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Autore: crazy lion    22/03/2021    1 recensioni
Crossover scritto a quattro mani con Emmastory tra la mia fanfiction Cuore di mamma e la sua saga fantasy Luce e ombra.
Attenzione! Spoiler per la presenza nella storia di fatti vissuti da Demi e dalla famiglia, raccontati nel libro di Dianna De La Garza Falling With Wings: A Mother's Story, non ancora tradotto in italiano.
Mackenzie Lovato ha sei anni, una sorella, un papà e una mamma che la amano e, anche se da poco, una saga fantasy che adora. È ambientata in un luogo che crede reale e che, animata dalla fantasia, sogna di visitare con i suoi. Non esita perciò a esprimere tale desiderio, che in una notte d’autunno si realizza. I quattro vivranno tante incredibili avventure con i personaggi che popolano quel mondo. Ma si sa, nemmeno nei sogni tutto è sempre bello e facile.
Lasciate che vi prendiamo la mano, seguite Mackenzie e siate i benvenuti a Eltaria, un luogo per lei e la famiglia diviso tra sogno e realtà.
Disclaimer: con questo nostro scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendiamo dare veritiera rappresentazione del carattere dei personaggi famosi, né offenderli in alcun modo.
Quelli originali appartengono alle rispettive autrici.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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CAPITOLO 21.

 

UNA STREGA PER AMICA

 
Sul divano, le bambine ascoltavano con attenzione la favola di una ragazza povera che abitava con la matrigna e le sue figlie, tutte cattive con lei soprattutto dopo la morte del padre. La mamma era passata a miglior vita quando la protagonista aveva un anno. Più Marisa proseguiva nella lettura di quel libro dalle pagine ingiallite trovato su uno degli scaffali della libreria del salotto, di sicuro uno dei tanti che Eliza doveva aver letto a Sky e Kaleia da bambine, più Mackenzie si rendeva conto che, anche se la protagonista aveva un altro nome, la favola era uguale a quella di Cenerentola. Ad aiutare la fata non c’erano dei topolini bensì degli scoiattoli e anche dei cuccioli di Pyrados, mentre unicorni e non cavalli guidavano la carrozza che avrebbe portato Nevia al ballo. Seppur un po’ stranita, la bambina si godette ogni parola.
Ma è strano innamorarsi così obiettò alla fine del racconto, dopo il classico E tutti vissero felici e contenti.
“Che vuoi dire?”
Marisa le sorrise con calore.
La mamma e il papà ci hanno messo tanto per innamorarsi, lui non è stato da subito il suo fidanzato. Anche gli altri miei genitori hanno fatto così.
Alcune lacrime le scesero lungo le guance, mentre il nodo che le serrava la gola le strinse anche il petto. Le forze la abbandonarono e provò la sensazione di svenire, mentre la terra sotto i suoi piedi pareva cedere trascinandola con sé in un buco nero, ancora più buio della sua sofferenza.
“Piccolina, non devi parlarne se non te la senti” la rassicurò la strega, prendendole la mano.
Mackenzie la strinse e constatò che era liscia e morbida, come se ci avesse messo della crema.
Il calore di quella mano e la vicinanza della ragazza, di cui la bambina iniziava già a fidarsi perché, se era amica di Kia, di certo non avrebbe potuto fare del male a lei e Hope, la aiutarono a riprendersi un poco. Si fece portare dalla strega un bicchier d’acqua, bevve a piccoli sorsi e si sentì non bene, ma meglio.
Non ci si può innamorare in una sola sera, come invece fanno Nevia e il principe.
“Lo so, tesoro, ma questa è una favola e nelle storie si può scrivere ciò che si vuole. Servono a far volare con la fantasia i bambini e anche i grandi, quindi possiamo comunque credere che, anche se nella realtà non è così, in questa favola e nel regno lontano in cui vive Nevia lo sia eccome.”
Mackenzie sorrise.
D’accordo, allora ci credo.
