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Autore: NPC_Stories    04/03/2021    3 recensioni
Sequel di "Vampier's Diaries - Libro primo: la mia morte"
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Sono sempre io, Erika Lesmiere, l'adorabile ragazza che avrebbe dovuto avere davanti a sé un brillante futuro. Avrei potuto fare una vita da nobildonna, o intraprendere una carriera militare, oppure avrei potuto ribellarmi alle tradizioni della mia famiglia e scegliere un percorso accademico come alchimista.
E invece no, mai una gioia. Mi sono ritrovata a diventare un vampiro.
Ma forse anche la non-vita mi riservava qualche sorpresa, dopo tutto. Forse finché siamo al mondo possiamo sempre trovare un po' di felicità.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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Capitolo 7: Metterci il cuore


Terrence fu molto solerte nell’aiutarmi con le pratiche burocratiche. Ah, sì, mi aveva chiesto di chiamarlo Terrence, visto che a quanto pare era il suo vero nome. Tutti gli altri lo chiamavano John, ma io ero stata messa a parte della verità, e anche se era una piccola cosa, a modo suo mi elettrizzava.
In ogni caso grazie a lui nel giro di un paio di giorni riuscii ad essere regolarmente iscritta al Collegio della Signora.
“Primo giorno di lezioni!” Mi salutò Terrence un mattino, accogliendomi all’ingresso dell’ateneo con una tazza di infuso. Accettai, ma solo per salvaguardare la mia immagine pubblica: sapeva di acqua calda ed erbe amare. “Allora, sei emozionata?”
“Sembro emozionata?” Mentii, esibendomi nella mia miglior espressione noncurante.
“Sei arrivata con quasi un’ora di anticipo, quindi sì.”
“Ah” borbottai qualcosa, nascondendomi dietro la tazza di infuso. “No, è che sono stata di nuovo in giro tutta notte. Non ho ancora un posto dove stare.”
“Sono finalmente riuscito a farti assegnare un alloggio, ci sono state difficoltà perché ufficialmente tu potresti risiedere in città presso la tua famiglia” si giustificò. “Ma da stasera potrai accedere a una delle stanze messe a disposizione per gli studenti.”
“Magnifico!” Ero davvero sollevata. “E di te, che mi dici?”
Terrence si strinse nelle spalle.
“Sto per riprendere anch’io a frequentare le lezioni. C’è un nuovo corso di trasmutazione sperimentale che vorrei frequentare, ma non ho tutte le qualifiche, quindi devo sostenere un colloquio privato con il professore e dimostrare le mie competenze.”
In quel momento mi resi conto che, a parte il suo potere bislacco di rubare il tempo, non sapevo granché sulle sue abilità come incantatore.
“Ho fiducia in te” lo incoraggiai, anche se era un commento alla cieca. “E invece la tua puttana? Novità?”
Il mio amico sbuffò e mi scoccò un’occhiata stanca.
“C’è una nuova circolare comunale sui limiti delle autocertificazioni, ma si applica ai documenti anagrafici, non è specifica per le pratiche universitarie. L’ufficio amministrativo sta ancora deliberando su come adattare quella circolare alle questioni interne dell’ateneo, quindi c’è questo clima di incertezza davvero snervante. Non sappiamo ancora se abbia effetto retroattivo, sarebbe un problema, abbiamo già archiviato tutte le pratiche di iscrizione al nuovo semestre.”
Lo fissai per un lungo momento, senza capire. Poi rammentai.
“Non intendo la burocrazia. Parlavo della tua amica bionda.”
“Oh, lei” la sua fronte si spianò, come se stesse passando da un argomento spinoso a uno leggero. “Odette sta molto meglio, avevi ragione su quella cosa del cancro. Farlo regredire non è stato un problema, ora stiamo cercando di capire se si sia sviluppato autonomamente o se sia stato causato da una malattia. Non sarebbe il primo caso di tumore causato da… la professione. Sai, malattie veneree, e tutto il resto. Speriamo che sia così, basterebbe un controllo ogni tanto per guarire la malattia sul nascere. Se invece si è sviluppato spontaneamente, temo prima o poi tornerà.”
“Hm. Gli umani sono fragili e non vivono a lungo” ponderai, cercando di usare un tono di voce che trasmettesse empatia. Avrei voluto che mi importasse davvero, ma la cosa non riusciva proprio ad interessarmi. “Sei un buon amico ad aiutarla gratis.”
