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Autore: FarAway_L    10/03/2021    1 recensioni
«Parti», era un grido misto a paura, «Metti in moto o per noi sarà la fine».
Era la mano di Nathan quella che stava scuotendo nervosamente la spalla di Camylla, la quale sembrava essere entrata in un limbo di emozioni pericolose e contrastanti. Quella più dominante però, era il panico. E per quanto si sforzasse di voler girare la chiave per far partire quella benedetta auto, non riusciva a muoversi. Neanche ad emettere nessun suono. Solo, fissava la strada difronte a sé attraverso occhi persi. Arrendevoli.
Le sirene della polizia cominciavano a farsi vicine e ben udibili.
Troppo vicine. Troppo udibili.
A ritmo scandito.
Stavano arrivando.
MOMENTANEAMENTE SOSPESA
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo VII.
6.908 parole

E cosa mi porta a sbatterti in faccia il dolore
non c'era posto migliore.
Sarà che hai perso tutto e l'hai buttato via
qualsiasi cosa fu, qualunque cosa sia
Non ti accompagno più se non c'è più ragione.
Si muore in mezzo a una frase o di frasi a metà. 

 
Nella stanza stava rimbombando il ticchettìo delle lancette dell'orologio appeso alla parete che stava scandendo un tempo definito, preciso. Apparentemente lungo. I respiri lievi, quasi sussurrati erano impercettibili. Il lieve rumore dei jeans strusciati sul tessuto del divano stava interrompendo quel limbo di calma apparente in cui Camylla si stava perdendo prima di poter affrontare argomenti pungenti.
«Da dove vuoi iniziare?», Theo parlò piano, quasi timoroso nel dover riportare l'attenzione di Camylla al presente.
«Ho bisogno di capire», si piegò in avanti, appoggiando i gomiti sulle ginocchia fasciate dalla tuta felpata color amaranto, «Ho davvero bisogno di risposte», stava parlando lentamente, col cuore aperto e la stanchezza negli occhi.
«Cercherò di dartele», Theo accavallò le gambe, posizionadosi al meglio sul divano, drizzando la schiena e sorridendo debolmente, «Forse me ne pentirò ma domandami quello che vuoi».
Camylla lo stava osservando da sotto le ciglia allungate con del mascara; lo stava osservando notando in lui una sincerità nuova; lo stava osservando per poterne dedurre il suo lieve, lento ma fondamentale cambiamento.
«Perchè assecondare Nathan in questa pazzia anzichè farlo ragionare seriamente?», in realtà Camylla aveva così tante domande che le fremevano di essere dette da riuscire a far fatica nello scegliere la prima. Cercò di immaginarsi un filo logico da seguire, pregando di poterci riuscire.
«Nathan è così», allargò le braccia davanti al petto, «Riesce a convincerti con poco», alzò la curva del labbro verso l'alto, facendo schioccare la bocca con fare ovvio.
«Theo..», Camylla le regalò un'occhiata di rimprovero deglutendo a fatica: la sua voglia di conoscere risposte era indirettamente proporzionale all'agitazione che le fremeva interiormente. 
«Ok, beh in realtà ho fatto un casino», Theo si passò una mano tra i capelli facendosi ricadere un piccolo ciuffo sulla fronte. «Devo una grossa somma di denaro a delle persone», parlò frettolosamente, puntando lo sguardo fisso sul piccolo vaso posto sul tavolino in vetro difronte a loro.
«Perchè? Chi sono?», si sporse leggermente in avanti per poter riuscire a catturare lo sguardo perso di Theo che lentamente stava facendo uscire i propri scheletri rimasti chiusi nell'armadio per troppo tempo.
«Ho giocato a poker qualche tempo fa e..», lo vide sospirare prima di riprendere a parlare, «Insomma credevo di avere una buona mano e che un tizio stesse bleffando». Alzò le spalle con fare innocente mentre Camylla poteva immaginare ciò che stava accadendo nella testa confusa di Theo.
Decise di aiutarlo, «Ma in reatà, non lo stava facendo».
«No», Theo scosse la testa, come a voler rafforzare ulteriormente quella negazione fin troppo veritiera. «Avevo puntato più di quanto avessi a disposizione», abbassò lo sguardo, rassegnato da quella realtà successa davvero.
«Quanto gli devi?», Camylla stava parlando piano, quasi timorosa nel dover pronunciare quella frase scomoda. Stava cominciando a sentirsi a disagio; stava quasi per essere pentita: la malsana idea di rimanere all'oscuro dalla verità stava cominciando già a rimpiangerla. E preferirla.
«Tanto, troppo», finalmente Theo puntò i suoi occhi celesti in quelli castani di Camylla: ci lesse disperazione, paura. Ci vide la tristezza, la consapevolezza di aver commesso un grosso sbaglio. «E sa dove abito, capisci? Non posso, non..», preso un respiro, scuotendo lievemente la testa, «Alla mia famiglia non dovrà succedere niente».
«Ma che cazzo Theo!», Camylla scattò in piedi, muovendosi nervosamente avanti e indietro, con entrambe le mani sulla testa. «Io non..», si fermò difronte al ragazzo, allargando le braccia in segno di arresa: era basita, senza parole. Era sconcertata, incredula. 
«Quella stessa sera incontrai Nathan poco distante dal locale e non so, mi venne da raccontargli l'accaduto», Theo aveva cominciato a dondolare impercettibilmente sul posto, strusciando con i palmi delle mani sulle cosce avvolte dai jeans.
«E lui, consumato dall'odio, ha proposto la rapina», stava gesticolando, cercando di far combaciare quelle informazioni ricevute fino a quel momento.
«Sì, più o meno», scosse lievemente la testa, socchiudendo gli occhi. «Andammo a casa sua e dopo diversi bicchieri di vodka e qualcuno di gin, ne uscì questa opzione», concluse la frase mordendosi il labbro inferiore mentre Camylla aveva ripreso a camminare frettolosamente.
«Opzione che adesso accantoneremo», Camylla stava puntando il proprio indice nella direzione dell'amico, «Perchè dev'esserci un'altra soluzione».
«E quale, Cam? Quale?», stavolta toccò a Theo alzarsi di scatto in piedi, aumentando notevolmente il tono della voce. «Ho una scadenza da rispettare! Quella è gente che non scherza», stava parlando con rabbia e con occhi colpevoli.