Hope non aveva capito bene di cosa stessero parlando la sorella e la strega. Si immaginava Nevia con i capelli biondi, lunghi fino alla fine della schiena e lasciati sciolti, gli occhi azzurri come il cielo e che una fata, simile a Kia o a Sky, l'avesse aiutata trasformando una zucca in carrozza. Ah sì, Cenerentola, o Nevia, indossava anche delle scarpette.
"Giochiamo?" Tirò il lungo vestito blu a maniche corte che Marisa indossava. “Giochiamo?”
"Certo. Che cosa vuoi fare?"
Lei scosse il capo perché l'altra capisse che non ne aveva idea.
"D'accordo, vi mostro qualcosa io."
Infilò la mano all’interno del cesto dei giocattoli: alcune bambole, qualche peluche di Arylu, Pyrados e Slimius, un coniglietto, uno jackalope, uno scoiattolo e poco altro. Ne estrasse un orsacchiotto dal pelo folto e nero che diede in mano a Hope.
Ma come… Cosa… Mackenzie era scioccata, non capiva: com'era possibile? Questo non c'era nel cesto!
"È stato un gioco di prestigio, tesoro" le rispose la strega con gentilezza.
Un che?
"Un'illusione attraverso cui ho fatto apparire questo giocattolo, che in realtà non esiste e che ora sparirà, dato che non posso mantenere tutto ciò ancora a lungo."
Mac sbarrò gli occhi mentre, con un secondo gesto, Marisa faceva scomparire il peluche.
Sul serio? Non c'è da nessuna parte?
Non aveva mai visto niente di simile se non qualche rara volta in televisione, pensando che si trattasse di un imbroglio.
"Te lo assicuro."
Le mostrò le mani, si alzò e le fece vedere che nelle tasche del vestito non aveva niente. Dopo poco, però, dovette occuparsi di Hope. Marisa non aveva tenuto conto del fatto che la bambina era piccola, non capiva tutte quelle cose e averle dato in mano un peluche che poi era scomparso si era rivelata un’idea pessima. Hope infatti era scoppiata in un pianto inconsolabile, singhiozzava così forte da rimanere senza fiato e le poche parole che pronunciava formavano un miscuglio di vocali e consonanti senza senso.
"No, piccola! Vieni qui." La prese in braccio e la bimba le tirò i capelli. "Ahia, Hope, mi fai male!" si lamentò Marisa. Capiva che fosse arrabbiata, ma accidenti, lei stava soffrendo parecchio. "Amore, adesso ti mostro una cosa, va bene?"
La mise giù, liberando i suoi capelli martoriati da quella stretta, prese il peluche di uno jackalope e, grazie alla sua magia, questo si mosse. Camminò arrivando accanto alla bambina più piccola, poi a Mackenzie, dopodiché saltò sul divano e corse per la stanza mentre le bambine, contagiate dal continuo movimento del finto animaletto, lo seguivano per prenderlo. Marisa cercava di schivarle quando allungavano le mani, ma alla fine lasciò che prima fosse Hope ad afferrarlo e poi Mackenzie, in modo da rendere felici entrambe. Infine fece tornare a sé il coniglio e terminò l'incantesimo con l’animale che, da solo, si riposizionava nel cesto.
Wow, è stato fantastico, Marisa! Mackenzie alzò le mani. Anche Kaleia e Sky lo sanno fare?
"Sì, se lo chiedi loro ti accontenteranno."
"Bello, bello, bello!" non smetteva di ripetere Hope.
Ogni traccia di pianto era ormai scomparsa per lasciare posto al suo meraviglioso sorriso.
La strega ridacchiò al pensiero che, una volta usciti i genitori, Mac aveva commentato:
Ma come fai a essere una strega buona? Quelle delle favole sono cattive.
“Non tutte, tranquilla. Io sono buonissima.”
Ci mostri qualcos'altro?
Quella domanda la riportò alla realtà.
Marisa si ricordò di tenere una cosa nella borsa e che aveva portato apposta, in particolare per la più grande. Mentre la prendeva, Mackenzie le raccontava dei giorni di scuola, delle compagne e dei cuccioli che lei e Hope avevano ricevuto. Agni riposava sullo schienale della poltrona, con le alette chiuse e la testina sopra una zampa, Lilia sdraiata su un fianco, con la boccuccia aperta e la linguetta fuori.
