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Autore: crazy lion    21/03/2021    1 recensioni
Crossover scritto a quattro mani con Emmastory tra la mia fanfiction Cuore di mamma e la sua saga fantasy Luce e ombra.
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti vissuti da Demi e dalla famiglia, raccontati nel libro di Dianna De La Garza Falling With Wings: A Mother's Story, non ancora tradotto in italiano.
Mackenzie Lovato ha sei anni, una sorella, un papà e una mamma che la amano e, anche se da poco, una saga fantasy che adora. È ambientata in un luogo che crede reale e che, animata dalla fantasia, sogna di visitare con i suoi. Non esita perciò a esprimere tale desiderio, che in una notte d’autunno si realizza. I quattro vivranno tante incredibili avventure con i personaggi che popolano quel mondo. Ma si sa, nemmeno nei sogni tutto è sempre bello e facile.
Lasciate che vi prendiamo la mano, seguite Mackenzie e siate i benvenuti a Eltaria, un luogo per lei e la famiglia diviso tra sogno e realtà.
Disclaimer: con questo nostro scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendiamo dare veritiera rappresentazione del carattere dei personaggi famosi, né offenderli in alcun modo.
Quelli originali appartengono alle rispettive autrici.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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CAPITOLO 11.

 

VITA A ELTARIA

 
Erano le dieci del mattino e, camminando, Demi riuscì a sentirsi più tranquilla. Prima di passare quei pochi giorni in compagnia della sua famiglia nei boschi di Eltaria, aveva creduto che quest'ultima non fosse altro che la semplice invenzione di una giovane ragazza che si dilettava nella scrittura, ma erano arrivati lì grazie a un sogno di Mackenzie e non voleva rovinarlo. Ora respirava la fresca aria di quelle terre voltando lo sguardo in ogni direzione. Non cercava nulla e nessuno, ma era sempre stato un tipo curioso ed esplorare quel nuovo ambiente le piaceva. Era bello vedere dal vivo flora e fauna comuni, ma anche fate, ninfe e jackalope. Chissà quali altre creature magiche avrebbe incontrato.
I due fidanzati si tenevano la mano e, poco dopo, il silenzio fra loro si ruppe come vetro a causa di un ormai conosciuto scricchiolio. Mackenzie, anche camminando accanto alla madre, scriveva.
Manca ancora molto, mamma? Ho fame! si lamentava, tacendo un improvviso dolore ai piedi e non riuscendoci con quello del proprio stomaco, che intanto brontolava.
"Mac, abbiamo fatto colazione poco fa, è impossibile che tu sia di nuovo affamata. Siamo vicini, resisti ancora un po’" le rispose Demi, che si godeva il suono dei suoi passi unito a quello del dolce sibilo del vento fra i capelli.
Non è vero. Sono passate tre ore, è ovvio, invece.
Intenerito dai suoi tiepidi moti di protesta, Andrew rise e le scompigliò i capelli.
"Hai ragione, tesoro, ma ce l'ha anche la mamma. Non dobbiamo camminare ancora tanto, vedrai che appena arriveremo Eliza ti preparerà qualcosa."
Va bene, andiamo, però. Se aspetto ancora svengo, vero Hope? replicò la bambina, stringendo la mano alla sorellina che camminava con lei e fermandosi a guardarla.
Per tutta risposta, anche se non capì quelle scritte, la più piccola dovette intuirle in qualche modo perché chiuse gli occhietti e si portò la mano al cuore senza aprirli, come a simulare ciò che sarebbe successo alla più grande. Demi non mancò di notarlo.
"Mackenzie Lovato! Non dire queste cose, neanche per scherzo!" urlò. “Hope, anche tu.”