«Non lo so!», bloccò nuovamente i suoi passi fermandosi davanti a Theo mentre le sue mani completamente aperte si muovevano energiche sopra le spalle, «Ma la rapina non è la via giusta», anche lei stava alzando il volume della propria voce. Le stava sembrando una situazione del tutto surreale.
«Ci ho pensato molto e questa è la soluzione migliore», Theo si stava massaggiando le tempie ad occhi chiusi, respirando profondamente. Adesso stava parlando lentamente, probabilmente cercando di ritrovare la calma iniziale.
«I soldi della banca non sono segnati o come diavolo si dice?!», Camylla si mosse in avanti: si perse qualche secondo nel silenzio riluttante che stava avvolgendo la stanza dove non riusciva a sentire neanche più il rumore dell'orologio. «Li rintraccerebbero subito e vi beccherebbero in men che non si dica».
«Senti Cam», Theo poggiò entrambe le mani sulle spalle delle ragazza e la osservò intensamente, «Sono con l'acqua alla gola. Chiederei una cosa del genere, altrimenti?!», occhi negli occhi.
«Ma piuttosto rapinate il furgone portavalori ma non la banca», Camylla parlò istintivamente, senza afferrare realmente il concetto della sua frase se non dopo qualche secondo abbondante averla pronunciata; solo dopo essersi persa nello sguardo perplesso di Theo. «Voglio dire che la cassaforte della banca ha dei meccanismi contorti, difficili. Insomma, rischiereste troppo», scosse  la testa, rassegnata all'idea di poterlo convincere del contrario.
«Preferirei morire compiendo tale gesto piuttosto che morire per mano di un tizio qualunque», aveva ripreso  a muovere frettolosamente le braccia mentre verità paurose stavano uscendo senza preavviso, «E non mi perdonerei mai se dovesse far del male alla mia famiglia».
Camylla fu colpita in pieno petto dalle parole schiaccianti che aveva enunciato Theo senza ritegno: fu colpita dal significato nascosto, dalla profondità del dolore, dalla consapevolezza mischiata alla determinazione. Fu colpita e ne stava subendo le conseguenza, sentendosi sovrastata da emozioni contrastranti.
«E non pensi a Nathan o Alyssa?», parlò arresa, con la poca forza rimasta. Parlò mentre distrutta si stava lasciando andare malamente sul divano.
«Certo che sì! Ma ieri sera ne abbiamo parlato, non ricordi?», e Camylla avrebbe voluto rispondere positivamente a tale domanda ma purtroppo il suo cervello non era riuscito ad immagazzinare nessuna informazione riguardante l'incontro inaspettato avvenuto poche ore prima. «Siamo tutti consapevoli che potrebbe succedere». Ecco un'altra verità messa al centro esatto del tavolino. 
«Perchè Alyssa sta facendo questo?», riuscì a togliersi le scarpe potendo così incrociare le gambe al petto, rinchiudendosi in un dolore sempre più lacerante.
«La conosci, sai che le piace rischiare e che forse ama più i soldi di sè stessa», Theo si avvicinò al bordo del divano, occupandone delicatamente una piccola parte: stava parlando piano, quasi dolcemente. «E poi, avrebbe le spalle ben coperte», un piccolo sbuffo di sorriso nacque sulle labbra del ragazzo alla fine della frase.
«Già, il grande Brian Hunt! Avvocato emergente nonostante la venerata età», Camylla si ritrovò a pronunciare quella frase imitando il tono di voce dell'amica, la quale con orgoglio e dedizione, cerca di omaggiare il padre definendolo in grande crescita, seppur con qualche anno a pesargli sulle spalle. 
Theo sorrise prima di rilassare le curve ai lati della bocca. «Cam, capisco la tua paura per questo dovrai solamente essere la nostra autista», allungò una mano in direzione della gamba ancora piegata di Camylla.
«In che senso?», Camylla corrugò la fronte.
«Ma ieri eri con noi?!», Theo inclinò di lato la testa con fare divertito, «Entreremo noi in banca, tu ci aspetterai in macchina pronta a scappare una volta tornati col bottino», stava parlando lentamente, come a voler trasmettere tranquillità e soprattutto semplicità nei movimenti. «Ah, e dovrai prendere informazioni sul direttore».
«No, Theo. Mi dispiace», mosse leggermente verso sinistra la gamba che risultava essere più calda sotto al tocco delicato di Theo.
«Perchè?», l'amico aprì le mani davanti al petto, con tono di voce quasi deluso.
«Stai scherzando?! E devo pure spiegartelo?», Camylla stava osservando Theo incredula, mentre cercava di sistemare una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «E' un rischio troppo grande».
«Dannazione! Dovrai guidare un cazzo di furgoncino!», scattò nuovamente in piedi, agitando nervosamente una mano. La sua pazienza al limite della sopportazione.
«Se vi beccano sarei complice tanto quanto voi!», abbassò le gambe, poggiando i piedi sul pavimento freddo. Con le mani cercò il bordo del divano per poterlo afferrare e stringere con foga: avrebbe altresì afferrato il vaso sul tavolino lanciandolo dalla parte opposta della stanza.
«Ma se tutto dovesse filare liscio, saresti ricca forse il quadruplo di adesso», Theo incrociò le braccia al petto mentre le sue gambe faticavano a  trovare una posizione comoda.
«A me non interessa dei soldi», cercò di controllare il suo tono di voce per far sì di scandire nel migliore dei modi e attentamente tutte le parole, «E poi magari, un giorno lavorerò pure per Lucas», un banale flash le riportò alla mente la conversazione avuta con Thomas soltanto pochi giorni prima.
Ancora una volta il silenzio sceso all'interno della stanza sembrava sovrastare qualsiasi altro piccolo e minimo rumore. Era un silenzio pesato, in cui Camylla stava cercando di trovarvi ordine; era un silenzio misurato che a Camylla stava servendo per riprendere aria. Era un silenzio schiacciante a cui Camylla si stava disperatamente aggrappando per poter riuscire a sopravvivere.
«Perchè proprio me?», una domanda sussurrata che celava paura nel ricevere risposta. Camylla cercò con gli occhi lo sguardo indeciso di Theo.
«Sembravi..», Theo dovette soffermarsi, «Ecco, sì. Sembravi facile da convincere», si grattò la nuca visibilmente imbarazzato.
«Facile da convincere», Camylla si stava ripetendo quelle tre parole a ripetezione, annuendo flebilmente con la testa.
