Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Mondschein    21/03/2021    0 recensioni
Raccolta di one shot Ereri/Riren
• Fluff
• AU
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• Angst
• Smut
• • •
~Siete tutti benvenuti ^w^
Un grazie a tutti quelli che leggeranno!
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Le strade di quella città erano brulicanti di gente. Le agitazioni del corteo erano peggiorate in pochi minuti e da quello che doveva essere uno sciopero pacifista, si trasformò in un vero e proprio caos. 
La guerra era iniziata da pochi anni, ma le pessime condizioni in cui vivevano i cittadini che non erano partiti al fronte, avevano acceso piccole proteste che volevano la pace e fermare la guerra. Quel piccolo rimasuglio di speranza lo sentiva anche un giovane ragazzo che, nascosto dietro il vetro di una finestra, osservava con occhi curiosi il corteo. Un rumore metallico lo destò dai suoi pensieri e girandosi, guardò un uomo sistemarsi la cintura nei pantaloni e indossare la divisa. Spiò ogni suo movimento deciso, esperto mentre indossava anche il giubbotto antiproiettile. 
«Non andare.» provò a dire il ragazzo dai grandi occhi verdi. L'uomo non si fermò e continuò a vestirsi «Lo sai, è mio dovere farlo.» disse solamente indossando la cintura munita da diverse attrezzature. 
«So solo che la guerra è sbagliata, Levi.» ribatté il più giovane abbassando lo sguardo. L'uomo si fermò per puntare i suoi occhi pieni di comprensione verso il ragazzo. Si avvicinò, posando una mano sulla guancia liscia e calda del suo amante «Eren, devi capire che lo faccio per la patria.» il ragazzo alzò la testa, guardando in modo severo il viso di Levi «Allora» iniziò ad avvicinarsi sempre di più alle labbra rosee del corvino «fallo per me, non andare.» sfiorò quella pelle carnosa con la punta della lingua, per provocarlo. Scorreva languida su tutta la loro superficie. Sapeva dove giocare sporco e come avrebbe scommesso, Levi fece combaciare perfettamente le loro labbra. Il più giovane gli prese il colletto con entrambe le mani, avvicinandoselo a sé, per permettere a quel piccolo contatto di andare sempre più a fondo. 
«Se decidi di andare, tutto questo non finirà e lo Stato avrà anche problemi interni a cui pensare.» 
Non era la prima volta che Eren glielo diceva, lo sapeva benissimo anche lui. La sola presenza di un poliziotto davanti a una folla di scioperanti, significava niente meno che un affronto verso i cittadini e che lo stato non poteva essere d'accordo con loro. 
Ma era giusto? Era giusto, quindi, lasciare che la guerra continui e che i cittadini soffrano per i loro cari partiti per combattere e per quelli che sono rimasti a soffrire la fame? 
Eren non lo accettava e non accettava il stupido compito del suo amato. Se l'avesse saputo molto tempo fa, prima che la guerra iniziasse, avrebbe ignorato volentieri Levi. Loro due per la questione della "patria" erano sempre in colluttazione. Uno ci credeva fortemente al suo Paese ed era orgoglioso di appartenere ad esso, o almeno era sicuro di questo prima di incontrare Eren. Lui, invece, se ne fregava. Certo, adorava la sua cultura, le sue origini, la sua storia ma non gli bastava di certo quello per sentirsi appartenente al Paese. Lui non voleva appartenere a una terra con dei confini, voleva appartenere al mondo. Eren credeva in questo e si chiedeva perché la maggior parte della popolazione non lo capisse. 
«Eren, devo andare.» disse a fior di labbra, dopo aver sentito l'ennesima chiamata della radio trasmittente. Levi gli lasciò un ultimo bacio che però, non venne ricambiato. Si allontanò prendendo la radio, mettendosela nella cintura, e il casco. Portò la mano sulla maniglia della porta d'ingresso ma la voce di Eren, alta e autoritaria, lo fermò «Se varchi quella dannata porta, giuro che non mi vedrai più in questa casa.» 
Levi si voltò lentamente «Di cosa stai parlando?» 
