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Autore: crazy lion    21/03/2021    1 recensioni
Crossover scritto a quattro mani con Emmastory tra la mia fanfiction Cuore di mamma e la sua saga fantasy Luce e ombra.
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti vissuti da Demi e dalla famiglia, raccontati nel libro di Dianna De La Garza Falling With Wings: A Mother's Story, non ancora tradotto in italiano.
Mackenzie Lovato ha sei anni, una sorella, un papà e una mamma che la amano e, anche se da poco, una saga fantasy che adora. È ambientata in un luogo che crede reale e che, animata dalla fantasia, sogna di visitare con i suoi. Non esita perciò a esprimere tale desiderio, che in una notte d’autunno si realizza. I quattro vivranno tante incredibili avventure con i personaggi che popolano quel mondo. Ma si sa, nemmeno nei sogni tutto è sempre bello e facile.
Lasciate che vi prendiamo la mano, seguite Mackenzie e siate i benvenuti a Eltaria, un luogo per lei e la famiglia diviso tra sogno e realtà.
Disclaimer: con questo nostro scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendiamo dare veritiera rappresentazione del carattere dei personaggi famosi, né offenderli in alcun modo.
Quelli originali appartengono alle rispettive autrici.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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CAPITOLO 17.

 

VITE SOLO IN PARTE UMANE

 
Ancora all'orfanotrofio, Demi si stava occupando di Lilith. L’aveva appena cambiata e, dopo un altro pasto stavolta composto di vero latte, la teneva in braccio e le cantava una ninnananna. La suoneria del suo cellulare la distrasse. Il numero risultava sconosciuto. Rispose comunque, anche se nel suo mondo non lo faceva mai in una situazione simile.
"Pronto?" azzardò, incerta.
"Salve. Lei è Demetria Devonne Lovato?”
"Sì, con chi parlo?"
"Sono l'insegnante di sua figlia Hope.”
“Mi dica” la incitò, la voce venata di preoccupazione.
Si fidava di Isla e, nonostante la donna le avesse detto che quella scuola era tanto inclusiva quanto prestigiosa, ora mille dubbi le torturavano la mente. Era successo qualcosa? Una delle bambine non stava bene?
“Scusi il disturbo, ma la sorella Mackenzie è qui con lei e vorrebbe portarla a casa. Capirà che non posso lasciarle andare senza almeno un adulto presente. Rimarrò con loro finché non arriverà qualcuno a prenderle, d'accordo?"
Le bambine uscivano da scuola per l'ora di pranzo, ma a causa del nuovo lavoro Demi aveva perso la cognizione del tempo.
"Certo, comprendo. In questo momento mi trovo lontana dalla scuola, ma do l’autorizzazione a Isla o a Oberon Hall di accompagnarle a casa. Sono nostri amici e genitori di due vostre alunne, Lucy che fa le elementari e Lune che frequenta l’asilo.”
“Isla e Oberon Hall” mormorò l’altra. Se li fece descrivere. “D’accordo, se mi dà il consenso allora li troverò e affiderò loro le sue figlie.”
“Va bene, la ringrazio. La prego, non le lasci da sole" implorò.
"Stia tranquilla, non mi muoverò di un millimetro.”
Non appena fu sicura che nessuno potesse sentirla, Demi sospirò cupamente.
Lavorare con i bambini era sempre stato uno dei suoi sogni, ma come aveva fatto a dimenticarsi delle proprie figlie? Era una persona orribile. Lei ed Eliza avrebbero dovuto partire almeno un’ora prima. Per un attimo le parve di tornare indietro, al primo giorno di quella stranissima realtà e alla sparizione di Hope, ma scosse la testa per liberarsi di quei pensieri.
"Va tutto bene?" le chiese Eliza, che la raggiunse dopo aver pulito con un tovagliolo il visetto del leprecauno che imboccava.
"Sì, ma avremmo dovuto andare a prendere Hope e Mackenzie partendo parecchio tempo fa.”
“Accidenti, ho sbagliato anch’io, mi dispiace.”