«Sì, quando abbiamo parlato con Alyssa lei ti ha subito coinvolta», si mosse in avanti per poi tornare subito un passo indietro, indeciso nei movimenti da compiere. «Ha detto che avresti accettato senza far storie».
«Mi sorprendo, davvero», stava facendo fatica a credere a ciò che Theo le stava dicendo ma dopotutto non le sembrava così surreale un tale comportamento da parte della sua amica. Fece perno sul divano per potersi alzare e dirigersi verso la cucina.
«Abbiamo fatto questo stesso ragionamento io e Nathan nei confronti di Alyssa perchè avevamo bisogno di una terza persona», Camylla vide Theo seguirla con lo sguardo, girandosi solamente con il busto. «E poi lei ha proposto te».
«Da quanto conosci Nathan?», si fermò davanti all'anta contenente i cartoni di latte e ne afferò uno. Nella sua testa fremevano di essere chieste altrettante domande per poter far chiarezza.
«Da qualche anno, essendo amico di mio fratello Samuel», Theo prese coraggio e percorse la distanza che lo separavamo dallo stipide della porta della cucina, «Hanno la stessa età».
Camylla si voltò corrugando  la fronte mentre cercava di mandar giù quel goccio di latte che aveva bevuto, «Ah, quindi Nathan è più grande?!», si asciugò con la maniche della maglietta l'angolo della bocca.
«Sì, di un anno», vide Theo scuotere la testa mentre Camylla si stava rendendo conto di quanto poco conoscesse quella persona: si ritrovò a mordersi il labbro inferiore, definendosi mentalmente una schiocca.
Eccolo nuovamente il silenzio angosciante che si trascina dietro una consapevolezza pesante; ecco di nuovo il suono delle risposte insinuarsi prepotentemente nelle vene; ecco di nuovo nell'aria il profumo di una verità reale, viva. 
«Vuoi sapere altro?», Theo interruppe quel frastuono assordante che stava martellando nella testa di Camylla, debolmente.
«Alyssa è a conoscenza del tuo casino? E di quello di Nathan?», Camylla aveva ancora molteplici domande che stavano spingendo per poter essere gridate a gran voce.
«Sa solamente di Nathan», assottigliò gli occhi, come a voler trasmettere un messaggio imponente e ben deciso, «E così dovrà restare».
Camylla si ritrovò a scuotere la testa, incredula da ciò che aveva appena udito; dalle informazioni che era riuscita ad ottenere arrendendosi ad una realtà forte e cruda.
«Comunque..», Theo infilò una mano nella tasca stretta destra dei jeans, provocando sul volto un paio di smorfie: ne estrasse a fatica un piccolo registratore che nell'angolo in alto presentava una luminosa spia rossa accesa. Lo stava muovendo soddisfatto con il braccio teso in avanti verso la figura della ragazza, con un sorriso beffardo ad incorniciargli il volto, «Nel caso tu non volessi prendere parte al piano e noi dovessimo venir arrestati. Questo dimostrerà il tuo coinvolgimento», premette un pulsante - probabilmente quello dello stop -. «Com'è che si dice? Favoreggiamento?!», il tono di voce fastidiosamente irritante. Sadico.
«Ma che diavolo..-», Camylla aveva gli occhi sbarrati: stava fissando Theo con la bocca asciutta e una delusione amara stampata in pieno viso. Si ritrovò a stringere con foga il cartone di latte vicino alla sua mano: sentiva la testa pesante, le gambe stanche, il corpo lentamente strinto a catene di ferro che le impedivano qualsiasi tipo di movimento. Sentiva il cuore frantumarsi e poteva sentire ben distintamente il rumore metallico della chiave che veniva gettata a distanza da lei.
 «Sì, beh diciamo che ci hai spinti a fare ciò vista la tua riluttanza», allargò davanti a sè le braccia con fare ovvio, alzando leggermente le spalle, «Quindi adesso o ci denunci o ci aiuterai guidando quel maledettissimo furgone».
«Non potete ricattarmi!», Camylla parlò a denti stretti ingoiando a mano mano pezzi di frasi taglienti; sputando un odio che non credeva di poter avere.
«Tecnicamente lo sto già facendo ma ripeto, vai pure a denunciarci», Theo si spostò in direzione dell'attaccapanni, intendo a riprendersi ciò che era suo, «Però prima sbaglio, o devi procurarti delle prove?!», stava cercando di infilarsi il cappotto non interrompendo un contatto visivo pericoloso. Minaccioso. «Se vuoi posso darti gli appunti scritti ieri sera. Ah no! C'è anche il tuo nome sopra!», si picchiettò il palmo della mano destra sulla fronte, assumendo un finto sguardo dispiaciuto. 
«Bastardo!», Camylla si mosse leggermente in avanti bloccandosi immediatamente due passi dopo: lì nel mezzo alla stanza si sentiva spoglia di ogni barriera; si sentiva ricoperta di imbroglio e falsità; si sentiva nuda e vulnerabile; si sentiva fragile sotto pesanti parole.
«Pensaci!», le strizzò l'occhio sinistro mentre un sorriso scarno gli illuminava il volto. La suoneria del suo telefonino gli fece bloccare la mano a mezz'aria pronta per afferrare la maniglia del portone. Rispose al terzo squillo, abbadonando quella casa divenuta prigione fredda e senza aria. Camylla, con la spina del cervello staccata e gli occhi socchiusi dalla confusione, riuscì a percepire un “Coreen, tesoro mio. Tra dieci minuti sarò da te” provenire dalla bocca di Theo.
E nell'esatto momento in cui il portone  sbattè con violenza troncando nettamente la visuale delle spalle del ragazzo, le gambe di Camylla crollarono a terra, trascinandosi un peso insostenibile: rilassò la testa che ricadde ciondolona in avanti; gli occhi chiusi, strinti stretti creando pieghe sul volto, colmi di lacrime e delusione; le braccia lasciate andare lungo i fianchi, con i pugni che lentamente avevano cominciato a distendersi facendo sì che fuoriuscisse il dolore di una verità assurda. La bocca serrata colma di grida silenziose che avrebbero avuto il potere di abbattere qualsiasi barriera.
Camylla aveva la sensazione di essere sola. Di essere intrappolata in una gabbia che lei stessa aveva contribuito a creare. Si sentiva persa. Si sentiva pervasa da una sensazione di arrendevolezza totale. Si sentiva incapace di reagire, non all'altezza di saperlo fare. Si sentiva indifesa, preda totale del nemico.