«Di noi Levi. Se te ne vai, me ne vado anch'io, ma dalla tua vita.» continuò a tenere gli occhi puntati su quelli grigi dell'uomo davanti a lui. 
«Non lo faresti.» 
«Oh, invece sì. Io mantengo sempre la parola data, e tu lo sai meglio di chiunque altro.» puntò le mani sui fianchi «Adesso sta a te decidere.» 
«Eren... io... lo sai come la penso.» 
«Se tieni più al tuo stupido lavoro e alla Patria, bene vai pure. Ma sappi che al tuo ritorno io non ci sarò.» si incamminò verso lo sgabuzzino e ne tirò fuori una valigia di media grandezza. A Levi iniziò a salirgli una strana sensazione, una brutta consapevolezza. 
«Cosa fai?» rimase con un tono piatto, anche se dentro il suo cuore era in agitazione. 
«Preparo la valigia, così se esci sono già pronto per andarmene.» 
La radiolina accesa che Levi aveva appeso alla cintura parlò ancora ma per la prima volta decise di non ascoltarla. 
«Non andrai da nessuna parte comunque, c'è troppo casino nella città.» 
«Ma lo so eh, non trattarmi come se fossi un idiota. Quando si saranno calmate le acque me ne andrò.» calò un brutto silenzio tra loro due. Eren si era messo a frugare dentro l'armadio nel salotto, mettendo la sua giacca, capello e sciarpa sul divano. 
«Se non hai ribattuto, vuol dire che te ne andrai.» affermò Eren tristemente. Era anche arrabbiato, perché se Levi avesse deciso di uscire dalla porta allora avrebbe mantenuto la parola, se ne sarebbe andato e lo avrebbe lasciato. Ma lo sapeva, lo sapeva che sarebbe stato tutto uno schifo senza di lui. Ma il silenzio che si susseguì fu ancora più devastante. 
«Ho capito.» disse andando in camera con la valigia. 
«Perderò il lavoro.» riuscì a sentirgli dire. 
«Beh, non è poi così tanto grave.» alzò la voce per farsi sentire, sapendo bene che Levi era rimasto davanti all'ingresso. 
«Insomma, lo so che ti piace, ma per ora potresti lasciarlo e magari venire a lavorare da me, nel mio negozio. Dato che ora sono da solo. A volte ho anche immaginato di lavorare insieme a te, noi due e la nostra piccola pasticceria. Sai, non sarebbe...» 
«Tanto male.» Levi era comparso dietro Eren che gli fece saltare il cuore in gola. Il ragazzo deglutì «Esatto, e quando sarà finita la guerra, potresti di nuovo fare domanda alle forze dell'ordine.» gli occhi gli brillarono di una luce del tutto nuova, più colorata e più speranzosa. 
Corrucciò la fronte quando sentì ancora quella stupida radiolina, ma Levi fece una cosa che Eren non si sarebbe mai aspettato. La prese, e dopo averla spenta la lanciò fuori dalla camera, dove sbatté rumorosamente nel cornicione della parete. 
Il ragazzo rimase col fiato sospeso mentre l'altro si tolse il giubbotto antiproiettile e la giacca della divisa subito sotto, buttando tutto a terra. Trascinò l'amante sul letto mettendosi a cavalcioni sopra di lui, il suo sguardo intenso imporporarono le guance di Eren. 
«Continuiamo da dove ci siamo fermati sta notte.» disse con voce bassa e gutturale. 
«E la guerra?» chiese Eren provocandolo. 
«La guerra sono affari dello Stato. A noi, piccoli abitanti di questo mondo, non ci interessa.» rispose Levi mentre con entrambe le mani, prese il viso del ragazzo che sorrise leccandosi le labbra. 
La distanza si azzerò dopo neanche pochi secondi, e le loro labbra erano di nuovo lì, a stuzzicarsi, a esplorare e assaporare sapori già sentiti. Il mondo esterno divenne solo un sottofondo rispetto alla musica d'amore che solo due anime che si amano sono capaci di creare. 
   
 
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