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Autore: LadyHeather83    31/03/2021    2 recensioni
Adrien e Marinette si sono sposati. Hanno una bella casa, un lavoro entrambi alla Maison Agreste e tre figli: Louis, Emma e Hugo, e anche il tanto agognato criceto.
Un equilibrio stabile, che verrà sconvolto dal ritorno di un nemico che credevano sconfitto.
Terza parte della serie ENSEMBLE CONTRE LE MONDE . Long precedenti BEST FRIENDS e LE ALI DELLA FARFALLA.
Genere: Azione, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Lila, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Papillon
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ensemble contre le monde'
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Il ritorno di Papillon

*

Capitolo 7

*

La battaglia continuò per un tempo indefinito.

Lady Bug e Chat Noir, non potevano nulla contro il famigerato Papillon, che li aveva costretti all’angolo.

Sui tetti di Parigi, aveva preso vita la battaglia del secolo, e sembrava che il portatore del miraculos della farfalla avesse la meglio.

“Arrendetevi, e consegnatemi i vostri miraculous!” Allungò una mano guantata grigia per prendere ciò che voleva.

“Non te li daremo mai!” Grugnì Lady Bug, la quale aveva ancora il suo potere speciale da usare.

Lucky Chaaarm.” Aveva urlato lanciando in aria lo yo-yo magico, materializzando un cuscino rosso a pois neri che atterrò tra le sue braccia.

“Hai sonno?” Aveva detto Chat Noir schernendola.

“Ah-ah Lady Bug e Chat Noir! E’ giunta l’ora di farvi dormire.” Aveva urlato Papillon avvicinandosi con il suo bastone, pronto per colpirli e farli precipitare dal tetto divenuto campo di battaglia.

“Sarai tu a dormire, nonnetto!” Chat Noir si avventò su di lui invocando il suo potere distruttivo “Catalisma”.

Lady Bug si schiaffeggiò la faccia “Ma no Hugo! E’ Cataclisma, no catalisma” Aveva sottolineato la differenza di pronuncia in maniera saccente.

Papillon, ovvero Adrien, si era levato la maschera viola “Sareste stati eliminati tutti e due”.

I tre sentirono la porta dell’ingresso principale chiudersi.

“E’ arrivata la mamma!” Urlò contento Hugo correndo al piano inferiore ancora travestito da Chat Noir, seguito a ruota dalla sorella  Emma che vestiva i panni di Lady Bug.

“Aspettami, Hugo!”

Louis, stava studiando in camera sua, per modo di dire, in quanto il baccano che stavano facendo quei tre, era enorme e ogni tanto sospirava seccato quando sentiva qualche oggetto cadere, facendogli perdere la concentrazione.

Spostò la sedia girevole con un colpo di bacino, era arrivato il momento di fare una pausa e di andare a salutare sua madre che non vedeva da qualche giorno.

Poggiò la matita che teneva in bocca, sulla scrivania, e si avviò all’ingresso.

*

Mammaaa!” Aveva urlato il più piccolo della combriccola andandola ad abbracciare, superando tutti.

“Ciao piccolo!” Marinette passò i cartoni della pizza calda ad Adrien, che li portò poi in sala da pranzo, già con la tavola imbandita e pronta per la cena.

“Sta bene zia Alya?” Aveva chiesto la biondina.

“Mi ha detto di salutarvi e di abbracciarvi, poi quando torna zio Nino, andiamo a pranzo da loro, e ci prepara i suoi famosi hamburgher”.

Urla di gioia uscirono dalla bocca dei tre pargoli, seguiti da qualche saltello dei più piccoli.

“Forza, a mangiare finchè è ancora calda.” Ordinò Adrien, ritornato all’ingresso per aiutare la moglie a togliersi il cappotto e raccogliere le altre buste di plastica e carta, Alya e Marinette ne avevano anche approfittato per fare dello sano shopping.

*

“Mamma, mi hai preso la pizza con il Camembert che ti avevo chiesto?” Aveva domandato Hugo annusando il cartone che era stato messo al suo posto, accomodandosi.

Adrien sorrise divertito “Conoscevo qualcuno che andava matto per quel formaggio puzzolente.” Non si era nemmeno accorto di averlo detto a voce alta mentre tagliava uno spicchio della sua ortolana.