“I soldi non mi interessano. Il mio lavoro è più remunerativo del suo, dopotutto.”
“Ah sì?” Questo era interessante. “Ti riferisci al tuo lavoro di funzionario generico, o…?”
Terrence sbuffò una risatina. “No, quello è praticamente un hobby. In realtà porto avanti diversi lavori. Qui al Collegio sono assistente di segreteria, ma questo mi frutta solo uno sconto sulla retta annuale. Poi ogni tanto do ripetizioni agli studenti più giovani, e gestisco un piccolo negozio tramite un prestanome, ma la maggior parte dei miei introiti vengono dalle scommesse.”
“Scommesse?” Ripetei, perplessa, perché non sapevo che fossero legali a Silverymoon.
“Le leggi della città sono lasche e imprecise, proibiscono il gioco d’azzardo istituzionalizzato ma non le scommesse fra privati cittadini. Se conosci le bettole giuste, in una sera puoi fare anche cinquanta o cento monete d’oro. Non posso farlo tutte le sere, è ovvio, e spesso devo cambiare aspetto e identità per non destare sospetti… ma diciamo che almeno una volta al mese uno straniero molto fortunato ripulisce le peggiori bische cittadine.”
“Pff… ahahahah!” Scoppiai a ridere. Era la mia prima risata piena e sincera da quando ero stata trasformata.
“Ehi, ma che ti ridi?” Protestò in tono fintamente offeso.
Forse fu in quel momento che m’innamorai di lui. Per avermi sollevato lo spirito, anche solo per un momento e per una ragione così futile.
“Scusa, eh, ma non sembri proprio il tipo! Sei così serioso, con i tuoi occhiali da bravo ragazzo e quell’aria da topo di biblioteca” spiegai, cercando di giustificarmi con quelli che erano, in un certo senso, altri insulti.
“Ah, be’, questo non è per niente mortificante” si lamentò ancora, calcando la mano in modo melodrammatico. La cosa mi fece solo ridere di più.
“Dai, scusami se ho urtato il tuo amor proprio” concessi, ma non avevo per nulla il tono di chi si sta scusando. “Adesso sarà meglio che vada a lezione, devo capire dove sia l’aula di Fondamenti di Alchimia.”
“Ah, è un corso teorico, quindi sicuramente è al primo piano” mi diede una dritta. “Buono studio” mi salutò con un sorriso, mentre mi allontanavo.
“In bocca al worg per il tuo colloquio!” Gli risposi con altrettanto ottimismo, imboccando il corridoio che portava alle scale.

I primi mesi di università furono davvero un periodo felice, nonostante tutto. Nonostante il timore che Yao Taman fosse ancora là fuori a spadroneggiare nella mia casa di campagna, nonostante mio zio avesse scoperto quasi subito della mia carriera accademica e mi avesse piantato una scenata, nonostante la difficoltà di adeguare i miei ritmi di vampier a una vita da persona normale. Nonostante sentissi la mancanza di mio padre, sempre di più ogni volta che affrontavo un nuovo argomento difficile nel campo dell’alchimia.
Un sacco di volte, davanti a un concetto ostico o un enigma impossibile, mi trovai a pensare ‘devo chiederlo a mio padre’ solo per poi ricordare, come una doccia fredda, che era morto. In quei momenti di malinconia mi ritrovavo a benedire la mia amicizia con Terrence, perché lui era l’unico con cui potessi parlare e anche l’unico a cui sentivo di poter chiedere aiuto. Ed era davvero un aiuto a tutto tondo; che si trattasse di conforto affettivo, o di ripetizioni di concetti base della magia, lui c’era sempre per me. Non era un grande esperto di alchimia, ma studiando sui libri per principianti insieme a me mi aiutò a padroneggiare molti concetti che da sola non avrei capito.
Purtroppo a livello pratico ero un vero disastro.
Ero stata l’apprendista di mio padre, ma studiare davvero, in un contesto accademico, mi rese subito chiaro che le teorie di mio padre e i suoi metodi erano bislacchi, sperimentali, non molto affini all’alchimia classica. Per di più le mie conoscenze erano superficiali, all’epoca mi lasciava svolgere solo i compiti più elementari. Sapevo come far esplodere tutto, questo sì, lo sapevo benissimo; non ero altrettanto ferrata sulla nobile arte di non far esplodere tutto.