“Dovremo uscire prima di qui i prossimi giorni, se vogliamo arrivare alla Penderghast in orario.” Demi spiegò quanto aveva detto all’insegnante. “Torniamo a casa. Eliza, che cos’ho fatto? Mackenzie sarà arrabbiata con me?”
L’altra le accarezzò la testa.
“Ehi, calmati. Entrambe, pur non volendo, abbiamo commesso un errore. Non si trovano in mezzo a una strada, ma ancora a scuola, al sicuro, con un’insegnante a sorvegliarle. Sono certa che Mac non si arrabbierà e le prossime volte andrà tutto bene.”
Demi inspirò ed espirò piano, mentre le mani le tremavano.
“Hai ragione. Credi che qualcuno possa darci il cambio?"
"Certo, non preoccuparti. Julie e le altre si occuperanno dei piccoli in nostra assenza. Andiamo."
Poco prima che le due potessero farlo qualcuno corse, o meglio gattonò, verso di loro. Era Harold che, triste all’idea di essere lasciato da solo, continuava a fissarle tirando con delicatezza i lembi delle loro vesti. Mossa a compassione, Demi lo prese in braccio.
"Harold, tesoro, ora devo andare. Sta’ tranquillo, Julie arriverà subito."
Gli accarezzò il visetto paffuto e il piccolo sorrise, emise uno dei suoi soliti versetti e, scalciando, desiderò tornare al tappeto e ai suoi giochi. Demi lo accontentò e, quando arrivò Julie, uscì.
"Ricordi ancora la strada, vero?" indagò Eliza.
"Certo.”
"Perfetto."
La più grande accelerò il passo. Dato il lavoro mattutino, il viaggio di ritorno fu più stancante e la calura di certo non aiutava. Le due arrivarono a casa sudate e senza respiro. Demi si precipitò dentro. Lì Isla, Oberon, le sue figlie, Lucy e Lune le attendevano.
"Isla, ciao! Ascolta, mi dispiace tantissimo! Perdonatemi anche voi, bambine, siamo partite troppo tardi. Non succederà più. Usciremo…” controllò l’orologio da polso e fece due calcoli “verso mezzogiorno per essere lì in orario, promesso.”
Dati i trascorsi di Mackenzie e Hope temeva che la più piccola, anche visto quanto accaduto pochi giorni prima, potesse essersi sentita abbandonata e che la maggiore ne avesse sofferto.
"Cara, tranquilla! Gli insegnanti non lasciano mai i bambini da soli e tutto è filato liscio, puoi rilassarti" la rassicurò Oberon, calmo come l'acqua che riusciva a controllare grazie al suo potere.
"Meno male" sussurrò la cantante.
Non preoccuparti, mamma, è tutto okay.
Mackenzie la abbracciò e la ragazza fu invasa dal sollievo, che palesò con un sorriso enorme.
“Mamma!" strillò Hope, correndole incontro.
"Tesoro mio! Allora? Ti sei divertita?" le chiese, sollevandola.
"Sì, mamma, tanto!"
“Raccontami qualcosa di oggi, Mac.”
Disse alla mamma che Lune era arrivata subito dopo la fine delle lezioni. Lei e Hope erano con Isla e, quando questa aveva detto che era ora di andare, aveva ribattuto:
No!
“In che senso?” domandò la cantante.
“Sono rimasta perplessa anch’io, poi ha specificato.”
Mackenzie aveva risposto:
No, non senza Lucy!
“Tesoro, pensavi davvero che se ne sarebbe andata senza di lei?”
Demi le scompigliò i capelli e le diede un bacio.
Per un momento sì, non so perché.
Poco dopo, la pixie le aveva raggiunte.
“Sarei arrivata prima,” aveva detto, “ma Miss Spellman ci stava spiegando un incantesimo e non potevo perdermelo, poi mi ha chiesto di fare pratica.”
A sentire quel nome Mackenzie aveva spalancato gli occhi.
Anche tu hai la signorina Spellman? Cosa ti ha insegnato?
"Nulla di troppo complicato e la formula magica mi piace un sacco!"
E sarebbe?
"Vivifio. So che suona strano, ma se hai una bambola o un pupazzo a casa posso mostrartelo" aveva risposto subito, con il corpo immediatamente circondato da un'aura color dell'oro, simbolo di felicità.
“Il nome mi piace, è simpatico” osservò Demetria.
Anche a me. E non vedo l’ora di saperne di più!
 