“Chi, papà?” Gli occhi di Hugo si puntarono su di lui.

“Un amico!” Aveva balbettato facendo quasi finta di niente.

“Lo conosco?”

Perché i bambini sono sempre così maledettamente curiosi?

“No, tesoro” Intervenne Marinette.

Hugo alzò le spalle e finì quella baby pizza che sua madre gli aveva appena tagliato.

Emma, seduta vicina al fratello più piccolo, era stata costretta a spostarsi, perché l’odore di quel latticino le dava il volta stomaco.

“Che puzza!”

Sia ad Adrien, che a Marinette, mancava quell’odore in giro per tutta casa, e si scambiarono un’occhiata complice e malinconica.

Ma un patto è un patto.

Non avrebbero più evocato i loro kwami, a meno che non fosse strettamente necessario, il che valeva a dire, se non comparivano nuovi nemici, anche perché avevano già abbastanza da fare con quei tre in giro per casa.

“E’ profumo, non capisci niente, Emma”

Bleah! Quello è un insulto al cibo.”

“Smettetela, e mangiate la vostra pizza in santa pace.” Intervenne la mamma a placare quella lite.

*

Marinette rimboccò le coperte al piccolo Hugo, erano già le nove passate e lui era già molto stanco.

Sbadigliò e si stropicciò gli occhi.

“Buonanotte, piccolo” Gli stampò un tenero bacio sulla fronte e gli tolse il cerchietto con le orecchie da gatto che lei stessa aveva cucito.

Lo appoggiò sul comodino, e fece per spegnere l’abatjour, quando suo figlio le porse una domanda.

Mamma…pensi che Lady Bug e Chat Noir abbiano avuto dei figli?”

Lei deglutì rumorosamente.

“Perché me lo chiedi?”

“L’ho chiesto a papà, ma non mi ha risposto.”

“Se non lo sa papà, perché dovrei saperlo io?”

Hugo sbuffò seccato, in un’espressione crucciata, che fece molta tenerezza a sua madre. “Uffa, nessuno mi dice niente”. Incrociò anche le braccia al petto.

Marinette gli scompigliò la testa nera “Non saprei”

“Si amavano?”

A lei mancò un battito e anche ad Adrien che origliava fuori dalla porta.

“Tanto, e sono sicura che si amano ancora.”

“Sono fatti l’una per l’altra, vero?”

“Chi ti ha detto questa cosa?”

“Papà!”

“Sai cosa penso? Che Lady Bug e Chat Noir, anche se non si vedono più in giro, sicuramente sono insieme da qualche parte. E mi piace pensare che abbiano avuto dei gattini e che li stanno crescendo nei migliori dei modi.”

“Ma vegliano anche su di noi?” Sbadigliò e chiuse gli occhi abbandonandosi al sonno.

“Sempre, piccolo mio. Sempre”.

*

Adrien si era soffermato a guardare Marinette mentre era intenta ad infilarsi il pigiama.

Era incredibile come quella ragazza risultasse sexy anche con quella tenuta da notte un po’ larga.

Lui era già sotto le coperte da un pezzo e la stava aspettando per chiederle com’era andata con la sua amica, in quanto per tutta la cena, era rimasta in silenzio e con un’aria pensierosa.

Non poteva essere per la sfilata di fine settimana, era sempre abbastanza tranquilla e sapeva che ormai ai preparativi mancavano solo dettagli, ai quali ci avrebbe pensato l’ufficio competente.

Adrien…” Aveva esordito guardandolo, ma non aveva il coraggio di proseguire, doveva però dirgli che cosa si erano dette lei ed Alya quel pomeriggio.

“Che cosa ti turba” Le aveva preso la mano.

Non c’erano mezzi termini per parlare di ciò, doveva essere semplice e diretta, come lo era stata la sua amica.

“Qualcuno deve avere scoperto che tuo padre in realtà, vestiva i panni di Papillon”.

“Impossibile!”

“Hanno chiamato in redazione di Alya, chiedendole di far uscire la notizia. Ma lei non lo farà, non crede all’informatore anonimo.”

“Senza prove non lo farebbe mai, e prove non ce ne sono.”

