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Autore: LadyHeather83    23/03/2021    2 recensioni
Adrien e Marinette si sono sposati. Hanno una bella casa, un lavoro entrambi alla Maison Agreste e tre figli: Louis, Emma e Hugo, e anche il tanto agognato criceto.
Un equilibrio stabile, che verrà sconvolto dal ritorno di un nemico che credevano sconfitto.
Terza parte della serie ENSEMBLE CONTRE LE MONDE . Long precedenti BEST FRIENDS e LE ALI DELLA FARFALLA.
Genere: Azione, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Lila, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Papillon
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ensemble contre le monde'
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Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 5

*

La voce metallica e camuffata dall’altro capo del telefono le stava offrendo su di un piatto d’argento la notizia della sua vita.

Quella a cui nessuno fino ad ora, era riuscito a fare chiarezza, nemmeno la stessa polizia, che per anni aveva ipotizzato chi si potesse nascondere dietro la maschera del famigerato Papillon.

“Come ha detto prego?”

“So chi è Papillon.” Ribadì non aggiungendo altro.

“Senta, non ho tempo da perdere, arrivederci.” Stava per chiudere quella conversazione, quando udì il nome di Gabriel Agreste, pochi istanti prima di appoggiare la cornetta.

Alya non approfondì il discorso e troncò quel colloquio sul nascere, ma credere o non credere a quella notizia?

Che si trattasse di uno scherzo di cattivo gusto?

La carriera di Gabriel Agreste stava giungendo al termine, e presto avrebbe lasciato il posto a Marinette come capo stilista della casa di moda, non si sapeva bene ancora il momento preciso che Agreste avrebbe sganciato la bomba.

Ma la bomba stava invece per essere sganciata su di lui.

Il telefono trillò di nuovo ed Alya rispose con il classico “Pronto?”.

Ancora quella voce metallica.

“Io ti offro lo scoop della tua vita e tu che fai? Mi metti giù? No, no, non si fa così Alya Cesaire.” Il modo in cui lo disse, ad Alya sembrò di stare dentro un film dell’orrore, quella voce era alquanto inquietante, e la paura di venire presto squartata da un maniaco qualsiasi che si trovava dietro di lei, aveva preso il sopravvento.

Si voltò di scatto, ma oltre all’appendiabiti e al suo soprabito con il cappello, non c’era altro.

Sospirò e cercò di tranquillizzarsi.

“E io dovrei credere a un pazzo?” Aveva dato per scontato che si potesse trattare di un maschio.

“Puoi fare quello che vuoi…o pubblichi te la notizia, oppure ti prometto che Gabriel Agreste verrà arrestato molto presto.”

“Io non pubblico un bel niente.” Non solo perché lo stilista era il padre di uno dei suoi migliori amici, ma anche perché quella voce dall’altro capo del telefono non gli stava dando prove concrete di quello che stava dicendo.

Se il tutto non si fosse rivelato vero, sarebbe stata licenziata e mandata a dirigere qualche giornaletto di quint’ordine, se le fosse andata bene e i legali di casa Agreste non l’avessero rovinata per quella calunnia.

“Ti do l’ultima possibilità…

“Non ci sono prove che Gabriel Agreste sia in realtà Papillon.”

“Ho un video che lo dimostra. Se vuoi te lo mando.”

Alya scosse il capo, anche se la notizia si fosse rivelata in qualche modo vera, non l’avrebbe mai pubblicata, e non aveva intenzione di scoprirlo.

“Ti ho già detto che non sono interessata, e non chiamarmi mai più.”

“Hai fatto la tua scelta, Alya Cesaire”.

Dopo quelle parole, non udì più niente, se non il classico suono del telefono libero.

La ragazza si portò le mani sui capelli, appoggiando i gomiti sulla scrivania.

Sbuffò un paio di volte.

Non era raro ricevere in redazioni notizie simili.

C’era chi diceva di aver visto il mostro di Lochness nella Senna; chi era sicuro di aver intravisto fluttuare un ufo sopra la Tour Eiffel;  e così discorrendo.

La segreteria della giornalista, era piena di assurdità, ma l’ultima telefonata ricevuta, l’aveva un po’ spiazzata, forse perché era quasi mezzanotte, e lei si ritrovava ancora in ufficio a lavorare sul menabò del giornale, oppure perché il nome fatto, era alquanto conosciuto e la toccava in maniera personale.

