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Autore: LadyHeather83    19/03/2021    2 recensioni
Adrien e Marinette si sono sposati. Hanno una bella casa, un lavoro entrambi alla Maison Agreste e tre figli: Louis, Emma e Hugo, e anche il tanto agognato criceto.
Un equilibrio stabile, che verrà sconvolto dal ritorno di un nemico che credevano sconfitto.
Terza parte della serie ENSEMBLE CONTRE LE MONDE . Long precedenti BEST FRIENDS e LE ALI DELLA FARFALLA.
Genere: Azione, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Lila, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Papillon
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ensemble contre le monde'
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Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 4

*

La prima cosa che fece Gabriel, fu quella di soccorrere la moglie.

“Nathalie” L’aveva chiamata più volte e scossa leggermente perché riprendesse conoscenza al più presto, senza rincorrere all’aiuto medico.

Ma è quello che in ogni caso avrebbe fatto, visto l’enorme livido e bernoccolo che aveva sulla tempia destra.

Tossì un paio di volte e si tenne la testa dolorante.

“Stai bene?” Le chiese in tono pacato.

“S-si” Ma una smorfia di dolore aveva tradito le sue parole.

Gabriel l’aiutò a sollevarsi e a sedersi poi sulla poltrona poco distante, mentre i suoi nipoti lo cercavano.

“Nonno? Sei qui?” Chiese la biondina aprendo la porta.

“Si” Aveva risposto.

La bimba si portò le mani sulla bocca, quando vide la nonna con quell’enorme tumefazione.

“E’ caduta” La precedette lo stilista prima che potesse dire qualcosa “…e ha sbattuto la testa sullo scalino”.

“Sono inciampata” Aveva aggiunto la donna.

Emma, e Louis si avvicinarono ai nonni con un espressione alquanto preoccupata in volto.

Il quasi incidente di Hugo, che non sembrava affatto scosso, in quanto stava mangiando un panino al cioccolato, mentre si godeva il suo cartone preferito; e ora la nonna Nathalie che cade.

Non poteva essere una coincidenza, si ritrovò a pensare Louis, il più grande dei fratelli, e anche se era solo alle media, la sua intelligenza gli permetteva di capire che quella era una situazione alquanto bizzarra.

“Vuoi che chiami il dottore?” Aveva chiesto io moro sistemandosi gli occhiali sul naso.

“Non è necessario” Gli aveva risposto il nonno.

Intanto Emma, abbracciò la donna “Un bacino e passa la bua”.

Nathalie sorrise all’innocenza di quella dolcissima bambina.

“Andate di là, alla nonna penso io” Ordinò lo stilista.

*

Attese che chiudessero la porta prima di parlare, sapeva che la moglie non gli avrebbe detto che era stato compito di ladri, ma che c’era sotto dell’altro.

“Che è successo?” Le aveva chiesto tenendola tra le braccia amorevolmente.

“Ricordo solo che mi hai chiesto di aprire la cassaforte, il che è strano, visto che conosci anche te le combinazione” Spiegò la donna reggendosi la testa.

“Io?” Domandò sorpreso “Ero con i nostri nipoti, sono entrato ora in casa”

Nathalie scosse la testa e farfugliò qualcosa, il suo racconto era confuso e a tratti non aveva senso.

Diceva che in cuor suo sapeva che chi aveva di fronte a lei, non fosse il marito, ma non riusciva a dire di no, come se fosse ipnotizzata e il suo corpo si muovesse da solo, manovrato come un burattino.

“Sembri scosso, Gabriel.”

“Hugo stava per essere investito poco fa.” Soffiò come vergognandosi di non riuscire a badare a un bambino di sei anni.

Nathalie ebbe quasi un mancamento apprendendo quella notizia terribile.

“Come? Cosa? Quando?” Si era alzata di scatto, ma il braccio dello stilista l’aveva trattenuta e riportata alla stessa posizione di prima.

“Sono riuscito ad evitare il peggio!”

