si era addormentata. La tranquillità ebbe breve durata perché la porta fu scossa da ripetuti colpi.
“Sono Hvitserk. Apri.”
Isobel sbucò fuori solo con la testa, non voleva farsi vedere in camicia da notte da lui.
“Che vuoi? È tardi e Aila si è appena addormentata.”
“Domani salpiamo e io ho bisogno di parlare con te.”
Hvitserk era visibilmente turbato, perciò lei lo lasciò entrare per non lasciarlo a vagare in città in quelle condizioni.
“Che succede? Sei stravolto.”
“Ivar sta morendo.”
Isobel dovette mantenersi alla maniglia della porta per non cadere.
“C-che stai ... oh, cielo! Hildr lo sa?”
“No. Ivar glielo tiene nascosto da mesi.”
Hvitserk si passò le mani fra i capelli, era disperato. Se il fratello fosse morto, il trono sarebbe stato suo e lui neanche sapeva se regnare era nei suoi obiettivi.
“Sono molto dispiaciuta, Hvitserk. Ivar non sarà una persona facile, ma è tuo fratello ed è il marito di Hildr.”
Poi Hvitserk fece un respiro profondo per riprendere il controllo. La determinazione aveva spazzato via l’agitazione.
“Se Ivar muore per Hildr sarà dura mantenere il trono.”
“Immagino che molti vorranno quel trono. Potremmo aiutarla?”
Hvitserk si sedette sul letto per ammirare Aila, era raggomitolata fra le coperte ed era la cosa più tenera che avesse mai visto.
“Non lo so. Non so nemmeno se torneremo vivi. Questa guerra sarà difficile, io e Hildr potremmo non tornare.”
Isobel sentiva le lacrime agli angoli degli occhi e tirò su col naso, avrebbe voluto trattenere anche la tristezza.
“E io come faccio se voi non tornate? Io e Aila saremo costrette a scappare.”
Hvitserk andò da lei e le mise le mani sulle spalle a mo’ di consolazione.
“Farò il possibile per tornare da voi. Non posso abbandonarvi un’altra voi.”
“Hvitserk …”
“Io ti amo, Isobel. Nonostante tu mi odi e mi allontani, io ti amo ancora.”
Fingere non serviva più a niente, specialmente in un momento cruciale come quello, e Isobel decise di porre fine alla farsa.
“Non ti odio, non potrei mai. Io sono innamorata di te, però sono ancora ferita.”
“Magari un giorno mi perdonerai.” Sussurrò Hvitserk, speranzoso.
Isobel sorrise e gli scoccò un bacio sulla guancia.
“Sicuramente.”
“E’ meglio andare, si è fatto tardi.”
Hvitserk stava per uscire quando Isobel gli prese la mano, impedendogli un altro passo.
“Ti va dormire con me e Aila?”
“Sì! Assolutamente sì!”
Dopo aver sistemato Aila al centro del letto e averla coperta per bene, Hvitserk e Isobel si disposero ai lati opposti. Era la prima volta che trascorrevano un momento insieme come una vera famiglia. Aila si mosse nel sonno e si accucciò contro il petto di Hvitserk.
“Buonanotte, bambina mia.”
 
Hildr si girava e rigirava nel letto, non riuscendo a prendere sonno. Era bloccata nel dormiveglia, il che la rendeva più sofferente del solito.
“Hildr! Hildr!”
Spalancò gli occhi nell’udire una voce femminile chiamare il suo nome. Ivar stava dormendo, i capelli castani liberi sul cuscino.
“Hildr! Vieni fuori, segui la mia voce.”
Hildr scese dal letto e seguì la voce lungo il corridoio, la stava guidando nella sala del trono.
“Chi c’è?”
“Hildr! Hildr! Guarda bene.”
In mezzo alla sala prese forma una nube bianca che pian piano si andò diradando. Alla fine prese le sembianze di una donna. Era Inge, sua madre.
“Madre? Non capisco.”
Inge sorrideva e saltellava in giro per la stanza con i piedi scalzi.
“Hildr! Guarda meglio.”
Comparve una seconda nube bianca che prese le sembianze di suo padre. Gellir fece una delle sue risate buffe, quelle che facevano sempre divertire Hildr da bambina.
“Voi siete morti anni fa.”
Inge e Gellir cominciarono a danzare, ridendo come due bambini. Hildr sbatté le palpebre per scacciarli via, eppure la coppia continuava a ballare.
“Che sta succedendo? Perché siete qui? Voi non siete reali!”
“Hildr! Guarda ancora meglio.”
La ragazza sobbalzò quando una nube le volteggiò intorno. Il fumo bianco si trasformò in Aslaug. Anche la regina defunta iniziò a ballare insieme a Inge e Gellir.
“Basta! Basta! Andate via!”
Hildr sapeva che non era reale, non era possibile che i morti stessero danzando davanti a lei. Erano morti, sepolti sotto terra da anni, erano solo un mucchio di ossa.
“Voi non siete qui. Non siete davvero qui.”
Voleva correre, nascondersi in camera e svegliare Ivar, ma le sue gambe non si muovevano.
“Resta con noi, Hildr. Resta con noi!” disse sua madre.
Hildr provò a scappare, però i piedi erano incastrati nelle assi del pavimento. Cadde con le ginocchia a terra.
“Basta! Lasciatemi stare!” gridò fra le lacrime.
 
Ivar si girò su un fianco e subito notò lo spazio vuoto. Hildr non era proprio in stanza.
“Dove sei finita?”
Raccolse la stampella e si sforzò di mettersi in piedi, malgrado il dolore alle gambe. Il rumore di vetri rotti riecheggiò in tutta la dimora. Si affrettò a raggiungere la sala del trono con la paura che Hildr fosse stata aggredita.
“Basta! Basta! Vi supplico, basta!” stava gridando lei.
Era a terra, mani e ginocchia premute sul pavimento, i capelli che le ricoprivano il viso. Stava piangendo e tremando. Ivar le accarezzò la schiena per calmarla.
“Hildr, va tutto bene. Sono qui. Apri gli occhi.”
D’improvviso Hildr cadde distesa per terra, era sudata e respirava a bocca aperta con affanno.
“I-ivar?”
“Sono io.”
Ivar scivolò accanto a lei grazie alla stampella, dopodiché le scostò i capelli bagnati per guardarla bene.
“Dove sono andati? Loro sono … erano qui …”
“Loro chi? Sei stata aggredita? Raccontami.”
“I miei genitori e tua madre erano qui, ballavano e ridevano. Sono andati via?”
Hildr era stravolta, la voce ridotta a un filo e le lacrime seccate sulle guance. Ivar le accarezzò il mento col pollice.
“Era solo un incubo. Non c’è nessuno.”
Sognare i defunti era un monito significativo, era come prevedere il futuro scrutando la morte.
“Ivar, qualcuno sta per morire.”
 
 
Salve a tutti! ^_^
Come sempre Ivar e Hildr hanno questo rapporto di odio e amore, ma alla fine tornano insieme.
Troppi defunti che tornano dal Valhalla, ops!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
 

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Vikings / Vai alla pagina dell'autore: Lamy_