Cos'è quella? chiese la bambina.
Marisa stringeva fra le mani una sfera avvolta da una fitta nebbia che impediva di vederla bene. In che modo avrebbero potuto giocarci e divertirsi?
"Questa, bambine, è una sfera di cristallo. Chiedetele quello che volete sul futuro e vi risponderà. Si chiama preveggenza."
Pro… Provenza tentò Mackenzie.
Le pareva di aver sentito quella parola, ma non era una regione della Francia? Che c'entrava con la sfera?
"No, Mackenzie, preveggenza" ripeté Marisa, più lentamente.
Preveggenza. Wow, ci sono riuscita! esultò l’altra, alzandosi in piedi e battendo le mani dopo averle passato il foglietto.
"Sì, bravissima."
Ho imparato una parola nuova! Non vedo l'ora di dirlo alla mamma.
Era un termine fichissimo. Era sicura che né Lizzie né Katie sapessero cosa significava e desiderava incontrarle di nuovo per spiegarlo a entrambe.
La strega provò a far capire a Hope, con un esempio semplice, come funzionava la sfera, ma la piccola non era abbastanza cresciuta per pensare al suo futuro. Dato che non avrebbe potuto partecipare a quel gioco, animò un altro peluche.
Mentre la bambina lo inseguiva, lo accarezzava e prendeva di nuovo a corrergli dietro, Mackenzie si concentrò.
Che devo fare?
Pochi istanti dopo, chiuse gli occhi come la ragazza le aveva detto. Prese in mano la sfera di cristallo che si trovava sul tavolo del salotto, davanti a lei.
"Ora pensa a una domanda da porle."
Mackenzie si passò l'altra mano sulla fronte come per trattenere lì i pensieri che, altrimenti, le sarebbero sfuggiti.
Passerò il prossimo compito in classe? chiese, tremando appena non tanto per la paura di prendere un brutto voto, che comunque aveva sempre, quanto perché non sapeva se fosse una domanda facile per la sfera.
"Puoi aprire gli occhi e vedere la risposta" le annunciò Marisa.
Su di essa c'era l'immagine della lettera B.
Una B? Fantastico! esclamò la bambina. Non è il massimo, ma nel mio mondo è un bel voto, sai?
"Bene, sono contentissima per te. Vuoi riprovare?"
Okay. Eseguì lo stesso procedimento. Cosa succederà nel prossimo episodio di Pixie Club?
Nonostante fosse uno spoiler non poté astenersi dal chiederlo, fu più forte di lei e aspettò la risposta battendo la punta di un piede a terra.
Apparve l'immagine di sette pixie che contavano con le mani fino a cento.
Quindi impareranno a contare fino a quel numero? Oh, io lo so già fare. Vuoi sentire, Marisa?
"Certo, Mackenzie."
Dopo averlo fatto e ricevuto complimenti, domandò:
Mi insegni altro?
"Curiosa, eh?" “Considerava la curiosità una grande qualità. Avere voglia di imparare, di scoprire cose nuove, porta chiunque ad arricchirsi sempre di più.”
Sperò di non aver usato termini troppo difficili, ma Mackenzie disse di essere d’accordo.
Marisa le prese la mano e, dopo che entrambe ebbero toccato la sfera, la nebbia si diradò.
Ma è bellissimo!!!
Avrebbe voluto urlarlo, ma si limitò a metterci tre punti esclamativi per segnalare quanto le piacesse.
Hope, che nonostante la giovanissima età aveva già capito di non voler mai perdere un'esperienza che la sorella aveva fatto, chiese di provare.
"Oh!" trillò una volta finito, con gli occhi pieni di meraviglia.
Anch'io voglio essere magica come te. E un giorno lo sarò decretò Mackenzie, più decisa che mai.
"Ah sì? Ti auguro di riuscirci, allora, e ricorda: non smettere mai di credere nei tuoi sogni."
Mac la guardò intensamente: Marisa le aveva appena detto una cosa importante.
Anche la mamma si comportava così, a volte.
D'accordo.
In quel momento rientrarono i suoi genitori, le fate e gli altri umani. Dopo un breve saluto alle piccole, Christopher e Kaleia tornarono a casa.
