Il ritorno
di Papillon
*
Capitolo 5
*
La
voce metallica e camuffata dall’altro capo del telefono le stava offrendo su di
un piatto d’argento la notizia della sua vita.
Quella
a cui nessuno fino ad ora, era riuscito a fare chiarezza, nemmeno la stessa polizia,
che per anni aveva ipotizzato chi si potesse nascondere dietro la maschera del
famigerato Papillon.
“Come
ha detto prego?”
“So
chi è Papillon.” Ribadì non aggiungendo altro.
“Senta,
non ho tempo da perdere, arrivederci.” Stava per chiudere quella conversazione,
quando udì il nome di Gabriel Agreste, pochi istanti prima di appoggiare la
cornetta.
Alya non approfondì
il discorso e troncò quel colloquio sul nascere, ma credere o non credere a
quella notizia?
Che
si trattasse di uno scherzo di cattivo gusto?
La
carriera di Gabriel Agreste stava giungendo al termine, e presto avrebbe
lasciato il posto a Marinette come capo stilista della casa di moda, non si
sapeva bene ancora il momento preciso che Agreste avrebbe sganciato la bomba.
Ma
la bomba stava invece per essere sganciata su di lui.
Il
telefono trillò di nuovo ed Alya rispose con il
classico “Pronto?”.
Ancora
quella voce metallica.
“Io
ti offro lo scoop della tua vita e tu che fai? Mi metti giù? No, no, non si fa
così Alya Cesaire.” Il modo
in cui lo disse, ad Alya sembrò di stare dentro un
film dell’orrore, quella voce era alquanto inquietante, e la paura di venire
presto squartata da un maniaco qualsiasi che si trovava dietro di lei, aveva
preso il sopravvento.
Si
voltò di scatto, ma oltre all’appendiabiti e al suo soprabito con il cappello,
non c’era altro.
Sospirò
e cercò di tranquillizzarsi.
“E
io dovrei credere a un pazzo?” Aveva dato per scontato che si potesse trattare
di un maschio.
“Puoi
fare quello che vuoi…o pubblichi te la notizia,
oppure ti prometto che Gabriel Agreste verrà arrestato molto presto.”
“Io
non pubblico un bel niente.” Non solo perché lo stilista era il padre di uno
dei suoi migliori amici, ma anche perché quella voce dall’altro capo del
telefono non gli stava dando prove concrete di quello che stava dicendo.
Se
il tutto non si fosse rivelato vero, sarebbe stata licenziata e mandata a
dirigere qualche giornaletto di quint’ordine, se le fosse andata bene e i
legali di casa Agreste non l’avessero rovinata per quella calunnia.
“Ti
do l’ultima possibilità…”
“Non
ci sono prove che Gabriel Agreste sia in realtà Papillon.”
“Ho
un video che lo dimostra. Se vuoi te lo mando.”
Alya scosse il capo,
anche se la notizia si fosse rivelata in qualche modo vera, non l’avrebbe mai
pubblicata, e non aveva intenzione di scoprirlo.
“Ti
ho già detto che non sono interessata, e non chiamarmi mai più.”
“Hai
fatto la tua scelta, Alya Cesaire”.
Dopo
quelle parole, non udì più niente, se non il classico suono del telefono
libero.
La
ragazza si portò le mani sui capelli, appoggiando i gomiti sulla scrivania.
Sbuffò
un paio di volte.
Non
era raro ricevere in redazioni notizie simili.
C’era
chi diceva di aver visto il mostro di Lochness nella
Senna; chi era sicuro di aver intravisto fluttuare un ufo sopra la Tour
Eiffel; e così discorrendo.
La
segreteria della giornalista, era piena di assurdità, ma l’ultima telefonata
ricevuta, l’aveva un po’ spiazzata, forse perché era quasi mezzanotte, e lei si
ritrovava ancora in ufficio a lavorare sul menabò del giornale, oppure perché
il nome fatto, era alquanto conosciuto e la toccava in maniera personale.
Alya pensò che per
la giornata poteva bastare così.
Spense
il computer e anche la luce dell’ufficio.
*
Marinette si era alzata
tardi quella mattina.
Erano
quasi le otto.
