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Autore: crazy lion    21/03/2021    1 recensioni
Crossover scritto a quattro mani con Emmastory tra la mia fanfiction Cuore di mamma e la sua saga fantasy Luce e ombra.
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti vissuti da Demi e dalla famiglia, raccontati nel libro di Dianna De La Garza Falling With Wings: A Mother's Story, non ancora tradotto in italiano.
Mackenzie Lovato ha sei anni, una sorella, un papà e una mamma che la amano e, anche se da poco, una saga fantasy che adora. È ambientata in un luogo che crede reale e che, animata dalla fantasia, sogna di visitare con i suoi. Non esita perciò a esprimere tale desiderio, che in una notte d’autunno si realizza. I quattro vivranno tante incredibili avventure con i personaggi che popolano quel mondo. Ma si sa, nemmeno nei sogni tutto è sempre bello e facile.
Lasciate che vi prendiamo la mano, seguite Mackenzie e siate i benvenuti a Eltaria, un luogo per lei e la famiglia diviso tra sogno e realtà.
Disclaimer: con questo nostro scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendiamo dare veritiera rappresentazione del carattere dei personaggi famosi, né offenderli in alcun modo.
Quelli originali appartengono alle rispettive autrici.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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CAPITOLO 8.

 

POTERI D’AMORE E AMICIZIA

 
Il venerdì mattina giunse al bosco. Kaleia si stiracchiò e inspirò a fondo, sentendosi rilassata. La sveglia sul comodino segnava le dieci. Con i muscoli ancora indolenziti dalla posizione che aveva assunto nel dormire, la fata si rigirò fra le coperte. Il suono della voce del suo amato l'aveva già svegliata e ormai era sicura, avendolo sperimentato sulla sua pelle, che stargli lontano fosse pressoché impossibile e doloroso. Forse esagerava e altre fate non sarebbero mai arrivate a dirlo, ma rammentava ancora quanto vederlo sparire dalla sua vita per ben due volte l'avesse fatta soffrire. Scuotendo la testa, la ragazza si liberò in fretta di quei pensieri e si sforzò di sopportare il dolore legato a tali ricordi. Lei e suo marito ora erano insieme. Aveva davanti un nuovo giorno e perché restare cristallizzata nella sofferenza figlia del passato quando la si poteva sfruttare per andare avanti? Nei momenti più bui, quella domanda l'aiutava nel prosieguo del suo vivere.
"Buongiorno, mia fatina." Christopher aveva vegliato sul suo sonno fino ad addormentarsi, e ora le passava lentamente una mano fra i capelli spettinati. "Dormito bene?"
"Sì, e… e tu?" gli rispose lei, impacciata.
Non era più una ragazzina alla prima cotta, ma a volte perfino le domande più sciocche avevano tutt'altro valore se poste da suo marito.
"Benissimo, amore, ti ringrazio."
Le sfiorò una guancia.
Kaleia non si ritrasse e si agitò come una bambina, mentre un lieve rossore la tradiva imporporandole le gote. Si lasciò sfuggire una risata, poi scostò la coperta per alzarsi. Prima che potesse farlo, però, Christopher le fu accanto per stringerle la mano.
"Dove credi di andare, signorina?" Puntò gli occhi verdi nei suoi. “Scappi?”
"No, vado in… cucina. È ora di colazione, non credi?"
"Non senza di me, cara. E soprattutto non senza questo."
Le loro labbra si unirono. Il bacio che ne risultò fu caldo quanto i raggi del sole alle loro spalle. Kaleia si perse in quel contatto, approfittando del momento per stringersi a lui per alcuni, eterni istanti. Christopher l'accolse fra le sue braccia e si chiese quale forza mistica avesse agito per unirli. Kaleia gli era stata assegnata come fata da proteggere, ma lui l'aveva scelta come fata da amare.
"Felice, amore?" azzardò lei, ancora frastornata e senza fiato.
"Sempre, quando sono con te."
Con uno sforzo, la fata si riscosse raggiunse la porta. Più veloce di lei, Christopher si sporse per aprirla e si esibì in un rispettoso inchino, uno dei tanti modi che aveva di scherzare e che ogni volta la divertivano. Fingendo sorpresa in realtà non provata, si portò la mano al cuore, e varcò la porta tenendo stretta quella dell'amato.
"Allora, cosa vuoi per colazione?"
"No, cosa desideri tu, signorina?"
Un sorriso le increspò le labbra. Il cuore le batteva forte, e voltandosi a guardarlo gli depose un solo bacio sulla bocca.
"Sorprendimi pure, amore mio."
Dopo una ventina di minuti le servì un piatto di uova, bacon e pane tostato.
"Ecco qui."
"Colazione inglese, eh, Chris? Chi l’avrebbe mai detto?”
“Visto? Ora mangia, prima che si raffreddi."
Riempì un piatto anche per sé e si sedette al suo fianco.
