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Autore: crazy lion    21/03/2021    1 recensioni
Crossover scritto a quattro mani con Emmastory tra la mia fanfiction Cuore di mamma e la sua saga fantasy Luce e ombra.
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti vissuti da Demi e dalla famiglia, raccontati nel libro di Dianna De La Garza Falling With Wings: A Mother's Story, non ancora tradotto in italiano.
Mackenzie Lovato ha sei anni, una sorella, un papà e una mamma che la amano e, anche se da poco, una saga fantasy che adora. È ambientata in un luogo che crede reale e che, animata dalla fantasia, sogna di visitare con i suoi. Non esita perciò a esprimere tale desiderio, che in una notte d’autunno si realizza. I quattro vivranno tante incredibili avventure con i personaggi che popolano quel mondo. Ma si sa, nemmeno nei sogni tutto è sempre bello e facile.
Lasciate che vi prendiamo la mano, seguite Mackenzie e siate i benvenuti a Eltaria, un luogo per lei e la famiglia diviso tra sogno e realtà.
Disclaimer: con questo nostro scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendiamo dare veritiera rappresentazione del carattere dei personaggi famosi, né offenderli in alcun modo.
Quelli originali appartengono alle rispettive autrici.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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CAPITOLO 6.

 

I FRUTTI DELLA SPERANZA

 
Il mattino tornò a splendere su Eltaria. Ancora nella grotta ma con il sole già alto Demi, Andrew e Mackenzie non si erano mossi di un millimetro. I due adulti si sfiorarono e, divorati dall'ansia, aprirono gli occhi. Mackenzie si svegliò poco dopo. Fitte di dolore attraversavano loro la schiena e il resto delle membra. Demetria piegò le braccia sopra la testa e, tenendole in quella posizione, le alzò e abbassò più volte per diminuire la sofferenza, allungò le gambe e se le portò al petto per diversi secondi, esercizi che Andrew e Mackenzie imitarono. All’inizio non capirono, ma si sentirono subito meglio. Sbadigliarono tutti ma, se la ragazza rimase sveglia, i suoi familiari ripresero sonno. Solo Mackenzie era riuscita a riposare bene, lei e il fidanzato avevano dormito un sonno agitato popolato da incubi terribili sulla morte della loro bambina. Demi scosse la testa per scacciare il ricordo del corpicino pallido della sua piccola. La sensazione della sua pelle fredda sotto le dita le provocò un forte accesso di tosse e un gemito di dolore.
"Dove… dove sono?" biascicò, le parole che ancora faticavano a lasciare la sua bocca e che riecheggiarono nella grotta.
A quella domanda seguì il silenzio, poi una voce estranea le rispose.
"Ben svegliata, cara."
Demi si bloccò e, non appena i suoi occhi si abituarono alla penombra, la rivide. Di nuovo lei, la strana donna che li aveva accolti nel mezzo della notte appena trascorsa.
"Chi sei?" non poté evitare di chiedere, allo stesso tempo sicura e dubbiosa circa la sua identità.
Rammentava di averla già vista e sentita presentarsi, ma era come se l'alternarsi di luce e buio le avesse cancellato la memoria. Si frappose fra la propria famiglia e la donna. Aveva già perso Hope in quel dannato bosco, non avrebbe certo permesso che la stessa cosa accadesse al fidanzato e all’altra figlia, mai. Dando le spalle alla ninfa, lasciò che il suo sguardo cadesse su una pozzanghera poco distante. In quel momento il suo volto si rifletté nell'acqua. La giovane si portò una mano al petto, osservando la propria immagine. I giorni passavano lenti e, aiutata dal compagno e dalla bambina, cercava di abituarsi a quel mondo, ma il pensiero di Hope continuava a torturarle le membra. Distrarsi era impossibile e doloroso. Tremendamente doloroso. Era sempre se stessa, la Demi che la sua famiglia e i fan amavano alla follia, solo pallidissima e con pesanti occhiaie. Confusa, rialzò lo sguardo, incrociando nuovamente quello della donna.
"Aster, cara” le rispose con dolcezza. “Il sonno deve averti confusa, ma è più che normale. Tu e i tuoi congiunti non avete mangiato ancora nulla, stamattina, e ormai è ora di colazione.”