Amava le sue bambine, non le piaceva sgridarle, ma pensieri di quel genere non erano adatti alla loro età né a quella di nessuno. Dati i suoi trascorsi e i problemi che aveva affrontato, la propria mente ritornava spesso a quei momenti. C'era stata Ana, l'anoressia che l'aveva convinta a non mangiare, a rifiutare di nutrirsi per essere accettata, come se qualcuno potesse decidere di voler vivere la propria vita accanto a uno scheletro e poi Mia, la bulimia, che tanto insisteva sul concetto contrario, incoraggiandola a mangiare fino a scoppiare. La prendeva in giro fino a farla piangere e urlare, e, come macabro finale, la spingeva a cancellare ogni morso facendola ritrovare abbracciata al water o al lavandino. Quella della figlia era stata soltanto una battuta e forse esagerava, ma la verità era una, e lei era l'unica a conoscerla.
A quelle parole Mackenzie sbiancò mentre Hope, con lo sguardo rivolto verso le proprie scarpine, si strinse nelle spalle. Triste, la maggiore riprese a scrivere.
Scusa, mamma.
Demi accettò quel foglio con mani tremanti, lesse e sentì gli occhi bruciarle a causa di un pianto che avrebbe solo voluto liberare.
“Non vi preoccupate, piccole, è tutto okay.”
La sua voce uscì tremante ma dolce. Le sarebbe piaciuto fare loro un discorso sull’importanza dei gesti e delle parole, su quanto potessero fare male, a volte. Ma Mackenzie ne sapeva già qualcosa, vista la situazione a scuola, e la ragazza credeva l’avesse capito, mentre Hope era ancora troppo piccola. Scuotendo la testa si impose la calma, e Andrew cercò la sua mano.
"Ehi, Demi?" chiamò, preoccupato.
Persa in un mondo tutto suo, la ragazza tardò a rispondere e, quando i loro sguardi si incontrarono fondendo insieme verde e marrone, riuscì a balbettare:
"S-sì?"
"Tutto bene?"
"C-certo, è stato solo… solo un momento, scusa." Odiava quella sensazione, perché stava per crollare, ma non voleva e non doveva. Le succedeva spesso quando si emozionava tanto. "Insomma, hai sentito quello che ha detto Mac, riguardo…"
Non ebbe la forza di esprimersi e lasciò la frase incompleta.
"Sì, ma ora non pensarci. Rifletti su altro, respira, guarda dritto di fronte a te."
Un consiglio che le aveva dato spesso nel loro tempo insieme, che peraltro aveva sempre funzionato e sul quale la ragazza continuava a fare affidamento.
Annuì.
Aster era rimasta alla grotta, ma Kaleia, Christopher, Sky e Noah li seguivano e procedevano in silenzio.
“Non ha fatto apposta, ne sono sicura” tentò la fata della natura.
Demi sospirò.
“Lo so, scusate.”
Sperò che non la considerassero una cattiva madre per aver sgridato le figlie, ma tutti le sorridevano.
"Mamma! Casa" disse Hope, che saltellava sul posto, quando furono vicini.
"Sì, piccola. Che dici, andiamo a bussare?" le rispose Demi, sorridendole e sfiorandole la manina.
Più veloce di lei, la bambina si mise in testa alla marcia e correndo raggiunse quella porta ancora chiusa. Strinse i piccoli pugni e, dopo pochi colpi sul legno, attese. Prima di ritrovare la mamma aveva legato con Eliza e, nonostante non la considerasse tale, non vedeva l'ora di riabbracciarla.
"Eliza! Eliza!" chiamò, impaziente.
I genitori risero e non se la sentirono di incolparla per aver gridato.
"Hope, aspetta. Sono sicuro che ha sentito" le disse il padre.
Dopo altri attimi d'attesa, la porta si aprì.
"Eliza!" esplose ancora la piccola.
"Hope, tesoro!" rispose la donna, abbassandosi per prenderla in braccio e stringerla forte a sé.
Un'abitudine dura a morire, acquisita quando le sue figlie non erano che pixie e che non era mai svanita.
"Scusaci, non voleva. Sa essere abbastanza brusca, alla sua età" proruppe a quel punto Demi, con il volto contratto in una smorfia a metà fra sorpresa e vergogna per il comportamento della figlia.