I due consumarono il pasto senza una parola, ma il silenzio non impedì loro di scambiarsi sguardi colmi d'eloquenza. Si amavano con tutti loro stessi, e che a unirli fosse stato il caso o la magia, ai due non importava. Quando i piatti furono pieni solo di scarti e avanzi, un suono li distrasse. Willow, la gatta di casa, stava seduta sotto il tavolo a guardarli. La fata l’aveva sempre amata. Stando ai suoi ricordi e alle parole di Marisa, la poverina non aveva avuto un esordio dignitoso, iniziando a vivere solo nel momento in cui lei aveva accettato di prenderla con sé per toglierla dalle grinfie della strega Zaria, la madre della sua amica. Triste e sola, Willow aveva patito la fame e altre sofferenze, ma per fortuna ora non era più così, e adesso fissava la fata leccandosi i baffi e accennando a deboli miagolii. Kaleia la ignorò e, tutt'altro che contenta, la gatta si avvicinò posandole una zampa su un ginocchio.
“Ho fame, posso averne un po’?” sembrava chiederle, non staccando mai gli occhi dai suoi.
La fata le concesse una piccola striscia del bacon avanzato, e bevendo un sorso di succo d'arancia la guardò gustarselo lentamente, come faceva dal giorno della sua adozione. Forse qualcosa di radicato in lei o un comportamento appreso dopo gli abusi, ma qualunque fosse la verità, la ragazza preferiva non pensarci. Ora Willow stava bene ed era al sicuro.
I due vennero distratti da un altro lieve rumore. Era Cosmo che, zampettando, entrò in cucina. Si trattava di un cagnolino diverso dagli altri, simile a quello che gli umani avrebbero definito un husky ma magico.
"Va bene, bello, rotola." Gli chiese la padrona, sorridendogli e restando in attesa. Drizzando le orecchie, il cucciolo non se lo fece ripetere, e in breve eseguì il giochetto, per poi tornare in piedi e rimettersi seduto. Non resistendo, Kaleia gli mise una striscia di bacon nella ciotola e lui corse a mangiare.
“Dovete farlo ogni volta?”
Non concordava molto sul fatto che la moglie si lasciasse intenerire così tanto dagli animali di casa permettendo che mangiassero il loro cibo, ma quelle scene lo facevano anche ridere.
“No, ma è divertente. Vero, cucciolotto?”
Come se avesse compreso, Cosmo abbaiò e l’uomo rise.
Kaleia fece per alzarsi, ma Christopher la fermò.
"Non dimentichi qualcosa, tesoro?"
"Non credo, perché me lo chiedi?"
Per qualche istante non disse nulla, poi aprì la credenza mostrandole alcuni dolcetti.
"Li ho presi dal leprecauno qui vicino. Ha detto che sono buoni, ne vuoi uno?"
"Un muffin al cioccolato? Sì, grazie! Tu no?"
"No, sono pieno, mangialo pure."
Lanciò un'occhiata a Willow, che si stava avvicinando per mendicare ancora.
"Piccola, no. Hai un'intera ciotola di croccantini, mangia quelli se hai fame" le disse con voce ferma, pur non avendo alcuna intenzione di sgridarla.
La gatta si allontanò verso il salotto, ma non prima di avergli rivolto una delle sue solite occhiatacce.
“È l'ultima volta che rovini i miei piani, vedrai.”
Quelle le parole che potendo avrebbe pronunciato, ma che dovette limitarsi a esprimere con gli occhi. Erano alquanto particolari, uno azzurro e l'altro marrone, ma in realtà il semplice risultato di una condizione innocua detta eterocromia, capace di conferirle quella caratteristica. Per quanto Kaleia ne sapeva, in genere i gatti come lei erano parzialmente sordi in base alla posizione dell'occhio azzurro, ma per fortuna quello non era il caso di Willow. Ridendo divertito, lui la guardò saltare sul divano per poi appisolarsi e sfiorò la mano della moglie. I due rimasero accanto alla gatta per parecchio tempo, in silenzio, leggendo ognuno un libro, mentre Cosmo dormiva nella sua cuccia, ma a un tratto l’uomo si alzò.
"Pronta ad andare?"
"Dove, scusa?"
"Da tua madre, non vuoi sapere come stanno quelle bambine?"
Kaleia sorrise.
"Certo, custode mio."
Iniziava ad avere a cuore il benessere delle piccole umane, in special modo Hope che, oltre a stringerle le mani e a volte le ali quando le stava in braccio, riusciva a fare lo stesso con le corde del suo cuore. Non era solo un modo di dire, per la fata era come se ogni volta queste vibrassero fino a minacciare di spezzarsi grazie alla gioia che quella minuscola, dolcissima umana le procurava. In quanto tale, non avrebbe mai avuto poteri simili ai suoi ma, nonostante tutto, sarebbe stata speciale per lei, la sorella e la sua famiglia. A quel solo pensiero il sorriso scomparve dal volto della fata, sostituito da lacrime che non riuscì a nascondere. Christopher le si avvicinò e la strinse a sé.
