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Autore: Talitha_    06/03/2021    3 recensioni
In un’ipotetico futuro in cui Marinette e Adrien sono una coppia a tutti gli effetti, ecco a voi una serie What if? alla stregua del romanticismo e del fluff più assoluto.⁣

"Era tutta colpa di Marinette se adesso Adrien moriva dalla voglia di mettere le mani in posti dove non avrebbe dovuto, e di baciarla come mai aveva fatto prima.”⁣
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1. 

 

Marinette sedeva ad un tavolino appartato nel loro locale preferito, quello che serviva i dolci più buoni di Parigi dopo la panetteria Dupain. Adrien si fermò ad osservarla dietro la vetrata, quella figura esile e dolce, il mento sorretto dal palmo della mano sinistra e le gambe accavallate con talmente tanta grazia da farlo sembrare il gesto più naturale al mondo. 

La osservava ancora mentre lei gettava un’occhiata veloce all’orologio appeso sulla parete del caffè, e poi un’altra a quello del telefono, come per accertarsi che davvero fosse così tardi. 

Che davvero lui stesse tardando al loro appuntamento.  

Ancora in strada, Adrien non capiva bene perché non si decidesse ad entrare e raggiungerla. O meglio, sapeva perfettamente il motivo, eppure gli pareva tanto stupido che non voleva nemmeno considerarlo. 

Adesso Marinette aveva catturato un labbro tra i denti e lo stava mordicchiando nervosamente, forse valutando se aspettarlo ancora un po' o chiamarlo subito. 

Se non si fosse limitato ad osservarla indisturbato dalla vetrina del locale, quasi come lei fosse una bambola da esposizione, Adrien avrebbe sicuramente notato il leggero tremolio delle dita di Marinette che picchiettavano languide sul tavolo, o il rintocco nervoso e frenetico dei suoi piedi. Avanti e indietro, avanti e indietro. 

Non se ne era accorto, perché non aveva la sua vista da gatto, e perché la stava guardando piuttosto da lontano, eppure riusciva perfettamente a percepire il suo nervosismo. Il che era molto strano, perché nonostante avvertisse tutta la sua preoccupazione, Adrien non stava facendo nulla per farle sapere che lui stava bene, che era nascosto lì, proprio dietro la finestra. Rimase fermo dov’era, ripensando a quello che forse era il motivo che lo stava trattenendo dal raggiungerla e… no, non poteva essere. 

E sarebbe rimasto fermo anche tutto il pomeriggio se lei non avesse rivolto impaziente uno sguardo fuori dal locale, e non lo avesse visto lì, dritto come un bamboccio. 

Allora un sorriso le sbocciò sulle labbra rosee e tutta la tensione scemò via dal suo viso. 

A quel punto, Adrien avvertì come una molla scattare nel petto, ricambiò il sorriso di lei, seppur senza troppa convinzione, e le gambe gli permisero di muoversi ed entrare nel caffè. Un piccolo tintinnio lo accolse all’ingresso, insieme con l’odore di zucchero e cioccolato. Il tavolo su cui lui e Marinette sedevano sempre era separato dagli altri da una piccola aiuola di fiori ogni volta diversi, così che potessero parlare di affari da supereroi senza il rischio di essere uditi da orecchie indiscrete. 

Quando Adrien la raggiunse, Marinette si alzò in piedi per salutarlo con un unico, fluido movimento. Avvertì le sue braccia esili circondargli il collo e due soffici labbra stampargli un bacio sulla guancia. 

“Sai” un sussurro gli provocò un brivido “mentre mi stavi facendo aspettare seduta qui, sola soletta, mi sono divertita a preparare tutta una serie di rimproveri da farti non appena fossi arrivato. Tuttavia” e la voce di Marinette si abbassò ancora di qualche tono, e un’altra scia di brividi gli attraversò la schiena “ritengo molto probabile che tu sia stato lì fuori a fissarmi per un buon quarto d’ora, e non so se esserne lusingata” un bacino sulla tempia “o imbarazzata” un altro sotto l’orecchio “o arrabbiata”. Niente bacino, stavolta. 