Era la quinta volta che il suo cellulare vibrava tra le lenzuola spiegazzate, vicino alla gamba distesa di Camylla, immersa in una lettura coinvolgente: lo afferrò distrattamente continuando a scorrere le righe prima di arrivare alla fine della frase. Guardò lo schermo del display che illuminandosi mostrava il nome di Nathan Mills a grandi caratteri. Si ritrovò a sospirare, prima di cliccare per due volte il pulsante sul lato destro del telefono ed interrompere la chiamata.
Notò essere presente anche un messaggio che non aveva sentito arrivare.

Un messaggio ricevuto: ore 06:25 pm
Da: Little T ♥
Hey, tutto bene? Non ti sei ancora fatta sentire e comincio a preoccuparmi” 

Camylla si ritrovò a sorride debolmente: le faceva piacere ricevere attenzioni da parte di Thomas e per quanto avesse voluto guidare come una pazza in direzione della casa del ragazzo, in quel momento trovava difficoltoso persino capire il senso della frase appena letta.

Messaggio inviato: ore 07:44 pm
A: Little T ♥
Scusami tanto ma è stata una giornata impegnativa! Sono distrutta” 

Aveva scritto quel semplice messaggio circa tre volte prima di inviarlo: non riusciva a trovare un aggettivo che definisse appieno la mattinata trascorsa. 

Un messaggio ricevuto: ore 7:46 pm
Da: Little T ♥
Occorre che arrivi con un pezzo del mio delizioso dolce?!” 

Quella soluzione stava allettando Camylla che contrariamente a quanto il proprio stomaco le stava consigliando, dovette rifiutare tale offerta per evitare di dover affrontare argomenti scomodi che non avrebbe saputo gestire con diplomazia.

Messaggio inviato: ore 7:47 pm
A: Little T ♥
Non vorrai mica avvelenarmi?! Comunque, ti ringrazio ma molto probabilmente adesso riposerò un pò” 

Cercò di risultare divertente per non dover far preoccupare ulteriormente Thomas. Nel momento in cui il suo pollice premette su “invio”, il telefono riprese a vibrare intensamente, mostrando la sesta chiamata da parte di Nathan.
Stavolta aspettò che smettesse, decisa nel voler spegnere il proprio cellulare ed avere la possibilità di continuare a rimanere nel calore incerto che era riuscita a crearsi, distaccandosi dalla realtà per potersi immergere nel libro che le aveva regalato sua madre.
Il suono del campanello la fece imprecare a voce alta: si ritrovò ad alzare gli occhi al cielo prima di afferrare un lembo del lenzuolo e posizionarlo al meglio sopra la gamba che distrattamente era andata a scoprirsi. Non aveva nessuna intenzione di andare ad aprire, troppo stanca per affrontare chiunque si fosse trovata difronte.
Lo schermo del telefono appena illuminato presenteva un messaggio:

Un messaggio ricevuto: ore 7:50 pm
Da: Nathan Mills
Apri, so che sei in casa. Altrimenti sarò costretto a sfondarla

Camylla dovette leggere per due volte ciò che le aveva scritto Nathan mentre il rumore del campanello non smetteva di invadere l'intera casa provocando fastidio ed esasperazione.
Si alzò controvoglia, gettando malamente il cellulare sul letto e chiudendo il libro senza inserire il segnacolo tra le pagine. Scese le scale velocemente, intenta solo a far cessare quell'assordante fracasso che stava provocando Nathan. Si fermò davanti al portone e prese aria a pieni polmoni.
«Basta!», Camylla gridò, strizzando gli occhi e agitando nervosamente le mani vicino alla testa. Quando il silenzio risuonò come armonia per le orecchie della ragazza, quest'ultima si ridestò, drizzando la schiena e sospirando quasi soddisfatta. «Che diavolo vuoi?».
«Parlarti un secondo», anche il tono di voce di Nathan era alto per potersi far sentire nonostante lo spessore che li stava dividendo.
«Non ho niente da dirti», istintivamente Camylla mosse un piccolo passo in avanti che bloccò subito dopo, ritrovandosi a mordere il labbro inferiore.
«Apri Camylla, per favore», sentì la voce di Nathan leggermente più vicina: una voce calma, gentile. Ingannevole.
Camylla si decise ad afferrare la maniglia, aprendo a metà quell'enorme porta: il vento pungente la invase in pieno volto facendola rabbrividire. Si strinse nelle spalle, spingendo con il braccio sinistro il suo maglioncino affinchè aderisse ulteriormente alla pelle. «Che c'è?».
«Devo scusarmi per..», Nathan abbassò lo sguardo giusto l'attimo che gli occorse per riprendere fiato, prima di rialzarlo e far sì che Camylla si perdesse nelle iridi verdi, «Sì, ecco, il gesto di Theo», aveva le mani all'interno delle tasche ma Camylla notò allargerle di poco.
«Bene, l'hai fatto», non si sarebbe lasciata abindolare per l'ennesima volta dalla grazia innocente che emanava Nathan; non si sarebbe resa ridicola dinnanzi ad occhi penetranti  e taglienti. Con la mano a sorreggere ancora la porta, decise di richiuderla, «Ciao».
«Aspetta!», Nathan scattò in avanti, allungando velocemente una mano in avanti bloccando così il portone ormai quasi giunto al battente, «Lasciami spiegare», e quella che uscì dalla bocca del ragazzo sembrava risultare essere quasi una supplica.
Camylla si ritrovò a mordersi il labbro inferiore, iniziando una lotta interiore tra ciò che il proprio corpo voleva che facesse e ciò che la testa implorava di compiere. Battè un leggero pugno sul legno della porta. «E tu lasciami del tempo per immagazzinare».
«Ok», abbassò la mano, riportandola all'interno della tasca del giubbotto, «Ci vediamo domani al termine delle lezioni», la salutò con un cenno del capo, sorridendo di cortesia prima di girare le spalle e iniziare a camminare in direzione opposta.
Camylla richiuse il portone, strusciandosi le mani sui bracci per potersi riscaldare: sospirò, appoggiandosi con la schiena e abbadonando la testa all'indietro. Sarebbe stata una lunga notte dove i pensieri avrebbero tartassato incessamente, dove ogni parola non detta avrebbe risuonato ad un ritmo ben scandito e definito, dove gesti proibiti avrebbero balenato vivi e rincuorosi.
Sarebbe stata una notte tormentata, una notte di agitazione. Una notte in solitudine.