 
 
"Bentornate" salutò Andrew, rimasto da solo fino a quel momento.
Nonostante il tono cordiale la sua voce giunse appena alle orecchie dei presenti e, curiosa, Eliza fu la prima a farsi avanti.
"Andrew? Ma dove…" tentò, confusa.
"In cucina, non preoccuparti" rispose subito lui, pur senza voltarsi.
Lo trovò in piedi davanti al piano cottura e a una pentola.
"Scusa, Eliza. Vi avrei aspettati, ma non avevo il computer con cui di solito lavoro e ho finito il libro che stavo leggendo. Visto che sono le due e un quarto, pensavo di aiutare" le spiegò l'uomo, sperando di non essersi spinto troppo oltre.
"Non fa niente, anzi, sei stato gentile. Grazie. I piccoli all'orfanotrofio mi tengono occupata anche oltre l'ora di pranzo, ci sono giorni in cui torno a casa e vado dritta a letto. Che c'è sul menù?"
"Spaghetti al ragù. Sono quasi pronti. Spero vadano bene per tutti, altrimenti…"
"Non preoccuparti, Lucy e Lune mangiano di tutto, vero, piccole?"
"Vero, papà" risposero le due all'unisono.
“L’hai fatto tu?” gli domandò Eliza.
“Sì, c’erano gli ingredienti e ne ho approfittato, non mi ha creato alcun disturbo.”
La fragranza del pomodoro riempiva cucina e salotto e inebriava tutti.
Demi raggiunse Andrew e, per lasciare loro un momento di privacy, la donna si eclissò in salotto e socchiuse la porta scorrevole della cucina.
“Pensavo aveste già mangiato, visto che le piccole sono tornate molto prima di noi” osservò la ragazza.
“No, le nostre figlie e Lucy e Lune hanno voluto aspettarvi per forza.”
“Ah. Beh, grazie a tutti!”
“Allora, com’è andata?”
“Benissimo!”
Ad Andrew bastò quell’unica parola per capire che la fidanzata stava sorridendo e adorò ascoltare il suo racconto.
“Sono felice che tu abbia avuto una giornata così bella” le disse alla fine, prendendola per mano.
“Il merito va anche a te. Le tue parole mi hanno trasmesso più coraggio di quello che avevo e le preghiere sono state d’aiuto.”
“Lo sono sempre.”
“Già. Tu che hai fatto oggi?”
“Niente di che, mi sono rilassato.”
“Ti sei sentito male?”
Quando era rimasto da solo, e proprio per quella ragione, il respiro aveva iniziato ad accelerare e lui a sudare.
“Non so perché mi sia accaduto. Forse perché ero solo in una casa che non è la mia e in cui mi trovo da poco. Devo ancora abituarmi. L’umore non è stato dei migliori e non sono uscito, ma niente in confronto ad altri giorni.” Le sorrise. “Sul serio, Demi” proseguì, dato che lei lo guardava preoccupata. “Non ho avuto brutti pensieri. Mi sono alzato dal letto, sono riuscito a fare le faccende di casa e mi sono goduto i suoni della natura attraverso la finestra aperta.”
La ragazza sospirò.
Sapeva benissimo cosa gli era successo quando si era sentito male in uno dei suoi momenti peggiori e odiava non essere stata lì per lui. Glielo disse.
“Non puoi rimanermi sempre accanto. E io sto ancora imparando a controllarlo. Ma è passato. Tempo fa sono stato peggio di stamattina.”
“Se ci fosse qualcos’altro…”
“Te lo direi, lo giuro.”
I muscoli della ragazza si rilassarono.
Andrew le disse che aveva anche letto riviste, sfogliato alcuni volumi e guardato la televisione. Le camminate della settimana prima, ma anche le emozioni e la stanchezza per il lavoro, l’avevano fatto crollare.
I due si strinsero in un abbraccio infinito e rimasero ad ascoltare il battito dei loro cuori che parevano cercare di andare allo stesso ritmo. Si sorrisero fino a sentir male al viso e si baciarono sulla guancia, temendo che le bambine potessero vederli. Sarebbero rimasti così per sempre, chiusi in un piccolo incanto, se un rumore della pentola non avesse fatto loro capire che era pronto.
“No, non andare!” si lamentò Demi aumentando la stretta e lo baciò di nuovo, con foga.
“Devo scolare la pasta, e avremo tempo per altre effusioni.”
“Va bene. Ti amo” gli soffiò sulle labbra.
“Ti amo anch’io!”
L’uomo chiamò gli altri e preparò i piatti.
Hope fu servita per prima e la mamma le tagliò gli spaghetti in pezzi piccoli.
 