“Dobbiamo dirlo ad Adrien e Marinette” Soffiò come se fosse la cosa più naturale del mondo.

“Sono a Londra, lasciamoli tranquilli finché non scopriremo qualcosa di più.” Sarebbero tornati senz’altro immediatamente, e questo non poteva di certo permetterlo.

Gabriel allungò alla moglie un bicchiere d’acqua che gli aveva chiesto qualche attimo prima.

“Chi pensi ci sia dietro?”

“Un’idea me la sono fatto, ma non se sono sicuro.” Si avvicinò alla porta finestra e con uno sguardo accigliato osservò le auto che passavano sfrecciando sulla strada.

Non sapeva bene cosa si aspettava di vedere, forse ancora quell’auto sospetta fuori dalla sua proprietà per l’ennesima volta.

“Pensi sia tornata?” Incredibile come quella donna riuscisse a leggere così bene tra le righe e a capire cosa pensasse quell’uomo in ogni singolo istante.

Nathalie aveva preso posto accanto a lui, sembrava stare meglio, la testa non vorticava più, anche se il bernoccolo pulsava, ma era un dolore abbastanza sopportabile, che andava sempre più scemando.

Gabriel increspò un labbro “Non saprei chi altro” Scosse il capo in segno di disappunto, se Lila Rossi era tornata dal suo lungo viaggio, se avesse rubato il miraculous della farfalla e se fosse stata lei a provocare il quasi incidente di Hugo, sarebbe un bel guaio.

Maledisse il giorno che stinse quell’alleanza con lei, e tutto per la sua smania di riportare in vita la sua amata Emilie, perché non si dava pace per averla persa per sempre, perché si era sempre addossato la colpa per aver perso la madre di suo figlio.

Lei voleva di più, ma non glielo poteva dare.

*

Adrien guardò fuori dalla finestra della sua cabina di quel treno, che tra qualche minuto si sarebbe fermato alla stazione ferroviaria di Londra.

Sprazzi di nuvole bianche, continuavano a susseguirsi una dopo l’altra.

Sospirò.

Qualcosa lo preoccupava, e la cosa ormai era evidente anche a Marinette, che fino a quel momento se ne era stata zitta e buona, attendendo che il marito sputasse fuori il rospo.

Un’ora era passata da quando si erano imbarcati, e per un’ora Adrien non aveva spiaccicato mezza parola.

Stava per aprire bocca, quando il controllore irruppe nell’abitacolo e controllò loro i biglietti e documenti di viaggio.

Dopo essersi assicurato che tutto fosse in ordine, si congedò ai presenti con un semplice “Fate buon viaggio, signori Agreste”.

E dopo tutto questo tempo, a Marinette faceva sempre uno strano effetto essere chiamata con il cognome di Adrien.

“Grazie” Avevano detto all’unisono.

Quando il controllore chiuse la porta, l’espressione serena del biondo scomparve, lasciando posto alle nuvole, che aveva appena oscurato il cielo.

Qualche minuto e avrebbe piovuto.

Pioveva sempre a Londra, per questo Marinette e Adrien non amavano particolarmente quella città.

“Vuoi dirmi che cos’hai?” Gli aveva chiesto.

Adrien si morse un labbro, non voleva dirglielo, soprattutto perché era una cosa stupida, una sensazione infondata, non voleva farla preoccupare per niente.

“E’ tutto apposto, mi mancano i miei figli” Aveva inventato una scusa, in parte però, perché i suoi figli gli mancavano veramente.

“Li abbiamo lasciati da neanche un’ora” Marinette si sedette vicino a lui e gli prese la mano, costringendolo a guardarlo negli occhi.

Lei gli sorrideva.

Chaton” Da quanto non lo chiamava così, forse da quando avevano deposto le loro armi da battaglia dentro quella cassaforte “…a me puoi dire tutto.”

“E’…e’ una cosa stupida” Balbettò distogliendo lo sguardo.