Demi non seppe cosa dire e il suo sguardo tornò sui due addormentati. Andrew da un lato e Mackenzie dall'altro, a pochi passi dal padre e con la mano stretta nella sua, come se cercasse protezione da qualsiasi incubo provasse a svegliarla. I brutti sogni avevano smesso di tormentarla da un po’, anche grazie agli innumerevoli pupazzi che possedeva che, aveva detto alla madre, dormendo immaginava in armature scintillanti, spade e scudi, così da proteggere i suoi sogni.
"No! Non… non ti avvicinare" replicò la cantante, con i muscoli tanto tesi da far male.
Aster indietreggiò piano, alzando le mani in segno di resa.
"D-Demi, non voglio farvi del male. Noi ninfe siamo spiriti buoni, te lo posso giurare se vuoi!" le spiegò, agitandosi a propria volta.
Le foglie nei suoi capelli tremarono anche in assenza di vento, emulando le emozioni della ninfa.
"Spiriti buoni? Spiriti buoni, hai detto? Se sei così buona, dov'è la mia bambina? L'hai mai anche solo vista? È dolcissima, radiosa come un angelo, e sono le genti come te ad averla rapita! Cosa le avete fatto, eh, maledetti bastardi? Dimmelo!" urlò.
Mackenzie si svegliò di soprassalto e raggiunse in fretta la madre.
Mamma, perché stai gridando? La signora Aster è una brava persona. Te l'ha detto, non vuole farci male, anzi.
Demi taceva al riguardo, ma non riusciva a crederci. Ancora una volta, la bambina dava voce a parole come quelle e in silenzio si morse la lingua per non imprecare. Com'era possibile? Prima la questione dell’italiano e del mondo in cui erano stati catapultati e poi questo. Le avevano per caso fatto il lavaggio del cervello? Era una bambina, ma come poteva non mostrare la benché minima preoccupazione per la scomparsa della sorella? Era forse a conoscenza di qualcosa che non diceva? La ragazza guardò prima la figlia, poi la donna, e nel silenzio rotto solo dallo scorrere dell'acqua, anche Andrew finì per svegliarsi.
"Demi?" chiamò, drizzandosi a sedere sul pavimento in pietra. "Che è successo?"
"Amore, posso… posso spiegare. Vedi, l-lei…" balbettò Demi, facendosi pena da sola.
Mackenzie riprese il suo blocchetto e, armata della solita penna, scrisse rischiando di bucare il foglio con la punta.
Mamma, basta. Magari non sa dov'è Hope, ma può aiutarci. Dio, a volte sei così…
Non riuscì neanche a finire e dovette affidare la rabbia a quegli ultimi tre puntini sospensivi.
"Mac" biascicò la ragazza in risposta.
Piccole lacrime scivolarono sul volto della bambina. Madre e figlia si abbracciarono e i loro cuori batterono all'unisono.
 
 
 
Rimasta in disparte, anche Aster pianse. Era straziante vedere quella donna soffrire tanto. Con un gesto della mano, pregò Andrew di raggiungerla. Seppur confuso, l’uomo non si fece attendere. Non appena fu vicino e l'abbraccio fra Demi e Mackenzie si sciolse, lei parlò con voce arrochita.
"Ascoltatemi, quello che sto per dirvi sembra da pazzi, ma è la verità. La bambina ha ragione, ha sempre avuto ragione. Non so perché non ve l'abbia detto, ma vi ripeto che noi ninfe siamo spiriti buoni, ve lo assicuro. Le luci che avete visto ieri sera sono boccioli, ovvero futuri fate, folletti e ninfe ancora piccoli, e io e le mie sorelle non abbiamo mai nuociuto a nessuno, figurarsi a una bambina. Non so dove sia, ma una mia amica potrebbe aiutarvi.”
Si era sforzata di rimanere tranquilla e di trasmettere loro fiducia con il solo uso della voce, sperando di convincerli.
Andrew sbiancò fino a diventare pallido come un lenzuolo, mentre gli occhi gli bruciavano a causa di un pianto che non riusciva a liberare. Come Demi, non aveva dormito, si era svegliato più volte e aveva singhiozzato senza riuscire a fermarsi, con le mani davanti al viso per coprire i gemiti di dolore e, pur volendo abbracciarsi, i due non ci erano riusciti, ma solo perché la sofferenza era troppo forte.
