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Autore: crazy lion    21/03/2021    1 recensioni
Crossover scritto a quattro mani con Emmastory tra la mia fanfiction Cuore di mamma e la sua saga fantasy Luce e ombra.
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti vissuti da Demi e dalla famiglia, raccontati nel libro di Dianna De La Garza Falling With Wings: A Mother's Story, non ancora tradotto in italiano.
Mackenzie Lovato ha sei anni, una sorella, un papà e una mamma che la amano e, anche se da poco, una saga fantasy che adora. È ambientata in un luogo che crede reale e che, animata dalla fantasia, sogna di visitare con i suoi. Non esita perciò a esprimere tale desiderio, che in una notte d’autunno si realizza. I quattro vivranno tante incredibili avventure con i personaggi che popolano quel mondo. Ma si sa, nemmeno nei sogni tutto è sempre bello e facile.
Lasciate che vi prendiamo la mano, seguite Mackenzie e siate i benvenuti a Eltaria, un luogo per lei e la famiglia diviso tra sogno e realtà.
Disclaimer: con questo nostro scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendiamo dare veritiera rappresentazione del carattere dei personaggi famosi, né offenderli in alcun modo.
Quelli originali appartengono alle rispettive autrici.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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And I will hold you closer
Hope your heart is strong enough
When the night is coming down on you
We will find a way through the dark
(One Direction, Through The Dark)
 
 
 

CAPITOLO 2.

 

LA BAMBINA PERDUTA

 
Quando aprì gli occhi, Demi ebbe l’impressione che fossero trascorsi giorni dal momento in cui era andata a letto. Cercò la sveglia, ma non la trovò. L’erba le solleticava i palmi e il vento le spostava piano i capelli. La terra, fredda al tatto, la fece rabbrividire. I suoi vestiti erano pregni di umidità. Si alzò di scatto, il che aumentò il dolore a schiena e articolazioni.
“Ma che cazzo…” farfugliò. La sorpresa fu subito sostituita da un grido tanto acuto che si stupì che quella fosse la sua voce. "Siamo da qualche parte, fuori, non a casa." Si stava mangiando le lettere, ma non ebbe la forza di ripetere. "Che cosa diavolo è successo?"
Andrew e Mackenzie si guardarono con gli occhi sbarrati. La bambina corse subito dalla mamma e si lasciò abbracciare. Demi le lanciò un’occhiata interrogativa. Il suo volto era rilassato e il respiro regolare. Mac era coraggiosa ma pur sempre una bambina e si aspettava che avrebbe avuto paura, invece sembrava quasi a suo agio. Non le fece domande. Forse doveva ancora capire come stavano le cose.
"Dove siamo?" domandò Andrew.
Il sole era sorto da poco, si intravedevano alcune case in lontananza e intorno a loro c’erano solo alberi. Si respirava un po’ di polvere. Demetria tossì mentre il suo ragazzo sbatté gli occhi più volte. Mackenzie starnutì. La polvere non rendeva difficile vedere, ma era dura abituarsi. Per fortuna nessuno di loro era allergico.
"In un bosco, a quanto pare" mormorò Demi. "Ma dove? Dove?” Qualcosa le suggerì che non erano in uno di quelli alla periferia di Los Angeles. “E soprattutto, dov'è Hope? Dov'è la mia bambina?" gridò ancora più forte.
Si portò le mani al volto per nascondere alcune grosse lacrime. Come aveva fatto a non accorgersi subito della sua assenza? Hope si era addormentata vicino a lei. Non l’aveva nemmeno sentita alzarsi. Lì intorno non c’era. Tutto appariva così assurdo. Per caso erano usciti e non se lo ricordavano? Dovevano aver preso una forte botta in testa per essersene dimenticati. E come avevano fatto? Da quanto tempo si trovavano in quel luogo? Almeno alcune ore. Chi li aveva portati lì? Di certo non erano andati nel bosco da soli. Perché avrebbero dovuto uscire in piena notte, senza motivo, con due bambine di sei e quasi due anni? Non aveva alcun senso e sarebbe stato da irresponsabili. Demi strinse i pugni e si fermò solo quando si accorse che si era infilata le unghie nella pelle. Riaprì le mani dopo qualche secondo. I palmi avevano qualche segno, ma nulla di grave e non usciva sangue. Per quanto soffrisse, quello non era il modo di reagire.
 