 
 
Dopo pranzo, le quattro bambine rimasero sole. Seduta sul tappeto del salotto, Lucy scriveva su alcuni fogli per comunicare con Mackenzie e con lei anche Lune. Fra una riga e l'altra, tre di loro ridevano divertite mentre Hope, a poca distanza e con una scatola di pastelli accanto, disegnava.
Allora, quell'incantesimo che mi dicevi? scrisse Mackenzie, curiosa come non mai.
"È semplicissimo, mi basta prendere un pupazzo e pronunciare la formula. Lulu, posso usare uno dei tuoi?"
"No, q-quelli sono solo miei!" protestò la piccola, gelosa di ognuno dei suoi animaletti di pezza.
"Dai, Lulu! Solo per poco, promesso. Non gli farò del male" le rispose la sorella, sincera.
"Va bene."
Sorrise a Lucy e le mostrò il suo coniglietto. Tutt'altro che decisa a lasciarlo andare, se lo strinse al petto poco prima di affondare le manine nel suo pelo e lo posò piano a terra.
"Grazie, Lunie."
Lucy chiuse gli occhi. Respirando a fondo, concentrò l'energia magica nelle punte delle dita. "Vivifio!" Riaprì subito le palpebre e mosse piano le mani. A magia ultimata, il pupazzetto divenne perfino più vivo di Sunny, e seguendo i movimenti della piccola saltellò in giro per qualche secondo, salvo poi chiudere gli occhi e abbandonarsi lì dov'era, immobile. "Visto? È stato facile. “Divertente, vero?"
Mackenzie fece un cenno d’assenso e, rompendo il silenzio, la voce di Hope colse tutte di sorpresa.
"Vero!" trillò, tanta era la contentezza.
"Felice di sentirlo, Hope. Possiamo rifarlo un'altra volta, se vuoi."
"Sì, ancoa, Lucy, ancoa" pregò la piccola, negli occhi la meraviglia derivante dallo spettacolo appena visto.
La pixie della terra le sfiorò una manina e, tornando a concentrarsi, ripeté quella magia. Il coniglietto si animò di nuovo e riprese a zampettare attorno a loro fino a raggiungere Hope e lasciarsi accarezzare. Concentrata, la bimba più grande tenne sotto controllo quell'incantesimo per quanto poté, salvo poi portarsi una mano sulla tempia e chiudere a pugno quella che teneva aperta. All'improvviso non riuscì a respirare e barcollò verso la mamma.
"Lucy, pixie! Tesoro, usciamo un po’, devi distrarti."
Isla accorse ad aiutarla stringendola a sé con il suo amore di madre, e accompagnandola alla porta fece segno a Eliza, che già si era avvicinata a sua volta, di non preoccuparsi. Mackenzie le andò incontro e le prese la mano.
“Usciamo, starai meglio” le fece capire con un sorriso che valeva più di mille parole.
 
