Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Mondschein    25/03/2021    0 recensioni
JeanKasa
Modern!AU
Farsi convincere dalla propria famiglia ad andare in vacanza insieme a loro era stato un grande sbaglio, ma Mikasa dovrà ricredersi quando, a causa di un piccolo incidente in spiaggia, conoscerà Jean. Un incontro casuale che le permetterà di affrontare la relazione passata e chiuderne i battenti una volta per tutte, agguantando così una nuova esperienza, una nuova occasione.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eren Jaeger, Jean Kirshtein, Mikasa Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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«È fuori!» urlò Connie facendo il gesto con le mani, raccogliendo subito dopo la palla uscita dalla linea di campo. 
Jean imprecò, scusandosi con la sua squadra. «Mi spiace, la colpisco sempre troppo forte.» 
«Meglio così, il punto va a noi.» Eren rise di gusto, beccandosi un terzo dito da Jean. 
«Fottiti.» 
«Ma fottiti tu!» 
«Finitela» sospirò Mikasa raccattando la palla dalle mani di Connie. Si posizionò dietro la linea di campo ricoperto dalla sabbia, pronta a battere con una schiacciata. 
Non ricordava a chi era saltata l'idea di giocare tutti assieme a pallavolo. I due gruppi si erano incontrati al bar e uno degli amici di Eren, forse Reiner, aveva proposto con cortesia di giocare a pallavolo qualche volta se ne avevano voglia. Tutti accettarono di buon grado e il pomeriggio stesso avevano deciso di andare al campo. 
«Palla!» trillò Mikasa, prima di battere, direzionando la palla in modo perfetto verso il campo avversario. Tornò indietro dopo due palleggi ed ebbero l'opportunità di fare nuovamente punto. 
«Sì, cazzo!» esclamò Reiner, dopo aver schiacciato la palla a rovescio. 
«Ancora due punti Mikasa! E abbiamo vinto!» esclamò Connie estasiato e alzò il pollice in su.
«Vi piace vincere facile, eh? Senza offesa ragazzi, ma non sapete giocare.» 
Jean lo disse con il sorriso, ma odiava aver scelto a caso i membri della sua squadra; purtroppo non conosceva le loro capacità e il suo spirito competitivo stava soffrendo.
Quando la partita si concluse con la vittoria della squadra di Eren, decisero di andare in spiaggia per passare le ultime ore del pomeriggio a rilassarsi sotto il sole, che pian piano scendeva verso ovest. 
«Non ho ancora visto l'alba» disse Jean perso un po' nei pensieri. Mikasa rivolse a lui un'occhiata veloce e poi tornò a guardare le onde infrangersi nella sabbia. 
«Dobbiamo svegliarci alle sei o prima, ti rendi conto?» Marco sorrise, sapendo quanto il suo amico detestasse svegliarsi presto la mattina. Jean non replicò, stringendosi nelle spalle. Si voltò verso Mikasa che era seduta a poche braccia lontana da lui che parlava con Hitch di qualcosa, ma non sembrava molto attenta al monologo della loro amica. 
«Mika, tu ci saresti domani mattina all'alba?» 
Destò a Mikasa la sua completa attenzione che strabuzzò gli occhi e scosse il capo, come se non avesse capito. «Come?» 
«Volevo sapere se domani verresti venire con me a vedere l'alba.» 
Mikasa sembrò pensarci su, ma la sua risposta voleva essere lesta e chiara: sì.
«Perché no?» disse invece, ma a Jean bastò lo stesso per renderlo felice. 
«Perfetto!» 
«E quindi domani andrete via?» Mikasa non ebbe nella voce nessun tono particolare. Era una domanda che però la faceva rattristare. 
«Purtroppo sì, il tempo della mia vacanza è finito.» Jean era dispiaciuto e spostò il suo sguardo sul mare. «Mi mancherà.» 
Il mare non sarebbe stata l'unica cosa che gli sarebbe mancato, e quella consapevolezza lo rendeva a dir poco nervoso. 
Mikasa era stata un'ottima compagnia e gli dispiaceva pensare che se avesse potuto, sarebbe rimasto ancora qualche giorno. 
La conosceva a malapena, e proprio quando il loro rapporto sembrava essersi consolidato, ecco che rischiava di essere troncato a causa della distanza. Distanza si fa per dire, visto che abitavano entrambi a Monaco, ma si sarebbero più rivisti anche al di fuori delle vacanze? 
Jean sperava di sì. 
«Domani vengo con te a vedere l'alba.» 
E a quelle parole Jean divenne paonazzo, ma poi sentì le sue guance accaldarsi. Si affrettò ad alzarsi, evitando di farsi vedere dalla ragazza in quello stato. 
«Così sia!» disse spensierato e raggiunse Connie e gli altri a giocare a palla in mare.

