Capitolo 8: Raise your banner
Wake up
I'm defying you, seeing right through you once I believed in you
Wake up
Feel what's coming deep within we all know
Blood for freedom
So raise your banner, fight your war
Break the silence, no remorse
Won't die within
Raise your banner, won't you come
Fight the venom, the good die young
Won't die within!
(“Raise your banner” – Within Temptation feat. Anders Fridén)
Dopo la cocente
sconfitta ad opera di tutti gli eserciti norreni riuniti, ciò che rimaneva dell’armata
dei Rus’ si era dispersa e i sopravvissuti si erano immediatamente rimessi in
viaggio verso la loro capitale, Kiev. In parole povere, la vittoria di Bjorn e
dei suoi era stata totale e i Rus’ ci avrebbero pensato non una, non due, non
tre, ma cento volte prima di provare nuovamente ad attaccare la Norvegia.
Aethelred, Hvitserk e
Helgi stavano parlando proprio del grande successo avuto in battaglia mentre,
quella sera, si dirigevano verso la dimora reale. Helgi era ormai divenuto a
tutti gli effetti un altro membro della famiglia e in particolare Hvitserk
sembrava sentirsi legato a lui, che a causa dei traumi subiti gli ricordava se
stesso e tutto ciò che aveva passato con alcool e funghi allucinogeni (sebbene
Helgi, da questo punto di vista, non fosse affatto così debole e mai una volta
aveva cercato rifugio ai suoi incubi nel bere), così, quando erano insieme,
cercava di distrarlo, di rasserenarlo, di metterlo a suo agio.
Sì, in effetti era
esattamente ciò che aveva fatto con Aethelred in Wessex e non deponeva certo a
favore della costanza di Hvitserk nei sentimenti, ma sappiamo già da tempo che
Hvitserk era sempre stato piuttosto volubile nei suoi legami e nelle sue
alleanze e, chissà, magari con Helgi sarebbe stata la volta buona!
Dal canto suo, Helgi
non aveva ancora pensato a Hvitserk in altri termini che non fossero quelli
dell’amicizia, era troppo legato al ricordo della moglie uccisa barbaramente,
però stava bene con lui e aveva bisogno del suo dolce affetto.
Aethelred vedeva
accadere tutto questo sotto i suoi occhi, ma non poteva farci niente. Lui che
non credeva nel destino iniziava davvero a pensare che, probabilmente, il suo
era quello di venire sempre per secondo,
di non essere degno di essere amato, così come era stato con la sua famiglia.
Si era illuso che con Hvitserk sarebbe stato diverso, ma non era andata come
pensava… Del resto il Principe aveva già creduto che Hvitserk volesse ritornare
con Thora, era solo questione di tempo prima che la storia tra loro finisse e
adesso c’era Helgi. Che, poveretto, dopo tutto ciò che aveva dovuto subire
meritava di essere felice… lo meritava sicuramente più di lui.
“Non dovremo più
preoccuparci di un attacco da parte dei Rus’, ora, non è così?” domandò Helgi
ai suoi nuovi amici.
“Credo proprio di no”
rispose Aethelred. “La loro è stata una vera e propria disfatta e se ne saranno
tornati nella steppa con la coda tra le gambe! Spero che questo servirà da
lezione anche ad altri popoli che dovessero nutrire il sogno di sottomettere la
Norvegia. I Norreni uniti non potranno mai essere sconfitti da nessuno.”
“Ormai parli proprio
come se fossi un vichingo anche tu” sorrise Hvitserk. “E, del resto, è così che
tutti noi ti consideriamo. Questa battaglia è servita anche a riunire tutti i
Re e i capi norreni e penso proprio che, d’ora in poi, la Norvegia sarà unita e
i piccoli Regni smetteranno di farsi la guerra l’un l’altro, soprattutto dopo
che ci sarà l’elezione del Re dei Norreni. A quel punto…”
Hvitserk s’interruppe
di colpo, lo sguardo fisso verso un piccolo gruppo di case.
“Cosa c’è, Hvitserk?”
chiese Helgi.
“Laggiù c’è qualcuno”
rispose il giovane vichingo. “Là, proprio dietro quella casa. Non lo vedete?”
Era sera e non era
così facile vedere bene, ma Hvitserk sembrava proprio sicuro.
Vabbè, le visioni di
Hvitserk erano ormai leggenda, ma se davvero ci fosse stato qualcuno che si
nascondeva in mezzo alle case dei tranquilli cittadini di Kattegat? Magari uno
dei Rus’ sfuggito al massacro?
I tre giovani si
avvicinarono al luogo indicato da Hvitserk.
“Vieni fuori, fatti
vedere, se ne hai il coraggio!” intimò il vichingo.