Mentre Hope si faceva prendere in braccio dalla mamma, Mackenzie salutò i genitori. Batman le mancava. Ora aveva Lilia e, chissà, forse sarebbe riuscita a portarla a casa una volta finito quel sogno, ma avrebbe tanto voluto che i due si conoscessero. Ora, però, era troppo stanca per riprovare quella magia. Si avvicinò alla poltrona e accarezzò la sua cagnolina, pettinandole alcuni ciuffi che avevano deciso di non voler stare al loro posto. Riconoscendo la mano della padroncina, Lilia si svegliò, la leccò e volle essere presa in braccio.
"Marisa, ti fermi a cena?" le domandò Eliza dirigendosi in cucina.
"Mia madre spesso mangia anche da sola quindi sì, volentieri. Posso aiutarti?"
"No grazie, stai pure in salotto con gli altri."
Quando le si avvicinò, Demi ringraziò la strega per quello che aveva fatto.
"Figurati, è stato un piacere. Abbiamo giocato tantissimo, vero bambine?"
"Sì!" esclamò Hope saltellando attorno ai genitori.
Mamma, com'è andata la vostra passeggiata? domandò Mackenzie.
Era silenziosa. Che fosse successo qualcosa?
"Bene, piccola, sono solo stanca. Tra il lavoro e tutto il resto, sai com'è."
Restò vaga e la bambina fu soddisfatta di quella risposta. Sprofondò nel divano e allungò le gambe. Non era educato, ma i genitori non le dissero nulla e lei non se ne preoccupò. Mamma Demi le aveva spiegato che la stanchezza a volte non è tanto fisica, quanto mentale, e stare in una scuola in cui si studiavano materie magiche, tutte nuove per lei, era sì interessante, ma richiedeva tanta concentrazione.
“Vado a fare una doccia” annunciò Sky.
Poco dopo Lilia e Agni mangiarono di nuovo, ma tornarono presto.
 
 
 
Demetria si chinò per sfiorare la femmina di Arylu, che aveva il pelo ancora più soffice di Cosmo e accarezzò anche il draghetto. Il corpicino era ricoperto di squame. Si sarebbe aspettata che fosse stato appiccicoso come i pesci, ma in realtà la mano scorse senza problemi su di lui.
"Ciao, piccolo Agni" lo salutò, sorridendogli.
Il draghetto alzò la testolina e la strusciò contro il suo palmo e poi sul braccio, proprio come avrebbe fatto un gatto. Lei gli sfiorò piano la criniera. Non era calda, ma folta e morbidissima.
"Sei bellissimo" sussurrò, estasiata.
Hope era fortunata ad averlo, perché oltre a essere meraviglioso dal punto di vista fisico, sembrava anche una creaturina dolcissima.
"Posso?"
Anche Andrew si avvicinò e lo riempì di complimenti.
Vi piacciono? chiese Mackenzie.
“Ce ne siamo già innamorati” rispose Andrew parlando per entrambi.
Non volendo lasciare Marisa in disparte, Demetria le si sedette vicino.
"Kaleia non mi ha spiegato come siete arrivati qui. Ti va di parlarmene?"
L'altra raccontò tutto.
Nel frattempo, Sky tornò e toccò ad Andrew e poi a Noah lavarsi.
"È pazzesco! Vi trovate bene a Eltaria?"
Demi sorrise.
La sua interlocutrice era gentilissima, non la conosceva per niente, eppure si preoccupava per lei.
"Sì, Eliza e gli altri ci hanno accolti con calore."
"Mi fa piacere."
"Vivi da sola?"
Le bambine si stavano divertendo con i propri animaletti sul tappeto, davanti alle due ragazze. Ogni tanto Agni andava da Mackenzie e Lilia faceva lo stesso con Hope, così le piccole avevano modo di conoscere meglio il nuovo amico della sorella.
"No, con mia madre Zaria. Il che non mi dispiacerebbe, se non fosse che litighiamo spesso."
"Mi dispiace che non abbiate un bel rapporto. Io ne so qualcosa, anche se con mio padre e per motivi diversi."