 
 
Demi rimase dov'era e, assicurandosi che stesse bene, prese in braccio Hope. In breve, sia gli Hall che i Lovato furono fuori di casa, e Andrew ebbe il compito più arduo: assicurarsi che Hope non si cacciasse nei guai. In fin dei conti, tutto era iniziato proprio per quello e non ne voleva una replica.
Mamma?
“Sì, Mac?”
La bambina respirava con affanno e aveva gli occhi lucidi, mentre una metaforica corda le stringeva il petto.
Lucy sta male per colpa mia?
“Cosa? No! No, non devi neanche pensarlo” insistette la ragazza.
Il senso di colpa poteva essere schiacciante e non voleva che la sua piccola si desse delle colpe che non aveva.
Ma ho insistito io perché facesse quelle magie, gliele ho chieste.
Se solo non gliel’avesse ricordato, forse a Lucy non sarebbe più venuto in mente. Ora, invece, stava male a causa sua. Di chi altri poteva essere la colpa?
Demi si chinò e le prese le mani.
“Guardami” mormorò. “Nessuno poteva prevedere quello che sarebbe successo, nemmeno tu o Lucy. Lei è ancora piccola e non è esperta. Forse ha mantenuto quell’incantesimo per troppo tempo e si è stancata, ma non è niente di preoccupante, d’accordo?”
“Infatti, Mackenzie, stai tranquilla” la rassicurò Isla, che aveva ascoltato. “Con un po’ di riposo le passerà tutto.”
Siete sicure?
La piccola si torceva di continuo le mani.
“Sicurissime” continuò la fata.
“Mac, starò meglio” sussurrò Lucy e le sorrise.
La piccola sospirò di sollievo, cercò di non sentirsi più in colpa, ricambiò il sorriso e si rilassò.
Il sole splendeva alto nel cielo e, mentre Lucy respirava a fondo per calmarsi e riprendersi rimanendo sempre vicina alla mamma, Mackenzie notò qualcosa, o meglio, qualcuno, in lontananza. Una pixie simile a Lucy, che a occhio e croce aveva la sua stessa età, accompagnata dai genitori e con un Arylu al guinzaglio. Hope si avvicinò piano. Protese una mano in avanti e attese il permesso di sfiorare quella nuvola di pelo.
"Ciao. Può accarezzarlo?" chiese allora Demi.
"Certo! Sparky è socievole, anche con gli umani" rispose subito la padroncina, regalando un sorriso alla famiglia intera.
"Grazie. Su, Hope, toccalo" replicò allora la ragazza, prendendo la mano della figlia nella sua e guidandola.
La piccina affondò le dita in quel pelo soffice a metà fra nero e oro, una sfumatura appena più tenue di quella del cucciolo di Lucy, poi ritirò la mano. Seppur timida, Mackenzie si ritrovò a imitarla e subito dopo una voce la distrasse.
"Mac! Mackenzie!" la chiamava, alta e insistente.
Erano Chris e Kaleia.
"Kia!" urlò Hope, liberandosi dalla stretta della madre per correre verso di lei.
"Ciao, piccola. Hai una nuova amica?" le chiese la fata, sorridendole e accarezzandole i capelli.