Alya pensò che per la giornata poteva bastare così.

Spense il computer e anche la luce dell’ufficio.

*

Marinette si era alzata tardi quella mattina.

Erano quasi le otto.

Di solito, non si svegliava più tardi delle sei, e alla vigilia di una sfilata, era capace di trovarsi già in piedi alle quattro e trenta del mattino, a lavorare sugli ultimi dettagli degli abiti e dell’organizzazione.

Scostò le tende rosse del lussuoso albergo dove avevano pernottato, uno dei tanti di proprietà della famiglia di Chloè Bougeois.

E oltre al suo riflesso, poteva godere della splendida giornata che stava regalando Londra, il tutto contornato dal Big Beng in bella vista.

Indossava una camicia bianca, raccolta per terra, e dalla lunghezza si poteva intuire che fosse di Adrien.

Il biondo, senza fare rumore, si era avvicinato a lei, spostato dal collo i lunghi capelli neri e baciato sensualmente quella parte sensibile di lei.

“Buongiorno, principessa.”

Era nudo dietro a lei, non aveva avuto la decenza di mettersi qualcosa addosso, non che a Marinette questo dispiaceva, anzi, ammirare suo marito come mamma lo aveva fatto, la mandava in estasi.

Da quando si erano messi insieme, non guardava più il suo fisico statuario sulle riviste, e aveva avuto il privilegio di vederlo modellarsi nel corso di quegli anni, dal vivo.

“Buongiorno a te, mio principe!” Lasciò cadere all’indietro la testa, che venne accolta dall’incavo della suo collo.

Adrien l’abbracciò e la cullò per qualche secondo.

“Ti sei rilassata ieri sera?” Le sussurrò malizioso.

Mmmm…non sai quanto! Ci vorrebbero più serate così”.

“Scappiamo via, io e te!”

Lei sogghignò “Dimentichi un particolare…tre piccole pesti che ci aspettano a casa.”

Lo riportò alla realtà in men che non si dica, facendogli sciogliere quell’abbraccio.

“Uffa!” Si gettò sul letto, affondando la faccia sul cuscino.

Però…una fuga d’amore, con la scusa di controllare qualche negozio o sede distaccata, la si può sempre fare.” Si sedette vicino a lui iniziando a massaggiargli la schiena muscolosa e perfetta “Abbiamo quattro nonni che non vedono l’ora di passare più tempo con i loro nipoti.” Gli sussurrò all’orecchio continuando il suo lavoro.

“E’ da ieri che non li sentiamo, che sia il caso di fargli una telefonata?” Chiese Adrien alzando la testa e guardando lo smart phone appoggiato sul comodino.

Mmm, no…Marinette sempre più sensuale, si mise a cavalcioni dietro di lui, in una posizione migliore.

“Cerchi guai, ragazzina?” Con un colpo di anca, Adrien si girò e trasse a se Marinette, baciandola appassionatamente.

“Io volevo solo farti un massaggio per scaricare un po’ la tensione.” Disse maliziosa passandosi inumidendo le labbra con la lingua.

“Ho un’altra idea per scaricare la tensione.” Il telefono del biondo iniziò a trillare “…ed è questa.” Disse in tono rassegnato rispondendo alla chiamata di suo padre.

Se si trattava di un’altra persona, con molta probabilità non avrebbe risposto, anzi, lo avrebbe gettato fuori dalla finestra per evitare di essere disturbato di nuovo, mentre lui e la sua signora si stavano intrattenendo con altro.

Anche il cellulare di Marinette suonò.

Alya? Ciao, come stai?”

Marinette…” Disse con voce preoccupata che cercò di camuffare sembrando contenta, ma la corvina conosceva bene quella ragazza, erano amiche da sempre, e se c’era qualcosa che la preoccupava, lo poteva captare da kilometri di distanza. “…possiamo vederci oggi pomeriggio?”. Chiese con voce tremante.

“E’ successo qualcosa con Nino? Ai ragazzi?” Domandò senza dirle che non era in città.

