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Autore: crazy lion    21/03/2021    1 recensioni
Crossover scritto a quattro mani con Emmastory tra la mia fanfiction Cuore di mamma e la sua saga fantasy Luce e ombra.
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti vissuti da Demi e dalla famiglia, raccontati nel libro di Dianna De La Garza Falling With Wings: A Mother's Story, non ancora tradotto in italiano.
Mackenzie Lovato ha sei anni, una sorella, un papà e una mamma che la amano e, anche se da poco, una saga fantasy che adora. È ambientata in un luogo che crede reale e che, animata dalla fantasia, sogna di visitare con i suoi. Non esita perciò a esprimere tale desiderio, che in una notte d’autunno si realizza. I quattro vivranno tante incredibili avventure con i personaggi che popolano quel mondo. Ma si sa, nemmeno nei sogni tutto è sempre bello e facile.
Lasciate che vi prendiamo la mano, seguite Mackenzie e siate i benvenuti a Eltaria, un luogo per lei e la famiglia diviso tra sogno e realtà.
Disclaimer: con questo nostro scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendiamo dare veritiera rappresentazione del carattere dei personaggi famosi, né offenderli in alcun modo.
Quelli originali appartengono alle rispettive autrici.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Lost in the darkness
Hoping for a sign
Instead there’s only silence
Can’t you hear my screams?
Never stop hoping
Need to know where you are
But one thing’s for sure
You’re always in my heart
 
I’ll find you somewhere
I’ll keep on trying
Until my dying day
I just need to know
Whatever has happened
The truth will free my soul
 
Lost in the darkness
Trying to find your way home
I want to embrace you
And never let you go
(Within Temptation, Somewhere)
 
 
 
There's somethin' in the way you roll your eyes
Takes me back to a better time
When I saw everything is good
But now you're the only thing that's good
Tryna stand up on my own two feet
This conversation ain't coming easily
And darlin', I know it's getting late
So what do you say we leave this place?
 
Walk me home in the dead of night
I can't be alone with all that's on my mind, mhm
So say you'll stay with me tonight
'Cause there is so much wrong goin' on outside
 
There's somethin' in the way I wanna cry
That makes me think we'll make it out alive
So come on and show me how we're good
I think that we could do some good, mhm
(Pink, Walk Me Home)
 
 
 

CAPITOLO 4.

 

ALLA RICERCA DI HOPE

 
Intanto, nel bosco, la famiglia stava ancora cercando Hope. Demi e Andrew camminavano e puntavano spesso lo sguardo sul terreno, ma le orme presenti erano per la maggior parte di animali e, a volte, donne o uomini e gli alberi che, quando potevano, i due aggiravano per guardarci dietro e restavano in ascolto. Si udivano pochissimi rumori e nessun pianto o alcuna voce. Avrebbero voluto andare più spediti. Le piccole salite e discese, alcune più ripide di altre, erano seguite da terreno più o meno pianeggiante prima che ogni cosa ricominciasse. Da ore rami, aghi di pino, pigne e sassi rendevano difficile la camminata. Grazie al cielo avevano trovato alcuni fiumiciattoli nei quali dissetarsi, altrimenti si sarebbero disidratati. Avevano temuto che l’acqua fosse avvelenata o chissà che altro, ma non erano riusciti a non bere a causa della gola riarsa. C’era ancora quella dannata polvere alla quale, però, loro e Mackenzie si stavano abituando con loro gran sorpresa. Non dava più fastidio e, mentre procedevano, ci facevano sempre meno caso. Ma continuavano a non capire di che diavolo si trattava e speravano che respirarla non avrebbe causato loro futuri problemi. A volte dovevano schivare rami appuntiti o saltare quelli che si trovavano a terra, dato che poteva capitare di scivolare passandoci sopra. Demi calciò lontano alcuni piccoli sassi che sbarravano la strada. Pioveva ancora, il che rendeva il tutto scivoloso e il cammino più complicato, ma le intemperie stavano lentamente cessando e, anche se il cielo sopra di loro era grigio e le nuvole pesanti come piombo, almeno ora i tuoni non lo squarciavano più. Andrew teneva la mano della fidanzata e la accarezzava.