"Un'amica?" azzardò, abbozzando il primo sorriso della giornata, finalmente luminoso e pieno di fiducia.
"Sì. Tornare al villaggio dove vive potrebbe rivelarsi un po’ pericoloso dopo quello che è successo, quindi andrò a chiamarla io. Non sarete da soli, tranquilli."
Non era mai stata vicina a degli umani così sospettosi prima d'allora, ma mettendosi nei loro panni, non riusciva nemmeno a immaginare quel che provavano. Vedere la loro bambina scomparire in un bosco, in un mondo a loro sconosciuto… avrebbe fatto male anche a lei se le fosse successo, ne era sicura. Anche se da poco aveva trovato l'amore in Carlos, un satiro dal cuore d'oro, e nonostante fosse ancora presto per dirlo, lei come l'amica Kaleia sperava in un futuro e in una famiglia.
“Perché? Che è accaduto?” domandò Demetria.
“Non vi preoccupate, sistemeremo ogni cosa.”
Si allontanò da quella famiglia umana, ma non prima di aver portato ai tre la colazione ed essersi scambiata un'occhiata d'intesa con Anya, la sua volpe, che entrò in quel momento.
"Sta’ con loro, bella, tornerò subito" le disse, abbassandosi al suo livello e accarezzandole il pelo rosso.
L’altra quasi ricambiò quel sorriso e, prima che andasse, le posò una zampa sul ginocchio.
"D'accordo. Andrà tutto bene" parve dire, voltandosi verso Demi e Mackenzie, di nuovo l'una vicina all'altra.
Di lì a poco, la ninfa sparì dalla loro vista.
 
 
 
Demetria prese Andrew in disparte.
“Possiamo fidarci?” chiese lui. “Ci ha raccontato delle cose così assurde.”
Dopo essersi assicurata che Mackenzie non udisse, la ragazza parlò.
“Era quello che stavo per dire io. Ieri sera sono rimasta scioccata quanto te nel vedere una ninfa e con il discorso di stamattina ancora di più. Nonostante le luci di ieri, ho creduto che lei e gli altri abitanti di questo bosco fossero dei pazzi che avevano rapito la nostra bambina, così malati di mente da pensare di essere ninfe o altre creature magiche.”
“E adesso ci credi ancora? Io non riesco a fidarmi del tutto.”
“Sì, lo faccio.”
“Proporrei di andarcene. Non perdiamo tempo con questi squilibrati.”
“No, aspetta Andrew. Appena torneranno vedremo che succederà e, se riprenderanno a dire cose senza senso o se capiremo che l’hanno rapita li costringeremo, non so come, a dirci la verità. Okay? Ora facciamo in modo che Mackenzie non si accorga di niente” rispose la donna, cercando di darsi un contegno.
Entrambi si augurarono con tutto il cuore di non dover fare del male a nessuno per sapere dove si trovasse Hope. Non avrebbero voluto, ma in casi estremi un genitore può essere disposto a tutto. Tuttavia, anche solo riflettere sulla peggiore di quelle prospettive li faceva tremare. Come Aster, sempre che fosse stata sincera, loro non avevano mai torto un capello ad anima viva. Si sforzarono di non pensare che quella gente avrebbe potuto fare chissà cosa anche a loro. Non possedevano armi per difendersi, né avevano idea di come se la sarebbero cavata. La ninfa era parsa gentile. Qualcosa nelle sue parole portava i due a pensare che fosse buona sul serio, ma il dubbio continuava a insinuarsi nei due. Nonostante la paura, che immaginavano simile a una mano gelida che correva giù per le loro schiene, erano più preoccupati per Hope e, nel caso fosse accaduto qualcos’altro, per Mackenzie più che per loro stessi.
