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Autore: Ayumi Yoshida    26/03/2021    0 recensioni
L’idea di sgattaiolare a notte fonda dentro l’ufficio dell’Hokage era stata la sua, ma l’aveva deciso pensando a Boruto, perché facesse qualcosa di estremamente stupido. Negli ultimi tempi era stato impegnato a salvare il mondo, come suo padre, e non aveva avuto tempo per le altre questioni, neppure per i sentimenti.
Fic scritta per la BoruSara week 2021, secondo giorno - Future Fic!
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boruto, Uzumaki, Naruto, Uzumaki, Sarada, Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Cocci

 

“Non eri così tranquilla prima, mentre ci stavamo infiltrando!”

Boruto la fissò ghignando di un ghigno lontano, dimenticato, e Sarada, seduta sulla sedia girevole dell’Hokage con le gambe a penzoloni, si sentì arrossire.

Anche se l’idea di sgattaiolare a notte fonda dentro l’ufficio dell’Hokage era stranamente provenuta da lei, - Boruto non aveva battuto ciglio e l’aveva seguita - aveva tremato come una foglia alla mercé del vento in tutti quei lunghi minuti in cui avevano percorso, quatti e senza respirare, il lungo corridoio che portava alla meta.

Poi, una volta forzata la porta, si era divertita come una matta a volteggiare su quella immensa sedia dietro la scrivania che non aveva più pensato al fatto che nell’ufficio non c’era solo lei, ma anche il figlio del proprietario di quella sedia, che doveva averla osservata più del dovuto dal suo cantuccio accanto alla finestra prima di cominciare a prenderla in giro.

“Stai zitto.” lo rimbeccò, asciutta, senza però negarsi un’altra giravolta, lasciando libere le gambe nell’aria “Ho sempre sognato di potermi sedere su questa sedia!”

Era il suo piccolo segreto, ma in quel momento sentì che poteva lasciarlo andare soltanto con un po’ di imbarazzo, come un uccellino che vola via per sempre dal nido. Non era più la dodicenne che gridava a tutti di voler diventare Hokage senza cognizione di causa; ormai aveva venticinque anni e vedeva quel traguardo molto più vicino dopo numerose prove, missioni, allenamenti, discussioni diplomatiche. Dopo tutto quello che era accaduto.

Il ghigno di Boruto si assottigliò fino a diventare un semplice sorriso, ma quel sorriso non c’era più quando finalmente la sedia smise di girare e si fermò proprio di fronte a lui. Lo shinobi la guardò con un’espressione troppo seria, non da lui, rendendo ancora più crudele la cicatrice che gli segnava ormai l’occhio destro.

“Tra poco ci riuscirai, ne sono certo.” disse, incrociando le braccia e poggiando le spalle, stanco, contro la finestra. “Ed io ti proteggerò.”

C’era una certa delicatezza nelle sue parole, e le guance di Sarada si tinsero, senza volerlo, di nuovo di rosso. Spostò lo sguardo lontano, oltre la finestra, dove la luna si intravedeva appena, nascosta tra le chiome degli alberi della foresta. Le cose tra di loro non erano ancora sistemate da quel punto di vista, era vero, ma ci stavano arrivando. Pian piano, come al loro solito, ma si trattava soltanto di un altro pezzo da ricostruire nel villaggio ancora distrutto dopo la battaglia.

L’idea di sgattaiolare a notte fonda dentro l’ufficio dell’Hokage era stata la sua, ma l’aveva deciso pensando a Boruto, perché facesse qualcosa di estremamente stupido. Negli ultimi tempi era stato impegnato a salvare il mondo, come suo padre, e non aveva avuto tempo per le altre questioni, neppure per i sentimenti. Era cresciuto, si era ferito nel corpo e nell’anima, e non era più il bambino capriccioso e sempre sorridente che aveva imparato a conoscere sin da piccola. Adesso, quando la guardava, la sua espressione era quasi sempre dura, e cercava di celare la sofferenza onnipresente sul viso sfregiato con rari, sottili sorrisi.