"Kia, stanno bene, fidati di me."
Kaleia abbozzò un sorriso.
"Hai ragione" ammise, sforzandosi di apparire tranquilla.
Convinto che qualcosa ancora non andasse, il ragazzo le accarezzò la schiena con dolcezza e voltandosi indicò la gatta addormentata sul divano.
"Guarda come riposa, è così carina."
Kaleia restò in silenzio e, senza che potesse far niente per evitarlo, un'altra piccola lacrima le rotolò sulla guancia rigandole il volto.
"Dici che possiamo portarla con noi?"
Svegliandosi in loro assenza avrebbe trovato due ciotole piene di latte e croccantini, una pallina con un sonaglino all'interno e una canna con una piuma appesa al muro, ma sarebbe bastato? Sarebbe stato lo stesso per lei usare dei giocattoli e rilassarsi senza gli adorati padroni intorno? Kaleia pensava di sì, ma quando il ricordo del passato della povera gatta si fece di nuovo spazio nella sua mente, non attese la risposta del marito e senza neanche pensare mosse qualche passo verso il divano. In fin dei conti, portarla a casa della madre sarebbe stata la migliore delle soluzioni e poi, ne era sicura, sarebbe di certo piaciuta agli ospiti. Seppur guardinga, Willow era una gatta calma e dolce, e con un pizzico di fortuna lo sarebbe stata anche con le bambine. Christopher fece un cenno d’assenso e camminò con lei in punta di piedi al solo scopo di non svegliarla. A volte convincerla a seguirli si rivelava un'impresa alquanto ardua, per cui avrebbero dovuto fare piano. Valutarono l’opzione di portare anche Cosmo, temendo che si sarebbe sentito solo a casa, ma pareva dormire ancora più profondamente di quanto facesse Willow e i due non se la sentirono di svegliarlo. La fata gli riempì la ciotola di crocchette, gli cambiò l’acqua e mise sul tappeto i giochi che amava di più, una pallina e un bastone, con i quali spesso si intratteneva anche da solo, mentre loro cenavano o sbrigavano le faccende di casa. Non si sarebbe annoiato e sperò che non avrebbe sentito la loro mancanza. Si portò un indice alle labbra e, non appena fu vicina, scosse Willow con delicatezza.
"Willow, svegliati" pregò, sperando che l'ascoltasse.
La gatta aprì gli occhi con non poca fatica, saltò giù e si stese sul tappeto. Mostrò la pancia.
"Eccoti di nuovo fra noi. Che dici, vieni?" le chiese Christopher, che prese ad accarezzarla ed ebbe il piacere di sentirla dare inizio a una sinfonia di fusa.
Al suono di quell'ultima parola la gatta drizzò le orecchie, spostò lo sguardo dal viso del padrone alla porta chiusa e si limitò a fissarla, come se anche solo pensare di uscire le avesse permesso di aprirla. Kaleia sparì dal salotto per pochi minuti per poi tornare indietro con il trasportino.
"No, no, micia! Non penserai di uscire da sola, spero" l'avvisò, agitando quella piccola cuccia.
Willow rimase immobile e, con gli occhi sgranati, prese a tremare. La fata lasciò andare la gabbietta e si mosse con la cautela che riservava agli animali del bosco. Protese una mano in avanti.
"Va tutto bene, micia. Vieni qui, avanti" mormorò con quanta più dolcezza possibile, sfiorandole il pelo.
"Sta’ attenta, non vorrai rimediare un graffio."
"Tranquillo, non è la prima volta che la convinco."
Rinfrancata da quel gesto la gatta mosse qualche passo verso di lei, poi arretrò, atterrita da un rumore che i padroni non udirono. Christopher restava fermo. Willow soffiò e trovò rifugio sotto il divano. Sconfitta, Kaleia strinse i pugni, poi un'idea le apparve nella mente. Se catturarla era difficile, e il suo intento era quello di convincerla, forse gli avanzi della colazione avrebbero fatto al caso loro. Si rimise in piedi. Guardò il marito con l'espressione di chi la sapeva lunga.
"Chris, è per caso rimasto del bacon?"
"A cosa ti serve? Non hai già mangiato?" replicò questi, stranito da quelle parole.
"Non è per me, ma per Willow. Come speri di convincerla a seguirci? Sai che odia essere costretta nel suo trasportino."
L’uomo tornò al tavolo, scorgendo nel proprio piatto una sola striscia di quella che per la gatta era una vera delizia.
"Sei fortunata, è avanzato solo questo" le disse, non azzardandosi a toccarlo.
Meno schizzinosa di lui, Kaleia lo prese fra le dita e lo mostrò all'amica dal pelo color pece, ancora affamata.
"Lo vuoi, Willow? Lo vuoi?" la tentò con la voce.