Marinette sospirò “Quello che ho pensato anch’io. Però ha detto anche se Alya non avesse pubblicato lo scoop, sarebbe andata direttamente dalla polizia.”

“Una calunnia del genere, se infondata, le potrebbe costare il posto di lavoro. Gli avvocati di mio padre sono strapagati e lo tireranno fuori anche da questo. Non è la prima volta che…

“Lo so bene.” Lo interruppe “…Alya non pubblicherà niente. Ma non è questo di cui mi preoccupo.” Fece una breve pausa “…se i kwami venissero scoperti, sarebbe un disastro…

“Non accadrà” Adrien era sempre stato molto positivo, e trovava sempre il modo per consolare tutti.

“Ho una terribile sensazione in merito”

“E io ho un’idea per scacciare via questi pensieri brutti”.

Iniziò a baciarle il collo fino ad arrivare alle labbra morbide.

*

Erano le due di notte quando Sabrina Raincomprix terminò un turno massacrante.

Quella mattina, era riuscita, grazie ad una soffiata anonima e alla sua squadra migliore, a catturare una banda di malviventi, che erano soliti fare razzia di gioielli e denaro.

Quella settimana avevano rapinato due oreficerie della città e un paio di ville nella periferia di Parigi.

Erano settimane che la polizia li cercava e sempre per un soffio riuscivano a sfuggirli, lasciandoli sempre con un pugno di mosche in mano.

Ma non era il caso di quel giorno.

Dopo aver radunato la sua squadra migliore e un paio di cecchini, indossato il giubbotto antiproiettile, spolverato la sua pistola di servizio, si erano diretti in un casolare abbandonato e diroccato, nelle campagne parigine.

Il profumo di lavanda regnava sovrano, ma Sabrina non poteva fermarsi ad annusare l’aria.

Prima il dovere e dopo il piacere.

Era questo che gli aveva impartito suo padre.

Non fu difficile buttare  giù la porta, non c’era nemmeno bisogno dell’ariete, tanto era marcia e mangiata dalla tarme quella porta di legno.

“Fermi tutti!” Aveva urlato puntando l’arma contro quei quattro teppisti, intenti, in quello che una volta doveva essere un salotto, e lo si capiva dal sofà lercio e odorante di piscio, a dividersi il bottino della giornata.

Gli era andata male.

Erano bastati delle telecamere di sorveglianza e un paio di testimoni lungo la strada per inchiodarli.

L’interrogatorio poi, proseguì per tutto il pomeriggio, e Sabrina, aveva dovuto assistere anche al processo per direttissima.

Una volta tornata in centrale, stilò il rapporto, che la costrinse in ufficio fino a tardi.

Non aveva figli.

Non aveva marito.

La carriera era tutto ciò che al momento possedeva.

Sbadigliò e si stiracchiò, e quando vide l’orario sull’orologio da parete, decise che era ora di prendere armi e bagagli e uscire da lì.

Soddisfatta e con un enorme sorriso dipinto sulla faccia.

Mentre indossava il cappotto beige, notò una busta gialla imbottita in cima alla pila di documenti tra le pratiche da evadere.

Incuriosita, la prese e se la rigirò tra le mani.

Nessun indirizzo del mittente, solo il destinatario “Al commissario di poliziaInformazioni riservate”, non si erano nemmeno sprecati ad indicare il nome.

“Che stronzi” Aveva pensato mentalmente.

Tastò il contenuto e al tatto, sembrava contenere una memory card, l’aprì di fretta strappando la carta.

Aveva ragione, all’interno c’era proprio quell’oggetto.

Era stanca, ma la curiosità di cosa contenesse, era troppo grande.

Senza pensarci troppo, la infilò nel lettore e premette il pulsante di accensione, quello che vide, la lasciò a bocca aperta e meravigliata.

Si doveva trattare per forza di un falso, non c’era altra spiegazione, oppure di uno scherzo di cattivo gusto.

Tolse la schedina e spense il computer, infine la gettò nella pattumiera.

Sbuffò irritata per aver perso del tempo, che invece avrebbe potuto dedicare al riposo.

E ne aveva bisogno.

Eccome se ne aveva bisogno.

*

continua

  
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