"Andrà tutto bene, Demi. Tutto bene" le ripeteva, con la voce spezzata da un pianto che faticava a trattenere.
Spesso gli sfuggivano sospiri o lacrime che si affrettava ad asciugare. Demetria desiderava che anche lui esternasse il suo dolore. Glielo disse, tuttavia il fidanzato le rispose che in quel momento stava troppo male per riuscire anche solo a parlarne, figurarsi a scoppiare in pianto davanti a lei e alla figlia.
Erano insieme e lei avrebbe voluto farsi abbracciare, ma strinse i denti e si impose di star ferma. Un abbraccio le avrebbe fatto bene, ma quale persona sarebbe stata in vena di tenerezza e romanticismo in un momento come quello? Nessuna. E non voleva nemmeno essere confortata, perché nulla l’avrebbe fatta star bene, a parte ritrovare la sua bambina.
"Sono passate ore, Andrew, ore. Hai visto NCIS, ogni minuto è vitale in questi casi" rispose Demetria, con una punta di stizza nella voce.
Alcune grosse lacrime le bagnavano ancora il viso e parevano bruciarle e scavarle le guance. Non voleva né arrabbiarsi né essere cattiva, ma non poteva farci nulla. Lasciò penzolare le braccia lungo i fianchi e per un momento socchiuse gli occhi reprimendo un sospiro. La pioggia la inzuppava, a giudicare dalla luce che diminuiva il sole si stava abbassando, e come se non bastasse nessuno aveva un impermeabile. I loro passi risuonavano sull'erba fradicia e i tre non riuscivano a darsi pace. Cos'era successo? Che ci facevano in quel luogo? Ne sarebbero mai usciti? E soprattutto, dov’era Hope e perché Mackenzie rimaneva così calma? Pur sforzandosi di pensare a una possibile motivazione, i genitori non erano in grado di capirlo. Forse a sei anni non si rendeva conto del pericolo, ma voltandosi a guardarla, Demi provò una strana stretta al cuore. Sorrideva. La sua piccola sorrideva.
Andrew indicò una piccola abitazione fra gli alberi.
“Demi, una casa!”
La ragazza si lasciò andare a un’esclamazione di speranza: forse i suoi abitanti avrebbero potuto aiutarli.
La raggiunsero con non poca difficoltà e bussarono. Aprì loro una donna alla quale descrissero Hope nei più minimi dettagli e Demetria mostrò anche una sua foto che aveva sul cellulare.
“Mi dispiace tantissimo, signori, ma non l’ho vista” rispose l’altra, abbassando lo sguardo.
“Ne è proprio sicura?” insistette Demetria. “Per favore, guardi meglio la fotografia.”
La donna prese il telefonino e se lo avvicinò il più possibile, fissandolo per qualche minuto che agli altri sembrò infinito, mentre rimanevano con il fiato sospeso.
“Sicurissima, sono spiacente. Ho visto altri bambini, ma non lei. L’avrei riconosciuta, non ci sono bimbi con la pelle scura, qui.”
La signora diede loro un po’ di biscotti e un tè caldo in un bicchiere. Li avrebbe fatti entrare, ma i tre rifiutarono. La ringraziarono e se ne andarono.
Dato che non si era mai girata, non avevano visto le ali dietro la sua schiena.
La stessa scena si ripeté con qualche altra casa appena visibile nel folto del bosco, abitata da fate o folletti dei quali i tre non notarono il vero aspetto. Ogni volta che ricevevano un no come risposta misto a sguardi compassionevoli, il cuore di Demi e Andrew si appesantiva e le speranze scemavano. Percorsero molta strada in silenzio. In giro non c’era nessuno.
Mackenzie portava il proprio zainetto straripante di fogli sulle spalle, una penna e un piccolo blocchetto di appunti fra le mani. Sfiorò il braccio della mamma, poi si fermò.
La troveremo, non preoccuparti scrisse, provando a rincuorarla.
Scottata da quell'intervento Demi la ignorò, e a causa di una fitta allo stomaco che le penetrò in profondità al pari di una lama, rischiò di rimettere ancora una volta. Si piegò in avanti e, per sua fortuna, Andrew fu lì per sorreggerla prima che la stanchezza avesse la meglio su di lei.