Questa volta Hvitserk
aveva ragione, bisogna dargliene atto: c’era davvero qualcuno che si era nascosto e che, adesso, lentamente, si
stava mostrando ai tre.
“Non mi sto affatto
nascondendo, stavo solo aspettando il momento opportuno per farmi vedere. E
niente panico, vengo in pace” disse l’intruso, uscendo dalle ombre e rivelando
la sua identità.
“Ivar? Cosa accidenti
ci fai qui?” fu la reazione brusca di Hvitserk.
“Ehm… questo è Ivar?
E’ veramente lui? Insomma, non è che… ecco…” fece Aethelred, dubbioso, cercando
di guardare meglio il giovane sconosciuto. Beh, possiamo anche capirlo,
poverino, dopo mesi in cui Hvitserk diceva di vedere Ivar in cielo, in terra e
in ogni luogo un ragionevole dubbio si poteva anche ammettere. Certo, questa
era una persona vera e reale, ma magari era un altro…
“Non mi aspettavo una
festa di benvenuto, ma nemmeno questa ostilità, fratello” rispose Ivar, che era
proprio quello vero. “Lo ripeto, sono venuto in pace. Sono disarmato, non
voglio fare del male a nessuno.”
Aethelred gli si
avvicinò, questa volta scrutandolo con una certa curiosità. Aveva sentito
parlare del famigerato Ivar da quando era ancora nel Wessex, poi durante
l’assedio di Kattegat lo aveva intravisto sulle fortificazioni, in seguito
Hvitserk diceva di vederlo più o meno dappertutto e poi, durante la battaglia
contro i Rus’, non aveva avuto occasione di scontrarsi con lui, aveva solo
visto Helgi spintonarlo prima che colpisse Bjorn e poi era finita lì.
Era la prima volta
che lo vedeva davvero da vicino e la sensazione era strana, insomma, alla fine
era poco più di un ragazzo, per di più appoggiato a una stampella, e non dava
l’impressione di essere il mostro che tutti dicevano. In quel momento gli tornarono
alla mente alcune storie che aveva sentito proprio da Hvitserk a proposito di
Ivar, sul fatto che era nato con una rara malattia alle ossa delle gambe e che
aveva sofferto tanto, che i suoi stessi fratelli lo avevano crudelmente deriso
da bambino, che era chiamato storpio e
Il Senz’ossa… ma anche che era
riuscito a lottare contro la sua malattia e che, anzi, si era fatto costruire
una sorta di tutori per riuscire a stare in piedi e persino a camminare con l’aiuto
di una stampella. Suo malgrado, Aethelred si ritrovò a provare pena per quel
giovane, quasi una specie di solidarietà e anche di ammirazione per quanto era
riuscito a fare nonostante la fragilità delle sue ossa. E forse, chissà, anche
le crudeltà che aveva commesso non erano state altro che un tentativo di
vendicarsi per le sofferenze subite, una sorta di rivalsa contro un destino che
pareva già segnato…
Beh, comunque,
nonostante la stampella e tutto il resto, non dimentichiamo che era stato lui a
cercare di uccidere Bjorn, quindi magari le apparenze ingannavano!
“Cosa c’è, hai
intenzione di perquisirmi?” domandò Ivar a Aethelred, vedendo che gli si era avvicinato
tanto e che continuava a fissarlo. “Te l’ho detto, non sono armato e giuro
solennemente di non avere cattive intenzioni.”
“E allora cosa ci fai
qui?” ripeté Hvitserk, ancora ostile. “Come hai fatto a entrare in città senza
che nessuno ti notasse?”
Ivar rise.
“Chi avrebbe dovuto
notarmi? Sono tutti mezzi ubriachi dopo più di una settimana di festeggiamenti
per aver sconfitto i Rus’! E poi sono passato dal passaggio segreto, avete
presente, quello che Freydis vi indicò quando decise di tradirmi… E’ ironico,
non trovate?”
“Io non mi sto
divertendo affatto” replicò Hvitserk. “Cosa sei venuto a fare? Speravi di
riuscire a uccidere Bjorn, visto che la prima volta ti è andata male?”
“La tua ostilità mi
ferisce, fratellino. Ho già detto e ripetuto che non ho cattive intenzioni.
Volevo soltanto… tornare a casa, tutto qui” rispose Ivar, con un mezzo
sorrisetto.
“Perché non sei
ripartito per la steppa sconfinata o quello che sia con i tuoi amici Rus’?”
chiese Aethelred.
“Perché i Rus’ non
sono miei amici. Sono un vichingo, sono un figlio di Ragnar e il mio posto è
qui” dichiarò Ivar, evidentemente convinto che, qualsiasi cosa decidesse, per
gli altri sarebbe dovuta andare bene.