"Io e Zaria avevamo un bel rapporto prima che decidessi di aiutare Kaleia. Abbiamo litigato anche oggi per questo motivo. Non so perché te ne sto parlando. Di solito non mi sbottono con le persone che non conosco, ma mi ispiri fiducia."
“Ti ringrazio, ne sono onorata. Mi spiace che abbiate litigato.”
“Anche a me.” Sospirò. “Penso sempre di esserci abituata, ma non è così, ed è brutto litigare con i propri genitori.”
Demetria trovò strano che qualcuno chiamasse la propria mamma anche per nome, a volte, ma ricordò che una sua compagna delle elementari lo faceva e che la cosa l’aveva sempre irritata.
“In che senso hai aiutato Kaleia?”
“Le ho dato io quell’amuleto che avrai visto. Ti ha spiegato a cosa serve?”
L’altra annuì.
“Nel frattempo l’ho ospitata a casa mia allo scuro di mia madre. Zaria rispetta con scrupolosità le leggi magiche, in più essere strega la influenza e tutto ciò che va contro di esse, come per esempio l'amore tra Kaleia e Christopher e il loro bambino, la manda in bestia."
"Accidenti."
"Non so che voglia dire ma sì, non è una bella cosa. In più, c'è la questione di Willow."
"La gatta di Chris e Kia? Che c'entra?"
"Prima era sua, ma non se ne prendeva cura. Io, però, non me ne sono resa conto."
Demi spalancò gli occhi e la bocca; quando, anche nel suo mondo, sentiva che qualcuno non si occupava di un animale, o ancora peggio lo picchiava o gli faceva del male in altro modo, soffriva. Strinse i pugni. Avrebbe tanto voluto pestare i piedi, gridare parolacce e insulti con tutto il fiato che aveva in corpo fino a rimanere senza voce, ma si aggrappò alla stoffa del divano, trasse dei respiri profondi con le narici che si dilatavano sempre più e, anche se con uno sforzo immane, si trattenne. Sulla Terra avrebbe pianto, ma in quel momento la rabbia fu più forte. Era convinta che chi ferisce gli animali è da considerarsi una vera e propria bestia. In California, come in molti altri Paesi della Terra, maltrattare un animale, e questo comprendeva anche il non nutrirlo e il non prendersene cura era reato punibile con il carcere. Ormai aveva capito che lì a Eltaria non esistevano cose del genere e lo reputava ingiusto. Non le andava bene che chi compiva orrori simili restasse impunito, non era corretto. E non gliene fregava niente che quello fosse un altro mondo e che si trovassero dentro un sogno, non era giusto lo stesso. Per quanto apprezzasse la dolcezza e la gentilezza di Marisa, non aveva idea di come si sarebbe comportata se si fosse trovata davanti sua madre, una donna che, anche soltanto per quello che aveva fatto a Willow, disprezzava con tutta se stessa.
"So che adesso la odi" riprese la strega, come leggendole nel pensiero.
"Forse odio è una parola troppo forte. Non la conosco e non dovrei permettermi, ma come potrei non disprezzarla dopo quello che mi hai raccontato?"
La sua voce si alzò parecchio, tanto che le bambine la guardarono, Lilia smise di giocare, Agni di svolazzare ed Eliza venne a chiedere se andava tutto bene. Sky era sparita, forse in camera sua a trovare un po' di tranquillità assieme a Noah ormai tornato dalla doccia, per riflettere sulle tematiche delicate affrontate quel pomeriggio con i suoi amici.
"Lo capisco e non la voglio giustificare."
"Ci mancherebbe solo questo" non poté astenersi dal ribattere Demi.
L'altra abbassò lo sguardo.
“Scusami, Marisa” riprese la cantante, in tono pacato. “Non avrei dovuto. È pur sempre tua madre.”
“Figurati. Mi vergogno a dirlo, perché le voglio bene nonostante tutto, ma anch’io a volte ho pensato questo. Non è corretto, lo so.”
Demi sospirò.
“A volte le nostre emozioni sono più forti di qualsiasi cosa.” Le prese la mano e la tenne per qualche secondo. “Non fartene una colpa. Anch’io ho odiato mio padre e ci sono stata malissimo.”