Quella donna non era un'estranea, ma temeva che Hope l’avesse disturbata mentre sbrigava le faccende domestiche.
"Tranquilli, almeno lei non mi riempie i vestiti di fango come faceva qualcuno di mia conoscenza" replicò la donna, ignorando l'irruenza di quel minuscolo terremoto che aveva fra le braccia.
 
 
 
Sky, intanto, era entrata. Chiamata in causa, si alzò dal divano e raggiunse l'ingresso, convinta di aver sentito qualcuno parlare di lei. Si conosceva, e se c'era qualcosa che non le piaceva era essere presa in giro. Solo una persona era autorizzata a farlo bonariamente, ed era proprio sua madre, ma non se si trattava di esagerare in quel modo.
"Mamma!" si lamentò, già seccata e con il viso rosso per l'imbarazzo.
"Cosa? Sono tua madre, conoscere certi segreti è il mio lavoro" si difese Eliza.
"Esatto, segreti. Ora, per favore, potresti smetterla? Le altre mocciosette vi aspettano, sai? E io fra poco devo andare con Noah."
Si riferiva a due pixie in particolare e, benché non lo dimostrasse, scacciando spesso anche quelle viste a Eltaria come fossero state insetti, voleva loro un gran bene.
 
 
 
Demi voltò il viso verso di lei lanciandole un'occhiata interrogativa.
Avete ospiti? chiese Mackenzie, confusa e curiosa al tempo stesso.
Eliza lesse e sorrise.
"Sì, Mac, sono arrivati mentre eravate via. Vuoi conoscerli? Vivono qui vicino e hanno due figlie, una di sette anni e l’altra di quattro."
La prese per mano e la guidò verso il salotto, dove la famiglia Hall attendeva.
Sedute con la mamma, le due figlie dondolavano le gambe. Bloccata in un'improvvisa indecisione, Mac rifiutava di avvicinarsi.
No, poi… poi non gli piaccio. Non so parlare e loro sì, ci scommetto protestò, stringendo i pugni.
Eliza si fermò, posandole una mano sulla spalla.
"Mac" azzardò, la voce già rotta dall'emozione. “Provaci.”
Ho detto no! insistette l’altra, decisa eppure spaventata.
Si tirò indietro, nascondendo il volto fra le braccia della madre. Soffrendo in silenzio, Demi si offrì di aiutarla e, nell'assoluta quiete di quel momento, incrociò lo sguardo dell'altra donna, madre delle due bambine. Una ragazza alta e magra, con i capelli raccolti in una coda di cavallo, lunghi fino a metà schiena. Il marito li aveva più scuri, come le figlie. Veloce, questa passò all'azione. Spinse la più piccola ad alzarsi e le sussurrò:
"Lunie, quella bimba è tutta sola, va’ a presentarti."
Un consiglio più che utile quando si trattava di fare amicizia, che la minuscola pixie accettò senza fiatare. Se solo Mackenzie avesse saputo…
Incuriosita da quella giovane umana dalla pelle scura, Lune avanzò piano verso di lei per non spaventarla, ritraendo anche le ali in modo da non sembrare troppo strana. Quella parola non le piaceva, ma alcuni umani potevano essere sospettosi, ragion per cui era meglio non rischiare. A scuola, le insegnanti le avevano insegnato a essere sempre se stessa senza dimenticare né lasciare indietro nessuno, usando però un altro termine: discriminazione. La piccola arrivò a capire di esserne stata vittima e che, anche senza spintonarla o farle del male fisico, i bulletti a scuola l'avevano ferita. Veniva lasciata da sola, spesso in fondo all'aula e senza nessuno con cui parlare, e anche quello le faceva male, come quando giocando cadeva e si sbucciava le ginocchia. Si fermò a osservare la postura dell'altra bambina, scoprendo che il suo sguardo era attraversato da nubi di tempesta. Scosse la testa e si impose di non pensare al passato ma solo al presente, e in un attimo eccola lì, accanto a quella giovanissima sconosciuta, con un ennesimo foglietto in mano. Prima di raggiungerla aveva disegnato qualcosa e mostrarle quel piccolo capolavoro forse l'avrebbe fatta sorridere. A quattro anni non era certo un prodigio, ma valeva la pena tentare. Salutò con la manina e attese. Indecisa, Mackenzie aprì la bocca per parlare, ma come al solito non ne uscì alcun suono.