“No, no, stanno bene. Anzi stiamo bene. Ma c’è una cosa di cui ti devo assolutamente parlare.”

“Non sono a Parigi. Sono a Londra con Adrien, torniamo domani. La cosa può aspettare o vuoi che ne parliamo per telefono?”

“Per telefono no. Va bene se ci vediamo di persona domani.”

“Ti chiamo quando arriviamo.”

“A domani, Marinette.”

“A domani, Alya”.

L’espressione di Marinette non prometteva nulla di buono e Adrien se ne accorse subito, impossibile non notare quello sguardo perso e pensieroso.

“Tutto bene?” Le aveva chiesto.

“Non lo so, Alya non mi ha detto niente, solo che mi voleva parlare, e ho avuto l’impressione fosse qualcosa di importante”.

“Anche papà mi sembrava strano, però ha detto che i ragazzi stanno bene”.

Non aveva accennato del fatto che Nooro era stato portato via e del quasi incidente di Hugo, ma sicuramente Gabriel, glielo avrebbe detto una volta ritornati a Parigi.

*

Controllò più volte le videocamere di sorveglianza, senza cavarne un ragno da un buco.

“Maledizione” Aveva imprecato lo stilista, e per poco, non fece volare lo schermo per pc.

Continuava ad esaminare quei filmati, quei dieci minuti in cui si vede chiaramente Nathalie aprire la cassaforte e sembra stia parlando con qualcuno che le sta accanto, ma di fatto la telecamera non aveva ripreso niente.

Che fosse stato un kwami?

Ne dubitava, non ne esistono di cattivi o di cinici, anzi, sapeva da Marinette che erano piuttosto indisciplinati e come bambini piccoli, tranne Tikki e Wyzz, i più saggi del gruppetto di animaletti.

“Niente?” Nathalie era entrata nel suo studio con un vassoio d’argento contenente un the al limone e dei biscotti secchi.

Gabriel scosse il capo rassegnato e si massaggiò la cima del naso, poi prese la tazza fumante e ne bevve un sorso, il vapore gli fece appannare gli occhiali.

Ahah. Nonno non ci vede” Cantilenò Hugo apparso dietro la nonna.

“Spera di non dover mai indossare gli occhiali.”

“Perché? Loius li porta e anche nonna Nathalie” Fece spallucce il piccolo, come se il fatto di portare quell’oggetto, fosse la cosa più naturale del mondo.

Gabriel si era alzato per prendere un panno per pulire le lenti.

“Chiedi se sono contenti di averli.”

Ma il piccolino non fece caso a quella frase, perché la sua attenzione venne catturata dalla cassaforte aperta, dietro il quadro di Emilie.

Si avvicinò in maniera innocente e cercò di prendere il libro al suo interno, poteva leggere chiaramente la parola TIBET, accanto ad una effige della mamma di suo papà.

“Posso prenderlo?” Chiese indicando il volume.

“No tesoro, mi dispiace, è un libro antico.” Negò amorevolmente Nathalie portandosi alla sua altezza.

“E’ per questo che si trova in cassaforte?”

“Esatto”

Hugo sembrava dubbioso e pensieroso.

“La mamma e il papà hanno una scatola ovale rossa, è antica anche quella?”

Nathalie e Gabriel si guardarono stupiti, sapevano che stava parlando della Miracle Box, e deglutirono in contemporanea.

“Si, anche quella è antica.” Rispose l’uomo.

“La mamma dice che ci sono i suoi gioielli dentro.”

“Hugo! Eccoti dov’eri finito!” Arrivò Emma a salvarli da quella situazione imbarazzante “…meno male che sei qui, ti ho cercato dappertutto.”

I due bambini stavano giocando a nascondino e il più giovane se ne ricordò solo dopo aver visto la sorella, così corse più veloce di lei per schiacciare il punto della tana.

Gabriel doveva dire assolutamente a Marinette e ad Adrien della scomparsa di Nooro, visto e considerato che i suoi figli sapevano della scatola rossa, o almeno Hugo era quello che sicuramente sapeva, non poteva rischiare che anche gli altri miraculous venissero portati via.

Se qualcuno avesse preso sia Tikki che Plagg, sarebbe stato un disastro, in tutti i sensi possibili e immaginabili.

*

continua

  
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