Di
solito, non si svegliava più tardi delle sei, e alla vigilia di una sfilata,
era capace di trovarsi già in piedi alle quattro e trenta del mattino, a
lavorare sugli ultimi dettagli degli abiti e dell’organizzazione.
Scostò
le tende rosse del lussuoso albergo dove avevano pernottato, uno dei tanti di
proprietà della famiglia di Chloè Bougeois.
E
oltre al suo riflesso, poteva godere della splendida giornata che stava
regalando Londra, il tutto contornato dal Big Beng in
bella vista.
Indossava
una camicia bianca, raccolta per terra, e dalla lunghezza si poteva intuire che
fosse di Adrien.
Il
biondo, senza fare rumore, si era avvicinato a lei, spostato dal collo i lunghi
capelli neri e baciato sensualmente quella parte sensibile di lei.
“Buongiorno,
principessa.”
Era
nudo dietro a lei, non aveva avuto la decenza di mettersi qualcosa addosso, non
che a Marinette questo dispiaceva, anzi, ammirare suo
marito come mamma lo aveva fatto, la mandava in estasi.
Da
quando si erano messi insieme, non guardava più il suo fisico statuario sulle
riviste, e aveva avuto il privilegio di vederlo modellarsi nel corso di quegli
anni, dal vivo.
“Buongiorno
a te, mio principe!” Lasciò cadere all’indietro la testa, che venne accolta
dall’incavo della suo collo.
Adrien l’abbracciò e
la cullò per qualche secondo.
“Ti
sei rilassata ieri sera?” Le sussurrò malizioso.
“Mmmm…non sai quanto! Ci vorrebbero più serate così”.
“Scappiamo
via, io e te!”
Lei
sogghignò “Dimentichi un particolare…tre piccole
pesti che ci aspettano a casa.”
Lo
riportò alla realtà in men che non si dica,
facendogli sciogliere quell’abbraccio.
“Uffa!”
Si gettò sul letto, affondando la faccia sul cuscino.
“Però…una fuga d’amore, con la scusa di controllare qualche
negozio o sede distaccata, la si può sempre fare.” Si sedette vicino a lui iniziando
a massaggiargli la schiena muscolosa e perfetta “Abbiamo quattro nonni che non
vedono l’ora di passare più tempo con i loro nipoti.” Gli sussurrò all’orecchio
continuando il suo lavoro.
“E’
da ieri che non li sentiamo, che sia il caso di fargli una telefonata?” Chiese Adrien alzando la testa e guardando lo smart
phone appoggiato sul comodino.
“Mmm, no…” Marinette
sempre più sensuale, si mise a cavalcioni dietro di lui, in una posizione
migliore.
“Cerchi
guai, ragazzina?” Con un colpo di anca, Adrien si
girò e trasse a se Marinette, baciandola
appassionatamente.
“Io
volevo solo farti un massaggio per scaricare un po’ la tensione.” Disse
maliziosa passandosi inumidendo le labbra con la lingua.
“Ho
un’altra idea per scaricare la tensione.” Il telefono del biondo iniziò a
trillare “…ed è questa.” Disse in tono rassegnato
rispondendo alla chiamata di suo padre.
Se
si trattava di un’altra persona, con molta probabilità non avrebbe risposto,
anzi, lo avrebbe gettato fuori dalla finestra per evitare di essere disturbato
di nuovo, mentre lui e la sua signora si stavano intrattenendo con altro.
Anche
il cellulare di Marinette suonò.
“Alya? Ciao, come stai?”
“Marinette…” Disse con voce preoccupata che cercò di
camuffare sembrando contenta, ma la corvina conosceva bene quella ragazza,
erano amiche da sempre, e se c’era qualcosa che la preoccupava, lo poteva
captare da kilometri di distanza. “…possiamo vederci
oggi pomeriggio?”. Chiese con voce tremante.
“E’
successo qualcosa con Nino? Ai ragazzi?” Domandò senza dirle che non era in
città.
“No,
no, stanno bene. Anzi stiamo bene. Ma c’è una cosa di cui ti devo assolutamente
parlare.”
“Non
sono a Parigi. Sono a Londra con Adrien, torniamo
domani. La cosa può aspettare o vuoi che ne parliamo per telefono?”