La gatta continuò a seguire ogni movimento della fata con lo sguardo, poi si precipitò in quella sorta di cuccia quando il suo delizioso bacon vi sparì dentro. Kaleia chiuse la porticina con uno scatto. Non avendo occhi che per il suo premio la gatta non ci badò, masticando con gusto.
Ci era voluto più tempo del previsto, ma era fatta. Con Willow al suo posto, non restava che raggiungere la casa di Eliza, e la porta apertasi con il vento era un invito che i due innamorati non si sognarono di rifiutare. Camminarono l'uno al fianco dell'altra. Erano ormai passate circa due ore dal loro risveglio e nessuno dei coniugi aveva più fame, ma conoscendo sua madre forse meglio di sé stessa, Kaleia immaginava che stesse già preparando il pranzo o apparecchiando la tavola. La fata si guardò intorno come alla ricerca di qualcosa, o meglio, qualcuno. Era strano: da settimane il suo piccolo Bucky non si faceva vedere e le mancava. L'aveva conosciuto e adottato come animale domestico ancor prima dell'arrivo di Christopher nella sua vita e da allora erano stati inseparabili fino al giorno in cui, adulto, non aveva ceduto al forte richiamo della natura andando alla ricerca di una compagna. Ora lo cercava con gli occhi e con la mente, rimembrando tutti i loro momenti insieme. La primavera che li aveva legati, l'inverno e la tormenta che avevano attraversato, la sciarpina che Sky gli aveva regalato per aiutarlo a superare i rigori di quella fredda stagione, le sue tenere acrobazie volte a far spuntare un sorriso sul suo volto e poi il caldo periodo estivo, in cui si era allontanato per dare inizio a una vita propria. Kaleia non osava negarlo, ma ormai Bucky non era più la minuscola palla di pelo a cui era abituata, anzi, aveva una famiglia a cui badare. La fata si impose di tornare alla realtà. I ciottoli delle strade avevano ormai preso il posto dell'erba. A quel solo pensiero un sorriso le si dipinse sul volto e, scambiandosi con il marito un'occhiata d'intesa, lo sentì sfiorarle la mano. Avrebbe voluto ricambiare, ma il trasportino di Willow la bloccava. Come gelosa, la gatta si svegliò dal sonno in cui era caduta e miagolò per reclamare attenzioni. Troppo concentrati l'uno sull'altra, Christopher e Kaleia la ignorarono, e rialzando lo sguardo la fata si rese conto di essere giunta a destinazione. Estrasse la propria copia della chiave di casa della madre dalla tasca della veste e la passò al marito, che aprì la porta.
"Mamma! Ci sei? Siamo arrivati" annunciò.
"Kaleia! Giusto in tempo per il pranzo" le rispose Eliza, facendo il suo ingresso sulla scena dalla piccola cucina poco distante. "Christopher, ci sei anche tu!"
"Sempre un piacere, Eliza, sempre un piacere."
La donna lo strinse in un abbraccio, poi tornò ai suoi fornelli. Come se non avesse mai messo piede in quella casa, Kaleia osservò gli ospiti uno per uno e sorrise.
 
 
 
La fata della natura si stava avvicinando a lei e Demetria si chiese il perché.
"Tu devi essere Demi." Indicò con lo sguardo l'umana seduta sul divano. "Non ci siamo presentate a dovere, ma anche se lo sai te lo ripeto, io sono Kaleia. Piacere."
Le tese la mano perché gliela stringesse. Seppur con una vena di riluttanza nei movimenti, Demi afferrò la sua e in un attimo si sentì più tranquilla.
“Piacere mio” mormorò.
Credere alla strana faccenda del sogno di Mackenzie e trattarlo come realtà le risultava ancora difficile, ma nonostante tutto, continuò a ripetersi poche parole nella mente.
È reale, è reale. Tutto questo è reale.
Si rifiutava di distruggere le credenze delle sue bambine, entrambe già abituate a vivere in quel mondo, quasi fossero nate lì e non in un povero quartiere alla periferia di Los Angeles.
"Questo è Andrew, il mio ragazzo" disse, sfiorando con dolcezza la mano del fidanzato, assorto in alcune ricerche fatte con il cellulare della ragazza, che lì funzionava benissimo.
“Piacere di conoscerti” lo salutò Kaleia.
Ben presto fu il turno di Christopher che, senza volere, scosse il giaciglio di Willow, di nuovo addormentata. Come il padre, anche Mackenzie era seduta sul divano, ma non scriveva nulla. In genere era aperta alle nuove conoscenze, e queste non potevano definirsi tali in quanto aveva già visitato quel luogo nei suoi sogni, ma qualcosa la bloccava. Avrebbe voluto parlare, o almeno provarci, ma il mutismo glielo impediva e lo stesso valeva per i muscoli, di punto in bianco come congelati.
Christopher le sorrise amichevolmente dopo essersi avvicinato.
"Chris!" gridò Hope, facendosi sentire.