Adrien sorrise sornione, cercando di ignorare l’effetto che aveva su di lui il respiro caldo di Marinette che ancora gli batteva sul collo. Le posò una mano sulla vita, facendola voltare leggermente, giusto il necessario per salutarla con un bacio. A pochi centimetri dal viso di lei mormorò: “Mi dispiace”. 

Lei corrugò un poco le sopracciglia. “Per cosa?”

“Per averti fatta aspettare.”

Lei accennò ad un sorriso, e poggiò la fronte su quella di Adrien. “Non mi hai ancora detto se devo esserne lusingata o imbarazzata o arrabbiata.”

Adrien si staccò leggermente per guardarla meglio negli occhi. Fece per pensarci un attimo, poi disse: “Mi piaci quando sei arrabbiata e metti il broncio, ma ancora di più quando diventi tutta rossa e impacciata. Invece” aggiunse con un tono di pura malizia “quando sei lusingata diventi terribilmente boriosa ed insopportabile.”

Marinette ridacchiò. “Vada per lusingata, allora”.

Lui alzò gli occhi al cielo, le mani premute ai lati della sua vita sottile. “Vedi Insopportabile.”

“Mmh” annuì lei distratta, gli occhi già chiusi in attesa del suo bacio. Adrien se ne accorse, e subito si avvicinò di più a lei, e già poteva assaporare il suo sapore di fragole quando abbassò le palpebre e una certa immagine fece capolino nella sua mente. 

Decisamente nell’attimo sbagliato. 

Si costrinse allora a sviare la meta delle sue labbra, e a scoccarle un piccolo bacio sulla guancia. 

 Marinette sbatté le ciglia in uno stato di confusione, quando comprese che il bacio non c’era stato e che lui la stava già allontanando da sé e prendendo posto sulla sedia. 

Lo sguardo di Adrien era di puro disagio quando anche lei si costrinse a sedersi, senza capire bene cosa fosse successo. 

“T-tutto bene?”, chiese lei, ancora smarrita. 

Prese la mano tremolante di Adrien e la strinse tra le dita, e quando alzò di nuovo gli occhi su di lui lo sentì risponderle: “Certo, Milady. Ho solo pensato che non si dovrebbe dare troppa corda alle persone lusingate, men che meno dei baci. Contribuirebbe a montar loro la testa.”

Marinette fece piegare le sue labbra nel sorriso più convinto che le riuscì, perché era chiaro come il sole che qualcosa era successo e che lui stava evitando di parlarne. E di baciarla. Cosa che, se possibile, le parve ancora più grave. 

Stava allora disperatamente pensando a cosa dire per cavargli il fattaccio di bocca senza che lui se ne accorgesse, quando una lesta cameriera colse l’occasione per prendere l’ordinazione. 

Se prima che arrivasse la cameriera Marinette aveva ancora dei dubbi circa l’esattezza delle sue deduzioni, quando vide Adrien ordinare solo una cioccolata calda e due fette di cheesecake si convinse senza ombra di dubbio che c’era qualcosa che non andava. E se c’era una persona al mondo che conosceva Adrien come le proprie tasche e che sapeva come fargli sputare il rospo in meno di tre secondi, quella era lei. 

Con nonchalance si aggiustò una ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio e tornò a stringere tra le sue le dita di Adrien. Erano fredde e sudaticce, ed ancora un po' tremolanti. Lui la guardò preoccupato, e Marinette preferì far finta di niente e iniziò a blaterare del più e del meno sugli argomenti più disparati. 

Arrivarono la cioccolata calda e la torta e i biscottini, e Marinette sorrise quando dei baffi scuri di cioccolata disegnarono le labbra di Adrien. 

Continuò col resoconto dettagliatissimo della sua giornata, e si meravigliò di quante cose ci fossero da raccontare nonostante fosse sveglia da sole due ore. Adrien la guardava con un ciglio inarcato, come per farle capire che la stava ascoltando.