"Demetria, fermati, devi riposare" le suggerì con voce grave, un misto di dolore e tristezza negli occhi.
La ragazza sospirò.
Riposare? Come poteva parlare di riposo se la loro figlia minore era sparita? I nervi le solleticarono la pelle. Strinse i pugni e provò un improvviso dolore. Mackenzie fu subito lì con lei, tirando lievemente una delle maniche della tuta che indossava. Desistette nel vedere che non le rispondeva, e priva di energie come i genitori, si sedette ai piedi di una quercia. Tentando di calmarsi, scrisse ancora.
Ci credo.
La troveremo.
Non aver paura.
Sta bene.
Messaggi di speranza per mamma e papà ma anche per sé stessa che, leggera e insistente, la pioggia minacciò di cancellare. Con uno sbuffo Andrew si sedette accanto a lei e quando, incuriosito, provò a leggere quelle frasi, queste si ridussero a macchie e linee d'inchiostro nero come la sua anima di padre in quel momento, ferita dalla consapevolezza di non riuscire a fare più di ciò che stava facendo per la sua bambina, che a quel punto solo qualcuno più in alto di lui avrebbe potuto proteggere. Anche Demi diede una rapida occhiata a quelle scritte. Avrebbe desiderato pregare Dio, gli angeli e i santi con tutta se stessa, ma non ne trovava la forza.
Giocando nel cielo, il sole sfuggiva alle nuvole continuando a muoversi verso il basso, fino a riposare dietro i monti e lasciare spazio alla sorella luna e alle sue amiche stelle. I tre si trovavano in una foresta apparentemente infinita e il calar del sole poteva significare una sola cosa: nera notte che presto li avrebbe inghiottiti, e speravano di no, congelati. Lì non c’erano lampioni, loro non avevano torce, quindi sarebbero rimasti al buio, e quella consapevolezza li colse come un pugno inaspettato allo stomaco. Sarebbero riusciti a orientarsi con le stelle? Non le conoscevano così bene. E per andare dove? A mani giunte e con le lacrime a solcarle il viso, Demi si ritrovò finalmente in ginocchio a pregare in silenzio, e con lei anche Mackenzie, che strappò e strinse in mano il foglio con le sue personali preghiere d'inchiostro. Stremata, tremando e battendo i denti, con le mani congelate e i piedi che si stavano raffreddando dato che non camminava più, la famiglia si appoggiò contro la dura corteccia di un albero. Tutti si lamentarono appena per la posizione scomoda.
Durante il tragitto avevano mangiato solo manciate di lamponi e fragole, oltre al piccolo pasto della signora. Tuttavia, quei cibi non avevano riempito loro del tutto lo stomaco.
Mi fanno male le mani, mamma scrisse ancora Mackenzie.
“Lo so, anche a me” rispose la donna. “Mettile in tasca e muovi le dita, come faccio io.”
La pancia della piccola brontolò.
In un altro contesto i tre avrebbero riso, ma non in quel momento.
E ho fame, tanta fame!
Demi trattenne a fatica un singulto.
“Sì, anch’io.”
Sudori freddi colavano loro giù da braccia e fronte, lo stomaco doleva a tutti a causa del poco cibo assunto e le teste dei tre vorticavano. Ogni cosa pareva girare: l’erba, gli alberi, perfino il cielo. Se non avessero mangiato ancora, sarebbero svenuti. Ma erano idratati, perlomeno. Per sicurezza, raccolsero l’acqua che cadeva dal cielo tenendo le mani a coppa e bevvero qualche sorso.
Per fortuna non pareva essere inverno vista la vegetazione, quindi le temperature non sarebbero scese così tanto da congelarli o, peggio, farli morire, ma si sarebbero comunque ammalati.
“Vado a cercare qualcosa” si decise l’uomo.
Non poteva lasciare la sua famiglia in quello stato.
Demi ricordò che in realtà avevano una torcia, quella del suo cellulare. Glielo passò e lui riuscì a illuminare un poco la strada.
“Spero non si scarichi la batteria, altrimenti siamo fottuti” commentò la ragazza. “Veniamo con te, aspettaci!”