“Non credo, ho fatto o detto qual…”

“No” L’interruppe prima che potesse continuare, prima che si addossasse una colpa che non aveva “…tu non c’entri.” La discolpò subito “…ho una terribile sensazione, come se dovesse accadere qualcosa di brutto. E credimi, non mi capitava dai tempi che indossavamo la maschera.”

“Da cosa è dipeso secondo te?”

“L’altra mattina, quando ho accompagnato i ragazzi a scuola, ho avuto la percezione che qualcuno mi spiasse”

“Un paparazzo? Ce ne sono tanti in giro” Azzardò alzando le spalle.

“No, non erano fotografi in cerca di uno scoop. Potevo sentire il suo sguardo attraversarmi la pelle, come se fosse di ghiaccio. Volevo solo andarmene via.”

Marinette dopo quella confessione, iniziò a preoccuparsi anche lei, aveva promesso ad Adrien che una volta ritornati a Parigi, avrebbero approfondito il discorso, ora non era il caso di parlarne.

*

Continuò a rigirarsi tra le dita quella spilla a forma di farfalla, come se fosse la sigaretta che teneva nell’altra mano.

Non aveva fretta di usarla, anzi a dire il vero, non conosceva nemmeno quale fosse il suo reale potere.

Sapeva che Papillon, ovvero Gabriel Agreste, usava delle farfalle come principale vettore di quel veleno che annebbiava la mente umana, e gli costringeva ad agire per conto suo.

Anche lei era una vittima, ma una vittima che voleva esserlo.

In tutti quegli anni, aveva sempre pensato a come impossessarsi di quel gioiello magico, di spiare ogni mossa di Gabriel Agreste, per capire dove fosse nascosta.

Strano che non l’avesse consegnata al guardiano dei Miraculous, la cui identità era un mistero per lei, anche perché non era interessata a sapere chi fosse o se si trovava a Parigi, o in qualche altro posto isolato o abitato; o che quest’ultimo gli abbia permesso di tenerla.

Troppe domande, troppi dubbi.

Ma che al momento non aveva intenzione di sbrogliare.

Aveva altro a cui pensare e tante cose da fare.

Appuntò la spilla al petto, da cui ne uscì un animaletto con le ali viola.

Espirò una boccata di fumo, che finì addosso al malcapitato kwami.

Tossì convulsivamente, e quando la nuvola grigiastra si diradò, il volto della persona che gli stava davanti, si palesò e divenne più nitido.

Non era il suo solito padrone.

“Ciao, io sono la tua nuova portatrice.”

“B-buongiorno” La salutò balbettando, capì subito che la donna che gli stava davanti, possedeva un’aura malvagia e crudele, lo poteva capire dai suoi occhi, oltre che sentirla, perché lui sentiva le emozioni negative, le persone più vulnerabili al suo potere.

Nooro non era affatto un kwami cattivo, ma attraeva molte persone che possedevano quella indole.

“Tu mi darai un grande potere” Disse in un ghigno sadico, facendolo rabbrividire e spaventare ancora di più di quanto non lo fosse.

“Non si possono usare i poteri per scopi personali e nemmeno per vendetta”.

“Ma Gabriel Agreste lo faceva”

“Gabriel Agreste ne ha pagato le conseguenze”

“Balle” Battè i pugni sulla tavola di legno facendolo sobbalzare “…è ancora in libertà, doveva marcire in galera, solo per aver akumizzato mezza Parigi.” Si alzò dalla sedia facendola stridere “…e per essersi preso gioco di me” Aggiunse digrignando i denti dalla rabbia.

*

In redazione il telefono continuava a trillare insistentemente.

Una mano mulatta con unghie lunghe laccate di rosso, alzò la cornetta.

“Alya Cesaire” Rispose irritata, stava lavorando al prossimo servizio, un importante servizio, e aveva detto alla sua assistente di non disturbarla per nessun motivo.

“So chi è il famigerato Papillon”.

*

continua

 

  
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