Eppure, Marinette osservò nei suoi occhi verdi come una patina di confusione e di assenza. Come se non fosse completamente lì con lei, ma stesse rivangando un pensiero o una scena. E pareva proprio che questo ricordo lo mettesse in uno stato di agitazione tale da farlo rivoltare continuamente sulla sedia, e da rifuggire dal suo sguardo ogni volta che i loro occhi si incrociavano per più di qualche secondo. A quel punto, arrossiva violentemente e si mordeva convulsamente le labbra. Poi beveva un altro sorso di cioccolata e tornava a fissare un punto indefinito del tavolino, con lo sguardo di chi, pretendendo di ascoltare, sta in realtà con la testa da tutt’altra parte. 

Di punto in bianco, con la naturalezza di chi chiede che tempo che fa, Marinette domandò: “Perché non mi hai baciata, prima?”

Adrien sbatté le palpebre con fare confuso, come se un dato di fatto fosse appena stato messo in discussione. “Ti ho baciata, prima”. 

“No, che non l’hai fatto”.

Lui si sistemò meglio sulla sedia. Sorrise nervosamente quando rispose: “Ti ho baciata”. 

“Sì, sulla guancia.”

“Lo dici come se fosse una brutta cosa.”

Lei alzò gli occhi al cielo. “Non era questo che intendevo. E lo sai.” 

Lui ribatté: “Non intendevi sminuire i baci sulla guancia?” La guardò con un pizzico mal riuscito di malizia, prendendole la mano. “Se non ti piacciono i baci sulla guancia - sentimento che non condivido affatto, sia ben chiaro - vorrà dire che non te ne do più.”

“Non cambiare argomento, Chaton. Lo sai che mi piacciono i baci sulla guancia. Che adoro i tuoi baci sulla guancia.” 

Adrien poggiò la schiena sulla sedia. Stava cercando altre scuse cui aggrapparsi per sfuggire all’argomento, ma non gliene venne in mente nessuna che potesse liberarlo dalla luce di sospetto negli occhi di Marinette. Quella non se ne andava mai facilmente. 

“Non ti scappa proprio nulla, eh?”, ammise infine, grattandosi la nuca. 

Lei alzò le sopracciglia, incredula. “Certo che non mi scappa se fai ritardo al nostro appuntamento e mi saluti con un solo bacio sulla guancia e fai finta di ascoltarmi mentre pensi a tutt’altro” elencò sulle dita. “A cosa stavi pensando?”

Adrien arrossì violentemente, mentre sentiva le gambe tremare e il desiderio istintivo di sotterrarsi. Sino alla sera prima, se qualcuno gli avesse detto che un giorno avrebbe dovuto affrontare una discussione del genere con Marinette, gli avrebbe riso in faccia. Ma adesso...

“Adrien” un sussurro dolce “a me puoi dire tutto, lo sai.”

Sentì il pollice caldo della mano di lei accarezzare dolcemente le sue dita, in un gesto rassicurante. 

“S-si tratta di un sogno” ammise a fior di labbra. 

“Un sogno?”

“Un sogno che ho fatto stanotte.”

Marinette corrugò le sopracciglia e si sporse un po’ avanti sul tavolino. “Un incubo?”

Lui rise amaramente. “Direi di sì.”

Il volto di Marinette era la perfetta rappresentazione della confusione. Tuttavia, si trattenne dal chiedere altro, perché era evidente che stavano parlando di un argomento delicato, e non voleva forzarlo né farlo sentire a disagio. 

“È che...” cercò di spiegarsi meglio lui “non mi sembrava tanto un brutto sogno mentre ehm... la sognavo.”

La sognavi?” 

Adrien spalancò gli occhi, realizzando solo in quel momento di essersi compromesso da solo. 

“Io... ecco” boccheggiò, senza il coraggio di andare oltre. Sentiva il panico riempirgli il petto, mentre lo sguardo scrutatore di Marinette seguiva ogni suo singolo movimento e tremolio. 

“Adrien, mi... mi stai facendo preoccupare” disse lei, senza capire il perché della sua reazione esagerata. Forse, forse… ah

Marinette alzò di nuovo gli occhi su Adrien, che adesso non vi leggeva più confusione e smarrimento, ma un sentimento molto più simile alla tristezza. 