Stupida, vuoi che ti scopra subito? si sgridò da sola.
Chiuse gli occhi, respirò a fondo e, quando tornò in sé, fece un gesto con la mano come per chiedere alla fatina di aspettare. Con il solito blocco note ancora in mano, scrisse.
Ciao.
La pixie lesse, per poi rispondere con un altro messaggio.
Come ti chiami? Io sono Lunie. Mi chiamo Lune, ma Lunie è più carino, non trovi?
Mackenzie esitò nello scrivere una nuova risposta ma, per la prima volta in quella giornata, sorrise. Lune indossava una gonnellina rosa che le lasciava scoperte le caviglie fasciate da calze fine e una camicetta dello stesso colore con le maniche a sbuffo, come la sorella. Quella piccola bimba le ricordava tanto Lizzie, la sua compagna di scuola, a causa del sorriso dolce che le increspava le labbra. Chissà cosa stava facendo la sua amica. Era sabato, e per quanto ne sapeva aveva da fare con il progetto di scienze e a quel ricordo si estraniò per un po’. Persa in un mondo tutto suo, dimenticò la pixie al proprio fianco, e confusa, questa le picchiettò una spalla.
"Ci sei ancora?" sembrò chiedere, non sapendo cosa pensare.
La bambina scosse il capo più volte, e ripresa in mano la penna, diede vita ad altre frasi, scritte in fretta per non dare l'impressione di essersi distratta.
Ciao. Sì, hai un bel nome. Io sono Mackenzie, ma tutti mi chiamano Mac. Ho una sorellina, Hope, che ha quasi due anni. Tu?
Il sorriso di Lune si allargò.
Che bello! Anch'io, Lucy.
Il resto della famiglia si fece avanti, e raggiunte le bambine gli Hall le invitarono a giocare.
Dopo aver salutato con educazione, Sky, Kaleia, Noah e Christopher uscirono dicendo alla mamma che sarebbero rimasti insieme tutto il giorno e la maggiore delle sorelle aggiunse che poi, la notte, avrebbe dormito a casa del suo ragazzo.
“Ci vedremo presto” promisero.
Le bimbe si sedettero e un suono le distrasse. Quasi inudibile, lo zigare di un coniglio color della sabbia.
"Sunny!" chiamò Lucy, che a sette anni ancora ricordava di averla adottata nel giorno del suo compleanno.
A volte non ci credeva, eppure era bastato soffiare sulle candeline ed esprimere un desiderio, e sin da allora quel nuovo tenero animaletto era entrato a far parte della sua famiglia.
Mackenzie, che sorrideva al pensiero di aver incontrato la pixie dal vivo e non più solo attraverso le pagine di un libro – aveva letto di Lucy nel capitolo undici –, ridacchiò e scrisse:
Un coniglio? C'è un animale che non avete, qui?
Ridendo di cuore, la madre delle piccole prese la parola.
"Strano, lo sappiamo, ma in famiglia ormai funziona così, e Sunny ci segue ovunque. Non è vero, signorina?"
Sorrise mentre si abbassava per accarezzarla.
La coniglietta non mosse foglia, e spinta dalla curiosità Mackenzie imitò la donna fatata.
Posso? chiese prima, educata.
"Certo, piccola! Sono Isla, e lui è mio marito Oberon" le rispose, e si abbassò al suo livello per stringerle la mano.
Lui era piuttosto basso e un po’ in carne, mentre Isla una decina di centimetri più alta. Mackenzie accettò quel gesto di buon grado e sfiorò il pelo soffice della coniglietta. Chiudendo gli occhi, la nuova amica dalle orecchie lunghe si godette le sue carezze.