Marisa sorrise e la ringraziò.
"Io non mi sono accorta di quello che succedeva a Willow perché mia madre, non volendola in casa, la teneva sempre fuori e la incontravo molto poco, dato che era una gatta che girava spesso. La vedevo soltanto quando tornava entrando dalla finestra della mia stanza. Sì, sì, so cosa stai per dire e hai ragione: sono stata cieca, non so come ho fatto a non rendermi conto di quello che succedeva. Non me lo perdono” concluse, la voce venata di sofferenza.
Era impallidita all’improvviso.
“E quando te ne sei accorta?”
Trasse un pesante sospiro.
“Nel momento in cui ha cominciato a dimagrire così tanto. Il senso di colpa mi tormenta ancora oggi” ammise con voce strozzata. “Avrei voluto parlarne con mia madre, chiederle perché lo faceva, dirle che mi sarebbe piaciuto dare la gatta a qualcun altro dato che non potevo permettere che la trattasse così, ma avremmo litigato e io avrei perso, lei mi avrebbe ferita nel profondo con qualche commento pesante avendola vinta. È sempre così, tra noi. Per questo me ne prendevo io cura al meglio, poi grazie al cielo Kaleia se l'è portata a casa."
"Non puoi sempre sottostare a tua madre, non decidere mai niente per te o per gli altri, Marisa" cercò di farle capire Demi, in pena per lei e addolcendo ancora di più il tono.
Marisa voleva di sicuro bene sia alla madre che a Kaleia, benché in modo diverso, e desiderava tenerle accanto entrambe, ma questo la metteva in mezzo a loro e in una situazione scomoda.
L’altra sospirò.
"Hai ragione, ma non è facile. Anche perché le voglio comunque bene, il che complica le cose. So che mia madre in parte è cattiva,” mormorò, “ma in fondo ha un buon cuore."
La cantante le chiese di spiegarsi e la strega le raccontò del momento in cui aveva fatto una croce sul polso di Kaleia per aiutarla: avrebbe dovuto essere un modo di stabilizzare le due metà del suo animo, ma aveva funzionato a metà.
“Che significa?”
“Che continuava comunque a svenire ed era quello che cercava di evitare.”
“Quindi, dato che ha iniziato a farlo quando lei e Chris si sono innamorati, se Zaria l’ha aiutata vuol dire che ha accettato il loro amore.”
"Sì, ma quando Kia è rimasta incinta e mia madre ha saputo del bambino è uscita di nuovo di testa. Per fortuna alla fine la situazione si è risolta, anche se noi due litighiamo ancora."
Demi inspirò ed espirò più volte.
No, non avrebbe mai capito del tutto il motivo per cui Marisa non si fosse accorta della condizione di Willow, anche se non le sembravano scuse, e il suo rapporto con quella donna.
"Cambiamo argomento?"
Ti prego, fa’ che accetti!
Parlarono del più e del meno fino a quando Demi non fece la doccia, poi cenarono. Marisa li lasciò dopo mangiato.
Gli animaletti si erano addormentati di nuovo dopo un altro pasto e aver giocato tra di loro e con le padroncine. Sfiniti ma sereni, anche gli altri andarono a dormire.
 
 
 
A notte fonda, Andrew si svegliò di soprassalto. Si alzò di scatto e dovette aggrapparsi al comodino, cercandolo a tentoni, per non finire a terra. Si diresse in bagno, che si trovava appena fuori dalla stanza, trascinando appena i piedi. Non avrebbe mai voluto rischiare di svegliare la fidanzata o le figlie. Agni e Lilia si erano addormentati nei lettini vicino ai piedi delle bambine. Lui aveva due gatti, Jack e Chloe e adorava i momenti nei quali, la sera, saltavano sul suo letto per stargli accanto. Era sicuro che
Demi non avrebbe avuto nulla in contrario, visto che anche Batman e Danny lo facevano con regolarità.
Una volta in bagno si sedette sul pavimento freddo, accanto al water, e cercò di rallentare il respiro accelerato. Inspirò ed espirò piano, tirò dentro l'aria e contò fino a dieci prima di liberarla. Il tempo passò senza che la sua situazione accennasse a migliorare. Non si era trattato solo di un incubo, se fosse stato così dopo un po’ si sarebbe calmato.