“Non mi allontanerò molto, non preoccupatevi. Restate lì e riposate, non voglio che vi sentiate male.”
Seppur non convinta, la ragazza annuì e prese la mano della bambina nella sua.
Andrew percorse un centinaio di metri, barcollando a causa della debolezza, e notò dei rovi in mezzo ai quali, procurandosi diversi graffi soprattutto alle mani, trovò delle more. Le lavò sotto l’acqua piovana e tornò da Demi e Mackenzie con le tasche piene.
“Non è molto, ma…”
“Non importa, ce lo faremo bastare.”
Divisero i frutti, dandone di più a Mackenzie e Demi ne recuperò un altro po’. Demi guardò il suo cibo e lo stomaco le si contrasse. Non perché sentisse di non riuscire a mangiare a causa dei suoi problemi passati – se in quel momento l’avessero assalita sarebbe stata la fine –, ma perché il dolore le aveva tolto all’improvviso l’appetito.
“Anch’io non ho più fame, ora” le sussurrò Andrew, “ma dobbiamo tenerci in forze per Mackenzie e Hope.”
La ragazza sospirò.
Il suo fidanzato aveva ragione, perciò si fece forza e mise in bocca il primo frutto. I tre mangiarono in silenzio. Le more selvatiche avevano un gusto acidulo.
“Ti è uscito sangue dai graffi?” gli chiese.
“No.”
“Anch’io ne ho qualcuno, ma nemmeno a me. Appena possibile, però, dovremo disinfettarli.”
Non erano profondi, ma sempre meglio prevenire che curare, come diceva un proverbio.
L'erba era bagnata e faticava a rialzarsi, ma se da un lato era questo il pensiero che bloccava la cantante, dall'altro vedeva l'albero come a uno scudo che potesse proteggerla dai mali del mondo. Prima o poi la pioggia si sarebbe fermata, ma le fronde ne avrebbero sempre attutito i colpi, domando i fischi del vento che ora ringhiava minaccioso sferzando i rami che scricchiolavano sinistri. L’aria entrava sotto i vestiti, intirizzendo loro le dita una volta che ebbero tirato le mani fuori dalle tasche. Il naso si era già gelato, più in fretta di quanto si sarebbero aspettati e anche braccia e gambe erano gelide nonostante i vestiti che le coprivano, troppo leggeri per tenere lontano il freddo. Senza riuscire a smettere di tremare, si strinsero le braccia attorno al petto per cercare un po’ di calore. Se fosse servito, si sarebbero abbracciati. Non faceva freddo come in inverno, ma le temperature dovevano essere scese molto a causa del cattivo tempo.
Per sopprimere la paura, il dolore e tante altre emozioni per amore della figlia e della compagna, Andrew fece loro ancora coraggio. Erano lì per ritrovare Hope, non potevano arrendersi, non adesso. Seppur a fatica si decisero e, facendosi forza gli uni con gli altri, nonostante la debolezza, le vesciche ai piedi e i muscoli doloranti, ripresero il cammino.
L’uomo scivolò giù per una piccola discesa, ma si aggrappò a un ramo graffiandosi appena una mano e riuscì a rimanere in piedi.
“Stai bene?” urlò Demi, con il cuore che scalpitava.
“Sì, non è niente. Facciamo attenzione a dove mettiamo i piedi.”
La loro andatura fu ancora più lenta a causa del dolore ai muscoli provati dal freddo, dalla lunga camminata e dalla mancanza di cibo, ma non importava. Hope era dispersa, ritrovarla l'unico obiettivo. I minuti sembravano ore e, seguendo religiosamente un sentiero mentre contava i propri passi per cercare di non perdersi, giunsero in una parte del bosco ancora più fitta. Poco più in là, il caratteristico suono di acqua che scorreva.