 
 
"Qualsiasi cosa sia accaduta, dobbiamo cercare Hope subito." Andrew si diede una manata in fronte. "O uscire da qui e chiamare la polizia, ci sarà un cazzo di telefono pubblico da qualche parte."
Aveva fatto uno sforzo sovrumano per evitare che la voce gli tremasse, ma si era spezzata a metà frase e le ultime parole gli erano uscite in un sussurro. Non avrebbe voluto farsi vedere vulnerabile in quel momento, non quando la sua fidanzata stava forse ancora peggio di lui, ma fu inevitabile. Si portò le mani alle tempie per cercare di diminuire il dolore. Una metaforica lama gli attraversava il cranio, tagliando dall’interno e dall’esterno e, per un attimo, gli si annebbiò la vista. Non aveva mai sofferto così tanto per un mal di testa, ma proprio mentre stava per urlare ancora, questo svanì del tutto. L’uomo si maledisse perché non aveva il cellulare. E comunque, non era detto che un telefonino funzionasse in quel posto. Si trovavano in un mare di guai, per non dire di peggio.
Demi provò a chiamare la mamma.
"Io ho il telefono, ma non c’è campo. E poi il numero della polizia qui sarà diverso dal nostro, non penso ci troviamo a Los Angeles, forse nemmeno in California. Accidenti! Mac, andiamo. E come fai a essere così tranquilla?” Si colpì le guance. “Ci troviamo in un cavolo di bosco, non lo riconosciamo, non sappiamo come ci siamo arrivati né come tornare a casa e tua sorella è sparita!"
Demetria non la smetteva di urlare.
Sono calma perché so che andrà tutto bene. Voi siete… è complicato da spiegare concluse Mackenzie.
Il terreno era costellato di buche, piccole salite e discese, sassi, aghi di pino, foglie e rami. Camminare risultava difficoltoso con le scarpe da ginnastica che avevano addosso e che non ricordavano di aver infilato. Sarebbero andati meglio gli scarponi in quella situazione. Indossavano tutti una tuta con pantaloni e maglia lunghi. Demi le riconobbe tutte e tre, erano le loro, ma di certo non avevano preso sonno vestiti così. La polvere permaneva, dando sempre un leggero fastidio a occhi e naso. La famiglia se lo coprì per un po’ con un fazzoletto, ma alla fine lo tolse perché respirare in quel modo era complicato.
"Hope!" chiamò Demi, passando sopra un ramo caduto che scricchiolò in maniera inquietante.
"Hope!" provò Andrew. “Hope, dove sei? Rispondi.”
“Tesoro, sono la mamma. Chiamaci, grida” pregò, la voce frantumata in mille schegge a causa della disperazione.
Poteva essersi ferita, o semplicemente nascosta anche se, dopo alcuni minuti, la coppia dubitò di quell’ipotesi. Le loro urla si perdevano in echi senza risposta. Cercarono dietro gli alberi, percorsero vari sentieri, girarono a destra e a sinistra perdendosi più volte dato che lì, ai loro occhi, era tutto uguale. Niente e nessuno, a parte il canto di qualche uccello. Quando svoltavano e non capivano più da dov’erano venuti, la loro respirazione si faceva corta e il sudore colava più copioso. Oltre a ciò, non avevano idea di come avrebbero fatto a sopravvivere se fossero rimasti lì per giorni interi senza incontrare anima viva, dissero gli adulti sottovoce. Mangiare frutti e bere acqua, sperando di trovare un fiumiciattolo, un laghetto o qualche altra fonte appariva l’unica soluzione, aggiunse Demi, altrimenti avrebbero scavato, anche se per raggiungere quel liquido benefico sarebbe stato necessario fare una buca profondissima. Ma sarebbe bastato nutrirsi e bere in quel modo? Gli adulti ne dubitavano. Senza contare che a causa dell’acqua o della frutta lavata in qualche fiume avrebbero potuto ammalarsi. Andrew non sapeva cacciare, né costruire armi per farlo, non nella pratica almeno. Forse, però, avrebbe dovuto e la sola idea, al momento, lo rivoltava. Era anche vero, rifletté, che quando si ha fame si fa di tutto, cacciando anche gli animali per sopravvivere, in casi estremi. E dove avrebbero dormito? All’aperto c’era il rischio di essere attaccati da qualche animale.
"E se l'avessero rapita? O se le avessero fatto del male in quel senso?" chiese Demi.
Quale senso? domandò la bambina, mentre i suoi genitori venivano percorsi da un brivido di terrore.
Ad Andrew mancò il respiro. Si sentì svenire e si sedette per terra. Aprì la bocca per parlare, ma si bloccò.
 