Troppo felice per risponderle, Hope si strinse a lei. Commosso da quella scena, Christopher cercò la mano della moglie e le sfiorò il ventre. Mackenzie le scrisse un biglietto e, muovendo qualche incerto passo in avanti, glielo porse.
Non ti aspettavo, ma mi fa piacere rivederti. Come stai?
"Bene, Mac, grazie."
La bambina indietreggiò fino a tornare dalla madre e, indicando Lucy con lo sguardo, si accorse che non era migliorata.
Ti senti meglio? le scrisse, preoccupata.
“Insomma.”
"No, cara, mi dispiace. Lucy non sta ancora tanto bene, sarebbe il caso di tornare a casa, scusaci" disse subito Isla.
D’accordo, allora ci vediamo rispose lei a sua volta, triste ma comprensiva.
Scuotendo la testa per liberarsi dei brutti pensieri, si ripeté che non aveva colpe e che tutto sarebbe andato bene. Tornò a concentrarsi sulla fata, trovandola accovacciata accanto a Hope.
Che state facendo? chiese, rivolgendosi stavolta a Christopher.
"Kia sta spiegando una magia alla tua sorellina."
Mackenzie si avvicinò all'amica fatata, le tirò piano una manica della veste e la convinse a voltarsi.
Posso provarci anch'io? indagò, già pronta a tentare il suo primo incantesimo.
"Certo! Se chiudo gli occhi riesco a seguire la scia magica delle creature e trovarle, e forse puoi anche tu. Basta fare come me e pensare a qualcuno in particolare."
La bambina sorrise e annuì.
Concentrò il pensiero su Batman e fece ciò che le aveva detto la fata. Vide nero e, appena pochi istanti dopo, comparve il cagnolino. Le saltò in braccio leccandole il viso e lei accarezzò il suo pelo bianco e nero. Alla vista del nuovo, strano compagno di giochi a lui simile, si esibì in una sorta di inchino. Abbaiò e agitò la coda. L’Arylu intuì il volere dell'altro e non tardò a imitarlo, così insieme, cane e lupacchiotto si annusarono e giocarono a rincorrersi, mentre ridendo, la pixie fu costretta a togliergli il guinzaglio.
"Sparky, non ti allontanare" pregò, urlando.
Per tutta risposta il cane abbaiò una volta sola, poi sparì accanto al suo nuovo amico. Kaleia rise di gusto, e a poca distanza da lei Hope le sfiorò una mano.
"Kia?" chiamò, con voce angelica.
"Sì, Hope, dimmi."
L’altra chiuse gli occhi e, in un attimo, il suo amato gatto Danny comparve proprio accanto a lei.
"Miao miao!"
I suoi occhi scuri erano nuovamente pieni di meraviglia.
"Sì, tesoro, è un gattino."
Fu Christopher a risponderle e, in silenzio, la bambina mosse piano le dita per intrattenere il micio e accarezzargli il pelo rosso. Danny, un cucciolo di cinque mesi, mosse le orecchie e le leccò il dito facendola ridere.
“Mio” ci tenne a sottolineare la piccola.
Batman e Danny scomparvero alla fine dell’incantesimo e la pixie se ne andò con Sparky al seguito, ma Hope e Mackenzie non ci restarono male.
“Potrete farli tornare nello stesso modo, se vorrete” assicurò loro Kaleia.
 
