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Autore: L_White_S    12/03/2021    0 recensioni
" Non sempre gli angeli nascono con le ali "
Quando i nazisti portano gli ebrei nel campo di concentramento di Auschwitz, il loro scopo non è solo quello di ucciderli…
Quando il re inglese attacca la Francia per riprendersi il trono, la guerra “dei cent’anni” diverrà il pretesto per celare le vere motivazioni del conflitto. Ma cosa hanno in comune questi avvenimenti storici?
Ice – il protagonista – è un ragazzo che si sveglia in un laboratorio ultratecnologico senza memoria. Gli esperimenti condotti lo hanno privato dei ricordi e solo dopo un accurato incidente, studiato – se vogliamo – inizia finalmente a trovare nel buio della sua mente quei flashback che faranno riaffiorare la verità, oltre che la luce.
La saga inizia con la ricerca delle origini di uno “dei dieci”, con un debutto fenomenale.
Si introdurranno domande che sorgeranno spontanee al lettore, quali la nascita del conflitto delle parti, sia di esseri
sovrannaturali che non, e di quanto possa un amore condizionare la vita…
Ice, durante il viaggio dettato dai ricordi, scoprirà una visione demoniaca che lo perseguiterà per tutto il tempo, manovrandolo come un burattino. Ma perché accade questo?
L’amore potrà riportarlo sulla retta via, perché la strada del male, è solo un bivio…
Genere: Fantasy, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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CAPITOLO  3.4
 
 
 
 
 
   Gli incubi erano continui, profondi, incessanti, reali…
   Ice si alzò di scatto voltandosi nelle lenzuola impregnate del suo sudore; non ricordava né cosa fosse successo e né perché si trovasse lì.
   Poi ci pensò.
   L’ultimissima immagine rimastagli era il fuocherello prodotto dalla candela proprio mentre stava per bruciarsi poi, il nulla.
   « Cos… che volete! ».
   Provò a fronteggiare le dieci morti ma un dolore lancinante al capo lo fece vibrare rivoltandolo in terra.
   « Manca poco alla transizione », disse uno.
   La lucidità del giovane era già andata a farsi benedire per questo si perse gli interessanti commenti dei presenti.
   Aveva capito bene però? Transizione?
   Fu preso di peso come un sacco di patate e portato a forza d’innanzi al re.
   Questi iniziò a balbettare, ad aprire bocca, ma lui non capì.
   Ice aveva il cervello a brandelli e non connetteva né pensieri né movimenti.
   « Siete la mia copia spudorata ».
   Contro ogni supposizione il ragazzo, che sin quel momento era rimasto in terra tremante alzò il capo prima e un ginocchio poi.
   Ben presto si ritrovò al cospetto di Ry, ancora una volta, sulle proprie gambe.
   Fissava quel bastardo dritto negli occhi.
   Era incerto però; perché Alain non era comparso?
   Che fosse successo qualcosa?
   « Dov’è? », chiese barcollando.
   « Siamo in guerra, ve lo siete forse dimenticato mentre uccidevate i miei generali? ».
   « Dov’è! », ribatté Ice con la bava alla bocca prima di stramazzare in terra.
  Respirava con difficoltà.
  « È morto, un umano lo ha ucciso mentre eravate nella vostra stanza. Si stava allenando tra le colline a valle con dieci dei miei uomini. Abbiamo trovato le loro ceneri. Ci stanno massacrando amico mio ».
   Il sangue bollente del giovane si placò istantaneamente, congelandosi, riportandolo alla lucidità.