06 Ottobre.

Nella stanza stava rimbombando il vociferare degli studenti intenti a scambiarsi battute sulla lezione appesa conclusa. Camylla ancora non si era data una vera e propria motivazione sul perchè non era rimasta, come la mattina precedente, lontana dall'Università e da tutto ciò che potesse farle ricordare gli arrivi quasi imminenti degli esami.
«Pranziamo insieme?», la voce allegra di Khloe alla propria destra la fecero voltare di scatto: la trovò sorridente, leggera e spensierata. 
«Sì, certo», contrariamente ai programmi che si era mentalmente stilata, Camylla decise di accettare l'invito dell'amica: dopo la discussione avvenuta telefonicamente e la quale aveva visto coinvolta anche Alyssa, non aveva avuto modo di poterle più parlare. Si rese conto di non averle neanche più scritto un misero messaggio di cortesia e si ritrovò a chiedere come riuscisse Khloe a farsi scivolare determinate cose.
«Volevo chiederlo anche ad Aly ma stamani non l'ho vista», Khloe prese sottobraccio Camylla, indirizzandola verso la porta alla fine delle scale.
«Voi due avete chiarito?», domandò ingenuamente Camylla, indicandola con l'indice della mano destra: si ritrovò a scuotere la testa, pensando a quante piccole ma importanti cose stava lasciando al caso senza prestarne l'attenzione necessaria.
«Sì, ieri mattina», sorrise Khloe, mostrandole involontariamente la gomma da masticare, «Alla fine a me di Theo non piace neanche il nome e se proprio vuoi saperlo», si ritrovò ad abbassare la voce, avvicinandosi alla spalla di Camylla, «Bacia male».
Istintivamente nella mente di Camylla prese vita la scena avvenuta al compleanno - solamente pochi giorni prima -, dove le labbra di Theo e quelle di Khloe erano riuscite ad incontrarsi dando inizio ad una danza malsana: dovette arricciare il naso e fare una smorfia poco gradevole affinchè potesse riuscire a scacciare tali immagini.
«Sai però, se non fosse successo tutto questo, forse Aly e Theo non starebbero insieme adesso», Khloe fu costretta a lasciare il braccio di Camylla in quanto un gruppo numeroso di ragazzi aveva occupato più di mezzo portone del campus per potersi scambiare gli appunti, «Ed io non avrei il numero di Ethan che gentilmente mi ha passato la nostra cara Hunt!».
«Pensi di usarlo?», Camylla dovette allungare il passo per poter raggiungere nuovamente l'amica e poter parlare senza bisogno di urlare.
«Perchè no?!», alzò le spalle, inclinando leggermente la testa di lato, «Magari andrà bene anche a me».
«Mi piace questa tua sicurezza», sorrise - per la prima volta dopo giorni intensi e difficili -, per davvero. Sorrise spontaneamente, meravigliandosi del coraggio che la sua amica avrebbe voluto tirar fuori. Ammirandone il gesto, qualora lo avesse compiuto realmente. 
«Sì, beh ecco, magari prima berrò qualche drink», per tutta risposta Khloe le regalò la bellezza di due guance paffutelle tinte leggermente di rosa. 
Si fermarono entrambe sull'ultimo gradino delle scale, puntando i loro occhi al giardino ricoperto di foglie secche ed erba - notevolmente più alta del previsto - che presentava accenni di piccole pozzanghere che lentamente si stavano formando. 
«Aspetta..», Khloe aprì il proprio zainetto, cominciando a rufolarvici all'interno, «Ecco, ero sicura di averlo preso stamani mattina», ne estrasse soddisfatta un piccolo ombrellino arancione.
«Io invece l'ho dimenticato», Camylla alzò le spalle, cercando di tirar al meglio il cappuccio del giacchetto sopra la testa in modo da poter essere maggiormente coperta, «Insomma, non sembrava così brutto il tempo questa mattina». Khloe la guardò con un sopracciglio alzato mentre tentava di aprire l'ombrello senza colpire nessun'altro studente, prima di scoppiare a ridere sonoramente.
«Hey, Camylla!», una voce alle spalle delle ragazze le fece voltare contemporaneamente: videro un ragazzo sorridente, ben composto ed elegante salutare con la mano.
«Nathan», Camylla si limitò a ricambiare il saluto cordialmente senza sembrare troppo entusiasta nell'averlo difronte.
«Ciao», Khloe sorrise accogliendo il ragazzo con fare gioiale, «Non ti ho più visto in giro, tutto bene?», domandò formando sulla fronte alcune piccole pieghe della pelle.
 «Ho alcune questioni importanti da risolvere», gli occhi profondi verdi si stavano immergendo nel castano, «Ma sto cercando di non perdere troppe lezioni».
«Ma è vero che Diritto Finanziario e Bancario è difficile da seguire?», continuò il proprio interrogatorio abbassandone l'ombrello semi-aperto.
«No, aspetta», Camylla aprì la propria mano mostrandone il palmo a Khloe, «Tu sai che lui è del quarto anno?», l'incredulità nella propria voce ne fece trapelare tutto lo stupore.
«Sì, se non sbaglio ne parlammo la mattina del mio compleanno», stava cercando conferma nello sguardo di Nathan, ancora incentrato ad osservare a sua volta Camylla, «Eravamo in salotto a far colazione, insieme anche ad Alyssa e Theo. Non ricordi?».
«Oh, giusto. Sì!», Camylla si battè il palmo sulla fronte, sorridendo appena: in realtà non ricordava affatto avessero affrontato argomenti del genere ma dette la colpa alla sua assenza mentale, troppo occupata a rimuginare sulla conversazione che aveva avuto privatamente con Alyssa nella propria camera da letto.
Vide Khloe scuotere la testa, probabilmente arresa dalle rare speranze dell'amica «Comunque, noi stiamo andando a pranzo. Vuoi venire?», rivolse la sua totale attenzione a Nathan, indicando con l'indice oltre le proprie spalle dove si trovava l'uscita dell'Università.
«Credo abbia altri impegni», Camylla parlò con un tono di voce più alto di quanto avrebbe voluto: cercò di controllarsi tossendo debolmente, «Poi, dopo non devi andare allo studio?».
«Sì, perchè tu no?», Nathan sembrò muoversi nervosamente sul posto, drizzando la schiena e corrugando la fronte interessato appieno dalla risposta che avrebbe ascoltato.
«Ho chiesto a Lucas di poter studiare il caso da casa, almeno per oggi», stava rafforzando la propria risposta scuotendo la testa in senso di negazione, «Passerò dallo studio solo a prendere i fascicoli». Camylla aveva contattato il proprio capo quella stessa mattina mentre percorreva la strada che l'avrebbe condotta al campus: si era preparata circa tre scuse ritenute degnamente plausibili da poter proporre in propria difesa ma contrariamente alle aspettative della ragazza, Lucas non aveva obiettato.
«Ok», la voce di Nathan risuonò come un sussurro mentre gli occhi stavano cercando di scavare una verità celata dietro una frase che stonava con i comportamenti di Camylla.
«Allora, pranzi con noi?», Khloe troncò quella sottile tensione palpabile che stava velocemente intrappolando i loro corpi. Camylla cominciava a star stretta in quello spazio aperto; cominciava a sentirsi a disagio sotto lo sguardo vigile e attento di Nathan; cominciava a sentirsi vulnerabile nonostante non riuscisse a distogliere i suoi occhi da quelli del ragazzo.
«Sì, andiamo!», Nathan sembrò volerla sfidare, accettando quell'offerta non condivisa, proposta da Khloe. Si mosse in avanti, superando entrambe le ragazze e cominciando a scendere gli scalini senza degnarsi di ripararsi dalla pioggia che non sembrava aver voglia di dar tregua agli abitanti.
Camylla rimase ad osservarlo, maledicendosi per non essere riuscita a convincerlo del contrario: c'era però una sensazione che stava cominciando a pungere debolmente. Questa sensazione aveva la malsana forza di renderla quasi felice, forse contenta e soddisfatta di poter trascorrere del tempo con Nathan. Era una sensazione fastidiosa ma che prepotentemente stava cominciando a farsi sentire, tradendone ogni gesto contrario. Scosse la testa, ripromettendosi di riuscire a spegnere quella sensazione pericolosa che l'avrebbe condotta ad ulteriori complicazioni.
Decise di seguire Khloe, afferrandone il braccio e riuscire così a ripararsi dalla pioggia sotto l'ombrello nonostante il cappuccio. 
«Che succede tra voi?», Khloe bisbigliò debolmente, allargando giocosamente il gomito e spintonando leggermente Camylla: stava sorridendo mentre continuava a strizzare l'occhio divertita.
«Niente di quello che pensi», Camylla fu costretta a ricambiare il sorriso, rendendo la propria affermazione poco credibile.
«Come no!», la sonora risata che ne conseguì fece voltare Nathan che a passi svelti stava cercando riparo sotto ad una tettoia, «Detto tra noi, è anche meglio di Matthias», dovette riabbassare il tono della voce per evitare di farsi sentire. Il sorriso ancora ad incorniciarle il volto rendendo le guance più tonde del normale.
Camylla semplicemente non rispose: nella sua mente si stavano creando vortici di informazioni ed un susseguirsi di avvenimenti confusionari da non riuscire a farla pensare lucidamente. Avrebbe voluto poter risolvere in successione ogni singola situazione per potersi concentrare sul futuro senza doversi preoccupare di problematiche insidiose, difficili da gestire.
Rallentò il passo, tirandosi dietro Khloe che la stava osservando con aria confusa: estrasse il cellulare dalla tasca sinistra del giacchetto, avendone percepita una leggera vibrazione. Lo schermo presentava l'arrivo di un messaggio.