 
 
Demi corse dietro un ippocastano e vomitò, anche se uscì solo acqua dato che non mangiava da ore.
“Non riesco nemmeno a pensarci” mormorò.
Sarebbe stato troppo orribile. Una cosa simile avrebbe rovinato la vita della figlia, o quantomeno l’infanzia, e avrebbe dovuto essere aiutata a superare il trauma. No, no, riflettere su un possibile stupro faceva troppo male e le provocava una sensazione che, sussurrando al fidanzato affinché Mac non si accorgesse di nulla, riuscì a definire solo come schifo.
“Provo le tue stesse emozioni,” le disse Andrew. “Non può essere successo, non può!”
Si batté il petto in un gesto disperato, o almeno fu così che Demi lo interpretò.
Quel silenzio quasi assoluto le accelerò i battiti. Non l’avrebbe fatto se si fosse trovata in un bosco vicino a Los Angeles, tutti e quattro insieme per una gita, ma date le circostanze ogni cosa appariva spaventosa. Dovevano trovare Hope, o avere in mano un telefono, o mettersi in contatto con la polizia in qualche altro modo per denunciare la scomparsa. Adesso. Demi scoppiò in un pianto convulso, mentre il suo corpo era scosso da tremiti e dalla bocca la saliva le colava sul mento. Si accasciò e batté con violenza i pugni sul terreno fino a farsi quasi sanguinare le nocche, si prese a schiaffi in faccia e tirò calci in aria sollevando polvere e urlando cose senza senso.
"Demi. Demetria, ferma.” Andrew le strinse le mani. “Ti fai male. Ti fai male!”
“Lasciami!” gridò lei, liberandosi con uno strattone.
 
 
 