***

La sveglia suonò alle cinque e venti e Mikasa si affrettò a spegnerla. Fece attenzione a non svegliare la sua famiglia quando si alzò per prepararsi. 
Fu pronta in un quarto d'ora, mentre il buio e il silenzio ancora avvolgevano il campeggio dormiente. Trovava strana quella quiete quasi anormale, ma si voleva godere quegli attimi in cui camminava per raggiungere lo chalet di Jean, prima che potesse dimenticarne la sensazione. A Monaco mancava proprio questo: l'aria satura di profumo di pini e salmastra, grazie alla brezza che arrivava dal mare, e il cinguettio degli uccelli senza che venissero disturbati da altri suoi disturbanti. 
Sarebbe tornato tutto alla normalità una volta rincasati nella loro città tra traffico di auto e smog.

Jean l'aspettava fuori dallo chalet e si avviarono in silenzio verso la spiaggia deserta. Nessuno quel giorno aveva avuto la loro stessa idea, ed era strano come quella spiaggia potesse apparire così diversa senza l'affollamento. 
Una volta seduti, il cielo aveva iniziato a schiarirsi a est, e i primi guizzi di luce davano spazio all'aurora rosata. 
Il loro silenzio rese etereo quel momento magico, fino a quando Jean non prese parola: «Mi prometti che ci rivedremo?» 
Mikasa si era voltata verso di lui con sorpresa, il cuore le martellava in petto ferocemente. 
«Sì» rispose senza esitazione. Jean la guardò con un'espressione indecifrabile. Se era rimasto sbalordito dalla sua risposta non lo dava a vedere. 
Il sole cominciò a sorgere, il mare che brillava grazie ai suoi delicati raggi, ma Mikasa li scorse troppo tardi. Fu in quel momento che lei si avvicinò al suo viso, socchiudendo gli occhi. Baciò con delicatezza Jean, che non aveva fatto nulla per allontanarsi. Al contrario, aveva ricambiato il bacio portando una mano sul viso di lei, in modo tale da non farla fuggire.
Carpe diem. 
Jean aveva sempre cercato di applicare questa locuzione latina di cui, da bravo ignorante, non conosceva la fonte. Difficile da seguire, perché l'uomo ha la brutta abitudine di pensare troppo. Eppure, Mikasa se n'era fregata, non aveva riflettuto prima di catturare le sue labbra fra le proprie. E Jean non si era scansato. 
Erano riusciti a cogliere quel momento facendolo proprio. Loro due da soli, con il sole a fargli da testimone silente. 
Si alzò il vento appena si separarono. 
Mikasa sollevò le ginocchia, tenendole strette al petto e nascondendo il sorriso spontaneo formatosi dopo essersi alienata fra i pensieri. Lo stesso era per Jean, ma restò a guardare l'alba senza nascondere il sorriso e tenendo alta la testa come un uomo fiero. 
«Bello, eh?» Mikasa spezzò il silenzio. «Anche se, onestamente, preferisco di gran lunga il tramonto.» 
«Anche io.» Jean non aggiunse altro, non ce n'era bisogno. 