Messaggio ricevuto: ore 01:46 pm
Da: Maaamma!
Buongiorno tesoro, io e papà ti aspettiamo stasera a cena. Ti chiamo più tardi. Un bacio

Si ritrovò ad alzare gli occhi al cielo, avendo eclissato totalmente tale impegno. Ripresero a camminare, cercando di auto-convincersi mentalmente che una cena con i propri genitori sarebbe servita ad allentare la tensione.

«Ma come si fa?!», Oliver era scattato in piedi, gridando con una rabbia quasi incomprensibile, «Autogol al quindicesimo minuto!», per rafforzare la delusione scaraventò l'adorata sciarpa in terra.
«E' appena iniziata», Camylla si sistemò al meglio sul divano, incrociando le gambe, «C'è ancora tempo!», cercò di calmare il padre strattonandolo per il lembo della maglia per riposizionarlo affianco a lei.
«Sì, per prenderne un altro», stava digrignando a denti stretti mentre con lo sguardo assottigliato osservava l'esultanza assurda dei giocatori dell'Ipswich.
«Volete delle patatine?», Korinne sbucò dalla cucina con i guanti gocciolanti.
«Credo sia preferibile altra birra», Camylla parlò piano evitando di distrarre ulteriormente l'attenzione di suo padre dalla partita: per questo gesticolò, mimando e indirizzando il capo verso il tavolino che presentava una bottiglia già scolata per più di metà.
«Ok», sorrise cercando di alzare il pollice verso l'altro, «Uh, ma state perdendo!».
«Tesoro», Oliver si voltò di scatto cercando di assumere un'atteggiamento calmo e disivolto, «Potrei tirartelo», le mostrò il telecomando ma la risata leggera  e divertita che provocò la reazione di Korinne sminuì nettamente la serietà del marito.
«Puoi venire un secondo?», Korinne indicò con il cenno del capo la cucina prima di voltare le spalle per dirigersi nella stanza in attesa. Camylla si alzò, continuando a fissare lo schermo del televisore fino a che la visuale glielo permise.
«Dimmi mamma», cercò di rimanere vicino allo stipite per tendere un orecchio in direzione della sala - e delle imprecazioni che numerose scorrevano a fiumi dalla bocca del padre -.
«Non ti ho più chiesto di quel ragazzo con suo padre che ci pagò il pranzo l'altro giorno», si tolse i guanti per lasciarli penzolare sulla cannella del lavabo, pronta a dirigersi verso il frigo.
«Sì, lo vedo ogni tanto, perchè?», quella conversazione riuscì ad attirare la completa attenzione di Camylla che distolse lo sguardo per osservare sua madre.
«Lo vedi nel senso che ci esci?», domandò con una punta di curiosità Korrine mentre prelevava due bottiglie di birra.
«No, assolutamente!», Camylla cominciò a muovere frettolosamente le mani davanti al petto, «Lo vedo nel senso che anche lui sta facendo praticantato nello studio di Lucas e stiamo lavorando allo stesso caso», una piccola parte di verità nella frase appena enunciata c'era, per questo si ritrovò ad annuire con la testa.
«Gliel'hai concesso un pranzo? E' stato carino ciò che ha fatto per noi», aprì un'anta della credenza per tirarne fuori un vassoio con una piccola ciotolina e posizionarle sul tavolo.
 «Oggi abbiamo pranzato insieme», Camylla alzò le spalle, incurvando i bordi della labbra soddisfatta, «C'era anche Khloe ma è un dettaglio, no?!».
«Tesoro!», Korinne si bloccò con le mani a mezz'aria ed il pacchetto di pop-corn tra di esse, «Sii gentile, per una volta».
«Mamma, onestamente adesso non mi va», mosse un passo in avanti, allontanandosi dallo stipide della porta: cercò un contatto visivo con sua madre per poter riuscire a trasmettere una sensazione di disagio che le stava cominciando a salire, dettata dal contenuto nascosto della piega di quella conversazione.
«Non ho detto che ti ci devi fidanzare», sorrise mentre il rumore dei pop-corn che venivano rovesciati nella ciotolina faceva da sottofondo, «Solo ricambiare un gesto apprezzato ricevuto da un gentiluomo».
«E rischiare di dargli false speranze?!», Camylla poteva capire ciò che sua madre stava tentando di dirle ma purtroppo non poteva farle sapere che quel gesto ritenuto tanto carino celava in realtà una serie di favoritismi ingrati e pericolosi. Una carezza nascosta in un pugno.
«Dimmi che non lo trovi carino neanche un pò», Korinne le strizzò l'occhio divertita mentre un grido di felicità invase l'intero appartamento.
«Eccolooo!», Oliver era balzato in piedi saltellando felice davanti al divano mentre sventolava sopra la testa la sciarpa del Doncaster, «E adesso chi esulta?! Chi?!», stava parlando con la televisione mentre l'inquadratura era focalizzata sul portiere dell'Ipswich che sconsolato, scuoteva la testa.
«Uno pari, palla centro!», Camylla approfittò all'istante dell'esultanza di suo padre per afferrare il vassoio e dirigersi nuovamente in salotto, intenta a godersi la fine della partita lontata da argomenti poco gradevoli.