Quando avevano dodici anni e gli aveva parlato del suo sogno di sedere in quell’ufficio, Boruto le aveva promesso che l’avrebbe sostenuta e protetta per sempre, ma Sarada non voleva più essere l’ennesima persona a pesare sui cocci da riordinare ed incollare della sua vita infrantasi all’improvviso. Non tutti i pezzi ritrovavano perfettamente il loro posto nel momento di rimetterli insieme, ma lei ce l’avrebbe messa tutta per farli combaciare il meglio possibile. Inspirando a fondo, ricambiò il suo sguardo, dura quanto lui, e fremette: “Quando sarò l’Hokage, non dovrai più combattere, e il Villaggio non sarà più distrutto. Sarò io a proteggere te.”

Boruto spalancò gli occhi impercettibilmente, sorpreso, e allungo la mano verso la sua, il palmo sospeso a mezz’aria, proprio come le sue gambe. Sarada la osservò ad occhi bassi: ancora si intravedeva il punto dove il sigillo, infrantosi durante la battaglia, lo aveva ustionato. Lo sfiorò lievemente e gli strinse forte la mano, poi si diede una spinta con i piedi sul pavimento per avvicinarglisi e finalmente intercettò il suo sguardo in maniera diretta, senza più sbattere le palpebre. Anche gli occhi di Boruto lacrimavano, concentrati nello sforzo di restare aperti e non perdersi neanche più un dettaglio di lei.

Continuarono a fissarsi con le labbra schiuse, quasi senza respirare, ed era la cosa più normale del mondo. Senza farsi domande, senza parlare, senza pensare al futuro, a come i loro sguardi si sarebbero evitati nel percorrere ancora quel corridoio nel ritorno verso casa. Poi, all’improvviso, le sopracciglia di Boruto si corrugarono e le sue labbra si strinsero ancora in un’espressione ruvida che ormai conosceva bene, e ne ebbe quasi paura.

“Sarada, io-” mormorò lo shinobi, ma passi e voci concitate nel corridoio li paralizzarono sul posto, e Sarada scattò in piedi, stringendogli forte la mano mentre la porta si spalancava di scatto.

“Cosa ci fate voi qui?”

Dalla soglia della porta, la mano ancora stretta sulla maniglia, Naruto lasciò vagare lo sguardo da uno all’altra, incredulo, e si lasciò andare ad una risata squillante, la prima da quando il villaggio era diventato un vaso da riparare e quel palazzo era una delle poche costruzioni rimaste in piedi.

 

 

Note:

Questa fic partecipa alla BoruSara Week 2021, che quest'anno si tiene dal 25 al 31 marzo. I prompt sono quelli del secondo giorno, “childhood, comfort, “I’ll support you”. Happy BoruSara week, everyone! <3

Scrivere questa fic è stata una sfida, perché avevo in testa un’immagine da sviluppare, ispirata da una fanart trovata su Tumblr (che non riesco più a rintracciare su Google, ma che ritraeva Sarada seduta sulla poltrona dell’Hokage e Boruto, in piedi, dietro di lei), e volevo dare una specie di taglio cinematografico, per cui mi ero in prima battuta imposta il diktat di restare al massimo in 500 parole.

Le 500 parole sono state scritte, ma sentivo che potevo sviluppare meglio i sentimenti ed i pensieri di Sarada ed ho sforato terribilmente. Questa fic si è praticamente scritta sola, perché questa Sarada, più matura, ma non abbastanza rispetto a Boruto (o almeno questo è quello che pensa lei :D) si è letteralmente impossessata di me. È stata la prima volta che mi è successa una cosa del genere ed è stato spaventoso, in senso sia buono che cattivo XD

Siccome mi piace portarmi avanti (XD), la fic è ambientata dopo quella che, credo di aver capiro, sarà la fine del manga di Boruto, cioè la battaglia con Kawaki illustrata all’inizio del primo capitolo. I nostri due protagonisti sono più grandicelli di quello che leggiamo ora nel manga, e ho ipotizzato una crescita differente per ognuno: più dettata dalla sofferenza quella di Boruto, più intellettuale quella di Sarada che ho ipotizzato, sulla base di ciò che accade di negli shonen manga, abbia avuto poco spazio nello “scontro finale”. Tutto questo senza seguire il manga, perché sto recuperando l’anime pian piano e sono indietro di circa venti episodi XD

Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. ^^ Qualunque commento è ben accetto, positivo o negativo che sia! Vi adoro perché mi leggete sempre, davvero! Grazie per il tempo che mi dedicate!

 

Ja ne,

 

Ayumi

   
 
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