Mikasa ripensò a quel bacio con ostinazione fino a quando i suoi genitori non si svegliarono. Erano le otto, orario consueto al risveglio della famiglia Yeager. Eren si svegliò un po' più tardi, ma anche lui si rese conto, come i genitori, che sua sorella aveva la testa da un'altra parte. Poi si ricordò di che giorno fosse, e fu lì che a Eren venne l'illuminazione. 
«Sei uscita stamattina?» 
Mikasa annuì sotto l'ombra della tenda del loro camper. Facevano colazione e i loro genitori erano andati insieme a comprare al bar dei cornetti appena sfornati. 
«E...?» 
«E niente, che devo dirti?» rispose bruscamente la ragazza, come intimorita da qualcosa. Eren non sapeva che combatteva contro la voglia di raccontargli tutto e la sua parte più discreta, quella che aveva timore di una reazione negativa da parte sua. Viste le loro divergenze passate, era possibile che avrebbe dato di matto, nei peggiori dei casi. 
«Che avete fatto?» Eren sembrò irremovibile, anche se non stava usando un tono insistente. Semplice curiosità, perché non si aspettava nulla di quello che era successo tra loro. 
«Ci siamo baciati.» 
Lo disse, e un infinitesimale secondo dopo, Eren si stava strozzando con il succo di frutta al mango. 
«Sei seria?» 
«Ti sembro il tipo di persona che scherza?» Il suo sguardo severo nascondeva un sentimento di paura e insicurezza. E se fosse stato uno sbaglio? 
«No, cioè... cazzo, proprio Faccia...» 
«Eren!» 
Il ragazzo la guardò con gli occhi spalancati. Cercò di scacciare dalla sua mente qualsiasi commento che avrebbe ferito Mikasa. Insultare Jean sarebbe stato un affronto inestimabile, soprattutto nel momento in cui Mikasa aveva in volto un'espressione combattuta. 
«Jean è diventato sicuramente una persona migliore da quando l'ho conosciuto.» 
«Eravate ragazzini...» 
«Vero» confermò Eren, «ma questo non significa che mi sta meno sulle palle.» 
Mikasa non ribatté e abbassò lo sguardo, fissando distrattamente il terreno erboso. Eren non sapeva come consolare le persone, faceva schifo sotto quel punto di vista, però quello che fece dopo fu la prima cosa che gli balzò per la testa. Si alzò dalla sedia e andò ad abbracciare Mikasa, che a differenza sua era rimasta in piedi appoggiata al camper. 
Entrambi si strinsero l'un l'altra, e Mikasa disse: «Sono stata io a baciarlo.» 
«Non avevo dubbi.» Se la rise Eren quando sciolsero l'abbraccio. «Cosa intendi fare con lui?» 
«Non lo so» rispose dopo un attimo di silenzio, volgendo l'attenzione da un'altra parte, impensierita. «Credo che non sono pronta per un'altra relazione, adesso.» 
«Respira e datti tempo, Mikasa.» 
«E se lo illudessi?» 
«L'importante è... fare chiarezza, anche se per lui può essere una batosta, ma meglio prima che dopo.» 
«Ma a te sta bene?» 
Eren spalancò gli occhi incredulo, e poi le sorrise dolcemente. Che pessimo fratello era stato finora? 
«Io voglio solo vederti felice» disse alla fine, scaldando il petto di Mikasa. «E poi l'ho visto come si comporta con te in questi giorni, non ha niente a che vedere con lo stronzo.» 
Floch era ancora un tasto dolente per sua sorella, ma quando pronunciò quell'appellativo poco simpatico, per la prima volta dopo mesi la vide sorridere divertita. 
«Hai ragione, sono contenta che tu lo veda in questo modo.» 
Eren si convinse che Jean fosse caduto come manna dal cielo. Aveva aiutato inconsapevolmente sua sorella a uscire dal baratro creatosi dopo la rottura con Floch. Non era stato facile sentirla piangere in camera sua nei primi mesi, e ancor meno era stato piacevole vederla sempre chiusa in casa perché non aveva voglia di passare nei luoghi comuni dove andava sempre con la comitiva del suo ex.
Aveva bisogno di cambiare legami, di conoscere nuove persone. Solo così avrebbe superato il malessere che agognava in lei. 