Abituati alle gite di famiglia nei boschi quando non erano che ragazzini, Andrew e Demi ricordava che in genere seguire quel suono li avrebbe condotti a un corso d'acqua. Ottimo, se fosse successo qualcosa in quella notte tanto fredda, almeno non sarebbero morti di sete. Ora le uniche cose a mancare erano un riparo, del cibo, vestiti o coperte caldi e un fuoco, o quantomeno qualcosa da ardere. Per fortuna la pioggia era cessata e, tirando un sospiro di sollievo, l’uomo cercò la mano della fidanzata. Si voltò a guardarla. Era spossata, pallida, con gli occhi cerchiati al pari di Mackenzie. In quel momento lui non parlava, ma nonostante tutto capiva. Il mestiere di avvocato l’aveva talvolta messo di fronte a situazioni simili a livello emotivo e ricordava bene il dolore provato dalle famiglie e dai clienti che si ritrovava a rappresentare. Ma non immaginava che fosse tanto straziante.
È proprio vero che puoi capire fino in fondo una situazione solo quando ti ci ritrovi dentro.
Ma quello era uno dei momenti che nessuno vorrebbe mai vivere. Inoltre si considerava il padre di Hope, ragion per cui comprendeva più che bene la sofferenza della fidanzata. Ormai senza forze, questa si voltò per incrociare il suo sguardo e per un attimo furono lì, verde nel marrone.
Curiosa, Mackenzie andò loro vicino, e distraendo ancora la mamma mostrò un altro messaggio.
Sei più calma, adesso?
"Sì, Mac, grazie. Sta’ tranquilla, ho soltanto freddo" Rispose Demi, buttando lì una mezza verità.
Tremava e il vento non era certo d'aiuto, ma i suoi tremori erano dovuti anche ad altro, ovvero a Hope. Non l'avevano ancora trovata e lo scorrere del tempo, sempre impietoso nei confronti delle sue creature, non serviva a calmare o cambiare i pensieri della ragazza. Mille scenari comparivano nella propria mente, uno più orribile del precedente: la piccola nelle mani di sconosciuti, gente forse perfino peggiore dell'uomo che le aveva fatto del male quando era ancora in fasce. Persone che l'avevano addirittura rapita e portata chissà dove, picchiata o – Dio non lo volesse! – stuprata, e nonostante la priorità fosse cercare un posto in cui dormire per evitare di congelare, lei non riusciva a smettere di pensare alla bambina. Andrew le strinse la mano per l'ennesima volta, in silenzio e sfiorandola come a farle capire che ci sarebbe sempre stato, nel bene e nel male, e per tutta risposta Demi sorrise.
Seppur più calma di loro, la stanchezza e il freddo che penetrava nel suo piccolo corpo giocavano brutti scherzi a Mackenzie. Sapeva che Hope stava bene, ma nient’altro.
E se invece non la troviamo? Se ho sbagliato a dire loro quelle cose?
Non si preoccupò dei congiuntivi errati, quello non fu nemmeno l’ultimo dei suoi pensieri. L’ottimismo che fino ad allora l’aveva accompagnata se ne stava andando via pian piano e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Chissà cosa pensavano i suoi veri genitori, guardandola da lassù, nel sapere che si trovava in quella situazione. Che non aveva protetto Hope? Che era stata capace di perderla, deludendoli? Riusciva quasi a sentire le loro voci.
“Brava, Mackenzie. Avresti dovuto stare accanto a tua sorella e invece lei si è persa nel bosco. Complimenti.”
Si portò una mano al cuore e respirò a fondo: oltre al dolore per la loro scomparsa stava affrontando anche quello, il che rendeva il tutto insopportabile.
Per un momento valutò di lasciarsi andare, almeno in parte, come stavano facendo mamma e papà. Era distrutta, Hope le mancava e non avevano concluso nulla, dunque che senso aveva sperare? Nessuno. Eppure, ricordava la mamma e il papà. Erano sempre stati dolci, comprensivi, non si sarebbero mai comportati così con lei, avrebbero capito. E c’era sempre quel qualcosa, una fiammella accesa nel suo cuore che le dava ancora, chissà come, la forza di sperare. No, non poteva abbattersi così perché prima o poi si sarebbero riuniti tutti quanti, ne fu sicura. Non che fosse ottimista al cento per cento, ma provava a essere positiva e sapeva benissimo perché, anche se ancora una volta non ne fece parola. Sospirò di sollievo e sorrise, un po’ più fiduciosa.