Ai tre non pareva di avere la febbre, il che era un buon segno, solo un leggero raffreddore, il minimo dopo aver trascorso il giorno prima in abiti e scarpe bagnati. Provarono a rilassarsi un po’. Se Andrew aveva finalmente ritrovato il coraggio di prendere la mano di Demi e accarezzarla, lei sorrideva di nuovo anche se forzatamente, mentre Mackenzie, a poca distanza da loro, giocava con la volpe che si lasciava accarezzare muovendo ritmicamente la zampa come il suo amico Batman. L'avrebbe mai rivisto? Quel cane le mancava, ma scuotendo la testa tornò a concentrarsi sulla volpe, che ora rotolava con insistenza al solo scopo di farla ridere. Mackenzie accennò a un sorriso, e per passare il tempo si rilassò sfogandosi sul suo blocco note, scrivendo e disegnando uno per uno i membri della sua famiglia, la nuova amica ninfa e la volpe dal pelo color del fuoco. A lavoro finito mostrò i suoi capolavori al padre, che stringendola a sé si complimentò per la sua bravura. Orgogliosa di se stessa Mackenzie sorrise, e nello spazio di un momento un lieve rossore le imporporò le guance. Succedeva a volte quando qualcuno le faceva un complimento. Si avvicinò al lago. Si inginocchiò e rimescolò le acque con un gesto, restando poi a guardar nuotare la coppia di cigni.
“Non sporgerti, tesoro!” le raccomandò il padre.
Poche settimane prima si erano avvicinati a un lago e, in un secondo, Hope ci era finita dentro. Non avevano fatto in tempo ad afferrarla, né a dirle di allontanarsi. Demi era riuscita a salvarla in fretta. Demetria aveva sbattuto contro un sasso e si era tagliata, ora le restava una cicatrice dopo aver tolto i punti, ma Hope non aveva avuto problemi. Da quel giorno i genitori non smettevano di dirsi che, se si fossero comportati in modo diverso, tutto ciò non sarebbe accaduto. Ora, nel vedere Mackenzie vicino a quelle acque, temevano il peggio.
Demi stava per intimarle di allontanarsi, ma Andrew la fermò.
“Perché?” sbottò lei. “Ci è andata anche ieri sera, non avremmo dovuto lasciarglielo fare.”
Invece la stanchezza e la confusione avevano avuto la meglio, annebbiando le loro menti. E se fosse successo qualcosa in quel momento?
“Vieni.” Andrew la accompagnò proprio accanto alla bambina. “Prendile l’altra mano e sono sicuro che non accadrà nulla. Anch’io ho paura,” proseguì con voce flebile, “ma non possiamo impedirle di avvicinarsi a uno specchio d’acqua.”
Demi sospirò.
Il suo ragazzo aveva ragione, ma l’istinto e la paura la facevano da padroni. Prese la mano asciutta della figlia e gliela strinse, tremando e respirando a fatica.
“Non lasciarla, capito?”
Lei annuì e Andrew si posizionò a destra della piccola, facendo respiri profondi per calmarsi.
“Come hai dormito, Mac?”
Era assalita da anni da incubi terribili legati al proprio passato e lui e la ragazza temevano che fossero tornati a terrorizzarla. Soffriva anche di insonnia, spesso aveva difficoltà ad addormentarsi.
Benissimo rispose lei, sorridendo. Niente brutti sogni.
I genitori lo ritennero strano. Non che sognasse cose orribili tutte le notti, ma credevano che, anche se durante il giorno era rimasta calma, l’esperienza vissuta l’avrebbe scossa perlomeno nel sonno. Chissà se nei giorni seguenti le cose sarebbero peggiorate. Si auguravano di no, ma non si poteva mai sapere.
Aster tornò dopo un paio d’ore.
"Scusate, sarei arrivata prima, ma il villaggio non è esattamente vuoto al momento."
Mackenzie sgranò gli occhi nel notare che la ninfa non era sola. Strappò un ennesimo foglio dal suo block notes e lo mostrò a una delle due nuove arrivate. Erano entrambe esili, si differenziavano solo per il colore dei capelli e poco altro.
Sei una fata? scrisse, non riuscendo a trattenersi dal porre quella domanda.
"Sì. Ciao, sono Kaleia e questa è mia sorella Sky” si presentò la ragazza, sorridendo alla bambina e ai suoi genitori.
Le due guardarono Mackenzie in modo strano e lei annuì, scrivendo qualcos’altro che lessero.