“Per
telefono no. Va bene se ci vediamo di persona domani.”
“Ti
chiamo quando arriviamo.”
“A
domani, Marinette.”
“A
domani, Alya”.
L’espressione
di Marinette non prometteva nulla di buono e Adrien se ne accorse subito, impossibile non notare quello
sguardo perso e pensieroso.
“Tutto
bene?” Le aveva chiesto.
“Non
lo so, Alya non mi ha detto niente, solo che mi
voleva parlare, e ho avuto l’impressione fosse qualcosa di importante”.
“Anche
papà mi sembrava strano, però ha detto che i ragazzi stanno bene”.
Non
aveva accennato del fatto che Nooro era stato portato
via e del quasi incidente di Hugo, ma sicuramente Gabriel, glielo avrebbe detto
una volta ritornati a Parigi.
*
Controllò
più volte le videocamere di sorveglianza, senza cavarne un ragno da un buco.
“Maledizione”
Aveva imprecato lo stilista, e per poco, non fece volare lo schermo per pc.
Continuava
ad esaminare quei filmati, quei dieci minuti in cui si vede chiaramente
Nathalie aprire la cassaforte e sembra stia parlando con qualcuno che le sta
accanto, ma di fatto la telecamera non aveva ripreso niente.
Che
fosse stato un kwami?
Ne
dubitava, non ne esistono di cattivi o di cinici, anzi, sapeva da Marinette che erano piuttosto indisciplinati e come bambini
piccoli, tranne Tikki e Wyzz,
i più saggi del gruppetto di animaletti.
“Niente?”
Nathalie era entrata nel suo studio con un vassoio d’argento contenente un the
al limone e dei biscotti secchi.
Gabriel
scosse il capo rassegnato e si massaggiò la cima del naso, poi prese la tazza
fumante e ne bevve un sorso, il vapore gli fece appannare gli occhiali.
“Ahah. Nonno non ci vede” Cantilenò Hugo apparso dietro la
nonna.
“Spera
di non dover mai indossare gli occhiali.”
“Perché?
Loius li porta e anche nonna Nathalie” Fece spallucce
il piccolo, come se il fatto di portare quell’oggetto, fosse la cosa più
naturale del mondo.
Gabriel
si era alzato per prendere un panno per pulire le lenti.
“Chiedi
se sono contenti di averli.”
Ma
il piccolino non fece caso a quella frase, perché la sua attenzione venne
catturata dalla cassaforte aperta, dietro il quadro di Emilie.
Si
avvicinò in maniera innocente e cercò di prendere il libro al suo interno,
poteva leggere chiaramente la parola TIBET, accanto ad una effige della mamma
di suo papà.
“Posso
prenderlo?” Chiese indicando il volume.
“No tesoro, mi dispiace, è un libro
antico.” Negò amorevolmente Nathalie portandosi alla sua altezza.
“E’
per questo che si trova in cassaforte?”
“Esatto”
Hugo
sembrava dubbioso e pensieroso.
“La
mamma e il papà hanno una scatola ovale rossa, è antica anche quella?”
Nathalie
e Gabriel si guardarono stupiti, sapevano che stava parlando della Miracle Box, e deglutirono in contemporanea.
“Si,
anche quella è antica.” Rispose l’uomo.
“La
mamma dice che ci sono i suoi gioielli dentro.”
“Hugo!
Eccoti dov’eri finito!” Arrivò Emma a salvarli da quella situazione
imbarazzante “…meno male che sei qui, ti ho cercato
dappertutto.”
I
due bambini stavano giocando a nascondino e il più giovane se ne ricordò solo
dopo aver visto la sorella, così corse più veloce di lei per schiacciare il
punto della tana.
Gabriel
doveva dire assolutamente a Marinette e ad Adrien della scomparsa di Nooro,
visto e considerato che i suoi figli sapevano della scatola rossa, o almeno Hugo
era quello che sicuramente sapeva, non poteva rischiare che anche gli altri miraculous venissero portati via.
Se
qualcuno avesse preso sia Tikki che Plagg, sarebbe stato un disastro, in tutti i sensi
possibili e immaginabili.
*
continua