"Sì, brava. Invece sai dire Kaleia?" le chiese allora, divertito.
La bambina si fermò a pensare e dopo un po’ provò.
"Kia!" trillò. "Kia!"
Distratta dal suono del suo stesso nome, la fata spostò per un attimo lo sguardo. Hope. Quella stessa bambina di nemmeno due anni, a cui aveva fatto da babysitter per pochi giorni, di cui si era già innamorata e che inevitabilmente le ricordava qualcosa. Con il cuore stretto in una morsa, portò la mano al ventre e la tenne ferma. Il gesto di Kaleia colpì Demi. Non sembrava stesse male.
E se si stesse tenendo la pancia perché è incinta?
La fata e il suo amato avevano espresso il desiderio di costruirsi una famiglia, un giorno e Kaleia aveva sospettato una gravidanza. Non chiese nulla per paura di fare brutte figure. Se la fata avesse voluto dirle qualcosa, l’avrebbe fatto a suo tempo.
"Tesoro, hai sentito Hope? È così dolce!" commentò Kaleia, sciogliendosi di fronte a quel goffo e adorabile tentativo.
Mackenzie porse a Christopher un foglietto. Lui lo dispiegò, leggendone in silenzio ogni parola.
Ciao. Lei chi è?
Confusi, i due innamorati non seppero cosa dire, e notando che non capivano lei si sporse quanto bastava per indicare la gatta, sveglia ma ancora chiusa in quella specie di gabbia. Come si chiamava? Kaleia si voltò fino a dare le spalle a Mackenzie, poi capì.
"Ti presento Willow."
Si abbassò per aprire il trasportino e darle così un assaggio di libertà.
Camminando con grazia la gatta sfilò davanti ai presenti e, raggiunto il divano, si sdraiò proprio in grembo a Demi, che pur sorpresa la accarezzò.
"Sei amichevole, vero? Sì che lo sei" mormorò, pronunciando ogni parola con la classica vocetta stridula che in genere si riserva agli animali.
Curiosa come non mai, anche Hope le si avvicinò e la sfiorò con la manina, stupendosi di ascoltare ancora una volta quello stranissimo suono che faceva anche il suo amico Danny.
"Mamma, suona! Suona!" esclamò, con un sorriso sul faccino e gli occhietti pieni di meraviglia.
A quella scena un intenso calore si espanse nel petto di Kaleia e si sforzò di non piangere. Era emotiva, ma chi non sarebbe crollato di fronte a uno spettacolo simile?
"Più o meno, tesoro."
Le scompigliò i capelli con amore.
Willow non era un peluche, ma uno di quelli della bimba era capace di farlo, quindi forse aveva preso l'idea proprio dal giocattolo. Intanto, calma e serafica, la gatta non si muoveva, anzi, si mise perfino più comoda con le zampe sotto al corpo e gli occhi chiusi. Lasciandosi vincere dalla sua tenerezza, anche Mackenzie l'accarezzò con lentezza, e afferrata la sua fida biro nera, scrisse ancora.
Ha un pelo soffice come una coperta.
"Grazie, Mac. E sappi che ti ringrazia anche lei"
Kaleia aveva fatto le veci dell'amica dal pelo color della notte, per l'ennesima volta addormentata anche in braccio a un'estranea.
Demi non osò muoversi per paura di disturbarla. Rapido e insistente, un suono distrasse i presenti.
"Che è stato?" azzardò Andrew, confuso.
"Soltanto un ramo, suppongo" rispose Christopher, sempre pronto a dar credito alle spiegazioni più ragionevoli prima di formulare qualunque ipotesi.
Distratta, la fata non lì udì. Un altro animaletto era arrivato a far loro visita e stavolta non si trattava di una qualunque fiera selvaggia, bensì di un adorabile musetto già conosciuto.
"Chris, quale ramo? È Bucky!"
Si precipitò ad aprire la finestra.
Lo scoiattolo dal pelo marrone la lasciò fare, posando le zampine sul vetro con impazienza. Poco dopo, libero di salutarla, le si arrampicò sulla spalla solleticandole il viso con i baffi. Kaleia gli regalò qualche carezza e tornò dagli ospiti.
"Ehm… Kaleia? Da quando hai uno scoiattolo?" si informò Demi.
"Da anni, e non è solo."
"Che vuoi dire?" chiese a quel punto Andrew.
"Bucky ha una compagna, Darlene."
Non riuscì a smettere di sorridere mentre gli regalava un'altra carezza.
Rimasta ad ascoltare, Mackenzie aveva la testa piena di domande che scrisse in velocità.
Ha dei cuccioli? Quanti? Posso accarezzarlo?
"Certo, Mac. Vieni" le rispose la fata, abbozzando un nuovo sorriso e invitandola ad avvicinarsi con un gesto della mano.