“Teeeerry” mi lamentai una sera, affossando la testa fra le braccia e poggiando la fronte contro il ripiano del tavolo. “Sono proprio nei guai!”
A quell’ora c’eravamo solo noi nella sala studenti, che in teoria doveva essere chiusa al pubblico. Noi eravamo sgattaiolati dentro perché Terrence, in quanto aiuto-segretario, sapeva dove trovare le chiavi. Ci stavamo spaccando la testa sui libri, ma inutilmente, almeno da parte mia.
“Non essere così negativa, Erika. D’accordo, non hai ancora afferrato proprio tutti i dettagli, ma siamo qui per studiare. Su, ripetiamo tutto dall’inizio.”
Scossi la testa, pur lasciandola appoggiata al tavolo. “È inutile. Mi sento stupida come una melma paglierina. Anche se ora credo di aver capito, poi mi ritrovo davanti quegli stupidi alambicchi e combino un disastro. Mi hanno detto che se sciolgo un altro calderone mi buttano fuori dal corso. E gli esami di fine semestre sono fra pochi giorni!”
“Trovo altamente probabile che la pressione che senti addosso sia la prima causa del tuo fallimento” suggerì, in tono tranquillo. Era solo un modo arzigogolato per dire ‘sì ma intanto calmati’, che è la cosa più inutile da dire a una persona stressata.
“Sento la pressione perché fallisco, non il contrario!” Sbottai. “Mi vuoi aiutare o pensi di dispensare qualche altra perla di saggezza? Se mi sbattono fuori dal corso di studi, dovrò lasciare il Collegio, e a quel punto mio zio troverà un modo per ricondurmi in seno alla famiglia e sicuramente mi imporrà di sposare qualche ricco idiota.”
“Pressioni su pressioni” sottolineò. “Vedi che non sei stressata solo perché fallisci? È anche la paura delle conseguenze.”
“Questo non mi aiuta…”
“D’accordo, cerchiamo di rimuovere almeno quel motivo di ansia. Posso andare da tuo zio domani e chiedere la tua mano?”
Stavolta sollevai la testa, basita. Lo fissai in silenzio per un lungo momento.
“Sei serio?”
Terrence si strinse nelle spalle. “Sono un uomo agiato, sono un incantatore, ho passato l’esame di qualificazione di funzionario particolare. Potrei cominciare a lavorare al Gran Palazzo domani stesso. Penso che a un proprietario terriero come tuo zio possa far comodo avere un aggancio nell’amministrazione cittadina, posso fargli avere una via preferenziale per buona parte dei bandi di gara. Potrei essergli più utile di un altro nobilotto o di un Contabile con qualche ettaro di terra.”
Mi colpì molto che, alla mia domanda, lui avesse risposto elencando le sue qualifiche, anziché qualcosa di più… personale, come i motivi per cui voleva sposarmi o i motivi per cui io avrei dovuto volere lui.
“E se io non volessi un marito?”
Terrence non fece una piega. “Lo sto proponendo solo per toglierti di dosso le pressioni di tuo zio. Non voglio incastrarti in un’unione che non vuoi, sarebbe solo un legame formale, senza obblighi sentimentali.”
“Che cosa romantica” biascicai. C’era qualcosa nella sua proposta che mi lasciava scossa e turbata. Lui non mi era indifferente, ormai lo avevo capito, anzi si potrebbe dire che ero cotta marcia da mesi. Avrei voluto che mi chiedesse di frequentarci, in modo diverso che come semplici amici. Avrei voluto che mi offrisse la sua compagnia per una passeggiata lungo il fiume, che mi comprasse delle frittelle anche se poi le avrebbe mangiate lui, che mi portasse a vedere i fuochi illusori di Mezzinverno… che mi proponesse di costruire insieme una barchetta di legno per affidarla al fiume all’equinozio di primavera, come le coppie che decidono di affrontare un periodo di prova prima del fidanzamento ufficiale. Invece mi aveva proposto di sposarlo, direttamente, dall’oggi al domani e in modo così asettico. Per amicizia.
“Sei nipote di un barone, ti aspetti che il tuo matrimonio sia celebrato per amore?”