   Ry vide l’espressione sul volto del moro cambiare radicalmente; poi si alzò dal pesante trono e dopo essersi inginocchiato lo prese da sotto il mento. « Vorreste ucciderli? ».
    La mano ferma e bianca del sovrano toccò Ice aiutandolo ad alzare il capo: « Siamo immortali, eppure quelle stupide creature hanno trovato il modo di ucciderci », disse.
   Sul punto di vomitare, il moro spalancò la bocca guardando il tappeto rosso in basso.
   Cercò di liberarsi del dolore allo stomaco ma dalla cavità orale uscì solo un suono grottesco e spaventoso.
   « Resistete, state per divenire uno di noi a tutti gli effetti ».
   Con l’acidità che aveva oramai invaso la bocca e indolenzito persino la lingua il ragazzo riuscì a formulare una frase senza vomitare.
   « Io non sarò mai come voi, ne come loro! ».
   I denti affilati di Ry si mostrarono improvvisamente, quasi interagissero con i canini di Ice che in quel momento si ridestarono allungandosi fin tanto da fargli sanguinare le gengive.
   “ Così, avanti…”.
   Le pupille infuocate erano scintille nel volto dolorante e il sudore, un lago sul pavimento.
   Ice iniziò a dimenarsi rotolandosi in terra e urlando a squarcia gola mentre mostrava ai presenti la bianchissima dentatura.
   Ry non si allontanò, nonostante fosse imprudente assistere da vicino a una transizione.
   Rimase a poche decine di centimetri dal ragazzo, assistendolo, toccandolo, asciugandogli il viso e spostandogli le ciocche bagnate dagli occhi.
   Ringhiava e si allargava quasi fosse un mostro; il fisico sembrò crescere a vista d’occhio mentre bicipiti, pettorali, spalle e cosce iniziarono a delineare un corpo privo di imperfezioni.
   A ogni transizione capitava spesso che qualcosa andasse storto, un arto ad esempio poteva svilupparsi in maniera diversa dall’altro, o addirittura che qualcuno perdesse le capacità peculiari degli immortali; per questo non tutti sapevano leggere nel pensiero e per lo stesso motivo non tutti si smaterializzavano.
   Ma a Ice sembrava stesse andando tutto per il meglio.
   « La transizione è sopraggiunta più in fretta del previsto, il dolore e la rabbia lo stanno accecando, è come se la perdita di Alain non fosse la prima che abbia avuto… anche se tutto ciò è impossibile, non dovrebbe ricordarsi nulla », constatò Ry ordinando in seguito ad un suddito di portargli dell’acqua.
   I quattro camini alle pareti furono accesi in un baleno mentre la legna iniziò a scoppiettare sotto le imponenti fiamme. I presenti si voltarono assieme al sovrano che spaesato non giunse a nessuna conclusione…
   Poi, improvvisamente, il caldo e la luce accecante delle fiamme si estinsero.
   Ice era rannicchiato in posizione fetale al centro della stanza mentre le dieci morti si erano rifugiate sotto gli imponenti archi in stile gotico, tra i colonnati.
   « È spaventosamente forte », disse qualcuno.
   Quella era la fine.
   Al termine di ogni transizione capitava spesso che l’acqua, l’aria o il fuoco fossero manipolati, a indicare la vocazione dell’iniziato, ma mai nessuno era riuscito a gestire il fuoco…
   Simbolo dell’inferno.
   « È uno di noi » constatò esaltato Ry, « Ora il sonno lo condurrà a un riposo della durata di quindici settimane, è già tanto che fin questo momento andasse in giro come nulla fosse; adagiatelo nella sua stanza e fate rapporto sulla resistenza, ben presto affronteremo una nuova battaglia ».
 