Lo scoiattolo tornò a terra con un balzo per poi rincorrersi la lunga coda e squittire come impazzito. Mackenzie si inginocchiò, gli sfiorò il pelo e si meravigliò di fronte alla sua morbidezza. Bucky sollevò una zampina rosa come a voler salutare la nuova piccola amica.
"È educato, non credi? In fondo c'è da aspettarselo da un padre di sei piccoli" commentò la padrona, fiera di quel comportamento.
Mackenzie si limitò ad annuire e, poco dopo, il silenzio si ruppe come vetro. Qualcuno stava bussando alla porta e, a giudicare dalla forza e dall'insistenza dei colpi contro il duro legno, era determinato a vederla aperta. Ci fu un istante di quiete, poi una voce risuonò dall'esterno.
"Mamma? Mamma! Aprimi!" Era Sky, che doveva essere rimasta chiusa fuori casa per errore. Dato che la madre non rispondeva, la fata del vento continuò a bussare, sempre più impaziente con ogni minuto che passava. "Mamma, avanti! Ho dimenticato le chiavi, apri questa porta."
Prima fra tutti ad accogliere le lamentele della sorella, Kaleia corse ad aprire. Sky e Noah erano insieme, stanchi e scarmigliati, probabilmente appena tornati da una passeggiata nei boschi, o a giudicare dal loro aspetto, qualcosa di più. Fra i due Noah era il più composto, mentre Sky aveva i capelli in disordine e qualche foglia sulla veste.
Sentendola arrivare, Eliza uscì dalla cucina e raggiunse il salotto.
"Sky, Noah! Che vi è successo?" non poté evitare di chiedere, sorpresa e preoccupata al tempo stesso.
Immaginava la risposta, ma la domanda le era sorta spontanea. Per quanto ne sapeva, i boschi di Eltaria erano generalmente sgombri di pericoli di ogni sorta, però con il ricordo dei disordini alla piazza non riusciva a stare del tutto tranquilla.
"Lunga storia, Eliza, lunga storia" si limitò a risponderle Noah, scambiandosi con la fidanzata una rapida occhiata colma d'amore.
Sky arrossì e in silenzio sollevò una mano, pregandolo di smetterla. Per tutta risposta lui la baciò e chiudendo gli occhi la ragazza dimenticò ogni cosa, qualunque emozione provata in precedenza, sostituendo la vergogna con la forza dei propri sentimenti per il ragazzo che l'aveva stregata.
"Tranquilli, l'importante è che stiate bene. Il pranzo è quasi pronto" rispose la donna.
Kaleia non trattenne una risata e, imitandola, anche Bucky squittì in tono allegro mentre nascondeva il muso fra le zampe. Tutt'altro che impressionata, Sky si voltò verso di lui e pronunciò con astio poche parole.
"Salve anche a te, topo pulcioso.”
Si spazzolò alla meglio il vestito con le mani.
Demi sgranò gli occhi. Probabilmente la ragazza scherzava, ma ricordò che per quanto adorabile, lo scoiattolo era pur sempre un animale selvatico. Si fidava dell'altra fata e aveva lasciato che Mackenzie lo accarezzasse, ma quanto tempo sarebbe passato prima che avesse provato a mordere e infettare tutti e quattro con chissà quale malattia? Senza contare che poteva essere già successo attraverso il suo pelo. Loro erano umani, non abituati a contatti tanto ravvicinati con gli animali di quel genere. Scattò in piedi.
"Mac, ferma, non toccarlo" le ordinò, perentoria.
Ma mamma, è così morbido! scrisse lei in risposta, offesa da quell'improvviso divieto.
"Non m'importa, hai sentito cos'ha detto Sky" insistette Andrew, alzandosi in piedi a sua volta e dando manforte alla compagna.
"Cky, Cky!" tentò Hope, sporgendosi dal suo posto sul divano, con un'improvvisa voglia di toccare quella palla di pelo.
"No, Hope. Ti farai la bua" le disse il padre, voltandosi verso di lei con sguardo e voce fermi. Sorpresa da quelle reazioni, Kaleia li guardò entrambi.
"Demi, Andrew, potete stare tranquilli. Bucky ha il pelo più pulito che abbia mai visto."
Lo scoiattolo le sfiorò la mano con il muso e i baffetti.
"Dici sul serio, Kaleia?" le chiese la ragazza, ancora preoccupata.
"Certo, puoi fidarti" le rispose la fata, con lo sguardo più gentile che mai.
"Ha ragione, è un mio modo di dire. È pulito come l'aria, e non ha mai fatto del male a nessuno” assicurò Sky, capendo che la sua maniera di scherzare le si era ritorta contro.
I genitori si calmarono, e all’improvviso un turbine nero si palesò nella stanza, fermandosi quando raggiunse la spalla di Sky.
"Ragazzi, lui è Midnight, il mio merlo" lo presentò la fata, sorridendo all’amico piumato.
Gli accarezzò piano la testa.
Posso, Sky? chiese Mac, sollevando appena una mano.