“E’ curioso che tu
dica che non sei amico dei Rus’, visto che hai combattuto al loro fianco, li
hai condotti qui, volevi che conquistassero la Norvegia e…” iniziò a protestare
Hvitserk, ma Ivar lo interruppe.
“Piano, piano. Le
cose non sono andate così e, se potessimo sistemarci in un luogo un po’ più
comodo e meno freddo vi racconterei anche com’è andata” disse.
“Non pretenderai
certo di essere ammesso nella dimora reale!” esclamò Hvitserk.
“Beh, quella è anche
casa mia” ribatté Ivar, con un’invidiabile faccia tosta.
“Al momento non credo
proprio” intervenne Aethelred, prendendo in mano la situazione. “Ma sono
curioso di ascoltare la tua versione dei fatti e, in effetti, c’è un posto dove
potremmo parlare senza essere disturbati. Seguici, non è lontano.”
Aethelred si riferiva
alla piccola casa nella quale aveva vissuto con Hvitserk mentre lo disintossicava e si avviò in quella
direzione, mentre Helgi e Hvitserk si erano messi a destra e a sinistra di
Ivar, come se lo stessero scortando.
“Adesso è un Sassone
che prende le decisioni, a Kattegat? Siete proprio caduti in basso…” commentò
sarcastico Ivar. “Che poi… io ti conosco, mi ricordo di te. Non sei il
Principe, quello che combatteva con suo padre e suo fratello a York?”
“Sì, sono io, il
Principe Aethelred” rispose il giovane, senza fermarsi.
“Ne hai fatta di
strada, allora. Adesso combatti per i Norreni? Non l’avrei mai detto. Mi
ricordo proprio bene di te, tu e tuo fratello eravate alla vostra prima
battaglia per riconquistare York… Lo sapevi che sono stato io a organizzare il
piano che vi ha fatti cadere in trappola, fingendo di aver lasciato la città e
poi imprigionandovi dentro?” continuò Ivar.
A quel punto
Aethelred si bloccò e si voltò verso Ivar con un sorrisetto.
“No, non lo sapevo. E
tu, invece, lo sapevi che sono stato io a suggerire a Bjorn di difendere anche
il fiume a nord di Vestfold e a fargli sospettare che avreste potuto tentare di
accerchiare il suo esercito passando da Tamdrup? Credo che sia per questo che
non lo hai colto del tutto di sorpresa e non sei riuscito a ucciderlo” replicò
disinvolto.
Ivar fu preso alla sprovvista
e per un secondo rimase in silenzio, poi un lampo di ammirazione attraversò il
suo sguardo.
“Ha la risposta
pronta, il Principino” commentò ridendo, piacevolmente sorpreso. Era
interessato e attratto dalle persone che gli tenevano testa e che non si
lasciavano intimidire da lui. “Dunque vi siete andati a prendere uno stratega
in Wessex… immaginavo che non potesse essere stato Bjorn o uno qualunque di voi
a prevedere il mio piano di attacco!”
“Siamo arrivati” lo
interruppe Hvitserk, tradendo un certo nervosismo. Il piccolo gruppetto entrò
nella casa che per lui era stata praticamente una prigione e ognuno si accomodò
alla bell’e meglio, quella non era di certo una dimora di lusso.
Quando si furono
tutti sistemati, fu di nuovo Hvitserk a prendere la parola.
“Allora, vuoi
spiegarci una buona volta cosa ci fai qui e perché non dovremmo considerarti un
nemico e un traditore?” domandò.
“E’ molto semplice”
rispose Ivar. “In questi mesi passati come protetto
del Principe Oleg mi sono reso conto di come si viva male in balìa di un folle,
dovendo sempre pesare le parole, senza sapere se la mattina dopo ti sveglierai
intero. So che io stesso sono stato così nei mesi in cui ho governato Kattegat
e ho capito che non è così che voglio essere considerato. Ho capito anche che
Kattegat è casa mia e che è qui che voglio vivere, anche se non necessariamente
come Re… a meno che non siate voi a volermi eleggere!”
“Sul serio? Sei
tornato perché speri di essere eletto tu Re
dei Norreni?” fece Hvitserk, allibito.
“Perché mi fai dire
cose che non ho detto? No, non sono qui per questo, anche se prima o poi vi
renderete conto che sarebbe la cosa migliore per tutta la Norvegia… ma no, ora
come ora non è questo che voglio” spiegò il giovane. “Ho vissuto praticamente
prigioniero per mesi e ora voglio godermi la libertà nella mia terra e tra la
mia gente, senza responsabilità, e poi, magari, tra un po’ di tempo riprendere
a viaggiare, a esplorare e razziare in nuove terre. Ho voglia di riscoprire il
mio spirito vichingo.”