"Che mi succede?" chiese a fatica, a voce bassissima.
Sudava, le mani gli diventarono appiccicose nel giro di pochissimi secondi e non faceva in tempo ad asciugarle sui pantaloni del pigiama che queste si bagnavano di nuovo. Il sudore gli colava anche dalla fronte e non solo. Da veloce, il respiro si spezzò. Non c'era aria, lì dentro, stava soffocando. Doveva uscire o sarebbe impazzito. Ma quando provò ad alzarsi in piedi, la testa gli vorticò a una velocità impressionante e fu costretto a rimettersi seduto. Chiuse le mani a pugno, le tenne strette per qualche secondo e poi le riaprì. Una tecnica che gli aveva insegnato non ricordava chi, dicendogli che in quel modo il sangue scorreva meglio nel suo corpo e lui sarebbe riuscito a tranquillizzarsi, anche se non sapeva se fosse vero, dato che aveva funzionato solo poche volte.
Sto morendo, non c'è aria.
La sua vita sarebbe finita lì, in un bagno, senza nessuno accanto.
L'unico rumore che si udiva nella stanza era quello dei suoi respiri. Nel pomeriggio aveva detto che la depressione era come un luogo buio e freddo. Ora non tremava a causa di quest'ultimo, ma l’oscurità lo circondava, lo sovrastava, lo avviluppava tra le sue spire come un serpente che non aspettava altro che divorarlo. Si mise carponi, non sarebbe mai riuscito ad alzarsi in quelle condizioni, e cercò di proseguire dritto davanti a sé. Il panico rischiava di immobilizzarlo, il respiro così affaticato lo portava a credere che da lì non sarebbe mai riuscito a muoversi. Invece ce la stava facendo. Ci mise un minuto buono a raggiungere la porta con sforzi immani, nonostante fosse a un metro da lui.
Gli venne in mente Demi quando, l'estate del 2011, pochi mesi dopo essere uscita dalla clinica, aveva avuto una delle sue ricadute. Non solo aveva vomitato dopo aver mangiato pochissimo pensando che i genitori non ne sarebbero venuti a conoscenza, ma la notte il suo dolore era aumentato così tanto che si era tagliata con la lametta di un temperino. Dianna, Eddie, Dallas e Madison dormivano ma lui, a casa propria, aveva avuto un sesto senso o qualsiasi cosa fosse e si era precipitato da lei con la sorella Carlie, aiutandola a rimettersi in sesto. Le aveva curato le ferite com'era capitato tante altre volte anche in passato. Solo ad Andrew, infatti, Demi aveva confessato di tagliarsi un anno dopo aver iniziato e l'aveva implorato di non raccontare nulla ad anima viva. Lui, da stupido, aveva accettato dopo parecchie esitazioni, non rendendosi bene conto, forse, della gravità del problema o forse per immaturità. Se n'era pentito così tanto da quando era entrata in clinica! Demi non l'aveva chiamato ogni volta che si era fatta male e quindi lui aveva pensato, da vero idiota, che accadesse solo a volte, ma anche questa non era una giustificazione, visto che fin da subito si era reso conto che quel problema era grave.
Eddie e Dianna avevano fatto bene a sgridarli entrambi. Ad ogni modo si erano svegliati, quella sera del 2011, perché avevano sentito Demi urlare. Giorni dopo Andrew gliene aveva chiesto la ragione. Demetria aveva domandato al cielo che qualcuno la aiutasse, qualcosa in fondo al proprio essere le aveva detto di non arrendersi, una flebile speranza la cui fiamma non si era spenta.
Dianna, vedendola con quei tagli, per fortuna superficiali, aperti, si era spaventata a morte come farebbe ogni madre. Demi allora era stata colta da un attacco di panico perché non voleva che la mamma le restasse accanto in un momento del genere, sapendo che avrebbe sofferto tantissimo, più di quanto stava già facendo.
E lui com'era riuscito a farle passare l'attacco?