Mackenzie sbarrò gli occhi. La crisi della mamma era simile a quelle che ogni tanto aveva lei. Reclinò la testa e sospirò. Se avesse potuto parlare, non sarebbe riuscita a formulare frasi di senso compiuto. Alzò e abbassò le braccia, producendo uno schiocco quando le mani le colpirono le cosce, pesanti come il proprio cuore. Anche sua madre doveva sentirsi impotente quando la vedeva stare male. Avrebbe voluto piangere, ma non ci riusciva.
“Voglio solo aiutarti, amore.” La voce del papà era dolce, parlava alla mamma mentre le accarezzava i capelli e la schiena. “So che sei sconvolta, che non ci capisci niente, che ti senti come se ti fosse piombato addosso un ciclone. Sto così anch’io ed è una merda! Ma, anche se è difficile, non ci possiamo arrendere. Dobbiamo farlo per Hope.”
“H-hai ragione” balbettò lei.
Si tirò in piedi barcollando.
“Ascolta, sono sicuro che chiunque ha nostra figlia non sia arrivato a tanto. Magari non è con nessuno e si è solo allontanata un po' e persa, okay? Ora dobbiamo capire come uscire da qui."
Ma vedevano solo alberi sia avanti che indietro. Mackenzie sospirò. Il papà abbracciò di nuovo la mamma mentre lei piangeva, cosa che fece stringere il cuore della bambina. Odiava vedere i genitori soffrire e non poteva spiegare perché si sentiva tanto tranquilla e fiduciosa, non ancora, o non le avrebbero creduto. Per un momento fu come se Mackenzie si guardasse dall'esterno. Una bambina, su un letto, cercava di aprire gli occhi, ma non appena ci provava le palpebre le si richiudevano, come se una forza sconosciuta le spingesse a restare in quella posizione. Allora ne fu sicura al cento per cento. Il problema era che non aveva idea di come spiegarlo ai genitori. Se avesse parlato sarebbe riuscita a calmarli, ma non poteva e, comunque, i due stavano già camminando senza meta e chiamando sua sorella. Rassegnata, sospirò e li seguì.
Mentre proseguivano in silenzio, i quattro si resero conto di una cosa sconcertante, un dettaglio non da poco: non usavano la lingua inglese, bensì quella che riconobbero come italiano, anche se l’avevano sentita poche volte e solo Andrew la conosceva. Ora non lo ritenevano importante vista la situazione, ma tutto ciò era surreale. Perché parlavano una lingua sconosciuta? Come facevano? Provarono a usare l’inglese, ma non ci riuscirono. Lo ricordavano, ma qualcosa lo bloccava.
“Forse abbiamo preso una botta pazzesca, il nostro cervello l’ha imparato non ho idea di come e l’italiano ci aiuterà a comunicare con la gente di questo luogo” suggerì Andrew.
“Ma è impossibile! Come accidenti ci siamo riusciti? Io so solo che, anche se non ho mai parlato italiano, sto capendo alla perfezione quello che diciamo” commentò Demi tremando.
Scriverlo è stranissimo.
Mackenzie sorrise.
 
 
 
Hope si era svegliata per prima, al buio. Incuriosita dal luogo in cui si trovavano, si era alzata e aveva iniziato a camminare. Non aveva avuto paura pur udendo quello che forse era un lupo. Poteva essere solo un gioco di qualche bambino. Aveva visto il sole sorgere mentre, ancora adesso, gli uccellini cantavano e gli insetti svolazzavano sui fiori. Aveva anche provato a prendere una farfalla, ma non ci era riuscita. E perché adesso quell'uccellino che voleva accarezzare era volato via? La polvere volteggiava nell’aria e a volte se la ritrovava sulle mani. La piccola si voltò indietro, ma si rese conto che aveva fatto troppa strada. Come tornare sotto l'albero dove c'erano mamma, papà e Mac Mac? Pianse, anche a causa della stanchezza e della fame. Prese a camminare di qua e di là senza una meta precisa, ma nessuno rispondeva alle sue grida disperate. Tossì più volte quando la voce le si fece più debole, poi riprese a gridare.
“Mamma!” urlava. “Mamma, papà, Mac Mac!”
Provò con tutti i nomi della famiglia che conosceva: i nonni, le zie, persino il cane e il gatto, ma nessuno replicava.
Il sole venne oscurato da una nuvola e ben presto si alzò un vento impetuoso che sferzava gli alberi, che si piegavano minacciosi verso di lei. Le foglie producevano un forte fruscio. Alcune cadevano a terra. Nuvole nere invasero il cielo e in men che non si dica scoppiò un temporale, reso terrificante, oltre che dai tuoni simili a bombe, anche dal vento che ora ululava. All'inizio caddero solo poche, grosse gocce e Hope si divertì a saltare dentro le piccole pozzanghere che si stavano formando, ma quando la pioggia leggera diventò un diluvio la bambina si ritrovò inzuppata e, scivolando sul terreno, cadde in un mucchio di foglie bagnate.
"Mamma!" chiamò ancora, sbracciandosi e pensando che qualcuno, da lontano, la vedesse.
Pianse forte e le mancò il respiro. Ma non veniva nessuno.
   
 
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