“Ho capito,” le sussurrò Sky, “lo dirai loro a suo tempo.”
Demi non tardò ad avvicinarsi.
"Sapete dov’è la mia bambina? Aster ha detto che forse…”
Le parole le morirono in gola.
Andrew le fu subito accanto. Avevano passato quell’ora fingendo di stare calmi solo per il bene di Mackenzie e non ne potevano più.
"Sì, è a casa di nostra madre. L’ha…" provò a risponderle Kaleia, fallendo nel terminare quella frase a causa della strana irruenza della donna che aveva di fronte.
"Rapita? Ha rapito Hope? Maledetta bastarda! Come ha potuto?" proruppe infatti quest'ultima, sforzandosi di non piangere e mostrandole il pugno chiuso.
"No, calmati. Era sola nel bosco, l’ha portata a casa. Voleva aiutarla, sul serio" spiegò la fata con voce rotta.
"Ma è illegale” sbottò Andrew.
"Qui è permesso, signore. Vi abbiamo cercati fino a ora."
In quel momento fu Sky a parlare, sostenendo i loro sguardi ridotti a un misto di rabbia, dolore e paura.
"Non è vero, non ci credo" ribatté l’uomo.
Che razza di spiegazione era? Il lavoro di avvocato l'aveva abituato a qualunque tipo di risposta, ma quella le batteva tutte.
Mackenzie gli assestò un pugno sul braccio.
"Scusa, amore, ma non vedi? Questa è gente troppo strana, non possiamo fidarci" le spiegò, abbassando la voce per non essere sentito che da lei.
La bambina tremò, strinse la penna che teneva fra le mani e con la destra scrisse qualcosa. Stavolta non sul blocchetto, ma sull'altra mano.
Fidati, l'unica parola che in quel momento avrebbe voluto essere in grado di sussurrare.
Nonostante tutto, scrivere aveva dei lati positivi. Poteva cancellare parole che non intendeva, cosa che non succedeva quando le persone parlavano troppo finendo, pur senza volerlo, per ferire chi avevano attorno.
A quella vista, Andrew si sforzò di sorridere. Le prese la mano e la strinse. Non conosceva il motivo per cui la bambina fosse così calma in una situazione di quel calibro, ma mimando con le labbra le fece capire di riuscire a fidarsi. Non di quelle estranee, ma di lei.
Sky non osò interrompere un momento del genere e anche Kaleia scivolò nel silenzio, ma lo stesso non valse per il fidanzato della prima e lo sposo della seconda.
"Signori miei, questa non è una menzogna. Siete qui perché la vostra bambina sta sognando e io sono umano come voi e il mio amico, ma lo stesso non vale per la mia ragazza, né per la moglie di lui che, appunto, sono fate e lo ribadisco nel caso non ci crediate. Giusto, Chris?"
Noah aveva preso la parola e sorrise nello scoprire che gli altri umani, di cui ancora non conosceva i nomi, avevano ascoltato senza sgranare gli occhi.
"Giustissimo. Mia moglie è una fata della natura e sua sorella una del vento. La loro madre è simile a voi e posso assicurarvi che la vostra bambina è in buone mani. Eliza l’ha trovata nel bosco e accudita asciugandola, vestendola e nutrendola. Siamo venuti a cercarvi poco dopo il suo arrivo in casa, ieri, ma arrivata la sera abbiamo dovuto fermarci a causa del buio.”
Kaleia si sfiorò il ventre piatto e Demi parlò di nuovo.
"Mi dispiace, ma devo vederla. Non riuscirò a crederci, altrimenti, scusatemi."
Le sue corde vocali vibrarono e minacciarono di spezzarsi con ogni parola.
"È comprensibile, cara e possiamo accompagnarvi, ma dovrete fare attenzione. Non ci sono molti umani qui intorno salvo la famiglia di Christopher e, dati i disordini di poche ore fa, vi toccherà cercare la sicurezza nei numeri" rispose Aster, seria.
Demetria si impose di mantenere la calma e, annuendo e respirando a fondo, prese per mano il compagno e sua figlia.
"Va bene, andiamo" dichiarò.
