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Autore: ilbilbo    21/03/2021    2 recensioni
Cos'è l'alba? Quanto è lontana? In questa storia, i due protagonisti, travolti in un vortice di fatalità e passioni, riusciranno ad arrivarci?
L'abbiamo scritta in due come vedrete dal prologo. Se vi piace, recensite! Se non vi piace, recensite ancora di più! Grazie.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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VI ~ MONTEMERU

 

Kallen

La sabbia nera del deserto luccica al sole.
L'idea è stata mia. Tornare sul punto dove siamo arrivati.
Il mio ragionamento non è complicato. Se c'è stato un modo per arrivare in questa irreale realtà, deve sicuramente esserci un altro modo per uscirne, e con buona probabilità nello stesso posto da dove siamo entrati.
Non mi rassegno a vivere per sempre in un ambiente che non è il mio.

"Non ti lascio sola", mi dice Vincent, anche se ho faticato un pò per convincerlo a tornare in questo deserto.
Ammiro la capacità di Vincent di adattarsi a qualsiasi situazione.
Riesce a fidarsi di tutto e di tutti.
E' pienamente appagato dalle sue attività archeologiche.
Il suo entusiasmo è persino contagioso.
Mi dona entusiasmo e mi aiuta a tirare avanti: intuisce tutte le difficoltà che trovo quotidianamente, e mi aiuta a superarle.
Vincent è un compagno perfetto, ma io non mi arrendo.
Faccio di tutto per uscire da questo sogno senza fine.
Ho la guerra nel sangue.

Selvaggia e Barbera ci hanno prestato uno dei loro mezzi volanti, dopo averlo programmato per arrivare fin qui e fare ritorno in città.
I caschi repellenti ci difendono dagli animali che si aggirano nel deserto. Ce n'è di tutti i tipi, dai tacchini volanti agli struzzi striscianti, dalle aquile che si muovono a balzi a una specie di grossi gatti che ululano minacciosi come lupi.
Tutte specie mescolate, un pò come il linguaggio di questo mondo, fatto di parole mescolate.

Abbiamo delle piccole pistole di plastica, ma non si presenta l'occasione di usarle.
Un paio di volte incrociamo uno squadrone di uomini armati che marciano compatti in direzione opposta.
"Nessuna paura - ci spiegava Selvaggia - non siete voi il loro bersaglio."
Sono una specie di "operatori ecologici" pagati dal governo per limitare l'eccessiva proliferazione degli animali molesti.

Arriviamo senza intoppi alla torre che vedevamo all'arrivo.
Anche stavolta qualcosa luccica in cima, ma non è la luna.
E' una specie di calotta trasparente.
Sono piuttosto delusa, non trovo nessun indizio; nessun appiglio per farmi sperare in un possibile rientro, vicino o lontano, nel mondo dal quale veniamo.
Seguo Vincent che, curioso, entra subito dentro la torre.

 

Vincent

Ho fatto mettere delle guardie armate agli ingressi della città sotterranea.
Non voglio che nessuno si infili a curiosare in mia assenza.
Polimax mi ha assicurato che controllerà di persona che tutto rimanga come l'ho lasciato.
È sempre molto servizievole, Polimax, e a noi fa comodo.

Seguo Kallen sulla sabbia nera, senza convinzione.
Si sente prigioniera, lei, vuole fare il possibile per rientrare nel mondo di prima.
Sento che è inutile tornare in questo deserto, popolato solo da animali ributtanti e da squadre armate in continuo movimento.
Un noioso viaggio di tre ore sulla moto senza ruote, Kallen davanti, io dietro, la testa appesantita dal casco repellente.

Poi arriva la sorpresa che mi lascia senza parole.
La torre, che l'altra volta sembrava un faro sotto il riflesso della luna, è in realtà un osservatorio astronomico.
Riconosco il potente telescopio protetto da una calotta trasparente sulla cima.
Il guardiano ci accompagna su per le scale.
E sulla parete della grande sala all'ultimo piano, quella che ospita il telescopio, trovo un grande arazzo con la raffigurazione del Monte Meru, la grande montagna a forma di torre di Babele che sta al centro del mondo, la grande piramide a gradini intorno alla quale girano il sole e la luna.
E' strano che all'interno di un osservatorio astronomico venga esposto il compendio della cosmogonia geocentrica buddista.
Ma quello che mi sorprende ancora di più è che la raffigurazione non è quella classica induista o buddista, ma è la variante giapponese, quella che ha adottato il grande studioso e inventore Hisashige Tanaka per arrestare la diffusione della teoria copernicana proveniente dal mondo occidentale.
Il Monte Meru, nel Giappone dell'ottocento, prendeva il nome di Monte Shumisen.
Come è possibile che un arazzo giapponese sia arrivato in questo sperduto angolo della Cappadocia?
Un arazzo che fra l'altro appare malamente conservato: non si adatta diritto alla parete, ma è come sgualcito, o meglio presenta delle lunghe piegature diritte, come una carta da pacchi che è servita per avvolgere qualcosa.

Nelle tre ore impiegate per tornare, dietro a Kallen nervosa e delusa, continuo a pensare a Kanaka, uno dei geni che più ammiro per la sua versatilità  in tutte le scienze, una specie di  Nikola Tesla del mondo orientale, non solo studioso e inventore, ma al tempo stesso abile costruttore di un gran numero di bambole e automi semoventi, orologi e marchingegni vari.

Tanaka e il suo Monte Meru. Devono volermi dire qualcosa. Ma cosa?

 

   
 
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