In breve, il vento tacque dando tregua alle fronde degli alberi frustate come schiavi dal proprio padrone. Più in là questi si diradavano per lasciare posto a immensi prati verdi pieni di fiori e i due innamorati si incoraggiarono con il solo uso dello sguardo. Se c’era una cosa positiva che tutta quell’aria aveva fatto, era stata portar via le nuvole. Una stella cadente solcò il cielo notturno. Devota alla Chiesa Demi credeva in un solo Dio, ma l'aver comprato a Mackenzie qualche libricino al quale aveva dato uno sguardo l'aveva aiutata a sviluppare un altro punto di vista. Non che avesse smesso di credere, anzi, ma aveva trovato illuminante leggere quelle pagine. Nell’ultimo periodo la bambina aveva posto alcune domande riguardo il cielo e le sue meraviglie, fra cui stelle, pianeti e buchi neri alle quali la mamma non aveva saputo rispondere con esattezza, per cui aveva cercato un libro, adatto alla sua età, che spiegasse tutto in modo semplice. Se gli ultimi due non erano mai risultati interessanti alla cantante e dubitava dell'esistenza di forme di vita su una landa rossa e desolata come quella marziana, le prime non l'avevano delusa e, ne era certa, non l'avrebbero mai fatto. Più di una volta si era ritrovata sveglia nel suo letto, al sicuro fra le coperte o le braccia di Andrew, con le mani giunte e lo sguardo perso in quell'infinita distesa celeste. La fede le insegnava che Dio era ovunque e lo stesso valeva per le stelle, ragion per cui, in un momento di quel calibro, valeva la pena tentare. Senza lasciare la mano dell'amato, si concentrò su quell'astro passeggero e a occhi chiusi e voce bassa lasciò che una preghiera le sfuggisse dalle labbra.
"Ti prego, ti prego Signore, fa’ che stia bene e che torni da me, ti supplico."
Mackenzie si ritrovò a imitare la mamma e, con gli occhi umidi di lacrime, lottò per asciugarli e tenerli aperti. Sbadigliò e mosse qualche indeciso passo verso il padre. A sei anni non vantava la sua stessa resistenza e la stanchezza era troppa. Più di una volta Demetria l’aveva portata sulle spalle per lunghi tratti dandole la possibilità di riposare, capendo che un bambino della sua età, per di più non allenato, non poteva camminare per ore senza mai fermarsi. Mac allargò le braccia, pronta a farsi sollevare di nuovo e a vedere il mondo da un'altra prospettiva. Mosso a compassione dal suo faccino tirato dal sonno, Andrew la prese in braccio. La bambina si addormentò quasi subito.
All’improvviso, mentre si godevano lo scricchiolio delle loro scarpe tra l’erba che riempiva l’aria assieme al canto di migliaia di grilli, proprio davanti a loro Andrew notò delle luci. Strane luci che non aveva mai visto prima e che, per qualche motivo sconosciuto, lo attirarono come fosse stato una falena.
"Demi, vieni. Ce l'abbiamo fatta, siamo salvi" sussurrò alla compagna, animato da una forza mistica.
"Ma che dici? Qui è quasi buio, io non vedo niente se non il prato e gli alberi" si lamentò lei.
"No, davvero, ascoltami" insistette lui, guardando dritto davanti a sé e invitandola a fare lo stesso.
Confusa, la ragazza gli diede comunque ascolto. Minuscoli corpi di mille colori, muovendosi come se avessero avuto vita propria, emettevano saltuariamente quegli strani bagliori. Non sapendo cosa pensare, Demi imputò la colpa di tutto ad alcune lucciole, ma quando la luce si fece più intensa somigliando a una sorta di invito, Mackenzie si svegliò e scese dalle braccia del padre. I tre avanzarono, ritrovandosi poco dopo vicino a un'enorme grotta in mezzo ai prati e a diversi alberi. Ben presto la meraviglia si sostituì alla stanchezza e, in silenzio, Demi fece saettare lo sguardo in più direzioni, andando alla ricerca di quante più informazioni possibili e, se mai fosse servita, una via di fuga. I tre entrarono nella grotta. In un gesto involontario, Demetria spense la torcia. Le mani le tremavano tanto che non fu più in grado di riaccenderla, né riuscì ad aprire la bocca per chiedere aiuto al suo ragazzo, il quale si dimenticò di quella piccola luce, più preoccupato per ciò che avrebbero potuto trovare lì dentro. Non era il luogo migliore in cui passare la notte, ma non avevano altro posto dove andare e non si vedevano case nelle vicinanze. Anche quelle piccole luci si spensero e, pur temendo che lì dentro potessero esserci pipistrelli, topi o altri animali e sperando di non prendere qualche orribile malattia, Demi e Andrew fecero qualche timido passo nella più assoluta oscurità, non sapendo dove stavano andando. Avrebbero potuto cadere, sbattere contro qualcosa, essere attaccati da un animale o chissà che altro. Era tutto assurdo.