 
 
Dopo ore passate all'aria aperta, arrivò per tutti il momento di tornare a casa.
Vedere Lucy e la sua famiglia sparire in quel modo era stata una sfortuna, ma la pixie aveva bisogno di riposo e almeno allora Kaleia non voleva pensarci.
“È stato bellissimo vederti con Hope, prima” le sussurrò Christopher all’orecchio. “Mi ha riempito il cuore di gioia!”
Lei sorrise.
La bambina più piccola giocava sul tappeto. Tornata ai suoi disegni, di tanto in tanto si voltava verso Kaleia.
"Ti piace? Sta venendo bene?" sembrava chiedere, impegnata a intrecciare figure colorate e pressoché indistinguibili le une dalle altre.
"Bel disegno, piccolina. Che cos'è?" azzardò Christopher, ridendo divertito di fronte a quegli schizzi infantili.
"Sai tesoro, credo che quello verde sia un albero, e lì accanto, in rosso e marrone, una casa" commentò la moglie in risposta, interessata come e forse più di lui.
"E io credo che tu abbia ragione, fatina."
La abbracciò.
Kaleia si godette il calore e la solennità di quel momento, anche quando lo sposo la sorprese con un bacio sulla punta del naso, ma all'improvviso, qualcuno li distrasse.
"Buon Dio, non starete commentando gli scarabocchi di una bambina!" si lamentò una fata perfino troppo conosciuta, chiudendo la porta dietro di sé.
Era famosa per i suoi costanti sbalzi d'umore.
Kaleia alzò gli occhi al cielo. Voleva un gran bene alla sorella, ma quando si comportava in quel modo risultava antipatica.
"Sky!" la rimbeccò la madre. “Sei appena rientrata e già ricominci?”
"Cosa? Non hanno alcun senso! Sono solo poche linee fatte con appena tre pastelli" si difese la ragazza.
"Credo che Midnight ti abbia beccata troppe volte durante gli allenamenti, è meglio che tu vada a riposare, figlia del vento" continuò allora Eliza, con la voce roca per la rabbia.
Nonostante ora fosse vicina ai ventiquattro, in alcuni momenti, come quello ad esempio, la ragazza regrediva a un terzo della sua età.
"Va bene" sbuffò la fata, scocciata. "Ed è figlia dell'aria, vuoi una conferma da Major, per caso?"
“Chi sarebbe?” chiese Andrew a Demi.
“Il suo protettore” rispose Kaleia.
Come sorda alle loro parole, Hope continuava a disegnare, e mentre Mackenzie restava seduta in poltrona a rileggere la favola assegnatale dalla signorina Spellman, la vocina della più giovane ruppe il silenzio creatosi nella stanza.
"Sky nevvosa?" chiese, dolcissima.
"Già, piccola, ma non preoccuparti, le passerà" la rassicurò Kaleia, sporgendosi per accarezzarle le guanciotte paffute.
 
 
 
Nel silenzio tornato a regnare sovrano, un altro rumore.
"Eliza, aspettavi qualcuno?"
"No Demi, perché?"
A quel breve scambio di battute fra le due donne seguì altra quiete, poi Kaleia riprese la parola.
"Scusate…" ebbe appena il coraggio di dire, arrossendo in volto come una bambina.
Qualche secondo dopo tutti i presenti scoppiarono a ridere, fata inclusa.
"Tesoro!" la riprese bonariamente Christopher stringendola a sé.
"Chris, non è colpa mia, sai che…"
Un'aura immacolata le circondò prima il corpo e poi il ventre, proteggendola.
"Kaleia, cos'è quel bagliore?"
"Demi, i-io…"
Demetria le si avvicinò e le sussurrò all’orecchio con dolcezza:
“Puoi dirmi tutto, lo sai.”
Sperò di non essere risultata troppo invadente, in fondo si conoscevano da poco. Si augurò che non fosse nulla di grave o preoccupante.
Si sente male? O c’è qualcosa che non mi ha ancora raccontato sul suo mondo?
Christopher cercò la mano della fata e la strinse forte.
"Vuoi che lo faccia io?"
"Per favore!" lo pregò, tremando impercettibilmente.
"È incinta, cara" annunciò, con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro.
Demi sospirò di sollievo.
Il mio sospetto era fondato, allora!
Ognuno dei presenti si bloccò sul posto, tranne Eliza, Sky e Hope, che non capiva.
"Buon Dio, Kia, congratulazioni!" commentò allora la stessa Demetria, con un sorriso luminoso che subito dopo scomparve.
La fata la prese da parte.
“Non sapevo se dirtelo o no” sussurrò. “Insomma, io sono incinta, tu… Tu mi hai raccontato come stanno le cose, e mi dispiace, non sai quanto, quindi temevo che con l’annuncio della mia gravidanza ti avrei fatto male.”
L’altra trasse un bel respiro.
“Innanzitutto, ti ringrazio per il pensiero e la sensibilità. Io sono felice per te, Kia, davvero.” Il suo tono si fece grave. “Ammetto di provare gelosia, però, perché tu puoi concepire e io no. Essere sterile mi farà sempre sentire incompleta.” Le si strinse la gola, la voce le morì e dovette tossire più volte per ritrovarla, mentre le mancava il respiro e sudava. Per un attimo fu colta da un fortissimo senso di vertigine, ma si aggrappò alla mano della fata e le passò subito. “Tuttavia,” riprese, “sarebbe stato peggio se non me l’avessi detto, o se fossi venuta a scoprirlo da qualcun altro.” Le appoggiò una mano sul ventre. “Sono contenta che tra qualche mese questo piccolino verrà al mondo, okay? Sarai una brava mamma.”
“Come lo sai?”
“Vedo come ti comporti con le mie figlie. Sei così dolce con loro!”
“Grazie, mi viene naturale. Allora è tutto a posto?”
“Più o meno sì.”
Kaleia sorrise e Demetria fece lo stesso, cercando con gran fatica di mettere da parte i brutti pensieri. Non poteva dare la vita senza procedure mediche, ma Dio le aveva donato due bimbe stupende che le riempivano il cuore.
Non posso rimanerci male ogni volta che sento che una donna è incinta, o non vivrò più. Mi devo sforzare.
Dopo cena, tutti andarono a letto.
 