Non era possibile! Non poteva aver già capito tutto! 

Si alzò bruscamente dalla sedia, sotto gli occhi esterrefatti di Marinette. “M-mi dispiace” farfugliò, quasi le lacrime agli occhi “M-Milady, mi dispiace tantissimo.” 

L’intreccio delle loro mani si sciolse, e nello stesso preciso istante una goccia calda e perfetta emerse dalle sue ciglia bionde. 

E quando Marinette trovò il coraggio di inspirare e pronunciare il suo nome, lui se n’era già andato via. 

 

***

 

Adrien se ne era andato. 

Volatilizzato. 

Marinette era ancora in piedi, imbambolata, a fissare la porta dalla quale era appena uscito. Di corsa. 

Subito fece per seguirlo, e capire cosa diavolo fosse successo per spingerlo a lasciarla da sola durante un loro appuntamento. 

Senza finire i biscottini né la torta. 

Senza insistere fino allo sfinimento per pagare. 

Senza portarsi la giacca, dentro la quale probabilmente stava anche il telefono. Sì, controllò, era ancora nella tasca. 

Con un leggero tremolio alle gambe, Marinette si costrinse a sedersi. Si sforzò di analizzare per qualche secondo quanto accaduto negli ultimi minuti da un punto di vista razionale, ma non vi riuscì. Dopo aver preso un respiro profondo, raccolse le proprie cose e quelle di Adrien, si diresse verso la cassa per pagare il conto e lasciò il caffè con una calma quasi glaciale, sotto lo sguardo sbigottito della cameriera. 

Una volta che l’aria fresca di quella mattinata di primavera le gonfiò i polmoni, si domandò come cavolo sarebbe riuscita a rintracciare Adrien. 

Percorse alcuni metri verso l’insenatura nascosta tra due palazzi, la imboccò e, dopo un’altra manciata di respiri profondi, si trasformò. 

 

***

 

Era un codardo.

Adrien era un dannato codardo

Lasciare la sua ragazza così, sola, senza salutarla, senza darle spiegazioni, nel bel mezzo di una discussione come quella era… assolutamente imperdonabile. 

Era questo ciò che continuava a ripetersi Chat Noir, mentre correva a perdifiato tra i tetti di Parigi. 

Non riusciva a credere quanto fosse stato uno stupido per rovinare tutto nel giro di pochissimo tempo. Fino al giorno prima - alla sera prima - tutto nella sua relazione con Marinette procedeva alla perfezione. Erano felici insieme. Felici come lui non era mai stato prima. Aveva scoperto cosa significava stare con la persona che più amava al mondo, e adesso aveva rovinato tutto. 

Oh, sì. Proprio tutto

Perché sicuramente Marinette non lo avrebbe mai perdonato, ora che aveva capito cosa aveva fatto. E non importava che tutto fosse stato solo il frutto di un sogno, perché a lui in quel momento era piaciuto, e non aveva fatto nulla per impedire che accadesse. 

 

2. 

 

Ladybug lo trovò così, seduto rannicchiato su una delle torri di Notre-Dame, lo sguardo perso nel vuoto e segni di lacrime asciutte sul volto. 

Quando si accorse della sua presenza, Chat Noir trasalì. Non si aspettava certo che Marinette avesse voluto vederlo così presto. Anzi, credeva proprio che lei non lo avesse voluto vedere mai più. 

Rimase in silenzio, senza sapere cosa dire, forse per evitare di farla andare via, e di godere ancora per un po' della sua calda presenza accanto a lui. 

Marinette si sedette a terra con le gambe penzoloni, e la pietra dura e fredda sotto le cosce le fece venire subito la voglia di accucciarsi sulle gambe di Chat Noir. Tuttavia, mise da parte quei pensieri stupidi, perché lui in quel momento stava soffrendo e lei doveva essere lì ad aiutarlo e sostenerlo. 

“Puoi parlarmene, se te la senti” disse dopo un po’, la voce un sussurro. 