«Sono da Savanna», Thomas stava sussurrando rendendo poco comprensibile le parole.
«Che peccato! Avevo bisogno di compagnia», Camylla stava camminando frettolosamente, con un'ombrello mal ridotto a penzolare nella mano destra.
«Che stai facendo?», il ragazzo aveva deciso di abbassare ulteriormente la propria voce, dovendo far sforzare Camylla affinchè recepisse il messaggio.
«Sto tornando a casa, ero a cena dai miei per la partita», la distanza che le mancava per raggiungere la propria abitazione non era eccessiva ma il buio scuro e gli squarci di lampi rendevano l'atmosfera poco tranquilla: avrebbe potuto usare la macchina ma sperava di potersi rilassare passeggiando per le vie della città che stava respirando l'aria in assenza, da poche ore, della pioggia.
«Cazzo, la partita!», Camylla si stava immaginando Thomas con la mano sulla fronte a maledirsi per esserla persa, «Com'è finita?».
«Abbiamo vinto!», si ritrovò ad urlare, alzando per aria il braccio e rischiando di sbattersi l'ombrellino sulla testa: si guardò furtivamente attorno per cercare di capire se avesse attirato l'attenzione di qualcuno rimasto in penombra dai lampioni, «4-1», concluse, aumentando notevolmente il passo.
«Che squadra ragazzi», stavolta toccò a Thomas alzare la voce, esultando soddisfatto, «Però adesso devo riattaccare. Scusa», lo sentì tornare improvvisamente a sussurrare prima di ascoltare il rumore ad intermittenze regolari della cornetta riattaccata.
Sbuffò, riposizionando il proprio telefono in tasca: osservò la strada estendersi davanti a sè, deserta e poco illuminata. I pensieri cominciarono a farsi risentire, più vivi di quanto non lo fossero mai stati: si alternavano tra spazi di luce tenue dove si era riposta una minima speranza tanto fragile quanto debole, e spazi dove l'abisso buio rendeva vano ogni appiglio rendendo l'intera situazione drammatica. Tra quei mille pensieri che vorticavano pericolosi, doveva riuscire a captare una possibile soluzione ed evitare di farsi seriamente male: non doveva perdere la calma e doveva riuscire a tener viva quel pizzico di lucidità che alle volte le donava coraggio.
Mentre il rumore delle foglie secche calpestate a terra rendevano agitata Camylla, la sue mente riproponeva frasi estrapolate dalla conversazione avvenuta con Theo il giorno precedente: ne poteva sentire ancora la voce ben scandita e sicura, ne poteva ricordare esattamente i gesti, le esatte parole; sentiva addosso ancora lo sguardo perforante dell'amico. Si sentì fortunata nel non averlo visto quella stessa mattina a lezione e per quanto avrebbe voluto gridare disprezzo ed odio con Alyssa, cercò di respirare affondo per cercare di capire quale sarebbe stato l'atteggiamento più idoneo da tenere. 
I passi svelti e le leggere botte che l'ombrello le donava ogni volta che le batteva sulla coscia, stavano avendo il potere di renderla nervosa: l'aria fresca e pungente della sera stava ricadendo incessante, non curante di Camylla, riuscendo ad imprigionarla in uno stato di disagio. Un tuono improvviso la fece bloccare a ridosso di un marciapiede crepato, smorzandole il respiro: osservò il cielo così scuro e tenebroso ma nel quale avrebbe potuto lasciarsi abindolare, riuscendo quasi a calmarsi.
Si riscosse scuotendo la testa, riprendendo la sua camminata frettolosa mentre il rumore di una macchina stava cominciando a farsi sempre più vicina: la sentì chiaramente rallentare, decellerando lentamente fino a raggiungerla; Camylla decise di proseguire, preferendo non voltare lo sguardo alla sua sinistra.
«Camylla!», una voce delicata, sottile. Inaspettata. Il rumore del finestrino che veniva abbassato non era riuscito a coprire totalmente quel nome pronunciato con sorpresa.
Camylla si voltò di scatto, incredula nell'averlo riconosciuto: «Matthias?!».
«Che ci fai da sola a quest'ora? A piedi?», il rombo dell'auto ancora in moto costrinse Matthias ad alzare leggermente il tono della voce.
«Ero dai miei, sto tornando a casa», Camylla indicò distrattamente con l'ombrello la direzione davanti a sè, nonostante il ragazzo conoscesse perfettamente dov'era sita l'abitazione. Dovette assottigliare gli occhi per poterlo osservare meglio: la poca luce emessa dal lampione non riusciva a rendere giustizia agli occhi di Camylla.
«Sali che ti accompagno», vide Matthias allungarsi per poter riuscire a raggiungere la maniglia dello sportello del lato passeggero, «Tra poco ricomincerà anche a piovere».
«Oh no, grazie. Sono..», si dovette schiarire la voce mentre dondolava impercettibilmente da un piede all'altro, «Sono quasi arrivata ed ho lui», mostrò l'ombrellino, sorridendo debolmente.
«Non farti pregare», Matthias riuscì ad aprire lo sportello, permettendo così a Camylla di poter entrarvi all'interno: un tenue calore la invase mentre tutti i pensieri distorti stavano lasciando spazio a ricordi dolorosi.
«Fammi indovinare, eri a vedere la partita», inserì la marcia per poter ripartire ad un'andatura scorrevole.
«Sì, certo», Camylla sorrise: una piccola lotta all'interno del proprio corpo era appena cominciata. Si stavano sfidando la voglia irrefrenabile di voltarsi in direzione di Matthias per poterlo osservare e la resistenza timida nel non voler distogliere lo sguardo dalla strada. «L'hai guardata anche te?».