La mattinata era passata in fretta, e mancava poco alla partenza. Jean e Marco avevano passato le ultime ore a sistemare la macchina, piena fino all'orlo dei loro bagagli. In fondo era una misera C1 ad accompagnarli in quel viaggio abbastanza lungo. Mikasa li aveva raggiunti in prossimità della loro partenza e Jean stava perdendo le speranze di poterla vedere un'ultima volta. Credeva che si fosse pentita del bacio che si erano scambiati solo otto ore prima e pensava che ormai avesse perso ogni contatto con lei, anche se il numero di telefono se l'erano già scambiato. 
Non evitò nemmeno per un istante il suo sguardo e gli sorrise imperturbata. Si chiese allora fino a che punto era stato serio quel bacio recondito, ma non ebbe la possibilità di parlarne con lei privatamente, non in quel momento in cui c'erano Marco, Hitch e Marlo. 
I due fidanzati furono veloci con i congedi, premunendosi di farsi sentire durante l'anno prima di incontrarsi nuovamente l'estate successiva. Mikasa se stava in disparte e quando si allontanarono, potè abbracciare Marco. 
«Spero di rivederti, magari quando tornerò a Monaco per Natale. Possiamo organizzarci e vederci.»
«Mi sembra un'ottima idea. Stammi bene.»
«Vado solo a riempire le borracce, ci serve acqua fresca per superare questo caldo micidiale.» Si allontanò da loro e fece calare un silenzio imbarazzante. 
«Allora... domani hai l'aereo, giusto?» chiese Mikasa. 
«Sì, dormo ospitato dai nonni di Marco a casa loro e poi mi accompagnano in mattinata all'aeroporto.»
Mikasa annuì, non sapendo cos'altro aggiungere. Ma ci pensò Jean: «Ci scriviamo, vero?»
«Sì, ma Jean... vorrei dirti una cosa prima.»
Jean deglutì una dose consistente di saliva, pensando che lo stesse per scaricare. 
«E' stato bello stamattina. Lo rifarei, ma vorrei del tempo per riflettere.»
«C-certo, anche io... cioè, ho pensato anche io la stessa cosa.» 
«Quindi va bene così?» 
«Sì, perché vorrei conoscerti meglio, ovvio.» La sua voce tremava dalla gioia e Mikasa fu contenta di accorgersene. Si avvicinò a lui, e la distanza fu colmata dall'abbraccio di Jean, che la strinse forte tra le sue forti braccia. Poteva contare su di lui d'ora in avanti e sapeva anche che avrebbe fatto di tutto pur di non perdere la sua amicizia. Forse ci sarebbe stato ancora del lavoro da fare con i suoi sentimenti, ma nulla di veramente irraggiungibile e insuperabile. Non vedeva l'ora di raccontare tutto a Sasha, che sarebbe stata entusiasta della sua piccola avventura estiva, se così poteva essere definita. Una volta separati, Mikasa diede a Jean un pegno, una cosetta che avrebbe voluto vedere su Jean una volta incontrato a Monaco. 
«Per me?» Jean afferrò l'elastico nero della ragazza che annuì con un leggero sorriso sulle labbra. 
Si portò i capelli all'indietro e si fece un codino, mostrando i lati della testa rasati. Mikasa si trovò a pensare che Jean fosse davvero un gran bel ragazzo. 
«Io non ho niente da darti.» 
«Non importa, è bello sapere che hai il mio elastico con te.» 
Quel pensiero sembrò soddisfare entrambi, e fu in quel momento che Marco decise di tornare da loro. Il ragazzo con le numerose lentiggini sul viso (rese più evidenti a causa dell'abbronzatura) non sapeva niente di quello che era accaduto la mattina. Ma non era stupido, e credeva che tra il suo migliore amico e la ragazza stava nascendo qualcosa. Che fosse solo amicizia o qualcosa in più, per ora voleva essere discreto e immaginare che Jean si trovasse molto bene con Mikasa. 
Mikasa augurò ai due buon viaggio prima che salissero in auto. Marco si mise al posto del guidatore e Jean la guardò dal finestrino, che poi abbassò. 
«Ti faccio sapere quando siamo arrivati.» 
«Sì, aspetterò con ansia, ok?» 
Marco annuì e la salutò con un frettoloso gesto della mano e accese il motore. Finché non fu lontana, Mikasa non aveva cessato di guardare la macchina allontanarsi. Allo stesso modo, Jean non aveva smesso di fissare la ragazza dallo specchietto. Era triste pensare che si stessero separando in quel modo blando e spassionato, ma non potevano fare diversamente. Tutto sommato si erano chiariti, non avevano fatto finta che non ci fosse mai stato nulla tra loro, ma infondo si conoscevano da una settimana, ed era impensabile che tra loro si fosse creato un sentimento maturo. 
Qualcosa c'era, ma ci sarebbe voluto più tempo del previsto per iniziare un vero e proprio rapporto. 
Mikasa tornò in camper, trovando Eren che l'aspettava per andare insieme verso la spiaggia. Si cambiò, indossando il costume e quando volle legarsi i capelli si ricordò di non avere più il suo elastico. Sorrise spontaneamente e uscì, chiudendo la porta del camper a chiave. 
«Non ti leghi i capelli?» chiese Eren ingenuamente. Da quando li aveva lunghi era solita legarseli perché le recavano fastidio. 
Ma non quel giorno. 
«Ho perso il mio elastico.» 
Era un segreto che Mikasa voleva tenersi solo per sé.

   
 
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