Lui voltò di scatto il viso verso di lei, incredulo. Cosa gli aveva appena chiesto? 

Ladybug osservò il lampo di dolore nei suoi occhi verdi, e subito si pentì di avergli fatto quella domanda. Forse aveva bisogno ancora di un po' di tempo prima di parlarne. O forse non voleva parlarne affatto. 

Si fece un po' più vicina a lui, tanto da riuscire a poggiare la testa sulla sua spalla sinistra. Poi lo prese sottobraccio e gli strinse delicatamente la mano guantata, facendo attenzione a non ferirsi con i suoi artigli. Adrien si irrigidì, spiazzato da quei gesti affettuosi. 

Non era arrabbiata?

Ladybug avvertì il suo disagio, e pensò subito di aver esagerato. “M-mi dispiace, non volevo forzarti” aggiunse dopo qualche secondo. “Capisco… quanto possa essere difficile, per te. Insomma, non posso capirlo, ma lo immagino… oddio” gemette, premendosi una mano sulla fronte “sono proprio una pessima consolatrice, non è vero?”

Detto questo, alzò la testa dalla sua spalla per guardarlo negli occhi, e lui, invece di rifuggire il suo sguardo, prese a guardarla perplesso. “U-una pessima consolatrice?”, mormorò incredulo. Da quando era lei a dover consolare lui?

Lei tornò a guardare l’orizzonte, mordendosi un labbro. Se non avesse indossato la tuta, probabilmente avrebbe anche preso a mangiarsi le unghie, come faceva sempre quando era nervosa. “Lo so, m-mi dispiace. Forse è meglio se sto zitta. Però sappi che per qualunque cosa io ci sono sempre, ok?”

Adrien sbatté ancora una volta le palpebre. Ma di che diamine stava parlando?

“M-Marinette?”, riuscì a farfugliare, la gola improvvisamente secchissima. 

Lei si voltò nuovamente verso di lui, un luccichio di speranza negli occhi. Era prontissima ad ascoltarlo e a consolarlo. “Sì?”

“N-non sei… ehm, arrabbiata?”

Questa volta fu lei a sbattere incredula le palpebre. “Certo che no! Perché mai dovrei esserlo?”

Adrien corrugò le sopracciglia. Non era arrabbiata. 

“I-io, credevo che tu…” cercò di dire “credevo che tu volessi…lasciarmi.”

Lasciarlo?

Marinette si scostò completamente da lui e ritirò le gambe penzoloni, in modo da riuscire a girarsi completamente verso di lui. “Lasciarti?”, chiese, con un filo di scetticismo. Adrien strinse le labbra, e, vedendo che non accennava a risponderle, Marinette riprese con voga: “Adrien, guardami”, disse, prendendogli il mento tra le dita “so che, anche se si tratta solo di un sogno, questo ha avuto un grande impatto su di te. Ma non capisco cosa ti abbia fatto pensare che io voglia lasciarti. A maggior ragione in un momento di difficoltà come questo. N-non lo farei mai. Hai capito?”

“Q-quindi non ti importa che io l’abbia baciata?”

Cosa? “Cosa?”

“N-non ti importa che io l’abbia baciata?”

“T-tua madre?”

“Mia madre?”

Marinette strabuzzò gli occhi. “Non stavamo parlando di tua madre?”

“Che c’entra mia madre, adesso?”

“Io, tu…. Non hai sognato tua madre?”

“Cosa? No!”, rispose Adrien, più confuso che mai. Quand’è che l’aveva nominata?

Marinette si rimise dritta con la schiena, cercando di dare un senso logico alle rivelazioni degli ultimi secondi. Venne ridestata dalla voce di Adrien, che le chiese: “Cosa te lo ha fatto pensare? Non ho mai parlato di lei!”

“Io… non lo so! Non era a lei che ti stavi riferendo? Quando hai detto che mentre sognavi non ti eri accorto che quello fosse un incubo fino a quando non ti sei svegliato? Ho… ho pensato che avessi sognato tua madre, e che quando ti sei svegliato ti sei accorto che lei non c’era più e…”

“Non era lei che stavo sognando” la interruppe con foga Adrien. "Io… oddio, Marinette” gemette, passandosi le mani nei capelli (e tra le orecchie vellutate). 