Lucy guardò la sua mamma. La chiamò, incerta, passandosi una mano tra i capelli scuri che, anche Mackenzie lo percepì da lì vicino, emanavano un profumo fresco. Magari aveva usato lo shampoo all’ortica che utilizzava anche lei.
"Sì, Lucy?"
"Sono le undici e un quarto. Possiamo guardare i cartoni animati? Oggi è sabato, Pixie Club fa un nuovo episodio!" si lamentò la bimba.
Strinse i pugni e fece tremare senza volerlo il tavolo da pranzo.
Uno dei tanti problemi che aveva nel controllare i suoi poteri legati alla terra, che mamma Isla e papà Oberon avevano scoperto proprio durante i suoi soliti capricci prima di andare a letto.
Isla le accarezzò i capelli.
Cos’è Pixie Club? domandò Mac.
“Un cartone che parla di sette pixie che affrontano ogni giorno le sfide della vita alla scoperta dei loro poteri e imparano il valore dell’amicizia, a comportarsi in modo gentile a essere buone e così via. Vivono situazioni normali, che però le fanno crescere” spiegò Oberon.
“Non è nulla di noioso o serio, anzi, vi divertirete” aggiunse Isla.
“Sembra un cartone educativo per i bambini” osservò Andrew.
“Io e Lune lo guardiamo ogni fine settimana, o quasi” spiegò Lucy. “Allora mamma, possiamo?”
"Piccola, devi chiedere a Eliza, in fondo è casa sua."
L’altra non se lo fece ripetere, ma Hope fu più veloce di lei e, prima che potesse alzarsi, la precedette.
"Cartoni, cartoni" disse a Eliza.
Impegnata con alcune faccende domestiche, la donna non l'aveva sentita, e insistendo, la piccola finì per tirarle piano il vestito.
"Cartoni?" ripeté, il tono perfino più acuto di prima.
Distraendosi dal mettere a posto alcuni libri la donna spostò lo sguardo su di lei, poi sorrise.
"Certo, amore. Vieni, ti porto di là con Mac.”
Quella bambina non era sua figlia e non lo sarebbe mai stata, ma l'adorava.
"Mac" ripeté la piccola, e la sorella sollevò lo sguardo fino a incontrare il suo.
Una lacrima minacciò di rotolarle lungo la guancia, ma si passò un dito appena sotto l'occhio, fermandola. Non lo diceva, ma a volte era come gelosa della sorellina anche se, e non sapeva fosse possibile, in maniera positiva. Aveva quasi due anni e vedeva in quella nuova vita a Eltaria solo la luce e il calore della famiglia di Kaleia, cosa che lei avrebbe provato a fare a sua volta. Sorridendo, rimase a guardare mentre Eliza la faceva accomodare sul divano, poi affidò a Lucy il telecomando della televisione.
"Grazie" rispose appena la pixie, mostrando un debole sorriso.
"Prego, Lucy. Guardate pure quello che vi va."
Si allontanò e tornò alle sue mille faccende in cucina. Con i libri ormai al loro posto le restava solo quella da rassettare, e rimasti in disparte, Demi e Andrew non si avvicinarono, osservando però le loro figlie divertirsi con le nuove amiche.
 
 
 
Ignare di tutto le piccole avevano già acceso la TV, e ormai abituata a quel programma che le piaceva tanto da spingerla a eleggerlo suo preferito, Lucy rimase incantata sin dalla sigla che mostrava, insieme, ognuna delle protagoniste. Emery, una pixie naturale simile a Kaleia, Ada, che controllava il vento come Sky, Alisha, con i poteri dell'acqua e un vestito azzurro come il vasto oceano, Ember e Tesia, una reginetta del fuoco con i capelli rossi, l'altra bruna e con poteri legati alla terra, e ultime ma non per importanza, Atlas e Daria. Gemelle, due facce della stessa medaglia se non per il segno sul polso che indicava il loro elemento, capaci di sfruttare l’una l'energia della luna e l'altra quella del sole. Avevano caratteri diversi, ma seguendo con attenzione l'episodio le bambine ammutolirono. Per loro fortuna non era una replica e Ada, che oltre al vento dominava anche le nuvole, cercava di spostarle e di far piovere, solo per mostrarlo a Daria. Questa, però, piangeva.