«Ovviamente, ero da Austin che tra parentesi è un tifoso sfegatato dell'Ipswich», la risata genuina e cristallina di Matthias invase completamente l'abitacolo, rendendo notevolmente più difficoltosa la personale lotta di Camylla, «Ti lascio immaginare quante offese ho ricevuto».
«Conosci mio padre, e dopo il loro gol non ti dico le imprecazioni che ha tirato», istintivamente Camylla si voltò, sorridendo apertamente: i suoi occhi si stavano muovendo velocemente, cercando di catturarne più dettagli di quanti già non ne conoscesse.
«Oliver dovrebbe divenire capo ultras», quando Matthias girò il proprio volto nella direzione Camylla, a quest'ultima mancò l'aria. Dovette scattare con la testa per tornare ad osservare la strada, pregando di poter raggiungere casa nel minor tempo possibile. Si rese conto di non aver ancora superato la loro separazione; si rese conto di quanto le mancasse conversare con lui; di quanto avesse bisogno del suo sguardo; di quanto desiderasse continuare ad ascoltare la sua voce.
Il silenzio sceso tra loro stava cominciando a rendere l'aria chiusa un pò pesante, fastidiosa. Imbarazzante. 
Camylla aveva cominciato a giocare con un lembo dell'ombrello poggiato sulle proprie gambe mentre si stava mordendo nervosamente l'interno della guancia.
«Ci siamo», Matthias parlò piano, troncando quella tensione ingenua ma naturale. Soffermò la macchina vicino ad un lampione, accostantosi al marciapiede. Camylla continuava a tenere ben saldo lo sguardo davanti a sè. «Chi è quello?», nella voce di Matthias se ne poteva dedurre ci fosse curiosità, perplessità ed anche un pizzico di paura.
«Chi?», Camylla mosse leggermente verso la propria sinistra la testa per poter riuscire a capire a chi si stesse riferendo Matthias: lo vide allungare il collo oltre la spalla della ragazza che immeditamente scattò con lo sguardo. Si ritrovò ad assottigliare gli occhi, cercando di mettere a fuoco la persona che si trovava davanti al portone e che sembrava avere entrambe le mani in tasca.
«Lo conosci?», Matthias stava sussurrando quasi timoroso.
Camylla dovette avvicinarsi al finestrino per poter osservare meglio mentre un senso di disagio e panico stava cominciando a farsi sentire prepotentemente. 
«Non lo so», Camylla scosse la testa, «Non riesco a vederlo».
«Scendiamo insieme o vuoi venire da me, almeno per stasera?», la bocca di Camylla si aprì istintivamente mentre le unghie delle mani stavano scavando nei palmi. Dovette chiudere gli occhi e prendere un respiro profondo per evitare di esplodere e lasciarsi andare a quelle sensazioni contrastanti di paura ed agitazioni che stavano prevalendo.
Il ragazzo sul portone sembrò intuire la confusione che stava avvenendo all'interno della macchina, e mosse qualche piccolo passo in avanti, soffermandosi dove la luce leggera del lampione poteva renderlo riconoscibile.
«Nathan?!», Camylla corrugò la fronte, facendo nascere qualche piega. Il suo tono incredulo ne esprimeva l'intera sorpresa.
«Ah, allora sai chi è», nella voce di Matthias, Camylla ne percepì un leggero pizzico di delusione che volle scacciare deglutendo a fatica.
«Sì, un amico», stava parlando debolmente, appoggiando le mani sul finestrino per potersi raffreddare: la testa stava diventando pesante.
«A quest'ora?!», Matthias si sistemò al meglio sul sedile, provocando un sottile rumore causato dai jeans strusciati con la pelle. Stava parlando con stizza e risentimento, «No, scusa. Puoi fare quello che vuoi», allargò le mani davanti al petto, inclinando di lato la testa.
Camylla si voltò giusto quel poco che le serviva per poterlo osservare negli occhi, «Non so cosa ci faccia qui a quest'ora ma è solo un amico», sentiva il bisogno necessario di giustificarsi: voleva fargli capire la verità. Camylla aveva bisogno che Matthias le credesse.
«Vai pure comunque, non voglio trattenerti ulteriormente», Matthias le indicò la direzione da seguire con la mano.
«Grazie del passaggio», Camylla abbassò la testa, delusa da sè stessa per non essere stata in grado di farsi capire e delusa da Matthias che avrebbe dovuto riconoscere la verità nelle parole della ragazza.
Aprì lentamente lo sportello, sperando di poter sentire ancora per una volta la voce di Matthias: non lo guardò negli occhi per non doverci trovare tristezza; non lo guardò nei movimenti impercettibili per non doverci vedere disagio; non lo guardò per l'ultima volta per non doversi immaginare continuamente la sua faccia avvilita.







 

IM BACK!
Ciao, eccoci con un nuovo capitolo :) 
Qua possiamo ammirare tutta la 
gentilezza di Theo: ve l'aspettavate? (Avevo detto essere un personaggio un pò ambiguo, ma staremo a vedere). Perciò adesso la nostra amica Camylla dovrà cercare un modo per poterne star fuori in maniera pulita
Abbiamo poi un momento di calma e leggerezza: la cena dai genitori. Ovviamente Camylla cerca di tenere un comportamento naturale e non sospetto! (Mi sono impegnata assai nel descrivere lo stato d'animo di Oliver, poveretto!).
Infine ecco che torna improvvisamente Matthias! :) Ma ahimè, la presenza 
inaspettata di Nathan sotto casa di Camylla sembra turbarlo.
Che dite? Ci sta?
Fatemi sapere, senza freniii :)

Mi auguro di essere riuscita - e di riuscire in ogni capitolo -  a trasmettervi appieno le sensazioni dei personaggi. E mi auguro di commettere pochi errori (grammaticali e di battitura). Nel caso, perdonatemi!
Grazie per essere presenti, nel vostro piccolo.

Un bacio,

G. xx


  
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