“Si può sapere allora chi hai sognato? E chi hai baciato?”

Ecco, adesso era veramente finita. Ora che glielo avrebbe detto, Marinette avrebbe definitivamente rotto con lui. 

Adrien?”, venne ridestato dalla voce di lei. 

Chat Noir si sforzò di voltarsi verso di lei, un tremolio inarrestabile nelle mani. “Ho sognato questa ragazza” iniziò. 

“Quale ragazza?”, chiese con circospezione Marinette. 

“N-non lo so!”, nella sua voce era evidente un tono di disperazione. “Non lo so” ripetè piano. “Solo che… non eri tu.” 

“Ok” disse semplicemente Marinette, non sapendo cos’altro rispondere. 

“E ho sognato che…” si interruppe, un nodo in gola. 

“Che?”, lo invitò lei. 

“Ho sognato che la baciavo.”

“La baciavi?”

“S-Sì” ammise tutto d’un fiato. “L’ho baciata, e mentre lo facevo mi stava piacendo. Poi mi sono svegliato e mi sono reso conto che non eri tu e… Milady, mi sono sentito malissimo. Mi sento malissimo. Non so cosa mi sia preso. Non so davvero cosa… no, non servono giustificazioni. Ti ho tradita, e devo accettarne le conseguenze.”

“Mi hai tradita?”

Adrien trasalì. Nel tono di Marinette non lesse rabbia né tristezza o rancore. Solo pura e maliziosa ironia. 

“I-io… io….”

Ladybug premette un dito guantato sulle sue labbra. “Chaton” disse, e quella sua voce bassa e sensuale fece rabbrividire Adrien. Ma non la meritava, non…

“Ti ho mai detto che sei il gattino più adorabile, amabile, premuroso, dolce e sciocco che ci sia?”

Adrien trattenne il fiato. 

Marinette proseguì: “Certo, per quanto possa infastidirmi che tu abbia sognato di aver baciato un’altra, non mi sognerei mai, mai e poi mai di buttare all’aria tutta la nostra relazione, tutto quello che abbiamo costruito insieme, per uno stupido sogno.”
“M-ma tu non capisci, Marinette! Era così reale, e mi stava piacendo! La stavo baciando e non ho fatto nulla per impedirlo!”

Marinette sorrise dolcemente, scuotendo piano la testa, come chi ha l’aria di avere a che fare con un caso perso. “Chaton, per quanto possa sembrarti di avermi tradito, so che per te quel bacio non ha significato niente. Quanto meno per me non significa niente. Hai sognato di baciare - e di apprezzarlo - una ragazza senza volto che probabilmente è solo frutto del tuo subconscio. E quindi? Può capitare, non devi farne certo un affare di stato, gattino.”
“N-non ne sto facendo un affare di stato” ribatté lui, incrociando le braccia. Tuttavia, stava iniziando a sentire il peso che aveva sul petto da quella mattina, quando si era risvegliato, un poco più leggero. 

“Certo che sì, ma se credi che sia meglio lasciarci perché per me sarebbe impossibile perdonare un tale affronto…” propose, la testa adesso appoggiata sul petto di lui, mentre con le dita aveva iniziato a tracciare piccoli cerchi sulle sue cosce “forse davvero sarebbe meglio lasciarsi” aggiunse con tono provocatorio. 

“N-non credo sia necessario” disse allora lui, leggermente spiazzato. Marinette gli dette qualche secondo per farlo riprendere, poi si sporse ancora un po' di più verso di lui, fino ad arrivare a soli pochi centimetri dalle sue labbra. “Tuttavia, credo che potrei essere un po' offesa, perché una certa ragazza misteriosa ha ricevuto un tuo bacio, mentre io, oggi, ancora nessuno.”

Adrien allora si concesse un sorriso sornione, e oh, quanto le erano mancati quei sorrisi. Sentì due mani forti avvolgerle la vita, e una strana felicità le si schiuse nel petto quando, subito prima di baciarla, due labbra sussurrarono: “Allora forse sarà meglio rimediare.”