“Perché piove? Io voglio il sole!” esclamava, con il viso fra le mani.
La sua vocina fece salire le lacrime a Mackenzie che, però, le ricacciò indietro. Non voleva che Lucy e Lune la considerassero una sciocca.
“Tranquilla, fa star male anche me” mormorò Lucy, poi le due si concentrarono di nuovo sul cartone.
Seduta sotto un albero, Daria attendeva solo che le nubi sparissero, con lo sguardo rivolto verso il cielo. Ogni tanto sospirava, ma non parlò più. Di scena in scena, anche le altre amiche cercarono di aiutarla. Solo sul finale la pioggia smise di scrosciare pian piano e, proprio fra le nuvole, spuntò un magnifico arcobaleno. Con grande stupore delle bambine quell'immagine chiuse la puntata, e con la fine del cartone, Lucy spense la televisione.
"È stato bellissimo, vero? Dai, chi vi è piaciuta di più?" chiese, sorridendo e con il cuore in tumulto.
Mackenzie si fermò a riflettere e passò in rassegna nomi e poteri. Si bloccò più volte, ma alla fine scelse Ada. Apparentemente chiusa e burbera, aveva deciso di farsi in quattro per la cara amica, nonostante il suo continuo desiderio di giocare e camminare per il bosco in cui vivevano e la personalità forse troppo spumeggiante tendesse a darle sui nervi. In altri termini un episodio come tanti, ma agli occhi delle piccole una vera gemma nascosta su quel magnifico legame chiamato amicizia.
A me è piaciuta Ada. Lei e Daria non sembrano tanto legate, ma alla fine si capisce che si vogliono bene quando questa aiuta le altre a far tornare il sole perché lei sia felice.
"Io invece ho sempre amato Tesia. Chissà, forse perché abbiamo lo stesso elemento" spiegò Lucy, non riuscendo a smettere di sorridere e mostrando con orgoglio il marchio sul polso, che la mamma preferiva chiamare segno.
Mackenzie aveva visto anche quello di Lune e conosceva i due di Sky e Kaleia.
"E a te, Lunie?"
L’interpellata ci pensò sopra e poi, con in mano una matita, rispose alla sorellla disegnando l'arcobaleno visto poco prima, che le aveva riempito gli occhi di meraviglia nonostante fosse stato in televisione. In un certo senso lo stesso valse per Hope, che ancora seduta sul divano, dondolava le gambine avanti e indietro, ridacchiando. Si limitò a indicarlo, ma poco dopo, il suo stomaco finì per brontolare.
"Cos'ha, fame?" chiese Lucy a Mackenzie.
Così pare. Facciamo merenda?
"Certo! In effetti abbiamo fame anche noi. Andiamo, dai" replicò la pixie mentre, tranquilla, si alzava dal divano e prendeva per mano la sorella.
Le bambine raggiunsero la cucina e Mackenzie si avvicinò alla mamma. Era seduta con Eliza, che aveva offerto una tazza di caffè anche a papà, Isla e Oberon. Senza proferire parola, i genitori le sorrisero e Demi provò a prendere in braccio Hope, che però non volle saperne e insistette per avere una propria sedia. Comprendendola alla perfezione, Eliza non ebbe bisogno di spiegazioni e, sentì lo stomaco della piccola brontolare.
"Chi vuole dei Fairy O's?" annunciò, la voce alta e simile a quelle spesso udite nelle pubblicità.
"Noi!" fu svelta a rispondere Lucy, eccitata a quella sola idea.
Li mangiava ormai da anni, adorava il loro sapore, ma più di tutto ciò che accadeva dopo, ovvero scavare nella scatola alla ricerca del giocattolo all'interno. Si trattava di piccoli oggetti legati al mondo della magia, che le fatine amavano collezionare e scambiarsi con gli amici a scuola durante l'intervallo.