Mac si mosse con calma innaturale, mentre gli adulti la osservavano sotto shock.
“Perché fate così? Qui va tutto bene” avrebbe voluto dire, mentre sorrideva per incoraggiarli.
"Mac!" chiamò Demi, paralizzata dalla confusione. "Aspetta" pregò, mentre la bambina si avventurava nel buio, verso quello che un occhio più attento del suo avrebbe riconosciuto come un lago, sempre all’interno della grotta.
Due maestosi cigni vi nuotavano dentro. Quando notarono la nuova piccola ospite, spostarono l'acqua con alcuni movimenti delle ali.
I tre si bloccarono sul posto a causa di un rumore improvviso. Gli adulti non respirarono, mentre il loro cuore saltava un battito. Quel suono li disturbò ancora, facendo tremare la terra attorno a loro. Le minuscole luci che avevano visto si riaccesero e illuminarono la grotta, un ambiente spoglio, senza figure dipinte sulle pareti. C’era una donna. Alta e slanciata, aveva la pelle dello stesso colore dell'erba e i capelli castani le ricadevano morbidi sulle spalle, intrecciandosi in boccoli degni di una principessa. Ospitavano alcune verdi piante impegnate a muoversi nel vento che spirava fra quelle mura, e con esse anche piccoli fiori tinti di rosa e azzurro. Vedendola sorridere, Andrew si sentì meglio e con lui anche Demi.
"Benvenuti in questa grotta, forestieri. Come posso aiutarvi?"
La donna sfoggiava quel luminoso sorriso. Tenne lo sguardo fisso su di loro, a metà strada fra incuriosita e preoccupata. Anche lei parlava italiano, con voce delicata.
"Ascolti,” disse la cantante, “abbiamo… abbiamo perso la nostra bambina. La cerchiamo da stamattina, siamo stanchi e ci serve un posto per la notte."
"Non mente" replicò Andrew, serio quanto e forse più di lei, con gli occhi fissi sulla strana donna che li osservava.
"Vi capisco, cari, e sono certa che le vostre ricerche daranno i loro frutti. Intanto, potrete riposare per tutto il tempo che vorrete. Io sono Aster e, come ogni altra creatura in questi boschi, benvenuti anche voi alla grotta delle ninfe."
I tre consumarono un frugale pasto a base di mirtilli e acqua di fiume che la ninfa portò loro, assieme ad alcune calde coperte di lana, cuscini e vestiti lunghi, pesanti e asciutti più o meno della loro taglia. Lì l’acqua non era per nulla simile a quella di Los Angeles: potevano sentirne la purezza prendendone anche solo un sorso e poi era più fresca. Non volendo dormire sulla nuda terra i tre misero sotto il corpo una coperta, le altre sopra avvolgendosele attorno e poi si sistemarono.
La cantante rifletté, fino a poco prima di addormentarsi, sulle parole di colei che li ospitava. Ninfe? A quanto pareva, ne aveva appena vista una.
Aster? No, non può essere. Sarà un’altra ninfa, una coincidenza.
Era stata gentile e li aveva rassicurati sulla sorte loro e della bambina, ma potevano fidarsi? Sarebbe andato tutto bene? E perché Mackenzie era l'unica a non aver paura, mentre quel misterioso puzzle recuperava pian piano i suoi pezzi? Pregando ancora, sperò con ardore di portare a termine quella sorta di missione, prima di scivolare nella profonda e grigia incoscienza.
   
 
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