"Sì, ma fa’ piano. Midnight odia i movimenti bruschi."
La bambina lo sfiorò con cautela. Il merlo si librò poi in cielo, volando in cerchio per alcuni secondi e andando alla ricerca del proprio trespolo. Appena un attimo più tardi, si acquietò e fissò lo sguardo sull'altra bambina. Hope sorrise, e battendo le manine si agitò.
"Night! Night!" chiamò, nella speranza che il merlo si avvicinasse.
Per sfortuna l'uccello non si mosse, ma in suo soccorso arrivò Bucky, che le saltò sulle gambe. La bimba lo accarezzò con dolcezza, guidata dalla mano della mamma nella propria, e poco dopo un altro suono disturbò il silenzio. Uno strano stridio accompagnato da dei latrati e in risposta i sorrisi di Noah e Christopher.
"Ancora?" ridacchiò a quel punto Demi.
"Esatto, cara. Solo altri due, promesso" replicò il marito di Kaleia.
"Grazie al cielo!" sussurrò la donna, augurandosi che l'uomo non l’avesse sentita.
Essere scortese era l'ultimo dei suoi pensieri, ma se un cucciolo era carino e due sopportabili, non aveva idea di cosa sarebbe successo con qualunque altro. Si ridusse al silenzio non riuscendo a credere ai propri occhi. Si sarebbe aspettata di tutto: un uccellino, un altro scoiattolo, perfino un secondo merlo, ma non un falco dalle ali brune.
"Ben arrivato, Ranger" lo salutò Noah, che abbozzò un sorriso e gli permise di posarsi sulla sua mano, sulla quale aveva infilato un grosso guanto per proteggersi dagli artigli. Il falco non mosse un muscolo e, seguendo i movimenti del padrone, diede inizio a un aggraziato volo intorno al salotto per poi posarsi sullo schienale di una sedia poco distante. "Maestoso, vero?"
Andrew e Demi annuirono.
Non ne avevano mai visto uno così da vicino e l’esperienza era allo stesso tempo emozionante e un po’ spaventosa. Sapevano benissimo che il falco ha artigli potenti e che questi ultimi possono essere pericolosi.
Poco dopo, incuriosito, l’avvocato spostò lo sguardo sulla porta ancora chiusa e, proprio allora, questa cigolò.
"Eccolo che arriva. Eliza, potresti aprire?" azzardò Christopher, continuando a sfoggiare quel sorriso pieno d'orgoglio.
Arrivò così Red, il migliore amico di Chris, con il pelo rosso e il muso bianco. Si alzò sulle zampe nere e, alla vista delle bambine, mostrò la pancia.
Mamma, hanno un cane! esclamò Mackenzie, emozionata.
"È una volpe, tesoro.”
Eh, va be’, è uguale.
Demi rise.
“No, sono diversi.”
“Hai già conosciuto Anya, sbaglio?"
Sì, Kaleia. Stanno insieme? Hanno anche loro dei piccoli?
"Esatto, come mamma e papà. Hanno quattro cuccioli, due maschi e due femmine” spiegò la fata, battendo piano sulla gamba per invitare l'animale ad avvicinarsi.
Red sfiorò la piccola ospite e ricadde di nuovo sul pavimento.
Mackenzie lo accarezzò e ben presto fu anche il turno di Hope, che trotterellò fino a trovarsi a pochi centimetri da lui. Red si voltò a guardarla e, quando la piccola gli toccò il ventre, guaiolò iniziando a muovere una zampa. Orgogliosi delle figlie, Andrew e Demi cercarono l'uno la mano dell'altra.
"A tavola!" chiamò Eliza, alzando la voce.
Gli animali di casa furono i primi a rispondere a quel richiamo, drizzando le orecchie o arruffando le piume. Demi si lavò le mani per prima, seguita da Andrew e dalle bambine, mentre Sky, rimasta ultima, fece del suo meglio per ripulirsi la veste e sistemarsi i capelli. A lavoro finito, raggiunse con gli altri la cucina.
“Eliza, volevo scusarmi.”
“Per cosa, Demi? Non hai fatto nulla di male.”
“Avrei potuto aiutarti a preparare, o almeno chiedere se ti serviva una mano, invece me ne sono rimasta seduta a non fare niente.”
“Oh no, non sarebbe stato necessario. Non è un pranzo elaborato e poi sei un’ospite, ma ti ringrazio comunque per il pensiero.”
La donna le chiese quanto avesse con esattezza Hope.
E adesso che le rispondo? Qui è quasi estate, da noi pieno autunno.
Demi le diede comunque la risposta corretta.
“Ventidue mesi. In inglese, la lingua che parliamo dove viviamo, significa speranza.”
“Io e Sky ci eravamo andate vicine, allora.”