“No, ma è proprio per questo che vorrei non sposarmi. Ho capito che mi stai facendo questa proposta solo per proteggermi, ma per me significa che non hai fiducia in me. Non credi che io possa avere successo negli studi e guadagnarmi la mia indipendenza da mio zio in questo modo.”
Lui mi sorrise, il suo solito sorriso sottile che sembrava un taglio di rasoio sul suo viso, come la smorfia di qualcuno che non è capace di provare gioia fine a se stessa ma deve sempre provare anche qualcos’altro. In quel momento il suo sorriso mi sembrò un po’ calcolatore, un po’ dolce, un po’ condiscendente.
“Fino a un momento fa eri tu a non credere in te stessa. Se ti ho motivata a cambiare idea, ne sono contento.”
Sì, grande, bella scappatoia. Non me la bevvi.
“Ben giocata, ma non mi convincerai che questo fosse il tuo piano fin dall’inizio. Stai solo proteggendo il tuo amor proprio perché ti ho rifiutato” lo punzecchiai.
Si strinse nelle spalle. “È solo un contratto. Non ci ho messo il cuore.”
Ecco. Dritto al punto.
“Questo era chiaro. Ma forse io vorrei davvero sposarmi per amore, se mai dovessi farlo.”
Terrence si fece una sonora risata. “Non farlo. Il matrimonio è uno schifo per le donne, almeno in quest’epoca storica. E le Lande d’Argento sono perfino una regione molto civile, rispetto ad altre culture. Sul serio, fa' che sia la tua ultima spiaggia.”
Mi chiesi cosa intendesse con ‘almeno in quest’epoca storica’. Forse in passato la società era più paritaria e c’era uguaglianza fra i generi. Bella sfiga, per le mie contemporanee.
“E se tu ci avessi messo il cuore, cosa mi avresti chiesto?” Indagai.
“Non di sposarmi, di sicuro” rispose prontamente. “Ti avrei chiesto di venire con me alla Biblioteca della Signora d’Argento per arroccarci nella sezione Abiurazione, costruire un fortino con i sessantasei tomi della Completa Encyclopaedia Arcane di Mongósa e sopportare un assedio dai bibliotecari mentre mi copio tutti i tre volumi di Teoria dei Mythal Oscuri di Nathalanorn con l’incantesimo Amanuensis.”
La risposta mi lasciò esterrefatta. Non era proprio quello che mi aspettavo.
“Be’… è comunque più romantico di un matrimonio” concessi. “Perché vuoi copiare quei libri? La biblioteca non è a consultazione libera, per gli studenti del Collegio?”
“Se ci avessi messo il cuore, ti avrei anche rivelato che quell’edificio verrà bruciato fra quattordici anni. La maggior parte dei libri rari verranno tratti in salvo, ma non tutti.”
Di nuovo mi trovai a fare scena muta.
“Hai intenzione di bruciare la biblioteca?” Chiesi infine, perché era l’unica spiegazione plausibile per una conoscenza del futuro così a lungo termine.
“Non lo farei mai” giurò facendosi un gesto scaramantico all’altezza del petto. “Ma se ci avessi messo il cuore, ti avrei rivelato che sai molte cose di me, ma non sai ancora tutto.”
“E se ci avessi messo il cuore, mi avresti anche detto che cos’è che ancora non so di te?”
Fece un gesto conciliante con la mano. “Probabilmente sì. Ma non mi fido ancora abbastanza per rivelarti tutti i miei segreti.”
“Quanta cattiveria gratuita!” Ero davvero ferita, be’, un pochino. “E io che pensavo che fossimo amici.”
“Ma lo siamo” mi fece una boccaccia. “Adesso pensa a studiare!”
Sfogliai il mio libro di testo tornando indietro di un paio di pagine. Era meglio ripartire dall’inizio del capitolo, visto che avevo già dimenticato quanto avevo letto pochi minuti prima.
“Però facciamolo. Se passo gli esami, festeggiamo con un appuntamento. Andiamo alla Biblioteca della Signora d’Argento e copiamo quei libri di straforo.”
Si esibì in un nuovo sorriso divertito, stavolta un po’ incerto. Non ci credeva nemmeno lui che lo avremmo fatto, ma comunque annuì.
Io invece non avevo più dubbi. Avrei passato gli esami a qualunque costo, perché il mio premio sarebbe stato un appuntamento.

   
 
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