 

 

3. 

 

“Sono così contento” le mormorò Adrien tra i capelli. Marinette alzò la testa dal suo petto. 

“Perché non ti ho lasciato?”, rispose, con il sorriso sulle labbra. 

“Anche” disse lui. “Sono contento di averti nella mia vita.”

Marinette arricciò le labbra, tornando a poggiare la testa nell’incavo del suo collo. “Credo che tu sia l’unica persona al mondo che possa uscirsene con frasi del genere in maniera così naturale”. 

Lui sorrise, continuando ad accarezzarle la schiena. “Lo prendo come un complimento” rispose. 

Erano sdraiati sul divano in pelle bianca della camera di Adrien. Il pretesto era stato quello di vedere un film dopo una giornata piena di emozioni, ma entrambi sapevano che non lo avrebbe seguito nessuno, e quindi non si erano neanche presi la briga di sceglierne uno. Si stava così bene, stretti l’uno all’altra, l’unico rumore quello dei loro respiri e dei battiti del cuore. Marinette fece scivolare due mani intorno alla vita di Adrien. “Anch’io sono contenta di averti nella mia vita” sussurrò contro il tessuto della sua felpa. Adrien sentì il cuore mancare un battito. 

Con una mano sulla vita la portò un po' di più all’altezza del suo volto. Le lasciò una scia leggera di baci lungo la guancia, con una cadenza lenta e dolce. Marinette teneva gli occhi chiusi, e si catturò un labbro tra i denti quando una scia di brividi le attraversò tutto il corpo. E gemette di sorpresa quando Adrien, con un unico, silenzioso movimento, la fece scivolare sotto di lui. Avvertì la sua mano destra vagare su un fianco, e la sinistra scostarle i capelli dal volto. “Stavo pensando” le bisbigliò all’orecchio “che per cancellare definitivamente il mio tradimento onirico dovrei darti il bacio più bello del mondo. Così, per quanto mi possa essere piaciuto il bacio dell’altra ragazza, questo non potrà mai superare il tuo, a livello di perfezione”. 

Marinette ascoltò con gli occhi aperti e le ciglia spalancate, e al solo udire quelle parole le sembrò che il respiro si fosse fatto più corto. “C-credo che si potrebbe fare” farfugliò, le gote già incredibilmente rosse. 

Adrien sorrise audacemente, poi seppellì la testa nel collo di Marinette. “Innanzitutto, credo che il bacio perfetto debba essere preceduto da tutta una serie di piccoli baci a loro volta perfetti. Non trovi anche tu?”, mormorò con voce rauca. 

Quando avvertì il suo respiro sul collo, Marinette inarcò la schiena. “S-sì” riuscì a rispondere, ormai la testa da tutt’altra parte. Percepì le dita dei piedi arricciarsi nel momento in cui un primo bacio le sfiorò il lobo dell’orecchio. E il primo venne subito seguito da un secondo, e il secondo da un terzo e…

Al primo gemito di Marinette, Adrien non potè far altro che sorridere contro la sua pelle delicata. La consapevolezza che la causa di quel suono tanto incantevole fosse lui, insieme con le sue mani e le sue labbra, era una delle sensazioni più belle al mondo. Proseguì con la sua danza di baci, alternati a piccoli morsi innocenti. E quando Marinette percepì la lingua di Adrien percorrere tutto il profilo del suo collo inspirò fortemente ed emise un secondo, delizioso gemito. 

“Credi che questo possa avvicinarsi ad un prototipo di preliminare al bacio perfetto?”, le chiese allora, con tono malizioso. 

P-prototipo?”, rispose Marinette tra un respiro e l’altro. 

Adrien sorrise contro la sua pelle. Ne ispirò a fondo il profumo, poi sussurrò: “Converrai anche tu che la formula al bacio perfetto non si possa ottenere, così, al primo tentativo, ma che si debba provare” e la baciò di nuovo dietro l’orecchio “e provare” aggiunse, prima di prenderle il lobo tra i denti “e provare” concluse, baciando il punto che sapeva, oh, sapeva le avrebbe strappato un altro gemito. 