Il viaggio verso la comunità degli umani ebbe inizio. Dopo un’ora l'erba e il selciato divennero ciottoli e asfalto e il mondo prese a brulicare di vita. Oltre a loro pochissimi umani, e per le vie del villaggio mille e mille creature magiche tutte diverse: fate, folletti, gnomi e leprecauni, razze con proprie caratteristiche, ma per quanto interessanti potessero essere, di Hope ancora nessuna traccia. Demi guardava verso ogni casa sperando che fosse quella di Eliza. Le facevano male le gambe e i piedi, ma continuò a camminare. Si scambiò con Andrew una singola occhiata d'intesa e, volendo aiutare, Mackenzie scrisse:
Andrà tutto bene, mamma. Siamo vicini, ne sono sicura.
Le strinse la mano e si fermò nello stesso istante di una delle due fate, che intanto aveva preso ad armeggiare con un mazzo di chiavi.
"Siamo arrivati, questa è casa di nostra madre. Ci ha adottate, dandoci così una vita migliore" spiegò Kaleia, litigando con se stessa mentre cercava di aprire la porta, ma con scarsi risultati.
Christopher non si fece attendere e, attimi dopo, questa si aprì con uno scatto metallico.
Entrarono uno per volta, salutando la donna che viveva fra quelle mura.
Eliza accolse con calore e un gran sorriso ognuno degli ospiti e si avvicinò a loro.
"Siete qui per Hope?"
Prendersi cura della bambina era difficile, specialmente quando non faceva che lamentarsi e chiedere della mamma. Ogni volta che accadeva, lei non sapeva cosa rispondere, ma nonostante tutto faceva del suo meglio. Aveva sperato tanto, per la piccola, che arrivasse un momento come quello che stavano vivendo.
“No, passavamo in questi luoghi e abbiamo deciso di fare una visita a lei, signora, anche se non la conosciamo per niente” avrebbe voluto rispondere Demi, ma si trattenne dal formulare a voce alta quel commento. Una domanda del genere le pareva stupida, visto quanto accaduto era ovvio per chi fossero lì. "Sì, possiamo vederla?" chiese invece, con il cuore più leggero.
"Certo! Hope? Hope, tesoro, guarda chi c'è?" chiamò, abbassandosi al suo livello mentre l'aspettava, pronta ad abbracciarla.
 
 
 
Rimasta a giocare nella camera della donna, la piccola non la sentì, ma a un secondo richiamo scese piano dal letto per non farsi male e attraversò il corridoio fino ad arrivare al salotto. Proprio allora, eccoli. Mamma e papà. E c’era anche Mackenzie o, come lei la chiamava, Mac Mac.
"Mamma!" gridò, correndo verso di lei e alzando le braccine. “Mamma, mamma, mamma!”
Con il cuore che scalpitava tanto che lo sentiva nelle orecchie, Demi la prese subito in braccio, stringendola a sé e coccolandola come desiderava fare da poco più di due giorni, che però le erano parsi mesi, anni infiniti. Pianse di gioia e la riempì di baci, coccole e carezze. Anche Andrew si lasciò andare alle lacrime. Non si era mai sentito così bene nella sua intera vita. Era proprio vero, non bisognava mai smettere di sperare.
Per lui e la sua ragazza era incredibile. Avevano creduto che Hope fosse scomparsa, che qualcuno le avesse fatto del male, a volte avevano pensato che non l’avrebbero più rivista, o almeno non da viva e vissuto alcune tra le sofferenze e le paure più forti, quelle che i genitori pregano sempre di non vivere mai. E invece la piccola era viva, era viva e stava bene. Dimentichi della presenza di altri nel salotto, i due si concentrarono solo sulla loro amata bambina. Mackenzie le si avvicinò, la accarezzò e le sorrise.
“Ciao!” esclamò Hope.
La sorella maggiore le scompigliò i capelli e le diede un bacio, felicissima di vederla ma sicura, com’era sempre stata, che quel momento sarebbe arrivato.
Assistendo alla scena, ognuno dei presenti applaudì come se quello fosse stato il migliore degli spettacoli. Vicina alle lacrime, Eliza dovette lottare per ricacciarle indietro e si unì a quell'applauso, contenta di aver recitato una parte nello spettacolo della riunione di una famiglia.
   
 
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