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Autore: Stria93    02/03/2021    0 recensioni
Per quante medaglie scintillassero nel firmamento della sua carriera, Victor sentiva che, poste sul piatto di una bilancia spirituale, esse sarebbero pesate meno di una piuma.
Perché l'oro più caro al suo cuore, più inestimabile ai suoi occhi, era rappresentato dall'anello che brillava al suo dito in quella mattina d'inverno, e dai luccichii che occasionalmente venavano gli occhi castani di Yūri quando pattinava o era particolarmente assorto. Dei piccoli baluginii dorati che gli attraversavano le calde iridi color nocciola, dei quali forse solo lui coglieva la meraviglia impagabile.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Victor Nikiforov
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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aurum

L'alba invernale stava sorgendo su Barcellona. Quel brumoso mattino di fine novembre il sole che nei mesi estivi baciava con ardore la caliente terra di Spagna, si faceva pavidamente largo tra le nubi per scacciare i residui di tenebre bluastre della notte, restie a farsi indietro.

Si levava basso sopra il Mediterraneo, accarezzando le acque calme del mare sottostante e facendone risplendere la superficie di migliaia di screziature dorate.

Victor si era svegliato prima ancora che le tenui luci dell'aurora si affacciassero all'orizzonte della costa. Si era stiracchiato gettando uno sguardo verso il letto di Yūri e aveva trovato il suo pattinatore ancora profondamente immerso nel mondo dei sogni. Un fugace brillio all'anulare della sua mano destra abbandonata sul cuscino era balenato per un istante nella sua direzione, come a dargli il buongiorno. Victor aveva avvertito un tuffo al cuore e si era ritrovato a spostare istintivamente l'attenzione al cerchiolino di metallo gemello avvolto intorno al suo dito.

Aveva sorriso e si era alzato,vestendosi in silenzio e calibrando con cura i suoi gesti per non disturbare il sonno pacifico di Yūri, alquanto inaspettato considerando quanto egli pativa lo stress che precedeva le gare importanti. Ad ogni modo, era un'ottima cosa che riuscisse a riposare il più possibile in vista dell'imminente finale del Grand Prix. Dormire rinfrancava il corpo e lo spirito: due elementi sui quali il giovane Katsuki avrebbe dovuto fare pieno affidamento di lì a poche ore per conquistarsi il titolo a cui ambiva da quando avevano iniziato ad allenarsi insieme.

Le strade della città catalana erano pressoché deserte e il velo di umida foschia che si era depositato nella notte aleggiava ancora come una presenza eterea in procinto di evanescere lentamente con l'avanzare del nuovo giorno che si preannunciava freddo ma limpido: un buon auspicio. Per Victor, la temperatura non costituiva un problema. Era nato e cresciuto in Russia; quel mite inverno mediterraneo non competeva neanche alla lontana con la spietatezza del clima abituale di San Pietroburgo.

Passeggiava tranquillo, senza preoccuparsi dell'andatura. Non si era posto neppure una meta precisa. Gli bastava che il movimento cadenzato delle sue gambe e la brezza frizzante del mare satura di iodio, unita allo sciabordio delle onde e al richiamo dei gabbiani, cullassero la sua mente affollata di pensieri che si rincorrevano come su una giostra.

Erano trascorsi otto mesi da quando si era presentato ad Hasetsu, in Giappone, e si era offerto di diventare il coach di Yūri. Otto mesi di duro lavoro, sfide, prove superate e altre fallite, risate, esperienze, amicizie e conoscenze, scoperte e riscoperte; di se stesso e anche di alcune cose che pensava di aver dimenticato o si era reso conto di aver ignorato per troppo tempo. In particolare, la più significativa tra le tante, avvenuta in gran parte per merito di Yūri, era stata quella delle sue due L: Life and Love. Vita e Amore. Il giovane giapponese le aveva risvegliate entrambe e rinvigorite, nutrendole di nuova linfa.