Marinette strinse con forza la sua spalla, alla quale si era aggrappata già da diversi minuti. Poi, un nuovo piccolo, dolce suono uscì dalle sue labbra di fata, e Adrien sorrise compiaciuto della sua previsione. Vedendolo sogghignare a quel modo, Marinette gli diede un leggero colpo al petto. “T-ti diverti per caso a prendermi in giro?”, gli chiese dopo vari secondi cercati a ritrovare l’uso della parola. Lui si rituffò nel suo collo, sfuggendo al suo sguardo. “Non lo farei mai, Milady. E lo sai.”

Lei alzò gli occhi al cielo. “So solo che mi stai usando come cavia per raggiungere un tuo appagamento personale” protestò. 

“E sarebbe?”, le domandò lui, continuando ad accarezzare senza alcuna pietà la sua vita, con movimenti lenti e concentrici.
“Sarebbe” rispose Marinette, cercando di riprendere un po' di contegno issandosi leggermente con le braccia “cancellare il tuo tradimento onirico e ottenere il totale perdono della tua ragazza.”

Adrien corrugò le ciglia. “La mia ragazza non mi ha ancora perdonato completamente?”, chiese in un sussurro. 

“Non se continui a ridere e sogghignare ogni volta che le strappi un gemito. Ecco, proprio come stai facendo adesso” disse, indicando con l’indice la sua espressione divertita. 

Adrien rispose: “In mia difesa, posso dire che i gemiti della mia ragazza sono davvero adorabili, e che è una vera e propria soddisfazione riuscire a strappargliene uno.”

Marinette arrossì, mollandogli un altro colpo sul petto. “Non credo sia giusto utilizzare i gemiti della tua ragazza come scusa per un comportamento così infantile” ribatté piccata, in un tono non molto convinto, a dire la verità. 

“Mmh” annuì Adrien, che ormai non le dava quasi più retta. Il suo odore e il calore del suo corpo erano troppo invitanti per perder tempo su questioni come quelle. Tornò a baciarla nonostante le sue deboli proteste, questa volta non più sul collo, però. Lambì tutta la superficie delle sue labbra morbide, in una serie di baci sempre più vogliosi, decisi. Trattenersi dal baciare ogni singolo angolo del suo corpo stava diventando sempre più difficile, soprattutto dal momento in cui anche lei aveva deciso di essere stanca di assistere passiva e di iniziare a contribuire direttamente all’elaborazione di quel primo prototipo. Fu Marinette questa volta a sogghignare, quando Adrien gemette al tocco gentile della lingua di lei. Schiuse di più la bocca per lasciarla entrare, e tremò quando l’avvertì, calda, bagnata, invitante, tutta e sola per lui. Ed entrambi ansimarono quando le loro lingue si incontrarono e si sfiorarono, e ormai nessuno dei due aveva più coscienza del mondo al di fuori dei loro corpi roventi. 

Soltanto più tardi, quando Marinette fu costretta ad alzarsi per andarsene, Adrien si sentì dire: “Non so a quali livelli di perfezione aspiravi, ma il bacio di oggi mi è sembrato di gran lunga un buon primo prototipo”. Un ghigno gli dipinse le labbra. Prendendole la vita tra le mani, e schioccandole un ultimo, tenerissimo bacio, Adrien rispose: “Anche a me è sembrato un buon punto di partenza. Ottimo, anzi” aggiunse fiero, ripercorrendo col pensiero i punti salienti delle ultime due ore. “Tuttavia” continuò “è indubbio il fatto che dobbiamo continuare ad esercitarci. Il modello di bacio più perfetto al mondo non può mica essere raggiunto in un solo pomeriggio.”

Marinette sorrise, scuotendo la testa. “Hai ragione, Chaton. Credo ci attenderanno pomeriggi molto, molto impegnativi.”

Lui la attirò in un abbraccio. “Dì pure tutta una vita”, sussurrò, dandole un leggero bacio sulla tempia. 

 

   
 
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