Di lì a poco tutti i presenti consumarono il pasto discutendo animatamente, perfino la bambina più piccola, che cercava di imitare il parlato degli adulti. Se loro mangiavano pasta al sugo lo stesso valeva per lei, solo in un formato più piccolo: conchiglie, a simboleggiare l'arrivo dell'estate al bosco di Eltaria. Intanto, con la finestra ancora aperta, il vento continuava a spirare con una certa violenza. Mackenzie strinse in mano il proprio tovagliolo che aveva rischiato di finire sul pavimento, e guardò Sky. Tremando e con il cuoricino in tumulto, anche Hope cercò lo sguardo di Sky e, decisa a calmarle, questa si preparò ad agire.
"Mac, alzati" pregò, dando l'esempio e ignorando lo sguardo della sorella fisso su di lei.
La sera prima Kaleia era tornata a casa dal marito e non poteva sapere cosa fosse successo. Solo un piccolo incidente, per fortuna nulla di grave, ma comunque abbastanza da risvegliare il timore della bambina. Tremante, la piccola obbedì a quella sorta di ordine e, vicina alla fata, le artigliò la mano.
"Ascoltami. So che hai paura, ma non devi averne. Chiudi gli occhi e sentilo sulla pelle" mormorò per non spaventarla.
Mackenzie annuì piano.
Diede retta a quel consiglio. A occhi chiusi, cercò di respirare con calma e regolarità, come sentiva fare Sky. Il vento le scompigliava i capelli che le solleticavano il viso, le alzava le maniche corte della maglietta e le accarezzava la faccia, anche se un po’ troppo forte. Mac immaginò che fosse un bambino piccolo ricordando che la sorella, per parecchio tempo, le aveva toccato il viso gettandole la manina addosso e, a volte, procurandole alcuni lievi graffi.
“È piccola, non riesce a controllare la sua forza” le aveva spiegato mamma Demi.
Rammentando quei tocchi, che a mano a mano erano diventati più delicati, Mackenzie apprezzò le carezze del vento che ora non la faceva più tremare. Respirò a fondo l’aria pulita. Se fosse stata forte come la sera prima ne avrebbe avuto ancora paura, ma questa lo era un po’ di meno. Il vento fece sbattere la finestra, che però si riaprì e, come d'incanto, smise di muoversi. Più tranquilla, la bambina aprì gli occhi e proprio allora il vento sibilò di nuovo, più minaccioso.
"Sentilo, non averne paura" le ripeté Sky, stringendo la presa sulla fredda mano della piccola.
Mackenzie obbedì ancora. Il vento sembrava avere una voce, sussurrarle qualcosa che lei non capiva, a volte sibilava più forte e questa si alzava, mentre nei momenti nei quali si calmava si abbassava. Non ci aveva mai fatto caso. Chiese a Sky se era questo che intendeva, descrivendole le sue sensazioni e lei annuì. Senza parole, i presenti assistettero increduli alla scena.
"Perfetto, così, brava" sussurrò poco dopo la fata dell'aria mentre il vento si acquietava, non provando che orgoglio per la giovane discepola.
Non era stato affatto facile, ma alla fine la tempesta si era calmata, sia fuori che nel cuore di Mackenzie.
“Hai usato una formula magica, vero?” le chiese Andrew.
“Soltanto pixie e giovani folletti le utilizzano. Crescendo non servono più, quando la magia diventa più potente e facile da controllare. E sì, ho usato i miei poteri. Come avete visto non le hanno fatto del male, il mio intento era darle una mano” specificò per rassicurarli, nel caso avessero avuto dei dubbi.
“Non preoccuparti, l’abbiamo capito. È pazzesco, mai vista una cosa del genere tranne nei film!” Subito dopo DemisSi fece più seria e abbassò la voce. “Grazie, Sky. Visto il suo passato, Mackenzie ha paura di tante cose: degli spari delle pistole – sono armi pericolose, che spaventano la gente –, dei propri ricordi, a volte del buio, del vento, del temporale e anche delle persone che fumano le sigarette” rammentò, elencando quanto aveva imparato osservandola in tutto quel tempo. “Non è facile calmarla, soprattutto se ha una crisi molto forte, ma anche se quella di oggi è stata lieve non importa, tu ci sei riuscita.”
“Ieri sera è venuta a parlarmene. L’ho rassicurata con la voce e oggi le ho dato un piccolo aiuto come le avevo promesso.”
“Non è piccolo” intervenne Andrew. “Anzi, per lei è stato importante.”
“Grazie!” esclamarono insieme i due fidanzati.
Sky non aveva idea di cosa fosse accaduto a Mackenzie, ma sapere di essere riuscita ad aiutarla era bellissimo. Come tutti, anche lei desiderava solo la sua felicità ed era contenta che sul volto della piccola brillasse di nuovo un luminoso sorriso.
 
 
 
NOTA:
Emmastory mi ha fornito le informazioni sul falco. Per quanto riguarda quelle sulle volpi, che ci sono servite più avanti, le ho prese da www.dolomitifriulane.it.
   
 
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