 
 
 
   « Dove sono? Che è successo…».
   Angeline aveva visto il rapporto con Philip incrinarsi da quando avevano raggiunto il campo della resistenza, sperava con tutta se stessa in una vittoria, come se quell’istinto venisse dal proprio spirito, ma ciò che aveva trovato tra quelle tende l’aveva scombussolata – Ice – e per di più il suo amato era cambiato drasticamente; non era più quello di una volta, era un guerriero.
   Anzi, non lo sapeva.
   Chi era in realtà?
   L’ultima cosa che ricordava era il campo: si trovava nella sua tenda ad attendere Philip quando una luce accecante l’aveva costretta a coprirsi il viso prima di placarsi.
   Ma ora? Dov’era?
   Ora si trovava in un fienile abbandonato chissà dove, tra la paglia umida e il terreno gelido.
   Incerta la ragazza si alzò, stupita di quanto fosse semplice quel gesto, si sarebbe aspettata qualche livido, qualche graffio, ma nulla di ciò sembrò averla colpita. Quando mosse qualche passo verso l’uscita la gelida sensazione che vi fosse qualcuno alle sue spalle la bloccò, freddandola sul posto; la pelle formicolava e l’aria divenne centinaia di volte più fredda.
   Odiava il buio, così come la paura, perciò si voltò di scatto senza pensarci su.
   E la visione fu agghiacciante.
   Una figura indistinta ma dalle forme femminili era lì, scura in volto, a pochi metri da lei e quando alzò lo sguardo, due occhi freddi come il ghiaccio incendiarono il fienile.
   Angeline scoppiò in lacrime senza emettere alcun suono, il cuore le batteva in gola e nel petto, un dolore fittissimo allo stomaco la fece restare sveglia ricordandole che quello non fosse un sogno.
   Quel demone d’innanzi a lei era tanto singolare quanto spaventoso ma soprattutto, reale.
   I capelli, scurissimi e lisci, ricadevano sui perfetti e prorompenti seni, coprendoli, mentre il gioco d’ombre prodotto dalle fiamme fece si che lì, all’altezza del sesso, non fosse possibile intravedere cosa fosse. I fianchi erano tondi, le gambe lunghe e sottili spaccavano le fiamme e tra il fuoco dell’inferno gioiva del calore circostante.
   Era nuda ma s’intravedeva all’altezza delle due cosce un tribale, uno stemma identico per entrambe le natiche finché, quasi avesse letto il suo pensiero, il demone non si voltò per mostrarglielo.
   Aveva un fondoschiena scolpito direttamente dal Santissimo.
   Il disegno rappresentato partiva dalla nuca per allungarsi fin sopra i glutei, non era continuo e non aveva una forma perfettamente comprensibile ma visto con occhi distanti, non a pezzi, era chiaro: sembrava il dipinto di due ali ripiegate.
   Quando la ragione dominò il terrore, ormai era già troppo tardi.
   Il demone, svanito nel nulla, apparve in un attimo proprio alle sue spalle, così vicino che il caldo afoso e soffocante dell’incendio non fu più avvertito, lasciando posto al freddo polare della donna ( ? ).
   Ma era una donna? Non lo sapeva con certezza.
   Una voce pungente come spine e tagliente quanto una lama squarciò il silenzioso scoppiettio della paglia, rivelandosi molto più che diabolica.
   « Se non posso averlo è a causa vostra, ma presto invecchierete e morirete come l’amore che prova per voi, ricordatevi queste parole, umana ».
   Improvvisamente le fiamme si estinsero ed Angeline, sola ma consapevole di non esserlo mai stata, cadde a terra infreddolita e tremante.
   Era persa e perduta.
 
 
 
 
   La riunione al campo base era iniziata da un pezzo ma non se ne voleva uscire; Philip era in collera con se stesso e con tutti quanti, Angeline nel posto più sicuro al mondo era stata presa.
   Nessuno l’aveva vista ma tutti l’avevano sentita piangere e questo rendeva ancor più triste il biondo che, impazzito, aveva iniziato a contare i secondi da quando l’amore della sua vita lo aveva abbandonato.
   Era notte e tutti al centro del bosco discutevano d’innanzi a un focolare il da farsi, escludendo quelle teste vecchie dei saggi. Philip non ne voleva sapere di ascoltarli, a loro importava solo delle sorti della guerra e semmai un loro fratello fosse stato catturato, lo avrebbero di certo lasciato agli immortali, egoisti com’erano, quindi, perché dargli retta? La loro idea era chiara e semplice: non fare nulla.
   Il giovane però era decisamente di parere opposto, così come Alex del resto.
   Non tutti comunque erano entusiasti di quella situazione e si stavano solcando diverse vie da intraprendere ma ogni stratagemma portava a una sola conclusione…
   « Dobbiamo attaccare quel castello, è l’unica soluzione », ribatté con vigore Philip alzandosi d’innanzi al fuoco, impugnando la spada.
   « È così, abbiamo atteso per troppo tempo le loro mosse e il risultato che abbiamo ottenuto? Noi invecchiamo signori miei mentre loro godono dell’immortalità, presto moriremo senza nemmeno aver combattuto e i nostri figli, i nostri giovani, rimarranno all’oscuro del male che ci attanaglia », disse Leroy appoggiando il prode discepolo.
   « Hanno una posizione di rilievo di non poco conto, andremo a fronteggiarli nel loro stesso castello e giocheranno in casa », constatò qualcuno.
   « Silenzio! » urlò Philip.
   « Che succede ? », bisbigliò sottovoce il suo maestro.
   Il finissimo udito del giovane aveva captato qualcosa nell’aria, una voce lontana ma spaventosamente vicina lo scherniva e lo derideva mentre, euforico, capiva di esser tenuto sott’occhio da qualcuno.
   « Tra non molto sarà giorno e strada facendo vi illustrerò il mio piano, preparate i cavalli e le lame, alla luce del sole attaccheremo il castello e vi giuro che non si aspetteranno il nostro attacco ».
   
 
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