“E cosa ti fa pensare
che Bjorn ti concederà di rimanere a Kattegat a riscoprire il tuo spirito vichingo, visto che sei stato tu a
cercare di ucciderlo?” chiese Aethelred, sarcastico.
Ancora una volta il
volto di Ivar si illuminò in un sorriso ammirato: il giovane Sassone non gliene
lasciava passare una e lui si stava divertendo un mondo!
“Ma che caratterino
ha questo Principe. Ditemi la verità, è lui che comanda qui a Kattegat” ribatté
Ivar, compiaciuto. “In questo caso dovresti essere tu a darmi il permesso di
restare.”
“Il Re è Bjorn e
dovrai chiederlo a lui” tagliò corto Aethelred, sentendosi stranamente turbato.
“Bene, allora
spiegherò a Bjorn che è solo merito mio se i Rus’ se ne sono tornati nella loro
terra senza più velleità di conquistare la Norvegia” rispose il giovane
vichingo.
“Ma se sei stato tu a
condurre qui i Rus’ e a combattere con loro” obiettò Hvitserk. “Non penserai
davvero che siamo così sciocchi da crederti?”
“A dire la verità sì,
lo penso, ma questa è un’altra faccenda. Ciò che è veramente importante è che
le cose non sono andate così” chiarì Ivar. “Io sono scappato da Kattegat quando
voi l’avete occupata e ho viaggiato per mesi verso Oriente, poi sono stato
catturato dagli uomini del Principe Oleg che mi ha preso in simpatia dopo aver
ascoltato la mia storia. E’ stato lui a decidere di invadere la Norvegia,
perché si era messo in testa che quella è la patria ancestrale dei Rus’, che
sono anche loro di origine vichinga. Il fatto è che era lui a voler dominare la Norvegia, io sarei stato messo sul trono di
Kattegat come un suo burattino, e a me questo non andava bene per niente!”
“Me lo posso
immaginare” commentò Aethelred, affascinato suo malgrado da quella storia.
“Ecco, vedi che tu lo
capisci? E’ proprio vero che le grandi menti pensano all’unisono” * scherzò il giovane. “Quindi, mentre
l’armata dei Rus’ avanzava verso la Norvegia, io ho fatto in modo di allearmi
con il fratello di Oleg, Dir, e con suo nipote Igor, il vero Principe
ereditario. L’esercito era già per buona parte favorevole a Igor e a Dir e
aspettava soltanto una scusa per spodestare Oleg. Così, quando i Norreni hanno
travolto le truppe Rus’, i superstiti non hanno perso tempo e hanno fatto fuori
Oleg in tutti i sensi: Igor l’ha trafitto con una freccia. Poi, per dimostrarmi
la loro gratitudine per averli aiutati a salire al trono, Igor e Dir mi hanno
liberato. A loro non interessa conquistare la Norvegia, la Rus’ è già
abbastanza grande, da loro non avrete più problemi.”
“Forse mi è sfuggito
un passaggio, ma perché Bjorn dovrebbe essere grato a te?” domandò Hvitserk.
“E’ questo il tuo
problema, fratello, non presti mai abbastanza attenzione. Scommetto che il tuo
amico Sassone, qui, ha già capito tutto” ribatté Ivar con un’occhiata a
Aethelred che, di nuovo, lo scombussolò tutto quanto. “Perché Oleg non si
sarebbe mai arreso, avrebbe cercato di rimettere in piedi un’altra armata per
poi tornare ad invadere la Norvegia. Grazie a me, Oleg non c’è più e il nuovo
regnante, Igor, non ha interesse per la Norvegia. Semplice, no?”
Hvitserk, Helgi e
Aethelred si scambiarono sguardi perplessi. In effetti la storia di Ivar aveva
una sua logica e, probabilmente, Bjorn avrebbe anche accettato di riammetterlo
a Kattegat. Del resto tra i vichinghi funzionava così e lo stesso Bjorn aveva
più volte stretto alleanze con Harald che lo aveva regolarmente tradito
altrettante volte… Ivar aveva davvero buone speranze di rientrare in famiglia e, comunque, uno come lui faceva più comodo
averlo dalla propria parte che come avversario.
Sì, probabilmente la
cosa avrebbe potuto funzionare.
Almeno fino alla
prossima intemperanza di Ivar!
Fine capitolo ottavo
* So che questa frase è stata usata in un tempo ben
posteriore a Ivar e ai suoi, ma devo essere io a ricordarvi quanto Ivar sia avanti
per i suoi tempi? XD