"Dicendole di concentrarsi su qualcosa di positivo e lei ha pensato al mare" gli sussurrò una vocina dentro di sé.
Il mare. Piaceva anche a lui. Doveva provarci.
Le onde vanno su e giù, su e giù in un continuo movimento pensò. Le aveva detto che sembravano un grande respiro. Come il mare.
Inspirò ed espirò profondamente. Immaginò di camminare su una spiaggia di sabbia bianchissima, con i gabbiani che volavano sopra di lui e, davanti a sé, un mare dalle acque cristalline e senza confini. La sabbia era tiepida e cedevole sotto i propri piedi e il sole, non troppo caldo, gli colpiva il viso. Una brezza leggera che sapeva di sale lo accarezzava come avrebbe fatto una mano amica. All'inizio gli venne più facile iperventilare, ma non si arrese, nonostante la spossatezza dovuta all'ansia che gli schiacciava i polmoni. Tentò e ritentò, prima con respiri piccoli e poi sempre più grandi, chiuse e aprì le mani varie volte e alla fine, dopo interminabili minuti, il suo respiro tornò regolare. Andrew trasse un lunghissimo sospiro di sollievo. Era riuscito a superare un attacco di panico senza prendere l'ansiolitico, il Lexotan, che comunque aveva assunto quella mattina, dato che non era stato bene.
Tornò a letto e si infilò piano sotto le coperte.
Demi, però, era sveglia e lo stava aspettando.
"Tutto bene? Non ti ho sentito alzarti, ma poi mi sono accorta che il tuo posto era vuoto. Ci hai messo un po'."
Parlò a voce bassissima per non svegliare le figlie e i loro animaletti.
"Ho avuto un attacco di panico violento" rispose lui, senza forze.
"Avresti potuto chiamarmi!"
La ragazza si mise a sedere di scatto.
"Demi, tranquilla.” Le prese la mano e lei si rilassò appena, sdraiandosi di nuovo accanto a lui. “Non ne ho avuto la forza. Sono a mala pena riuscito a muovermi, dentro quel bagno, a causa dell'ansia che mi bloccava, come se il mio corpo fosse paralizzato."
"Capisco anche troppo bene la sensazione. Ma ti sei mosso, è una gran cosa."
"Sì e sono riuscito a superarlo senza medicine."
"È meraviglioso! Ora come ti senti? Vuoi dell'acqua?"
"Sì, grazie, ho la bocca secca. Sono stanchissimo, ma per il resto sto bene."
Demi tornò poco dopo con un bicchiere che gli passò.
"Grazie."
Andrew bevve a piccoli sorsi.
"A volte è difficile capire le cause che scatenano l'ansia o il panico, ma secondo te come mai ti è venuto?"
"Credo per tutti questi cambiamenti. Una settimana fa eravamo a casa tua, nel nostro letto, vivevamo la vita di tutti i giorni e adesso ci ritroviamo in un mondo magico, in un sogno di Mackenzie e dove tutto è nuovo. Ci sono magia e creature magiche e siamo riusciti a conoscere più o meno bene molti di quelli che abbiamo incontrato, nel giro di pochissimi giorni. Insomma, stiamo bene, ma è anche strano."
"Concordo, non avresti potuto esprimerlo meglio."
"Mi piacerebbe passare all'orfanotrofio, domani mattina. Non voglio disturbarvi, ma solo venire in visita."
"Per me va benissimo, ne sarei felice! Per Eliza non ci saranno problemi, credo, ma domandale per sicurezza."
Lui annuì.
La fidanzata gli parlò di Kady e di tutto ciò che aveva pensato riguardo a lei.
"Sì," convenne l'uomo, "è probabile che sia sempre felice per nascondere il proprio dolore, ma magari in parte è anche così di carattere. Che bambina coraggiosa! Però mi dispiace per lei."
"Già, anche a me e sì, è molto forte. Se fosse possibile vorrei adottarla."
"Lo faresti con tutti, e anch’io. Sono sicuro che presto troverà una famiglia che la amerà."
Dopo un abbraccio e un bacio casto su una guancia, si riaddormentarono e riposarono tranquilli tutta la notte.
   
 
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