Cosa sono?
Pur essendo già stata lì, Mackenzie non ne aveva mai sentito parlare, né aveva letto nulla a riguardo nella saga, almeno fino a dove era arrivata.
“Cereali magici” rispose la pixie.
La donna scaldò a tutte una piccola tazza di latte e lasciò sul tavolo la scatola dei Fairy O’s. Troppo concentrata sul riempirsi la pancia, Lucy non fece caso alla sorpresa e lo stesso valse per Hope e Mackenzie, meravigliate dal gusto e dalla strana forma di quei cereali che sembravano sapere chi li stesse mangiando. Difatti, se quelli di Lucy avevano la forma di piccole rocce ma per fortuna non la consistenza, i Fairy O’s di Lune erano simili a fiamme, in perfetto accordo con i loro elementi. Seduta al suo posto a tavola, Mackenzie esitava nel mangiare mentre Hope, che prendeva i cereali con un cucchiaio di plastica più piccolo di quelli normali, non aveva problemi a parte sbrodolarsi un po’ con il latte, per cui Demi doveva essere sempre pronta a evitarlo o a pulirla, e la bambina ingoiava piano ognuna di quelle deliziose stelline.
"Qualcosa non va, cara?"
Non è niente, Isla, stavo solo pensando si limitò a rispondere Mac, evasiva.
Nonostante la signora Isla fosse buona e gentile, lei non se la sentiva di dire a cosa. Non vedeva da tempo l'amica Lizzie e, nonostante fosse sabato, presto sarebbe dovuta tornare indietro. Ma dato il luogo in cui si trovava e che le piaceva comunque moltissimo, non avrebbe potuto a meno che il sogno non fosse terminato.
"Su, sta’ tranquilla. Non vuoi neanche provare i cereali? Sono buoni, te l'assicuro" continuò la fata.
Mac non si fece pregare. Non era la prima volta che mangiava dei cereali, ma Isla aveva ragione e i suoi, uguali a quelli di Hope per forma e dimensione, erano buonissimi.
Mackenzie sorrise, non tanto per i cereali quanto per i rapporti che stava costruendo a gran velocità. Non se lo sarebbe mai aspettata, eppure considerava già Lucy e Lune due bambine simpatiche e divertenti, che le avevano fatto scoprire un cartone nuovo, un cibo diverso dai soliti e, soprattutto, spuntare sorrisi sempre più grandi. Forse col tempo sarebbe riuscita a definirle amiche, ora era ancora presto. Si sfregò le mani. Quali altre sorprese le avrebbe riservato la vita a Eltaria?
 
 
 
NOTA:
i nomi Ana e Mia derivano, a quanto so, dai blog Pro Ana e pro Mia, che danneggiano la salute di chi vi entra dando consigli su come diventare anoressiche o bulimiche. Lo scrivo non per incitare qualcuno, non mi permetterei mai. Nel libro di Dianna De La Garza, la mamma di Demi, ho letto che anche la ragazza frequentava siti sull’anoressia e la bulimia. Non ho idea se fossero dei blog o meno e se già a quell’epoca (2003 circa) queste malattie venissero chiamate Ana e Mia, non credo, ma mi è sembrato interessante usare tali nomi. A volte disturbi del genere si comportano come degli amici, facendo credere a chi ne soffre che ciò che fanno è giusto. L’ho capito in particolare grazie al film La ragazza di porcellana. La protagonista soffriva non ricordo se di anoressia o EDNOS (che sta per non altrimenti specificati), cioè un disturbo in cui sono inclusi pazienti che non soddisfano appieno i criteri con i quali si fa la diagnosi di bulimia o di anoressia, anche se hanno molti punti in comune con essi. In ogni caso, era finita in un blog in cui si praticava il digiuno ed entrava nella spirale della malattia, sentendo la voce di quest’ultima che le parlava, la isolava dagli altri, le faceva capire che era la sua unica amica.
   
 
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