 
 
Di nuovo rivolta a mamma e papà guardando il soffitto, Mac raccontò loro la giornata come, ogni sera, faceva anche a casa.
Avete visto? Elizabeth è la mia migliore amica, ma anche le bambine che ho conosciuto qui sono importanti, e Katie forse lo diventerà proprio come loro. Vi piacciono tutte, lo so.
Strinse le mani a pugno. Non pensò alla notte che aveva cambiato per sempre la sua vita, ma ogni volta che le venivano in mente loro, o che si rivolgeva a entrambi, le mancavano come l’aria. Parlarci in quel modo era bello e brutto insieme, ma sarebbe stato peggio non farlo. Gli occhi le si velarono di lacrime e le bruciarono, ma dopo averne versate un po’ andò da mamma Demi.
“Tesoro, che c’è?” le chiese la donna quando la bambina le sfiorò il braccio.
Questa accese la luce e scrisse:
Mi mancano sempre mamma e papà. Voglio loro tanto bene.
“Oh, piccola!” esclamò Andrew, alzandosi per abbracciarla.
Stava meglio, ma anche i due si resero conto che, nonostante il sogno, il dolore non poteva scomparire.
“Sono sicura che ti guardano da lassù e sorridono pensando a che bambina meravigliosa sei” cercò di consolarla la madre, accarezzandole i capelli. “Sono fieri di te e ti vorranno bene per sempre, e anche a Hope.”
Mackenzie sorrise appena.
“Purtroppo non posso riportarli indietro,” riprese il papà, “né farlo con quel sorriso o la voce. Ma tu li pensi, li ricordi così e in questo modo, anche se non ci sono più, rimarranno sempre vivi dentro il tuo cuore.”
La bambina liberò un singhiozzo e tirò su col naso, mentre il groppo che le serrava la gola iniziava a doleva sempre meno.
Davvero?
“Te lo assicuro.”
Allora lo sanno che gli voglio bene.
Temeva che, dato che non parlava di loro da giorni, i suoi veri genitori credessero che non era così, che si stava scordando di loro.
Demi la strinse a sé tanto forte da rischiare di soffocarla.
“Certo che sì, Mackenzie!” la rassicurò. “Non avere mai dubbi su questo.”
La bambina inspirò ed espirò, come se si fosse liberata di un pesante fardello. Tornò a letto con l’animo più sereno. Non sapeva cosa sarebbe successo nei giorni seguenti, ma si augurò che lei, la sua famiglia e gli altri sarebbero stati bene.
   
 
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