Otto mesi. Otto. Che ironia! Proprio il numero che si compone di due cerchi intrecciati. Otto mesi, ora tutti racchiusi nell'anello dalla foggia semplice e lineare che dalla sera prima adornava la sua mano destra e sigillava una promessa segreta, un sentimento custodito nell'animo come un tesoro in uno scrigno. Gli era sufficiente un minimo sforzo di concentrazione per richiamare alla coscienza la nitida sensazione delle morbide mani di Yūri che prendevano con delicatezza la sua, scossa appena da un accenno di tremore dovuto all'emozione, e gli sfilavano il guanto per far scorrere la fede lungo il suo dito affusolato. I ruoli si erano poi invertiti e Victor aveva compiuto lo stesso gesto, senza mai lasciare che l'abbraccio dei loro sguardi commossi e vibranti si interrompesse. Non aveva mai provato una tale, indescrivibile gioia colmargli il cuore. Neanche sul gradino più alto del podio più sognato. Neanche quando si era trovato sulla vetta del mondo, all'apice della sua carriera stellare.

Niente di ciò che aveva vissuto nei suoi quasi ventotto anni era comparabile alla bellezza delle proprie dita a contatto con quelle di Yūri e al tepore della loro pelle che, pian piano, iniziava a riscaldare il perimetro interno delle fedi che si erano scambiati, quasi che il metallo si stesse animando dell'amore che provavano l'uno per l'altro, divenendone veicolo e talismano. Alle loro spalle, l'imponenza mozzafiato della Sagrada Familia, il capolavoro incompiuto di Gaudí, aveva degnamente incorniciato il momento, ammantandolo di un'aura di sacralità più che appropriata.

Victor permise a un nuovo sorriso di affiorargli alle labbra, sospinto in superficie dal dolce calore di quel ricordo recente ancora così vivido nella sua memoria, sia psichica che corporea. Alzò il braccio davanti a sé in modo che un singolo raggio di quel sole bambino intercettasse il gioiello e rimase ad osservare, come avvinto da un incantesimo, il riverbero multicolore generato da quell'incontro.

Victor era abituato all'oro. Il prezioso metallo dei vincitori; degli déi, degli eroi e dei re; simbolo di merito, prestigio, onore, valore e nobiltà fin dai tempi più antichi, nonché sogno e brama di ogni atleta.

Lo conosceva bene, l'oro. Era quello delle medaglie che aveva collezionato in tanti anni di successi sul ghiaccio. L'oro che sconosciuti di alto profilo in ogni parte del mondo gli deponevano sulle spalle al termine delle competizioni, quando si ergeva fiero e bellissimo come un principe delle fiabe sul gradino più alto del podio, a salutare una folla esultante che lo acclamava alla stregua di un semidio. L'oro altero e superbo per mezzo del quale veniva incoronato di diritto il migliore tra i migliori, rafforzando di volta in volta quello che era apparso fin dai tempi del suo esordio come un filo inscindibile tra un nome e un destino. Victor.

Ecco le associazioni che meglio esprimevano il suo indubbio legame con quell'elemento.

Ma la qualità e il significato insiti nella modesta fede che in quell'istante catturava i bagliori aurei del sole nascente non avevano niente a che fare con quelle reminiscenze profane di gloria e trionfo.

Per quante medaglie scintillassero nel firmamento della sua carriera, Victor sentiva che, poste sul piatto di una bilancia spirituale, esse sarebbero pesate meno di una piuma.

Perché l'oro più caro al suo cuore, più inestimabile ai suoi occhi, era rappresentato dall'anello che brillava al suo dito in quella mattina d'inverno, e dai luccichii che occasionalmente venavano gli occhi castani di Yūri quando pattinava o era particolarmente assorto. Dei piccoli baluginii dorati che gli attraversavano le calde iridi color nocciola, dei quali forse solo lui coglieva la meraviglia impagabile.

Desiderava che, in occasione della finale del Grand Prix, il suo pattinatore sfavillasse proprio come l'anello che gli aveva donato. Voleva vederlo rifulgere allo stesso modo, stagliato contro il candore del ghiaccio. Voleva che il mondo intero rimanesse abbagliato dallo splendore che il timido Yūri Katsuki aveva tenuto celato in sé per troppo tempo, sepolto sul fondo della sua anima; ossidato e soffocato da mille dubbi e insicurezze. Come suo coach, amico e amante, Victor si era impegnato al massimo per sciogliere quelle catene e fare in modo che la sua vera natura potesse finalmente manifestarsi senza più alcun vincolo sulla pista di pattinaggio e non solo.

Una natura luminosa e sfolgorante, un milione di volte più lucente dell'oro zecchino.






  
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